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Autore: lilyhachi    30/07/2014    5 recensioni
(Post terza stagione; nessun collegamento con la quarta stagione)
Madison era rotta, come un oggetto di vetro, i cui pezzi erano sparsi chissà dove, eppure Derek non sembrava da meno, solo che nessuno dei due era in grado di vedere le rispettive incrinature.
Derek Hale era spezzato. Tutto il suo dolore era accompagnato da una bellezza suggestiva in grado di annullare tutte quelle scosse che sembravano martoriare il suo sguardo rigido. Tutta la sua sofferenza era perfettamente modellata, come fosse creta, per far in modo che non ci fossero crepe, così da impedire al più flebile spiraglio di luce di entrare. Tutti i suoi tormenti erano pericolosamente allineati come le tessere del domino, e anche il minimo fruscio avrebbe potuto segnare una reazione a catena irreversibile. Da lontano, sembrava tutto in ordine, ma bastava avvicinarsi per riconoscere quelle piccole imperfezioni che lo rendevano rotto…splendidamente rotto.
Genere: Angst, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Derek Hale, Nuovo personaggio, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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XII
 
Disarm
 
 “Wake up. Look me in the eyes again .
I need to feel your hand upon my face.
Words can relay nice, they can cut you open.
And then the silence surrounds you and haunts you .
I think I might have inhaled you, I could feel you behind my eyes.
You've gotten into my bloodstream, I could feel you floating in me”.
(Stateless – Bloodstream)
 
Bastian aveva corso. Aveva mosso le gambe, attraversando il bosco che si ergeva dietro la casa e aveva corso, senza guardarsi indietro, senza pensare a ciò che lo opprimeva ma lasciandosi guidare solo ed esclusivamente dal ricordo di Nadia e dal suo sorriso amorevole.
Bastian aveva corso, lasciando che qualche ramo gli si infrangesse contro il viso, provocandogli graffi pronti a rimarginarsi.
Bastian aveva corso, senza fare caso al freddo della notte ed rimasto nel bosco, guardando l’alba che sfociava in un nuovo giorno, illuminando tutta Beacon Hills.
Bastian aveva corso, per poi osservare attentamente la casa alla quale desiderava avvicinarsi, ma aveva esitato, impaurito da ciò che sarebbe potuto accadere.
Ma lui sapeva che la situazione non era certo delle migliori, quindi il suo gesto non avrebbe fatto molta differenza, o almeno non per Julian.
Per lui, invece, avrebbe fatto la differenza. Bastian si sentiva in dovere di agire come il suo cuore gli ordinava: doveva mettere fine a tutto quel dolore, o almeno alleggerirlo, fare qualsiasi cosa che potesse cambiare le carte in tavola.
Per quel motivo, Bastian si trovava fuori casa Stilinski, guidato dall’odore del ragazzo che avevano tenuto prigioniero e da quello dell’alpha, Scott McCall.
Era soltanto un ragazzino, eppure eccolo lì: oltre quella porta e a capo di un branco, formato da componenti fedeli. Aveva visto Scott solo una volta ma gli aveva trasmesso uno strano senso di fiducia, e non gli sembrava una cosa positiva, visto che apparteneva ad un altro branco.
Il problema era che Julian non era più l’alpha che lo aveva accolto nel branco, o forse non lo era mai stato, ogni cosa era cambiata da quando era nata la piccola Madison. Era soltanto un ragazzino a quel tempo, ma riusciva a vedere molte cose, e quello che aveva visto sia in Julian che in Nadia non era certo ciò che si aspettava ad una notizia del genere. Rimase per qualche minuto fuori la porta, respirando profondamente per trovare tutto il coraggio che iniziava a venire sempre meno ad ogni passo in avanti che compiva, poi finalmente bussò.
Scott doveva essersi accorto di lui già da tempo, perché aprì la porta quasi subito, con l’aria di chi si aspettava di ricevere un attacco, gli occhi rossi e la postura eretta, pronto a difendersi. Tuttavia, quando Scott notò l’espressione arrendevole di Bastian, i suoi muscoli si rilassarono subito, portandolo a squadrare la figura dinanzi a lui che sembrava intento a seppellire l’ascia di guerra.
“Tu”, esclamò Scott, restando ugualmente sull’attenti. “Cosa vuoi?”.
Bastian non disse nulla, osservò i lineamenti di Scott, cercando nel suo viso il motivo che lo avesse portato a diventare un alpha originale.
“Scott, chi c’è?”, la voce di Stiles risuonò dalle scale insieme a dei passi leggeri che dovevano appartenere a due ragazze, probabilmente la banshee e la kitsune.
Stiles si piazzò dietro la schiena di Scott e quando si accorse di Bastian, si immobilizzò sul posto, sgranando gli occhi ambrati e inclinando il capo, mentre Lydia gli si faceva più vicina e Kira accanto a loro stringeva saldamente i pugni.
“Mi ricordo di te”, disse Stiles, rammentando la notte scorsa, quando quel ragazzo era entrato nella cripta dove li tenevano rinchiusi per avvisare l’altro licantropo. “Cosa fai qui?”.
“Vi aiuto”.
Bastian sapeva che in quella frase era racchiusa la sua rovina.
Bastian sapeva di essersi appena auto-escluso dal branco, ma non gli importava.
La voce di Nadia gli stava sussurrando che era la cosa giusta da fare, e Bastian pregava con tutto sé stesso che la voce di Nadia raggiungesse anche qualcun altro, precisamente Blake e Ridley.
 
Madison non sapeva dire come fossero arrivati a quel punto, né sapeva dire con certezza se fosse reale, ma le labbra di Derek erano sulle sue e sembrava la cosa più giusta in tutto l’universo.
Quando Derek l’aveva baciata, le era sembrato di sentire il sapore del fumo sulle sue labbra, tutta quella sofferenza che sapeva di cenere, forse ancora intatta nella sua vecchia casa. Quando Derek l’aveva baciata, le era sembrato di sentire il mondo intorno rompersi completamente per poi tornare insieme in un battito di ciglia, senza permetterle di rendersi conto. Le labbra di Derek combaciavano perfettamente con le sue.
Era stato strano avvicinarsi ad esse, come un lento crescendo che li aveva portati a far incontrare le labbra già schiuse, come se non aspettassero altro.
Era come se le labbra di entrambi non desiderassero altro, e quelle di Derek le aveva percepite roventi sulle sue, bramose di quel bacio tanto anelato che tardava ad arrivare. La mano destra di Derek era immersa nei suoi capelli, tenendo saldamente la nuca di Madison, come se non volesse farla andare via da lui, via da quel divano, via da quella casa.
C’era incertezza e convincimento nel bacio di Derek che alternava quei due sentimenti opposti, perché quando le sue labbra sembravano sicure, poi ad un tratto diventavano caute. Ma Madison faticava a capire se fosse perché Derek voleva assaporare quel momento oppure perché in lui albergava ancora qualche minima forma di dubbio nei suoi confronti. Alle volte, Derek sapeva essere così inafferrabile e sfuggente da farle venire mal di testa.
Derek Hale non era mai stato un libro aperto e lei non avrebbe dovuto sforzarsi di leggerlo, perché al suo interno forse non avrebbe trovato altro che pagine bianche e parole scritte in una lingua che non poteva essere tradotta, questo era ciò che Madison aveva sempre creduto, almeno fino a qualche momento fa, prima che tutto cambiasse in poco tempo. La risposta ai suoi dubbi arrivò quando il bacio si fece più intenso, e Derek circondò il suo viso con la mano libera, allontanandolo di poco per poterlo scrutare, lasciando che gli occhi vagassero su di lei. Madison non si era mai sentita così indifesa, mentre gli occhi verdi di Derek sondavano il suo volto, dagli occhi fino ad arrivare alle labbra dischiuse dalle quali esalava un respiro ansante.
Dal canto suo, Derek intuiva di essere completamente disarmato: non aveva coscienza della possibilità di cambiare il colore dei suoi occhi o di cacciare gli artigli, nessuna delle difese che era solito utilizzare sembrava intenta ad attivarsi, perché erano come svanite.
Derek aveva messo da parte la consapevolezza di essere un licantropo e si era abbandonato ad un contatto che sapeva di normalità e di serenità, si era fatto trasportare dall’odore di lei, perchè Madison sapeva di “vita”, una vita alla quale sarebbe dovuta tornare, prima o poi.
Madison sapeva di quella vita che Derek avrebbe desiderato per sé stesso e per sua sorella: una vita tranquilla.
Quando Derek riprese a baciarla, Madison si spinse maggiormente verso di lui, portando le braccia attorno al suo collo e sistemandosi alla ben meglio sul divano per dargli più facilità di movimento. Madison poggiò la fronte sulla sua, mentre le mani scesero sul colletto della maglia nera di Derek, stringendola con le dita.
“Mi stai baciando”, esalò Madison, come per rendersi pienamente conto.
“Intuitiva”, rispose Derek, abbozzando un mezzo sorriso che fece ridere Madison.
Derek carezzò la sua guancia con le dita, percorrendo i contorni del suo viso e con essi anche i contorni di quella possibile vita che si era lasciato alle spalle.
“Sarebbe andata così, credo”, continuò lui, riprendendo il discorso che la ragazza aveva intrapreso prima, chiedendosi come sarebbero andate le cose fra loro due, senza nessun licantropo. (1)
“Non saresti riuscito a resistermi, vero?”, domandò Madison, posando la sua mano su quella di Derek ancora ferma e calda sul suo viso.
Derek chinò il capo, sorridendo e lasciando che Madison vedesse il modo in cui quel sorriso gli aveva illuminato il viso; lei gli sollevò il volto con le dita, semplicemente perché voleva vedere quella luce, bearsene completamente ed essere investita da essa.
“Lo avevo dimenticato”, confessò lei con voce bassa, pentendosi subito di aver parlato.
Derek la guardò con un velo di curiosità negli occhi. “Cosa?”.
“Cosa significa legarsi a qualcuno”, disse lei con tono imbarazzato, come se provasse un terrore immenso solo per aver pronunciato quelle parole a fior di labbra.
Derek poteva comprendere le sue parole e il significato che nascondevano. Non era l’unico a portare il dolore negli occhi, né era l’unico ad essere stato ingannato da qualcuno a cui teneva. Con Madison non era successo tutto troppo velocemente, non era stata una tempesta improvvisa che lo aveva travolto senza lasciargli possibilità di scelta. L’aveva incontrata nel modo più normale che ci fosse e da lì era accaduto tutto così normalmente che mai avrebbe potuto dedurne i risvolti.
Con Kate era stato tutto febbrile ed esasperato ai limiti del doloroso.
Con Jennifer era stato tutto improvviso e fintamente dolce, per poi rivelarsi l’opposto.
Madison era arrivata da lui a piccoli passi, e muovendosi solo perché trasportata da quella corrente che aveva fatto sì che si avvicinassero sempre di più.
Madison si era fatta odiare, aveva permesso a Derek di guardarla con astio, ricambiando il suo sguardo con forza e fierezza.
Derek avrebbe solo desiderato stringerla forte e rimanere lì, lontano da tutto e da tutti per far sì che niente potesse far loro del male.
“Dovrei mettere fine a tutto questo”, disse improvvisamente Madison, ridestando Derek.
“Non dire stupidaggini, non te lo permetterei”, esclamò Derek e quella frase suonò quasi come una confessione sofferta tenuta nascosta per troppo tempo.
Madison affondò il viso nel suo collo, respirando l’odore intenso del suo dopobarba e di erba appena tagliata, come lo aveva sentito il giorno in cui si erano incontrati a Berkeley. Strinse maggiormente la presa sul bordo della sua maglia e voltò di poco il capo, facendo scontrare il suo naso con il collo di Derek che emise un sospiro spezzato e osservando la sua espressione.
“Non voglio che ti facciano del male”, sussurrò lei, ancorandosi così forte alla stoffa sottile della maglia di lui che quasi vi lasciò il segno. “Né a te, né agli altri”.
Derek portò lo sguardo sul volto di Madison e afferrò la sua mano, allontanandola solo per stringerla nella sua e cercare di rassicurarla, per quanto possibile.
“Starò bene. Staremo bene”, aggiunse lui, ripetendolo come fosse un mantra ma sapendo che quelle poche parole messe insieme non sarebbero bastate.
Allora Derek la baciò ancora, prima il più lentamente possibile, aspettando la sua risposta a quel bacio, e poi con maggiore sicurezza, beandosi di tutto quel contatto che aveva desiderato e represso fin dal momento in cui i suoi occhi avevano incontrato quelli di Madison.
Derek davvero non capiva come fossero passati dall’urlarsi contro a baciarsi come se non avessero aspettato altro per tutto quel tempo, ma conosceva per certo quella verità che aveva sempre represso, lasciandola seppellita in un angolo buio del suo petto: lo aveva desiderato fin dall’inizio.
“Ehm, questo è imbarazzante”.
Sia Derek che Madison si voltarono verso la voce, accorgendosi di Isaac che se ne stava fermo sulle scale con una mano immersa nei capelli ricci un po’ scompigliati e Cora alle sue spalle.
Cora sembrava stare molto meglio, e il suo sorriso ne era la prova tangibile, si voltò verso Isaac, donandogli un’espressione divertita per la scena a cui avevano spesso assistito. A completare quel quadretto già abbastanza molesto ci pensò Peter che fece il suo ingresso nella cucina con la sua solita disinvoltura.
“Era ora, io ci avrei messo meno tempo”, esclamò, riservando una pacca sulla spalla a Derek che sfoggiò un mugolio infastidito, mentre Madison cercava con tutta sé stessa di non scoppiare a ridere.
Il suono del campanello mise fine a quel breve sprazzo di serenità, irrompendo nella casa di Madison come una scossa di terremoto appena tangibile, presagio di una più violenta che sarebbe giunta.
 
“Lui cosa diamine ci fa qui?”.
La voce di Derek era stata come un tuono inatteso, mentre il cielo era limpido e senza nessuna nuvola scura a sovrastarlo, ma il licantropo era come esploso alla vista di Bastian.
Il corpo di Cora tremò al ricordo delle scariche elettriche che l’avevano martoriata, e Derek ringhiò, accorgendosi del sussulto di sua sorella, mentre Isaac si posizionava dinanzi a Cora senza alcuna esitazione, lasciando la ragazza sorpresa a quel gesto istintivo di protezione.
Quando lo sguardo di Bastian si soffermò su Madison, Derek si mise davanti al suo corpo senza pensarci, mentre la ragazza osservava la figura di Bastian un po’ tesa ma tranquilla accanto a Scott che allungò una mano in avanti verso Derek e Isaac.
“Va tutto bene”, esclamò il ragazzo, con la sua voce tranquilla e rilassante. “Bastian non è qui per farci del male o per ingannarci".
“Allora cosa vuole?”, chiese ancora il licantropo, mentre il blu dei suoi occhi brillava, risuonando come un vero e proprio avvertimento verso chiunque avesse provato ad avvicinarsi.
“Voglio aiutarvi”, proruppe Bastian, facendo un passo avanti che fece scattare Derek ma l’altro non se ne curò, continuando a camminare. “Julian vi attaccherà stanotte…per lei”.
Il suo sguardo saettò verso Madison e si perse sul suo viso, ammirando la somiglianza con sua madre, quella donna che tante volte lo aveva abbracciato durante le notti che lo vedevano prigioniero dei suoi brutti ricordi, del suo dolore e della mancanza che lo affliggeva.
“Uccideranno chiunque si metterà fra lui e Madison”, continuò il ragazzo, passandosi una mano fra i capelli scuri ed allontanando l’immagine di Blake e Ridley che uccidevano qualcuno di loro.
“Perché sei venuto a dircelo?”, chiese Madison, squadrando Bastian e aspettando di cogliere quella nota diversa, in completo contrasto con tutto il suo essere. “Perché ci aiuti?”.
“Julian è spietato”, rispose Bastian, alzando lo sguardo e affrontando sia lei che Derek, che continuava a studiare ogni suo minimo cambiamento di espressione. “Non gli importa di te, vuole solo rivendicare ciò che gli appartiene…Nadia non lo avrebbe voluto”.
Nel sentire quel nome, pronunciato con una voce bassissima quasi impercettibile ad orecchio umano, Madison si irrigidì, fissando ancora di più Bastian e chiedendosi quanto ne sapesse di sua madre.
“C’è qualcosa che non ci dice”, continuò Bastian con gli occhi che vagavano alla disperata ricerca di un punto fermo su cui fissarsi, qualcosa da osservare per non far tremare la sua stessa voce al pensiero di quella possibilità. “Ed io sono stanco di stare a guardare. Ha ingannato Keith, facendogli credere che i due gemelli alpha fossero ancora qui, solo per costringerlo ad agire per conto suo. Nessuno di noi ne aveva idea, e non voglio immaginare su quanto altro ci abbia mentito”.
Un altro tremore scosse il corpo di Madison nell’udire il nome di Keith, mentre un’altra crepa si apriva nel suo petto e lei non aveva idea di come avrebbe fatto a risanarle. La mano di Derek cercò silenziosamente la sua, stringendola da dietro la schiena, impedendo a chiunque di intercettarlo: a quel contatto, ogni cosa sembrò ricomporsi lentamente.
“Quindi dobbiamo prepararci ad un attacco”, constatò Cora, incrociando le braccia al petto e avvicinandosi ad Isaac che non sembrava molto convinto da quelle novità.
“E il tuo amico?”, domandò Stiles, indicando Bastian. “Quello che ci ha fatto visita mentre eravamo prigionieri. Ricordo di non averlo visto molto…sicuro”.
“Ridley”, gli disse Bastian, facendo un cenno con il capo. “Non sa che sono qui, e quando si verrà a sapere, probabilmente avrà l’ordine di farmi fuori”.
“Lo farebbe?”, chiese Kira, prendendo posto accanto a Lydia.
Scott esaminò lo sguardo di Bastian, notando un cambiamento repentino sul suo volto: se prima sembrava leggermente preoccupato, ora lo era maggiormente, come se sapesse perfettamente cosa gli sarebbe capitato…come se fosse consapevole di ciò che gli avrebbero fatto.
Scott non si fidava completamente di Bastian ma sentiva chiaramente che non c’era alcuna menzogna nelle sue parole: Bastian era come sperduto, diviso tra un sentimento e la realizzazione che il loro obiettivo non fosse giusto ma solo insano e perfido, proprio come colui che aveva intenzione di raggiungerlo, ossia Julian.
“Stanotte, giusto?”, gli domandò Scott, notando come gli occhi di Bastian non rispecchiassero il suo aspetto, erano spaesati, come quelli di un bambino che non sapeva dove andare.
Bastian fece un cenno di assenso con il capo, un po’ sorpreso, forse perché non si aspettava di ricevere aiuto, soprattutto da Scott McCall, ma lui sentiva che c’era qualcosa di diverso in lui. Non aveva nulla in comune con Julian: più Bastian lo guardava, più comprendeva come avesse fatto a diventare un alpha originale. C’era del buono nel suo cuore e poteva sentirlo anche a distanza, ogni suo gesto e ogni sua parola derivavano da quel cuore puro che batteva nel suo petto.
Era un cuore umano, un cuore che aveva affrontato battaglie e perdite che si riflettevano ancora nel suo sguardo ma Bastian sentiva di poter fare affidamento su di lei, di potersi fidare più di lui, alpha a capo del branco “nemico”, che del suo alpha, pronto ad ucciderli pur di vincere.
“Saremo pronti”.
 
Gwen tornò con un sorriso trionfante in viso, pronta a rivelare ciò che aveva visto: finalmente quel bambino nascosto in un corpo da adulto si era tolto di mezzo.
Gwen Atherton aveva sempre considerato Bastian come un peso, e lei era solita considerare ingombranti tutti coloro che si mettevano tra lei e i suoi obiettivi, come Nadia. Odiava il fatto che quasi tutti i componenti del branco le fossero fedeli e leali, nonostante avesse tirato le cuoia già molto tempo addietro, solo ed esclusivamente per il suo volere. Non aveva mai tollerato Nadia, e non solo per semplice gelosia, ma per il poco rispetto che provava verso ciò che aveva avuto la fortuna di trovare: Nadia Blanchard, che poi aveva stupidamente cambiato il suo cognome in Nolan nella speranza di non essere trovata, aveva tutto ciò che lei stessa aveva sempre desiderato. Era l’emissario di un branco che la rispettava, era la compagna di un alpha e aveva dato alla luce la sua bambina, eppure, non sembrava apprezzare nulla di tutto ciò.
Ricordava come Nadia fosse spenta e quasi infelice in quel periodo, ricordava come deviasse le attenzioni di Julian, nascondendole distintamente perché un emissario era perfettamente capace di nascondere ogni possibile segreto ad un branco di lupi mannari.
Per quel motivo, non aveva mai compreso cosa nascondesse realmente Nadia ma aveva trovato veritieri le parole di Julian, ricordando ancora quella notte piovosa, durante la quale Nadia era fuggita per portare la bambina lontana da suo padre e dal branco a cui era destinata.
Gwen ricordava ancora come Julian fosse tornato da loro, fradicio e afflitto, informandoli su come avesse trovato il corpo senza vita di Nadia nella sua vecchia casa e nessuna traccia della bambina. Gwen ricordava ancora il suo corpo senza vita e il dolore sul volto di tutti loro. Gwen forse avrebbe dovuto sapere di non essere nulla più di una sostituta, perché Julian aveva amato quella donna, la sua compagna, ma per lei Nadia non era degna di esserlo.
Aprì la porta, trovando Julian in piedi dinanzi agli altri licantropi, sorridendo anche per l’assenza di Keith, il quale aveva deciso di togliersi dai piedi.
“Bastian è con Scott McCall”, dichiarò lei, portando una mano sul fianco sottile.
Julian emise un finto mugolio insoddisfatto, accompagnato da una smorfia altrettanto finta che doveva apparire dispiaciuta, ma era chiaro che si stesse profondamente divertendo.
Ridley si voltò a guardare Blake, leggendo chiaramente il terrore sul suo volto, perché quella frase non aveva bisogno di spiegazioni e l’espressione di Julian era abbastanza.
“Il ragazzo non ha polso”, esalò l’alpha, sospirando afflitto per poi concentrarsi sui due beta dinanzi a lui, completamente immobili. “Sapete cosa significa. Bastian ha deciso di passare dalla parte del nemico, la prossima volta che lo vedremo sarà morto”.
Ridley sentì Blake tendersi come una corda di violino a tremare a quell’ordine sottinteso, perché nessuno dei due poteva credere che Julian facesse sul serio. Stava davvero ordinando loro di uccidere Bastian, un componente del branco, cresciuto proprio da loro?
“Avrà fatto una stupidaggine”, cercò di giustificarlo Blake, parlando con un tono di voce così affranto che non sembrava neanche lui.
Non aveva nulla di Blake Turner, quel beta spietato che aveva sempre eseguito gli ordini, togliendo tante vite senza preoccuparsi di chi avesse davanti, ma quando si trattava di Bastian, Blake diventava apprensivo, perché lui stesso aveva trovato quel bambino nel mezzo della foresta.
Blake aveva trovato Bastian ferito, con il sangue rappreso sulle braccia e l’espressione spaesata con gli occhi colmi di lacrime per la famiglia che aveva visto morire davanti ai suoi occhi. Blake aveva assistito Bastian durante tutte le lune piene che aveva dovuto affrontare, aiutandolo a trovare una nuova ancora, a riprendere possesso di sé e dei suoi poteri.
“Il tuo cucciolo ci ha traditi, Blake”, gli fece notare Julian, come se stesse impugnando un coltello, piantandoglielo dritto nello stomaco e girandolo continuamente, incurante del dolore. “Non credo ci sia nient’altro da dire, oltre al fatto che morirà…insieme al branco di Scott, quello che ha scelto”.
“Ma-“, Blake non fece in tempo a continuare che Julian sfoderò gli artigli, stringendo una mano attorno al proprio collo, mentre Ridley interveniva, ringhiando e afferrando la mano di Julian.
Quel gesto fece indispettire l’alpha che si allontanò da Blake per concentrare tutte le sue attenzioni su Ridley, quasi meravigliandosi di quell’atto di ribellione che aveva osato compiere. Ridley era sempre stato alla stregua di un cagnolino al guinzaglio per lui, pronto ad eseguire i suoi ordini senza riserve, restando all’interno di un branco che per lui aveva perso significato. Tutto solo per ripulire la sua coscienza, e credeva che Julian non lo sapesse. Ma, in realtà, Julian vedeva ogni cosa e aveva visto ogni cosa, anche se inizialmente non aveva voluto credere.
“Fate sul serio?”, ringhiò, rivolgendosi ai due uomini, mostrando gli occhi rossi.
Gwen, nel frattempo, rimaneva impassibile alle loro spalle, aspettando che Julian l’avesse vinta, perché non c’era altro modo in cui potesse finire.
Ridley sfoderò le zanne e Julian rise di una risata sadica per poi scagliare l’uomo contro il muro come se non aspettasse altro.
“Nadia non lo avrebbe voluto”, abbaiò Ridley, riversando fuori tutta la collera che teneva gelosamente nascosta, perché non poteva permettersi di portarla alla luce ma non ne poteva più. Era arrivato ad un limite estremo di sopportazione, e nominare Nadia era stato quasi un bisogno fisico, non gli importava delle conseguenze, non gli importava che il suo cuore lo avesse vietato e che forse Julian lo avrebbe ucciso con un unico sguardo…nulla aveva più importanza.
Si erano spinti troppo oltre per preoccuparsi di ciò che sarebbe accaduto.
“E tu sapevi cosa voleva Nadia, giusto?”, chiese Julian con una punta di sarcasmo e di cattiveria che fece irrigidire Ridley, mentre tutte le sue membra diventavano rattrappite.
Non disse nulla, si limitò a guardare Julian con un misto di confusione e rabbia in viso, senza trovare altro coraggio per rispondere, perché lui sapeva davvero cosa volesse Nadia. Ridley aveva sempre saputo tutto di Nadia: sapeva quando era triste, sapeva cosa la facesse ridere, sapeva della vita che avrebbe desiderato condurre, lontana da quel branco, lontana da Julian Ridley sapeva tutto di Nadia, forse troppo, come aveva sempre saputo che non avrebbe mai desiderato quella vita per la sua bambina, e come lei, Ridley non avrebbe augurato quella sorte neanche al suo peggior nemico. Per quel motivo, Ridley rimpiangeva spesso la sua umanità, quella umanità che aveva rivisto in Nadia, prima che se la strappasse, insieme alla sua vita. (2)
 
Madison si guardò allo specchio, portandosi una mano al viso e cercando i cambiamenti che aveva subito nel corso di quegli ultimi mesi.
All’apparenza, sembrava tutto uguale: era sempre la stessa, forse più dimagrita, con il viso più scarno di prima ma Madison sentiva e vedeva tutte le differenze, presenti come tante cicatrici sul suo volto e sul corpo che ancora non erano sparite.
Ricordava di avere uno sguardo più radioso, mentre adesso i suoi occhi non sembravano altro che due pozze scure alla ricerca di uno spiraglio di luce, anche se debole. Ricordava di avere le mani più ferme, che non venivano scosse quasi mai da tremori ma rimanevano salde attorno ad un libro mentre il suo naso era tra le pagine, e le sue dita le sfogliavano con delicatezza, facendo attenzione a non rovinarle ma assaporando la gioia ad ogni pagina. Ricordava molte cose, prima che la sua vita imboccasse una strada nuova e completamente oscura, rappresentata dal vialetto del campus sul quale aveva seguito Keith, completamente ignara.
Madison uscì dal bagno, sforzandosi di non guardare verso la finestra: non voleva vedere né la luce del sole né il buio che si avvicinava, non voleva sapere quanto mancasse all’arrivo della sera, non voleva rendersi pienamente conto del fatto che da un momento all’altro Julian sarebbe arrivato.
Diede le spalle alla finestra senza guardarla e camminò verso la sua stanza ma, una volta entrata, la luce del tramonto la investì, facendole socchiudere le palpebre, come se stesse provando dolore. Madison guardò quella tonalità aranciata che ai suoi occhi sembrava più rossa, come il sangue che sarebbe stato versato quella notte, solo ed esclusivamente per colpa sua. Osservò il tramonto con lo sguardo vitreo, mentre percepiva le sue labbra tremare. Udiva le voci di Scott e di tutti gli altri dal piano inferiore, soffermandosi su quella di Derek e poggiando la schiena al muro, tranquillizzandosi.
Madison desiderava soltanto che il giorno successivo a quella stessa ora, potesse continuare a sentire la voce di Derek accanto a lei, accompagnata da tutto il branco: voleva udire la voce petulante di Stiles mentre parlava rapidamente senza dare importanza a qualche sguardo infastidito; voleva udire la voce imbarazzata di Isaac che balbettava ; il tono lievemente saccente di Lydia mentre nascondeva e insultava la sua intelligenza con il solito “devo averlo letto da qualche parte”; la voce pacata di Scott che tentava di trovare una soluzione pacifica al peggiore dei problemi; la voce ferma di Cora, accompagnata dalle braccia incrociate al petto, mentre scrutava malamente il suo interlocutore; il tono dolce di Kira che tentava inutilmente di nascondere una figuraccia; avrebbe risentito volentieri persino la voce di Peter. A quel punto, Madison capì di non essere pronta a quella notte.
“Ehi”, una voce nuova, arrivata qualche ora fa, la ridestò. “Stai bene?”.
Bastian era dinanzi a lei, con le mani piantate nelle tasche dei jeans logori, e la guardava come fosse un fantasma, come fosse il ricordo di qualcuno che non credeva di rivedere.
“Sì”, rispose lei debolmente, voltandosi verso di lui e incrociando le braccia. “Conoscevi Nadia”.
Madison non intendeva perdersi in troppi preamboli: quel ragazzo era chiaramente cresciuto con sua madre, la conosceva e guardava lei così profondamente da farla sentire a disagio. Voleva sapere qualcosa, anche il più banale dei dettagli, qualcosa che le dicesse che Nadia era realmente esistita, che non era una figura mitologica nascosta dietro un anello e un alpha. Istintivamente, Madison cominciò a rigirare l’anello di sua madre che teneva al dito medio, come fosse una sorta di gesto calmante, per aiutarla a riflettere e a controllarsi.
Bastian notò subito quel dettaglio e sorrise, osservando l’anello di Nadia.
“Sì, la conoscevo e conosco te anche se l’ultima volta che ti ho vista era decisamente più piccola”, disse l’altro con voce atona. “Nadia mi ha aiutato e si è presa cura di me”.
“Quindi lo fai per lei?”, domandò Madison, poco convinta.
“Per lei e per noi”, rispose Bastian, incastrando gli occhi scuri nei suoi, così simili a quelli di Nadia da far paura. “Nadia non parlava mai dei suoi turbamenti ma capiva quelli degli altri. Mi sarebbe piaciuto sapere cosa la tormentasse, e voglio aiutarla ora, per quanto possibile. Voglio farlo per lei, per noi e per quello in cui ha sempre creduto fin da quando l’ho conosciuta”.
“Ovvero?”, chiese ancora Madison ancora più perplessa, come se le parole di Bastian non le arrivassero completamente alle orecchie perché ovattate. “In cosa credeva mia madre?”.
“Nella possibilità di cambiare il proprio destino”.
Madison rimase inizialmente paralizzata, per poi accorgersi di come quelle parole le avessero provocato una sorta di scossa, qualcosa che non credeva possibile, eppure era lì, perfettamente tangibile sulla propria pelle. C’erano tante domande che avrebbe desiderato porre a Bastian, ma in quel momento non riusciva neanche a ricordare se fosse in grado di parlare o meno.
Il respiro pesante di Derek mise fine a quella conversazione, mentre il licantropo li raggiungeva nel corridoio, squadrando Bastian con una delle sue espressioni minacciose da repertorio. Derek sapeva incutere timore pur rimanendo immobile: fissava il volto di Bastian con le labbra dritte e le sopracciglia corrucciate, mentre tutto il corpo era dritto e in tensione, pronto a scattare al più insignificante passo falso. Se Bastian avesse fatto qualcosa, Derek gli sarebbe saltato alla gola.
“Me ne vado, tranquillo”, disse l’altro, alzando le mani in segno di resa.
Derek, tuttavia, era ancora in allerta, e seguì con lo sguardo la figura di Bastian fino a vederla scomparire al piano di sotto, mentre Madison gli si avvicinò, sfiorandogli il braccio. A quel tocco, Derek sembrò tornare sulla terra, sollevando lo sguardo per incontrare gli occhi di lei, mentre i suoi occhi erano di un blu così intenso che le sembrava di perdersi in un mare agitato.
Madison gli circondò il volto con le mani, portandoselo più vicino e vedendolo chiudere gli occhi, mentre faceva dei respiri profondi per calmarsi. Non poteva evitare di sentirsi male a vederlo in quello stato, sempre in posizione di attacco, senza mai respirare neanche per un attimo.
Derek riaprì gli occhi, mostrando il loro colore naturale, ossia quel verde paragonabile ad una distesa erbosa da attraversare, mentre le dita ne sfioravano i fili d’erba.
Madison gli sorrise debolmente. “Ciao”.
La ragazza sfiorò le sue labbra, ma in quel bacio lieve, Derek percepì un’imperfezione proprio sotto le sue dita: Madison era nervosa e impaurita, nonostante cercasse di nasconderlo.
La stretta delle sue mani si fece più salda e Derek dovette faticare molto per mettervi fine, sfiorandole i polsi e guardandola negli occhi.
La ragazza sospirò affranta. “Odio i tuoi sensi da lupo”.
Derek ghignò, visibilmente soddisfatto e aspettò che Madison parlasse.
“Non voglio che arrivi la notte”, sussurrò lei, prendendo posto sul materasso e torturandosi le dita.
Derek si sedette al suo fianco, rendendosi conto di quanto fosse strano trovarsi in quella situazione e rendendosi conto di quanto Madison non fosse poi così forte come gli era apparsa. Derek aveva visto davvero Madison, non era più solo la ragazza della caffetteria e dei turni notturni dalla risposta sempre pronta ma era qualcosa di più profondo, di più intimo.
“E so che sei preoccupato, anche se non lo dici”.
Era vero: Derek Hale era maledettamente e dolorosamente ansioso per quella notte ma non voleva trasmettere tutti i suoi timori a Madison, nonostante fossero già albergati in lei. Non sapeva se ne sarebbero usciti vivi ma sapeva che ci avrebbero provato.
“Vuoi che ti dica che siamo fregati?”, le domandò Derek, fingendo tranquillità.
“Il sarcasmo è per Stiles. A te non è mai appartenuto, neanche al liceo”.
Derek trattenne un sorriso, come al solito, e tornò a guardare Madison, mentre una domanda faceva capolino nella sua testa, scalpitando per uscire, così Derek decise di assecondarla. “Quanto sapevi di me al liceo?”.
Madison sfoggiò un’espressione corrucciata, guardando Derek con curiosità, perché tra tutte le domande che poteva porle, quella proprio non se l’aspettava o almeno non in quel momento.
“Abbastanza da poter dire che eri poco socievole”, rispose lei con un sorrisetto sardonico.
Derek alzò gli occhi al cielo e attese che la ragazza continuasse a parlare, come se quella voce le stesse raccontando la più avvincente delle storie mai esistite.
“Ti vedevo sempre nei corridoi della scuola e non capivo perché fossi sempre riservato, non ridevi quasi mai e sembravi eccessivamente guardingo, come se qualcuno potesse ucciderti da un momento all’altro”, confessò Madison, ricordando uno dei loro incontri. “Poi una mattina, ti ho visto mentre aspettavi qualcuno fuori dall’ufficio del Preside…e c’era tua sorella con te”. (3)
Derek non riuscì a trattenere un brivido. “Il giorno dell’incendio”.
Madison fece un cenno con il capo. “Per un attimo, ho pensato di avvicinarmi e chiederti cosa fosse successo ma poi tu mi hai guardata ed io ti ho visto mentre eri sconvolto, come se potessi crollare all’improvviso ma non lo avresti fatto…o almeno non a scuola”.
Madison lo aveva visto, lo aveva visto davvero e Derek avrebbe voluto pronunciare quella frase.
Avrebbe desiderato dirle “Tu mi hai visto”, ma non lo fece perché ancora troppo provato dalle parole di Madison e dalla realizzazione del loro significato.
Derek stava assorbendo quelle parole una ad una, lasciando che gli entrassero sottopelle proprio come stava facendo Madison, arrivando quasi a scorrergli nelle vene. Sarebbe tornato indietro nel tempo, solo per ricordare meglio quel momento e per soffermarsi maggiormente sulla ragazza del corridoio di cui rammentava a malapena la sagoma. Ma la verità era che Derek a quel tempo era troppo preso dalle fiamme per fare caso ad altro, era troppo avvolto dalle spire fameliche di Kate per accorgersi di ciò che c’era aldilà delle fiamme.
Madison era oltre le fiamme, lontana da lui e dal fuoco, a tendergli la mano.
Si guardarono a lungo, senza dire nient’altro, e Derek si sentì un vero stupido quando portò una mano tra i suoi capelli, carezzandoli come se non avesse mai visto niente di simile. Aveva perso così tanta familiarità con certe situazioni che spesso faceva fatica a capire come muoversi ma in quel caso, Derek Hale preferì solo farsi guidare da ciò che stava sentendo e si avventò sulle sue labbra come se non vi si imbattesse da troppo tempo, nonostante il loro ultimo bacio fosse avvenuto poco tempo prima. Baciare Madison era deleterio e benefico allo stesso tempo: aveva assaporato poche volte quelle labbra e già sapeva di non poterne fare a meno, come non poteva fare a meno di assicurarsi dove lei fosse, se stesse bene o meno, cosa che aveva fatto fin dall’inizio, quando si svegliava nel mezzo della notte solo per arrivare fuori casa sua e sentire il suo battito regolare.
Quel bacio era intenso e febbrile, quasi disperato, come se entrambi sentissero di aver tardato a capire cosa c’era fra loro e che adesso fosse troppo tardi per rimediare. La paura di non avere più tempo da trascorrere insieme, il timore che da un momento all’altro Julian sarebbe arrivato e avrebbe strappato via Madison dalle sue braccia, gravava su Derek come un masso pronto a sovrastarlo del tutto. Forse Peter non aveva tutti i torti quando lo aveva scherzosamente ripreso, affermando che al suo posto avrebbe impiegato meno tempo. Ma Peter non era lui. Derek poteva sentire la sua stessa paura montargli dentro ma solo qualcosa di vitale importanza lo avrebbe costretto a interrompere quel contatto quasi salutare, in grado di spazzare via ogni dubbio e ogni preoccupazione.
Derek continuò a baciarla, stringendole la vita con le Madison e sentì la ragazza sussultare leggermente, buttandogli le braccia al collo per farsi ancora più vicina a lui. Ma poi Derek lo sentì: quel masso che iniziava ad incombere sempre di più sulla sua testa, vedeva l’ombra sul pavimento che si allargava maggiormente, segnando il suo arrivo.
Madison sembrò capire, notando il suo sguardo preoccupato ma fermo.
Il licantropo guardò Madison negli occhi, quegli occhi che sperava con tutto il cuore di incrociare di nuovo per ritrovarli aperti e del loro colore naturale, non gialli come quelli di un beta.
 

Angolo dell’autrice
 
  • (1) nello scorso capitolo, ho dimenticato di fare una precisazione e la faccio adesso: il dialogo tra Derek e Madison in cui si chiedono come sarebbero andate le cose tra loro, è nato dal ricordo di un film vecchio ma che a me personalmente piace molto, ossia “C’è posta per te” con Meg Ryan e Tom Hanks. Insomma, pensando alla loro storia in un contesto diverso mi è venuto in mente il dialogo tra i due protagonisti del film;
  • (2) la morte di Nadia è accennata in un flashback del capitolo I;
  • (3) richiamo al prologo, in cui Madison ricorda Derek.
 
Ce l’ho fatta! Non mi sembra vero. Allora cosa ve ne pare?
Io sinceramente ho qualche dubbio su questo capitolo, principalmente per Derek: insomma, scrivere di lui con una ragazza è difficilissimo, se poi i momenti sono fluff è anche peggio. Io spero di averlo reso abbastanza credibile insieme a Madison, anche perché avendo visto poco Derek alle prese con una relazione vera, non sapevo bene come muovermi ma ho cercato di fare del mio meglio. Alla fine, li ho fatti litigare abbastanza, quindi un po’ di dolcezza (senza esagerare) ci voleva, no? Comunque, il prossimo capitolo sarà incentrato su Nadia, la madre di Madison di cui ho scritto solo un paio di flashback sparsi. Il prossimo capitolo sarà maggiormente incentrato su di lei, riprenderà i flashback già visti e sarà cruciale. Non voglio essere melodrammatica ma mi sento in dovere di avvertirvi perché molti mi vorranno male, quindi stay tuned. Ormai siamo agli sgoccioli.
Ringrazio tutti coloro che hanno letto, recensito con poemi meravigliosi che mi hanno fatta sciogliere vergnosamente, messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate. Fatemi sapere cosa ne pensate con un commentino, se vi va!
Al prossimo capitolo, un abbraccio!
   
 
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