Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: SallyLannister    30/07/2014    3 recensioni
Carter era un uomo insensibile e a tratti crudele. Non si curava del prossimo nemmeno per attimo, quando però nella sua vita accadde l'impensabile. Diverse vicende si abbatterono su di lui, rendendo la sua vita diversa da come in realtà il giovane aveva sempre voluto.
Questa è la storia di tradimenti, inganni, menzogne, crimini e sì, anche d'amore.
___ Dal Testo ___
[...] Pianse in singhiozzi mentre il ragazzo la guardava senza la minima espressione sul volto. Aveva visto tante donne piangere, lei era una di loro, non aveva nulla di particolare.
Senza degnarla di uno sguardo la lasciò sul letto a piangere e infilandosi un paio di pantaloncini si diresse verso la finestra, arrampicandosi per ritrovarsi sulle scale antincendio del palazzo.
Dopo vari istanti i singhiozzi cessarono e la porta di casa sbatté.
Carter trasse un lungo e intenso sospiro, finalmente era finito tutto.
Genere: Drammatico, Erotico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CAPITOLO 7
 


Merda, merda ovunque. Carter si trovò per un attimo circondato da pannolini sporchi, per non parlare del pianto poi! Sembrava che stessero per ammazzarlo quel bambino, non la smetteva di frignare.
«Che diavolo! Fatelo smettere cazzo. » Ringhiò Carter a denti stretti. Non sapeva a chi si stava in realtà rivolgendo, era tutto buio intorno a sé e non riusciva a distinguere nulla che non fossero pannolini.
Improvvisamente si accorse che quel pianto, veniva dalle sue braccia. Un piccolo con gli occhi dello stesso colore dei suoi, si dimenava fra le proprie braccia, piangendo come un pazzo con tutto il fiato che era nei suoi polmoni. Terrorizzato il ragazzo, alzò lo sguardo per scorgere Kim che si avvicinava verso di lui per riprendersi il piccolo.
«Carter sei un pessimo papà. » Aveva detto lei con un dolce sorriso, prima di voltarsi e sparire nel buio.
 
I suoi occhi azzurri si aprirono e il suo respiro era accelerato. Un ennesimo incubo. Probabilmente la stava facendo decisamente tragica, ma quello era il suo più grande timore: avere una famiglia, essere costretto ad assumere responsabilità che proprio non voleva.
Si passò una mano sulla fronte impregnata di sudore, voltando poi la testa verso destra, notando la ragazza che dormiva beatamente accanto a lui.
Come le altre volte precedenti non si ricordava come si chiamasse la ragazza, probabilmente Jasmine, il momento in cui lei gli aveva sussurrato il suo nome nell’orecchio era troppo eccitato perché abbia captato a dovere. Come ormai una routine si alzò velocemente ma la mano della ragazza dai capelli neri lo trattenne.
«Buongiorno. » Sussurrò lei tutta assonnata. «Dove stai andando? »
«A fare una doccia. Poi vado a lavoro. » Rispose seccamente lui, e con quella risposta secca voleva solo troncare il discorso. Il suo risveglio era stato già fin troppo traumatico senza dover pensare a come scacciare via la ragazza dal suo letto.
L’aveva conosciuta poche ore prima, avevano fatto baldoria fino a tarda notte fin quando si erano recati a casa di Carter per terminare il loro divertimento. Questa volta la ragazza non era stata di suo gradimento; certo lei era molto bella come tutte, ma non aveva fatto altro che parlare e parlare della sua vita. Carter fece finta di ascoltare ovviamente, non gli interessava un cavolo di dov’era andata a scuola e com’era diventata reginetta due anni di fila. Per una scopata era disposto a fare di tutto, anche fingersi interessato. Così si era stampato sul sorrisino sulla faccia che aveva tenuto per tutta la serata.
«Oggi pranziamo insieme, ti va? » Propose tutta felice la ragazza, probabilmente ancora non aveva capito che non era il genere di domanda da porre all’uomo.
Soffocò uno sbadiglio mentre scosse la testa, enfatizzando quel movimento affinché lei lo capisse a fondo.
«No. Non voglio più vederti. » Disse quelle parole quando lo schermo del suo cellulare lampeggiò sul comodino. Senza badare alla risposta della giovane, che stava parlando - poiché lui udì la sua voce gracchiante – prese il cellulare e controllò il messaggio appena ricevuto:
Carter lo so che non ci siamo lasciati nel migliore dei modi, ma posso parlarti? Se non fosse urgente, non te lo avrei chiesto. Fammi sapere tu dove e a che ora. Kim.
Immediatamente una morsa gli attanagliò lo stomaco. Cazzo.
Si accorse che la sua mano cominciò a tremare, lo poteva notare dal movimento ondulatorio che il suo cellulare stava compiendo. Tirò un sospiro e cercò di calmarsi, ma invano. Cercò di pensare a tutto fuorché che lei volesse vederlo per dirgli cose che a lui non avrebbero fatto piacere. La situazione fu sicuramente aggravata da un cuscino che arrivò sulla sua nuca con tutta forza, facendolo piegare in avanti. Non ricordò precisamente da quanto tempo non si adirò in quel modo, avvertì la rabbia scorrergli sottopelle come un fuoco, riversandosi immediatamente in tutto il corpo. Una vena cominciò a pulsargli anche sulla tempia, facendolo diventare anche rosso in viso.
Si girò con tutta la furia del mondo, verso la donna che era inginocchiata sul suo letto e stava sbraitando contro di lui.
«POTRESTI ANCHE ASCOLTARMI! »Urlò lei a squarciagola. «Approfitti delle ragazze, che razza di uomo sei? Sei una merda ecco cosa sei. » Soddisfatta di se stessa lei, si alzò cercando di ritrovare i propri vestiti e fu allora che Carter si scagliò contro di lei.
La prese per i polsi stringendoli tanto che in un attimo negli occhi della ragazza si riflesse la paura.
«Cosa... » Sussurrò lei con paura, sgranando sempre di più gli occhi verdi. «Mi fai male, lasciami. »
«Prima fai la cagna, mi vieni dietro e scopi con uno sconosciuto appena incontrato. Adesso ti aspetti che io ti tratti in quale modo? Ti tratto come la puttana che sei. » Sibilò lui, stringendo sempre di più la morsa sui polsi della giovane che socchiuse gli occhi dal dolore. Cercò di dimenarsi ma Carter era troppo forte per lei.
In un attimo la spinse sul letto, facendola ricadere a pancia in giù. Approfittando di quell’attimo lei cercò di alzarsi per andare fuori e magari chiamare aiuto, sfortunatamente Carter aveva i riflessi pronti e la afferrò per le caviglie tirandola verso di lei.
«Dove pensi di scappare? » La sua voce uscì con un tono che non sembrava nemmeno il suo, sembrava un pazzo e probabilmente lo era sul serio.
«Lasciami! » Urlò fra le lacrime, la ragazza cercando di aggrapparsi alle lenzuola per sfuggire alla presa di Carter.
Successe tutto in un attimo, si arrampicò su di lei e prima che se ne accorgesse, l’aveva già posseduta, tenendola stretta contro il materasso, affinché non sfuggisse dalle sue grinfie.
Uno strano piacere perverso lo coinvolse, non gli era mai successo prima. Aveva sempre scopato con ragazze consenzienti, mentre quella era la prima volta che si prendeva qualcosa senza chiederlo.
Nella sua mente tutto ciò non apparve come un gesto negativo, ma come una cosa del tutto positiva; lei voleva ancora che Carter gli desse attenzioni e quelle erano esattamente le attenzioni che il ragazzo riusciva a dare.
L’unica cosa che disturbava il ragazzo in quel momento per lui idilliaco erano le urla di dolore della ragazza – poiché lui stava impiegando tutta la sua forza – e i singhiozzi sempre più sommessi, fin quando si dissiparono del tutto. La giovane smise anche di combattere, poiché aveva finalmente compreso che con Carter non poteva scamparla.
Soddisfatto di se stesso quando raggiunse l’orgasmo, si sfilò velocemente dalla ragazza con un ghigno soddisfatto sul viso e la lasciò sul letto immobile, forse troppo scossa per muoversi e fare qualsiasi gesto.
Ora si sentiva decisamente meglio, si sentiva più tranquillo e rilassato. Sapeva che una scopata era la soluzione a tutti i suoi problemi e che gli bastava davvero poco per essere appagato e felice.
Seppur avesse preso ciò che voleva, non fu ancora soddisfatto così si allungò verso il comodino accanto al letto e prese il suo portafogli. Aveva un sacco di soldi all’interno, non spendeva mai nulla, per conservarli in modo da potersi permettere la moto che tanto voleva; decise però di sacrificare cinquanta dollari e lanciarli con disprezzo sul letto della donna, che non li raccolse nemmeno.
Aveva pagato la sua puttana.
 
 
Central Park, alle 21. C.
Inviò il messaggio dopo averci pensato tutta la giornata. Era stato distratto per tutto il tempo, ripensando a ciò che era accaduto la mattina stessa, con quella ragazza che era stata a casa sua. Aaron che lavorava a un ponte più in là non sapeva naturalmente niente di ciò che era accaduto. Certe cose era meglio tenersele per sé.
Mentre si fermò per un attimo, osservando il suo migliore amico, un senso di colpa lo attraversò per un attimo che quasi si fece cadere dalle mani la lattina di benzina.
Il senso di colpa per ciò che aveva fatto, lo stava sfiorando. Era stato davvero cattivo. Tutto ciò era scaturito guardando Aaron e pensando alla sua delusione per ciò che avrebbe, raccontano. Quel sentimento era così nuovo per lui, che non conoscesse in nessun modo cosa significasse sentirsi in pena per qualcuno.
Quel sentimento strano e forse anche contorto – a parer suo – lasciò il posto a una nuova ondata di rabbia che lo scosse in tutto il corpo. Un mix di sentimenti contrastanti stavano facendo a pugni dentro di lui per vincere e la cosa non gli piaceva per niente.
«Carter ti senti bene? » La voce di Aaron interruppe il corso dei suoi pensieri. Si accorse solo di stare tremando quando si guardò per un attimo le mani scorgendole rosse e con le nocche bianche.
«Sto benissimo. » La sua voce uscì più dura di quanto voleva sembrare e quest’Aaron lo capì.
L’uomo in quel momento apprezzò veramente tanto il fatto che Aaron si limitò a dargli una pacca sulla spalla e lasciarlo da solo, perché era proprio ciò che gli occorreva in quel momento.
Non aveva bisogno di essere rincuorato o che qualcuno gli dicesse che sarebbe andato tutto bene o nel peggiore dei casi che era una merda, lo sapeva già di suo.
 
 
 
***
 
 
Ormai era sera quando Carter si recò al suo appuntamento. La sua mente era libera e rilassata da ogni pensiero di qualsiasi tipo. Egli occupò posto su una panchina a riparo di un albero, lontano da alcune persone. Aveva bisogno del tempo per riflettere. In tutto quel tempo che rimase da solo ad aspettare, fece i conti con la sua mente, che si divertì a riportargli a galla gli avvenimenti più brutti della sua vita.
Sembrava che tutti i pensieri negativi facessero a gara per uscire, riversandosi nella mente di Carter in modo che il ragazzo dovette poggiarsi le mani sulla fronte per scacciarli via.
Sospirò diverse volte, mentre i suoi occhi erano chiusi, rivivendo le esperienze che aveva passato a Kirov, tutte le percosse che aveva dovuto subire da parte dei bambini più grandi quando era piccolo e tutte le volte che era stato arrestato quando si trovava a Mosca. Ripensò perfino ai momenti bui e oscuri della sua tossicodipendenza, a quando era così disperato da dover rubare per sopravvivere.
Forse inconsciamente si ritrovò a pensare che l’unica cosa che voleva fosse essere almeno un po’ felice, essere come tutte le persone normali che una volta a casa hanno qualcuno su cui contare, ma nonostante i suoi sforzi non aveva ritrovato in nessuno una figura che potesse ricoprire quel ruolo.
«Carter? » Sussurrò quella voce che era così familiare al suo fianco. Kim aveva appena occupato il posto sulla panchina accanto a lui. Al collo portava una sciarpa leggera bianca con dei fiori verdi, mentre era stretta in un pullover più grosso di lei.
«Allora che dovevi dirmi? Arriva al dunque. » Sbottò lui. Non aveva intenzione di perdere altro tempo, o almeno di restare ancora con lei, gli era bastato ciò che avevano condiviso per più di un mese e lui stesso ne era sbalordito.
Kimberly ormai conosceva Carter, sapeva com’era fatto e non poteva aspettarsi un comportamento migliore.
«Sappi solo che mi dispiace. Io non credevo che sarebbe finita così… » Cominciò lei e sembrò di nuovo sull’orlo delle lacrime.
Che palle. Si ritrovò a pensare il ragazzo alzando gli occhi al cielo e sbuffando come il solito infastidito.
«Non avevamo nulla. Abbiamo scopato un paio di volte. Ti avevo avvertita, ti avevo detto che non avrei fatto il fidanzato. Dannazione! Perché non mi ascoltate mai? »Si ritrovò a imprecare più verso se stesso che verso di lei. Non poteva accollarsi quella colpa, ovviamente aveva fatto degli sbagli, ma questa volta no. Lui aveva detto fin dall’inizio che non sarebbe voluto divenire nulla di più con Kim, come il solito aveva frainteso come tutte le donne!
«Io sono incinta. » Buttò lì quelle parole interrompendo il flusso di pensieri di Carter.
Quest’ultimo non si rese conto di ciò che lei aveva appena detto, ma il suo cervello cominciò a funzionare si ritrovò con la bocca aperta e un terribile mal di stomaco.
«E allora? »
«E’ figlio tuo… » Sussurrò lei impaurita come se lui da un momento all’altro l’avesse schiaffeggiata.
«Impossibile. » Tagliò corto, anche se non credette a quelle parole nemmeno lui stesso.
«Invece sì… L’ho fatto apposta... Ti prego perdonami. Pensavo che ti piacessi, pensavo che a lungo andare ti saresti innamorato di me… Pensavo… Carter, Carter io ti amo. » Terminò lei guardandolo negli occhi mentre delle lacrime solcavano le sue guance.
Non era la prima volta che la vedeva piangere, era successo altre volte ed era stato per merito suo. Troppe informazioni da poter digerire. Gli aveva detto in un attimo che sarebbe diventato padre, che era fatto apposta e che lo amava. Amava. Che parola stupida! Era la prima volta che una donna gli aveva detto delle cose del genere, ma lui nel suo cuore non sentiva assolutamente nulla se non l’odio e il ribrezzo per ciò che lei gli aveva appena rivelato.
«Io non ti amo. » Asserì con tutta la cattiveria che possedeva in corpo in quel momento. Sicuramente avrebbe spaventato chiunque, perfino la persona più terribile al mondo.
La ragazza non sembrò per nulla stupefatta da quella rivelazione, anzi, abbassò il capo e assentì a quelle parole, cominciando nuovamente a piangere, questa volta con singhiozzi più forti che la spinsero in forti tremori in tutto il corpo.
Un odio si riversò invece in Carter, odiava con tutto il suo cuore quella ragazza dinanzi a sé, non gli importava che nel grembo portasse suo figlio sicuramente abominevole come il padre e come tale non sarebbe dovuto nascere per nulla al mondo.
Sì alzò dalla panchina e si rivolse alla giovane tenendo lo sguardo fermo e impassibile.
«Sbarazzati di quel mostro che porti nella pancia. Io non lo voglio. »
«Io non ucciderò mio figlio. » Rispose lei. L’istinto materno già le stava dando una scossa, facendola smettere di piangere e sul suo volto si disegnò un’espressione arrabbiata. Come compatirla, l’uomo le aveva appena detto di uccidere suo figlio.
«Non me ne frega. Fanne ciò che ti pare. Io non ho intenzione di rovinarmi la vita per questo. »
«La tua vita è già rovinata. Possibile che tu non te ne accorga? » Kim si alzò e raggiunse Carter tenendogli per la prima volta testa, fissandolo dritto negli occhi con voce ferma e decisa.
«Ognuno è libero di viversi la vita che vuole. Solo perché non m’interessa altro che il mio uccello, questo non significa che sia rovinato. »
Erano a pochi passi di distanza, guardandosi negli occhi. Lei era ferma e decisa, mentre lui era impassibile e indifferente. Se in precedenza la sua reazione poteva sembrare eccessiva a quella notizia, dopo che l’aveva ottenuta, si era come calmato, affrontando la realtà dei fatti: non gli importava nulla.
I loro occhi facevano a botte, quelli di lei stavano urlando qualcosa che lui non riusciva a concepire. Trovava in Carter solo un guscio vuoto, un muro fatto di ghiaccio e non riusciva nemmeno a scalfirlo, era troppo spesso per lei, troppo spesso per chiunque.
Non sapeva che lui tempo prima, si era ripromesso di non farsi più coinvolgere in nessun rapporto, perché era stato troppo difficile dover fare i conti con il suo cuore. Carter non sapeva spiegare come aveva fatto, ma una cosa era certa: il cuore che aveva nel petto aveva smesso di battere, impedendogli di provare qualsiasi cosa che non fosse odio.
Le persone lo avevano rovinato, la sua vita era rovinata dalle persone, partendo da quella sconsiderata che aveva abbandonato suo figlio, lui, su una strada. Carter non era poi così diverso dalla sua presunta madre, avrebbe abbandonato suo figlio senza alcun rimorso.
«Non chiamarmi più. Ti ho detto ciò che dovevo. Non voglio prendermi cura di nessuno dei due. » Con disprezzo fece un veloce gesto della mano, indicando sia lei sia la sua pancia, dove vi era il suo stesso sangue.  «Fanne ciò che ti pare. Ti consiglio di affogarlo appena nasce, cattivo sangue non mente mai. »
A quelle sue ultime parole, si voltò di spalle senza curarsi della giovane dinanzi a lui e si avviò per tornare a casa.
Aveva permesso che lui la mettesse incinta, era stata tanto stupida da pensare che lui se ne sarebbe innamorato una volta saputo, ma non aveva fatto i conti che a Carter non importava di niente e di nessuno.
 

                                       

Volevo iniziare il “mio angolo” con i ringraziamenti verso tutte le persone che stanno leggendo e stanno affidando il loro tempo a me. Subito dopo ringrazio le persone che hanno avuto il pensiero di recensire la mia storia facendomi emozionare per le belle parole.
Non so precisamente dire se questo capitolo mi sia piaciuto o no. E’ iniziato con una storia un po’ cruenta, toccando anche questa volta un argomento delicato che è la violenza – in questo caso carnale – sulle donne. Non giustifico ciò che fa il mio personaggio, ma ritenevo necessario per farvi capire a quanto può arrivare quest’uomo. Avverto che la storia risulterà lunga, credo almeno una trentina di capitoli perché nella mia mente è tutto in ordine periodico e ho ancora tante di quelle cose da scrivere! Mi piace procedere lentamente e con piccoli passi, affinché possa tracciare al meglio ogni personaggio e la sua evoluzione durante la storia.
Spero di non deludervi. Grazie ancora per il tempo che impiegate per leggere.
Un abbraccio Sally. 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: SallyLannister