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Autore: niallsredcheeks    30/07/2014    6 recensioni
Dovevo ammetterlo: Forks dopotutto non era così male e, abituata al freddo polare del Canada, potevo dire di trovarmi bene - per quanto riguardava il clima - ma se dovevo parlare della mia vita sociale qui, ecco, sarebbe stato meglio cambiare discorso.
Mia madre naturalmente aveva degli agganci qui, come zii di secondo grado o amici di famiglia, ed era proprio grazie a questi che era riuscita a trovare lavoro alla stazione di polizia locale mentre io ero stata iscritta - con mio grande disappunto - al liceo cittadino. Eravamo riuscite anche a trovare una graziosa casa in mezzo al nulla - altro mio disappunto - che mi costringeva a dipendere in tutto e per tutto dall'auto di mia madre che io, fra l'altro, non potevo guidare;
Quindi, ricapitolando, mi ritrovavo ad abitare proprio nelle vicinanze della foresta e ciò stava a significare insetti e altri animali che organizzavano scorriere nel mio giardino: in tre mesi avevo visto più cervi io che Babbo Natale, escludendo il piccolo particolare che lui usava le renne... dettagli.
Genere: Malinconico, Suspence, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Isabella Swan, Jacob Black, Nuovo personaggio, Paul Lahote
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
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14

 


La scuola era diventata l’unica cosa che mi faceva andare avanti ormai, e la cosa sembrava difficile a credersi. Il tempo era quello che era, pioveva incessantemente, e il rapporto con Bella sembrava essersi incrinato. Inoltre era taciturna e solitaria, ancora una volta.
Non avevo ancora fatto pace con Jacob, era passata una settimana senza che riuscissi a vederlo e a quanto avevo saputo – dalle poche e unice parole scambiate – neanche Bella era riuscita nell’intento.
Inoltre essere confinata a casa mia, con quel temporale ergo rete telefonica pari a zero – e a quanto ne sapevo, c‘era stato lo stesso problema a La Push – mi rendeva ancora più difficile avere i contatti con l’esterno, perciò non sapevo nulla di quanto era successo a Jake, a parte qualche piccola delucidazione che mi aveva dato Bella: stava male, mononucleosi le aveva detto Billy, e non gli era permesso ricevere visite.
«Mononucleosi?» domandai turbata a Bella mentre scrivevo gli esercizi di matematica.

«Si trasmette coi baci, giusto?» lo stomaco fece una capriola.
Bella annuì assente.
«Non ci credo» borbottai.
Bella si voltò a guardarmi. «Sospetti che Billy abbia mentito?».
Assentii sicura. Era una balla enorme quanto una casa: sapevo per certo che Jake non aveva baciato nessuno, insomma era stato tutto il tempo con noi!
«Anche io ho qualche dubbio» mormorò sospirando. «Ho fatto delle ricerche e ho letto che la mono può durare anche un mese».
Sgranai gli occhi. «Un-un mese?»
«Già».
«Non può essere» dissi convinta. «Un mese senza visite? Non credo che sopravviveremo».
Va bene che avevamo litigato ma passare un mese senza riuscire a vederlo sembrava un incubo, almeno per me. Sarei scesa a La Push il prima possibile, a costo di buttare giù la porta di casa Black a calci.
Improvvisamente però, un fastidioso flash mi venne in mente. La giornata passata ad imparare ad andare in moto – che era finita con il mio ricovero in ospedale – o meglio, le parole di Jacob quel giorno mi rimbombarono in testa. Con forza cominciai a scuotere il braccio di Bella.
«E se l‘avesse preso Sam Uley con sé?»
Bella si voltò lentamente «No. E‘ malato» quanto poteva essere ottusa?
«Ragiona, Bells» dissi ignorando bellamente il primo richiamo del professore. «Cosa ci ha detto Jacob la scorsa volta?»
La vidi riflettere corrugando la fronte, rimase così per qualche secondo. «Embry non si era fatto vivo per una settimana» mormorò.
«Non si era presentato a scuola e ignorava i suoi amici. Bella, mi auguro di no, ma ho una brutta sensazione».
«Dovremmo andarci» rispose sicura, io annuii. «Gli concedo una settimana di tempo, poi andremo a La Push».
Sorrisi compiaciuta. «Brava Bells!».
«Signorina Shawn!» tuonò il professore, m’irrigidii di colpo. Ops.

«Che ne dice di ripetere cos’ho appena detto?» e a quelle parole tutti gli occhi della classe si issarono su di me, facendomi diventare livida dall’imbarazzo.

«Ehm…devo proprio?» biascicai.
Il professore mi guardò storto e poi sospirò stancamente, «Andiamo avanti. Weber continui a leggere».
Angela riprese la lettura del tomo di scienze e tutta la classe ritornò a concentrarsi sulla lezione, chi più chi meno. Sospirai, la mia buona stella mia aveva aiutata, chissà quale sarebbe stata la reazione di papà se avesse saputo che mi avevano messo un brutto voto solo perché non ero attenta. Di sicuro mi avrebbe disintegrato.
La campanella suonò circa qualche minuto dopo, Bella si alzò velocemente e si diresse verso la palestra, risi al pensiero di ciò che poteva combinare lì; io, invece, mi diressi verso l’aula di informatica. Svoltando il corridoio mi venne in mente quello che, qualche tempo fa mi aveva detto Bella: le ricordavo qualcuno, ma chi? O meglio, era palese che le ricordavo Cullen - il suo amore incontrastato - ma perché glielo ricordavo?
Persa nei meandri dei miei pensieri non mi accorsi che stavo letteralmente travolgendo Jessica, lo capii solo quando sentii dolore alla spalla.
«Oh, mi dispiace, Jess!».
Scrollò la mano sorridendo «Sto bene. Cosa ti distrae, Blake? Un ragazzo? Dai, sputa il rospo!»
Si affiancò a me e procedemmo insieme per il corridoio. «No, niente ragazzi. Stavo pensando a Cullen».
Jessica strabuzzò gli occhi. «Perché?»
«Ero curiosa di sapere che razza di ragazzo potesse essere uno che fa soffrire come un cane la sua fidanzata».
«Secondo la mia opinione, è Bella che non si vuole rassegnare. Insomma, lui è partito, non ritornerà più!» disse Jessica sicura di se stessa. «E poi, mi sono sempre chiesta cosa ci trovava in lei» mormorò pensierosa.
«Si chiama Edward, giusto?» domandai. Lei annuì immediatamente. «Com‘è?»
Sul suo volto comparve un sorrisino trasognante. «Assolutamente stupendo. Forse un po’ troppo pallido e ha l‘aria di uno che non dorme da secoli, ma è bellissimo, proprio come i suoi fratelli».
«Pallido?» domandai interessata.
«Dicono che sono originari dell‘Alaska, probabilmente è questo che li rende bianchissimi».
«Già» sussurrai «probabilmente è questo».
O probabilmente era un vampiro. Non mi sorprendeva, ne esistevano a bizzeffe ormai, perché questo Cullen doveva essere un’eccezione? Avrei dovuto chiedere delucidazioni a mio padre.


 

**

 

Una settimana era più o meno passata e il tempo dentro casa passava inesorabilmente lento. Ero sola quasi ogni giorno e visto il tempaccio non potevo neanche permettermi di mettere il naso fuori dalla finestra. Questo stava a significare che l’unica cosa che potevo fare era pensare, e i miei ragionamenti erano troppo contorti per potermene poi liberare tanto facilmente.
Gli attimi vissuti con Jake ritornavano in mente prepotentemente e nessuno poteva sapere quanto mi mancavano, mi mancavano persino gli attacchi di gelosia che avevo verso Bella quando lo abbracciava un po’ troppo affettuosamente per i miei gusti.
Risi della mia stupidità.
Perché diavolo ero gelosa se era soltanto un amico?
Ci pensai su un attimo mentre mi risistemavo meglio sul divano della cucina. Forse la domanda più adatta da farmi era: Jake è solamente un amico per me?
Non seppi darmi una risposta. Non avevo mai provato quel qualcosa di non ben identificato verso qualcuno, non era nel mio carattere innamorarmi. Eppure, potevo esserlo?
Scrollai il capo sentendomi una sciocca, era ovvio che non ero innamorata! Insomma, la gelosia era dovuta alla mia estrema possessività, ovviamente. Beh, sinceramente, non sembravo tanto convinta della mia affermazione.
Sentii la serratura scattare, mi rizzai a sedere sul divano, mamma non mi consentiva di mettere i piedi sul divano. Sentii il suo fischiettio allegro e mi precipitai all’ingresso, mi era venuta un’idea fantastica: mi sarei fatta portare da Jake.
«Mamma!» dissi allegramente accogliendola con un abbraccio, lei mi guardò stupita – forse perché l’abbracciavo di rado.
«Hai bisogno di soldi, Blake?» sospirò attaccando all’attaccapanni la giacca della divisa da poliziotto.
Scrollai la testa. «Cosa te lo fa pensare?» chiesi innocentemente ma una risatina mi tradì, fui costretta a lasciar perdere le moine e passare all’attacco. «Mi porti a La Push?»
«Era da tempo che non me lo chiedevi, eh?»
«Si, Jake è stato malato» mi limitai a dire seguendola in cucina.
Lauren sciolse i capelli ricci e si diresse verso il frigo, ne uscì una bottiglietta d’acqua da cui prese due sorsi. «La Push sembra quasi la tua seconda casa»
«Beh, La Push, piccola, è La Push!» imitai perfettamente la voce di Eric, che avevo sentito parlare, un giorno, a proposito di gare di surf con gli altri ragazzi, prima ancora che io conoscessi la riserva.
Lauren scoppiò a ridere e io con lei, la vidi prendere le chiavi dell’auto dalla tasca dei pantaloni della divisa e muoversi nuovamente verso il salotto. Un giorno o l’altro mi avrebbero dovuto dare un premio per la persuasione.
Cercai di rintracciare più volte Bella al telefono, ma scattava la segreteria telefonica - chissà dov’era finita, avrei voluto che anche lei fosse venuta con me.
Il tempo che l’auto impiegò per arrivare a La Push mi sembrò incredibilmente lento, avevo già chiesto un paio di volte a mamma di accelerare ma eravamo un pelo al di sotto del limite consentito dalla legge e quando finalmente arrivai non mi sembrò vero.
Mi feci lasciare proprio davanti casa Black e mia madre fece retromarcia prendendo una traversa che l’avrebbe portata dai Clearwater - una famiglia che aveva conosciuto grazie a Charlie Swan.
Mi avvicinai al garage, stando attenta a non inciampare a causa della strada sterrata, e rimasi di sasso. Il Pick-up arrugginito di Bella era parcheggiata sul vialetto mentre lei stava discutendo con Jake. Sentii un ‘crack’ al cuore; non mi aveva avvisata, eppure dovevamo andarci insieme da lui.
Mi sentii in qualche modo esclusa, ancora una volta.
Come potevo illudermi di entrare a far parte del ‘duo’? Loro due si appartenevano e io, beh io, ero soltanto di passaggio.
Le due figure davanti a me cominciarono a tremolare, mi accorsi solo dopo che era a causa delle mie lacrime.
«Blake?» disse incerta Bella voltandosi verso di me, Jake mi guardò come se gli avessi staccato la testa a morsi: aveva un’espressione dura.
«Che ci fai qui?» domandò sempre lei. Feci per parlare ma mi zitii, una goccia mi arrivò in pieno viso: fantastico, ci mancava la pioggia.
«Mi avevi detto che mi avvisavi se venivi qui» urlai adirata mentre i capelli cominciavano a bagnarsi. «Ti ho chiamato! Io ho pensato a te!» dissi con rancore.

«Siete esattamente uguali, voi due» sputai sprezzante e a quelle parole Jacob incrociò le braccia al petto e voltò il viso da un’altra parte.
«Cos..? M-ma Blake..» i farfugliamenti di Bella mi davano alla testa, lanciai a entrambi uno sguardo sprezzante e girai i tacchi mettendomi a correre verso la foresta.
La pioggia era aumentata e ebbi la fortuna di trovate riparo sotto un albero di betulla - che come riparo faceva anche abbastanza schifo - poggiai la schiena sul tronco e lasciai libero corso alle lacrime. Mi sentivo ferita, come se non fossi stata abbastanza per loro due. E forse era così, per loro io non ero altro che niente.
Una mano si posò sulla mia spalla, mi voltai di scatto credendo di trovarmi Bella o Jacob - o forse lo speravo - ma invece incontrai due occhi inaspettati: Paul.
«Stai bene?» mi chiese.
«Stai lontano da me! Tu e la tua stupida setta!» gli urlai agitando il pugno in aria e imprecando.
«Volevo solo sapere se stavi bene» mormorò.
Gli mollai un pugno sul ventre nudo, mi feci un male cane.

«Cazzo! Paul scompari dalla mia vista, subito o non risponderò più di me!»
Mi guardò con sguardo presuntuoso. «Stai attenta, non ti conviene farmi arrabbiare».
«Altrimenti?» dissi con aria da dura.
Velocemente mi venne addosso, pensai subito che mi volesse picchiare, ma sgranai gli occhi quando sentii le sue labbra posarsi prepotentemente sulle mie.
Cercai di allontanarlo ma quando il suo tocco si fece più dolce lo lasciai continuare, naturalmente non ero in me, forse. Il suo sapore mi piaceva.
C’era soltanto un problema. Sentivo caldo, tanto, troppo caldo. Le guance mi pizzicavano ed ero sicura di somigliare vagamente ad un peperone; ah, ero anche a corto di ossigeno.
Quando Paul si staccò, non potei far a meno di ansimare, se fossi rimasta ancora un po’ attaccata a lui sarei morta per mancanza d’aria.
«Dovrei andare» mormorò passandomi una mano tra i capelli.
Sinceramente, non stavo capendo niente. Le orecchie mi fischiavano e continuavo a guardarlo stupita. Cavolo.
«C‘è qualcosa che mi tiene qui però» continuò sorridendo. Avrei anche potuto morire d’infarto.
«O-ovvero?» balbettai.
Nuovamente posò le labbra sulle mie. No, due volte in meno di dieci secondi, no!
Sembrava stranamente piacevole avere la sua lingua nella mia bocca, faceva parecchio schifo al pensiero, ma in compenso era da favola. Si staccò nuovamente e mi diede un piccolo schiaffetto sulla guancia.
«Sei tu, genio!»
«Ah» esalai.
«Adesso devo andare, Sam mi starà cercando» scappò via proprio come era arrivato. Mi spalmai sul tronco e buttai la testa all’indietro.
Fantastico. Avevo una mano che mi bruciava e probabilmente avevo l’aria di una appena fatta.
Mi toccai con l’indice le labbra e sorrisi sognante.
Però, non male il mio primo bacio.







































Anglo autrice:
Sisisisi, merito delle sprangate in testa,
ma ho avuto il pc fuori uso e non ho potuto più scrivere nulla
ma ecco che ritorno all'attacco e spero ci sia ancora qualcuna di questo fandom che
sia ancora viva c.c
xx
niallsredcheeks.
Fatemi sapere che ne pensate eh

  
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