POV
DRACO
Era
strano pensare che si potesse
essere così felici in una situazione tanto triste. Ginevra
Weasley gli aveva
detto che lo amava. Amore? E’ una parola tanto grossa, tanto
ingombrante… Cosa
poteva saperne dell’Amore un ragazzo che aveva iniziato il
suo percorso nel
mondo senza la gentilezza e carezze di una madre, senza i giochi e
l’affetto di
un padre? Eppure anche lui sentiva qualcosa di grande che ribolliva
dentro di
lui, quella mancanza percepita quando era solo e quella completezza di
quando
invece era con Ginevra. Lo conosceva, lo stimava,
nonostante le brutte cose che avesse subito, nonostante le cattive
azioni che
avesse compiuto, nonostante il Marchio viscido e nero sul braccio, ma
non per
questo lo compativa, come si fa con un cucciolo senza padrone. Con lei
poteva
essere se stesso; non c’era bisogno di mentire.
Le
settimane passavano con una velocità
allarmante, ma Draco aveva deciso che non voleva partire subito.
Avrebbero
creato una passaporta solo qualche giorno prima della sua Iniziazione e
si
sarebbero rifugiati in una casa sicura, un’antica dimora dei
Black che era
inutilizzata da tanto tempo. Chiedere aiuto a sua zia Andromeda era
stata la
scelta migliore: la ricordava poco -una volta sua madre lo aveva
portato di
nascosto a farle visita quando era molto piccolo- ma si era subito
offerta di
mettere loro a disposizione la casa, senza fare troppe domande. Era
stata
cancellata dall’albero genealogico di famiglia per aver
sposato un babbano, Ted
Thonks ed era vietato in casa Malfoy anche solo nominarla. Draco aveva
sempre
pensato che a sua madre mancasse molto. Conservava di lei i ricordi di
un viso
molto dolce, a forma di cuore, i capelli castani e ricci,
l’espressione sempre
sorridente. Sembrava la versione benevola dell’altra sua zia,
Bellatrix. Da
quell’unica volta non l’aveva più
sentita perché i rapporti con sua madre si
erano guastati, anche se spesso rimpiangeva di non averla conosciuta
meglio.
Nonostante questo, si era rassicurato; anche lei faceva parte
dell’Ordine della
Fenice, insieme a sua figlia Ninfadora e dopotutto era suo nipote. Gli
aveva
perfino regalato un orsetto di stoffa cucito da lei,
all’epoca della visita. Il
piano alla fine era elementare: prendere una passaporta per Black Manor
e
rintanarsi lì fino a quando la guerra non si fosse conclusa,
sperando che i
Mangiamorte avessero altro da fare piuttosto che cercare tre ragazzi
dispersi.
Suo padre sarebbe stato il problema più grande;
l’avrebbe inseguito come un
cacciatore di taglie, aspettando il momento di vendicarsi
dell’umiliazione del
suo tradimento e di ciò che esso aveva comportato per lui
nella gerarchia
precaria dei seguaci del Signore Oscuro. Solo poche persone dovevano
essere a
conoscenza dei particolari: sua zia, appunto e il professor Piton che
avrebbe
aperto per loro la passaporta sotto l’ordine del preside
Silente. C’era però un
piccolo enorme particolare che Draco aveva taciuto a tutti: Ginny
sarebbe
partita con loro.
La
fine di marzo aveva portato un
tiepido sole e docili margherite che invogliavano gli studenti a
lasciare per
po’ la biblioteca con l’allettante proposta di
passare un pomeriggio diverso
dal solito. Per questo motivo il parco di Hogwarts e le sponde del lago
erano
diventate meta di studenti armati di libri e coperte per una sessione
di studio
all’aperto o intenzionati solo a svagarsi un po’.
Draco si era fatto convincere
da Blaise a uscire (il quale sosteneva che sarebbe diventato un vampiro
se non
avesse preso un po’ di sole) anche se in realtà
l’idea lo stuzzicava già da un
po’. Così proprio in quel momento era steso sul
prato a rilassarsi,
chiacchierando con i suoi amici e scambiando qualche occhiata con
Ginny,
insieme alle sue compagne di stanza una ventina di metri più
in là, dietro la
quercia a strapiombo sul lago. I libri di tutti giacevano semiaperti in
un
angolo con le pagine che svolazzavano per il vento primaverile. Mentre
Blaise
si confortava con un goccio di Burrobirra rivisitata alla sua maniera
–Draco
sapeva che la “rivisitazione” comprendeva una
boccetta di vodka- Theodore
consultava il suo taccuino e ogni tanto tormentava il cappuccio della
penna,
mordicchiandolo sovrappensiero.
-Cosa
fai, Nott, scrivi aforismi?-
lo derise ironico Blaise, sbirciando da sopra la sua spalla che cosa
stava
scrivendo. Aveva i capelli tutti spettinati e gli occhi che brillavano
come
gemme per il riverbero della luce. Non pochi occhi erano concentrati su
di lui,
quel pomeriggio. Theo chiuse di scatto il taccuino, osservandolo
divertito e
preoccupato insieme: -Almeno io non devo correggere la Burrobirra per
farmela
piacere. Per l’amor del cielo, Blase, smettila di bere! Ti
devo portare in un
centro di Alcolisti Anonimi-
-Beh,
se vuoi inizio con le
canne…- commentò Blaise posando la bottiglia e
facendo le spallucce come se per
lui non fosse un così grande problema. Quei due erano
proprio cane e gatto,
bisticciavano di continuo, ma erano praticamente fratelli. Draco rise
di gusto,
riportando lo sguardo dai capelli rossi di Ginny che risplendevano al
sole agli
amici: -La trovo un’idea geniale-
Lanciandogli
un’occhiata di
traverso anche Theo abbozzò un sorriso, brontolando: -Ma da
che parte stai,
scusa?-
-Dai,
Theo, non dirmi che non ti
ricordi i famosi festini Slytherin. Sembrava che ti piacessero,
all’epoca-
ironizzò ancora il biondo, divertendosi
dell’imbarazzo dell’amico. Blaise
sghignazzò senza contegno, rotolandosi nell’erba e
battendo sonore pacche sulla
schiena a Theodore con dei commentini sagaci che avrebbero fatto
arrossire uno
scaricatore di porto mentre Draco chiudeva gli occhi e si stendeva
allungando
le gambe sul prato. Era bello per una volta essere solo dei ragazzi e
non dover
pensare a Marchi, Iniziazioni o matrimonio. La sola idea di rivedere
Evangeline
lo terrorizzava. All’improvviso sentì una peluria
soffice sfiorargli il mento
così aprì le palpebre intravedendo qualcosa di
piccolo, rosa ed emozionato.
-Oh,
no! La puffola no!- si
lamentò tenacemente utilizzando la frase ormai solita e
coprendo con un braccio
sul viso un sorrisetto mentre Arnold saltellava felice cercando di
leccargli il
naso. Sentì a sua volta Ginny ridere e dire ad alta voce che
sarebbe andata a
prendere quella puffola disobbediente perché non doveva
proprio dare fastidio a
dei poveri ragazzi in cerca di riposo, così tolse subito il
braccio, osservandola
camminare a piedi nudi sull’erba. Indossava dei jeans chiari
e una maglietta
verde che faceva risaltare ancora di più il rosso dei
capelli; le chiazze di
luce che filtravano attraverso le foglie della grande quercia
disegnavano forme
geometriche più chiare sul suo corpo. Il medaglione dorato
riluceva sul suo
petto insieme al bracciale nella mano sinistra. Nascosta dal tronco
dell’albero, Ginny si permise di sorridere rivolta ai ragazzi
e perfino di dire
maliziosa alzando un sopracciglio: -Sono quasi certa che Arnold sia
innamorato
di te… Dopotutto ha imparato dalla migliore-
Come
poteva essere così naturale
nel dire cose di questo tipo? Draco aveva solo voglia di baciarla in
quell’esatto momento. Di baciarla e di dirle ancora che
l’amava. Tenne a bada i
bollenti spiriti e si alzò sui gomiti, socchiudendo le
palpebre per la luce e
accarezzando Arnold accoccolato sul suo petto: -Sono una persona
affascinante,
Ginevra. L’hai sperimentato sulla tua pelle, no?- Ginny
sorrise ancora di più
e, dopo aver controllato che non ci fosse nessuno nei paraggi, si
abbassò
fulminea e gli stampò un bacio sulle labbra. -Puffola
fortunata- sussurrò sulla
sua bocca, poi si sedette tra loro, osservando interessata le facce
stupefatte
di Theodore e Blaise.
-Beh,
Gin, ciao- mormorò il moro,
riacquistando il solito charme e sorridendole con un luccichio bianco.
Draco
sbuffò infastidito. Mai che Blaise non cercasse di provarci
con la sua ragazza.
Appoggiò cercando di sembrare noncurante una mano sul fianco
della rossa, che
gli lanciò uno sguardo d’intesa un po’
beffardo, come se avesse perfettamente
capito che voleva marcare il territorio. Capiva sempre i suoi pensieri
prima
ancora che lui li avesse sviluppati e ciò per Draco era un
mistero. Insomma,
era sempre stato un ragazzo chiuso, considerato insondabile e
invulnerabile da
tutti: capirlo davvero era difficile anche per i suoi amici. Vide il
sole
evidenziare quella manciata di lentiggini color caffelatte sul volto di
Ginny e
lucidare i boccoli color rame mentre parlava con Theo degli ultimi
aspetti dei
preparativi. Sembrava così serena e premurosa, nonostante
tutto. Gli metteva
una mano sulla spalla, leggeva e correggeva i suoi appunti,
contemporaneamente
rideva delle battute sconce di Blaise. Lei e Theodore avevano trovato
un’intesa
particolare, diversa dall’amicizia dispettosa con Blaise;
sembrava che avessero
una sorta di complicità fraterna e che si rassicurassero
l’uno con l’altra. Per
uno strano motivo non era più geloso né dei suoi
amici né di Ginny stessa: cosa
poteva desiderare di più che andassero d’accordo?
Erano tutta la sua vita. Ad
un certo punto si sentì una voce sbraitare sulla riva del
lago, mitigata da
un’altra più dolce e carezzevole. Draco fece un
sorrisetto vedendo
l’espressione attonita della ragazza e quelle perplesse degli
amici, anche se
lui aveva già notato che le compagne di stanza di Ginny la
stavano cercando e
non li vedevano, nascosti dal tronco della grande quercia.
-Ginevra
Molly Weasley, sbaglio o
dovevi solo andare a recuperare quella benedetta puffola pigmea!? Ah,
siamo qui
ad aspettarti da mezz’ora ormai, per tutte le mutande di
Merlino!- Sotto l’onda
infuriata delle sue parole il ragazzo percepì la rossa farsi
piccola piccola e
Arnold che si rifugiava tra i suoi capelli.
-Za,
non credo che questo sia
esattamente il metodo giu…- Diane girò intorno
all’albero e si trovò davanti
l’amica e i tre ragazzi più belli della scuola.
Draco notò con divertimento
come entrambi i compagni avessero assunto una postura più
rilassata, ma quasi
ferina, come dei gatti che contemplano il topolino in trappola. Ah, la
buona,
cara conquista alla vecchia maniera! Rise di nascosto premendo le
labbra tra i
capelli di Ginny che, arrossita dall’imbarazzo, mormorava
senza fiato: -Ehm…
Ciao Diane, vuoi, ehm, chiedere cortesemente a Demelza di unirsi a noi?-
La
bionda chinò il capo
ossequiosa aspettando che Demi concludesse la sua tirata e poi
domandò con voce
flautata: -Za, credo proprio che dovresti venire un attimo qui, per
cortesia-
Diane era molto carina; somigliava ad una bambola antica di porcellana
con la
pelle bianchissima, gli occhi blu fiordaliso e una cascata di lisci
capelli
biondi. Era dolce in ogni suo movimento; Draco aveva molto sentito
parlare di
lei e Demelza.
La
voce risuonò attutita dalla
lontananza, ma Draco rise comunque mentre Ginny gli lanciava delle
occhiate
scandalizzate: -Diane, non te lo ripeterò più: se
vuoi farmi vedere un bruco
che diventa farfalla o provare ad indovinare quanti anni ha un albero o
se hai
visto un sasso a forma di cuore, beh, non mi interessa. Detto con
affetto,
ovviamente- Anche Blaise ridacchiò, facendoli scoprire:
-Diane, ma con chi
sei…?- svoltò l’angolo anche lei e
strabuzzò gli occhi, riprendendosi subito
con un aplomb impeccabile -Oh, beh, ciao a tutti-
Draco
reclinò il capo all’indietro
per vedere Demelza in tutti centosettantacinque centimetri
d’altezza
controsole, riuscendo solo a notare una figura slanciata con le mani
sui
fianchi.
-Ooooh
Ginevra, era ora che ci
presentassi il tuo ragazzo e i suoi amici!- ammiccò quella
verso la rossa che
non trattenne un sorriso.
-Scusatela,
alcune volte Demelza
è… esplosiva- colmò il silenzio
sorpreso Diane, con un sorriso pentito, ma
sbarazzino -Piacere, comunque, sono Diane e non posso dire di non
essere
contenta di conoscervi anche io- concluse sedendosi con grazia sulla
coperta.
Draco
si stupì di quanto poteva
essere piacevole passare un pomeriggio solo a chiacchierare e
scherzare, ma
quando alla fine rimase solo con Ginny tirò un sospiro di
sollievo. Insomma, si
vedevano così poco… Il sole calò
sull’orizzonte, lasciando una scia di colori
sfumati: oro, rosso, arancione, blu, viola tingevano il cielo
trasformando il
tramonto in notte e riflettendosi sul lago insieme
all’immagine del castello.
Gli altri studenti erano già ritornati nei dormitori per
prepararsi prima della
cena e proprio in quel momento, per fortuna, non c’era
più nessuno in giro.
Draco, prono sui gomiti, osservava insieme a Ginny, accoccolata vicino
a lui,
il paesaggio. Il sole calante disegnava pennellate di luce sui loro
corpi
abbracciati. Ad un certo punto, si alzò e disse divertito:
-Vediamo se sai
ancora arrampicarti, Weasley. Per poco l’ultima volta stavi
per deturpare quel
bel visino cadendo- Ginny alzò un sopracciglio in segno di
sfida e ribattè,
facendogli la linguaccia: -Non mi sembrava che tu avessi tanta
dimestichezza,
Mister-mi-tengo-su-per-miracolo!- Subito dopo, veloce e agilmente, si
arrampicò
sulla grande quercia, sfruttando i rami ritorti e le crepe nella
corteccia.
L’albero aveva già le prime foglioline verdi, che
evitava con attenzione per
non rovinarle. Draco iniziò a salire dietro di lei, non meno
scattante,
sentendo i muscoli bruciare per lo sforzo e godendo della fatica
fisica.
Sperando di distrarla dalla salita, osservò ironicamente:
-Qua sotto c’è una
bella vista-
-Pervertito!-
gli urlò in
risposta Ginny girando un attimo la testa per lanciargli uno sguardo
fintamente
scandalizzato.
-Non
puoi pretendere che io non
osservi il fantastico panorama- rispose con un sorrisetto aumentando la
velocità fino ad affiancarla. Approfittò del suo
improvviso imbarazzo per
sorpassarla e appollaiarsi su uno dei rami più alti. In
realtà gli dava un po’
fastidio l’altezza, ma gongolava all’idea di essere
arrivato primo. Si guardò
intorno, non sentendo più risposta né vedendola
salire ancora: -Ginny?- domandò
titubante –Non vieni?-
La
rossa era assorta, fissava un
punto indistinto del lago mordicchiandosi il labbro come se fosse
indecisa o
preoccupata. Meccanicamente scalò gli ultimi rami e si
sedette accanto a lui.
Draco era molto spaventato: non sapeva cosa l’avesse potuta
far arrabbiare né
come mai avesse cambiato umore tanto in fretta… Se per lei
capirlo era così
facile, beh, per lui alcune volte era proprio impossibile. Che si fosse
finalmente accorta di quanti problemi avrebbe avuto in meno se lo
avesse
lasciato? Che avesse compreso quanto era pericoloso stargli accanto? Se
così
fosse stato, Draco si giurò che non avrebbe fatto nulla per
contraddirla
nonostante gli si spezzasse il cuore; sarebbe stato il meglio per lei e
per la
sua vita. Poteva offrirle la sua ricchezza, ma a Ginny quella non era
mai
interessata, poteva donarle la nobiltà, però
sapeva che l’avrebbe piuttosto
messa in soggezione, le avrebbe servito il mondo su un piatto
d’argento, solo
per lei, se solo avesse potuto. Tutto quello che aveva, comunque, era
sé stesso
e il suo povero cuore. Quello poteva averlo senza riserve, anche se non
serviva: lo possedeva già. L’attirò a
sé, appoggiandola contro il suo petto e
respirando, in pace, il profumo dolce alla violetta.
La
voce della ragazza era
tremante e davvero stupefatta quando uscì tutto
d’un colpo: -Io non so perché
ti piaccio, Draco- il biondo si sorprese talmente tanto da avere
l’impressione
di sbilanciarsi dal ramo, ma stette zitto, in attesa -Tu pensi sempre
male di
te stesso e non capisci mai davvero quanto sei meraviglioso.
Probabilmente
potresti avere qualsiasi ragazza ai tuoi piedi e invece hai scelto me.
Buffo,
vero?- ridacchiò davvero divertita mentre Draco si chiedeva
se avesse dovuto
portarla al San Mungo in reparto di Psichiatria Magica. Girandola per
guardarla
negli occhi, per bene, serio, si permise di stupirsi di quanto Ginny
potesse
essere così forte all’apparenza
e
insicura dentro. Alcune volte il suo coraggio lo spaventava un
po’, poteva
essere incoscienza e non valore, ma era pieno di ammirazione e di
orgoglio per
il suo senso di giustizia, per il desiderio di indipendenza, per
l’amore verso
la stranezza intesa come originalità. Era la persona
più interessante che
conoscesse: colta, però non saccente, svagata, ma non
frivola. Era quasi
perfetta; quel “quasi” faceva sì che non
diventasse mai noiosa. Mai. Ed era lì,
il bello.
Sospirò
e trattenne il fiato,
prima di rispondere cautamente, sempre fissandola negli occhi, ormai
lucidi e
pronti a piangere: -Non lo trovo per niente buffo. Perché
dovrebbe esserlo? Ti
ritieni forse una brutta ragazza? Ma guardati- sussurrò
passando un dito sulla
sua guancia –Non sei perfetta, non sei la più
bella ragazza di questa terra.
Qualcuno potrebbe dire che i tuoi capelli sembrano delle carote
tagliate a
julienne, ehm ehm, notare la ricchezza del lessico… - si
permise di scherzare,
sia sollevato che alzasse un angolo della bocca in risposta e
preoccupato che
una lacrima cominciasse a scendere -oppure che assomigli ad un folletto
bisbetico, che le lentiggini sono esteticamente poco attraenti, ma
questo non
importa perché non è quello che penso io- le sue
mani circondarono il viso
ormai inondato di lacrime, mentre ogni singhiozzo di Ginny era una
piccola
spina nel cuore. Sperava di non aver rovinato tutto, non voleva farla
soffrire;
proseguì senza più fermarsi, frenetico:
-Però a me piaci tantissimo. Ma cosa
sto dicendo?! Io ti amo! E non ti amo solo perché hai dei
capelli che mi
ricordano le ragazze dei dipinti di Tiziano, perché hai una
pelle così morbida
e gli occhi più verdi che io abbia mai visto, ma
perché amo quello che c’è qui-
le posò una mano sul cuore e fece appoggiare quella che
indossava il
braccialetto sopra la sua.
-Ah,
ed io adoro le tue
lentiggini. Sono così sexy- osservò alzando
platealmente gli occhi al cielo, un
attimo prima che la baciasse e che lei ridesse sulla sua bocca.
Sembrava più
tranquilla, adesso.
-Tu
sì che sai come far felice
una ragazza, caro- sussurrò ridendo la rossa, allacciandogli
le mani dietro la
schiena, ancora asciugandosi gli occhi bagnati.
-Anni
e anni di esperienza, amore
mio- la prese in giro tirandole una ciocca di capelli per avvicinarla
di nuovo
al lui. Era così difficile smettere di baciarla…
Soprattutto quando si è su un
albero, lontani da tutti e dai pregiudizi, dai sotterfugi, dalla
frenesia.
Ripensarono insieme a come si erano conosciuti e risero ricordando gli
episodi
simpatici dei loro primi incontri, scherzando a vicenda l’uno
sulle gaffe
dell’altro. Caddero quasi dal ramo quando Ginny intravide un
nido sulla sommità
della cima e volle a tutti i costi sporgersi per vederlo bene, ma Draco
non
fece una piega: quando le chiedeva qualcosa era praticamente
impossibile dirle
di no. Alla fine riuscirono a scendere senza fare (e farsi!) danni di
nessun
tipo, dopo aver progettato di piantare una tenda sulla quercia e non
lasciarla
più, alla maniera del “Barone Rampante”
di Italo Calvino, libro che avevano
letto una sera un po’ per uno davanti al camino nella Stanza
delle Necessità. Draco
le prese mano e la condusse verso il castello senza fretta, sebbene la
cena
fosse già iniziata. Quando infine si separarono davanti alla
porta della Sala
Grande, disse, osservandola languido da capo a piedi: -Mi
degnerà della sua
presenza questa sera, se non ci sono problemi, signorina Weasley?-
-Vedrò
cosa posso fare, Malfoy-
rispose guardandosi le unghie con aria noncurante, prima di girarsi e
entrare
con un sorrisetto. Draco scosse la testa divertito e dopo pochi minuti
la
seguì, dirigendosi verso il tavolo dei Serpeverde. Il solito
tramestio di
stoviglie sbattute e chiacchiere lo confortò: quella era la
sua vera casa, con
il rumore, l’allegria e la folla. Il suo sorriso si
gelò quando intravide,
seduta rigidamente al tavolo Slytherin accanto a un freddo Blaise e un
ancor
più impassibile Theodore, una figura piccola, tanto esile
come un giunco, riccamente
vestita, che lo fissava con i suoi occhi scurissimi, quasi neri.
Evangeline
Catharina Blanchard gli sorrise in modo finto, sollevando una mano per
salutarlo, ma muovendo solo le dita con lentezza studiata.
I
problemi c’erano, eccome.