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Autore: prettylittleme    31/07/2014    2 recensioni
[Apollo-Rachel]
[Octavian-Rachel]
[Spoiler]
Al ricordo dei suoi stupendi occhi verdi, o i capelli rossi da pazza, sentivo le farfalle nello stomaco. Adoro le sue lentiggini, il suo cipiglio altezzoso, perfino le sue spazzole usate come arma.Ma queste sono sensazioni che divetti sopprimere presto al pensiero di quello che dovró fare. Cosa? Logico. Ucciderla.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Apollo, Octavian, Quasi tutti, Rachel Elizabeth Dare
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo
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[ RACHEL ] Vorrei poter dire che me ne andai da casa di Apollo con grazia, camminando legiadra senza guardarmi indietro. Invece non fu così. Scappai, letteralmente. Corsi fino all'ascensore dell'Empire State Bulding, continuai a premere sul tasto 0 fino a sentire dolore alla mano, corsi fuori dalla porta senza salutare e mi tuffai nel primo taxi libero.Il tutto condito da sani capitomboli per terra e lacrime senza fine. Riuscii a dire al taxista la località del campo Giove quando scoppiai ancora a piangere. Sapevo che Apollo avrebbe potuto senza problema apparire al mio fianco, ma non lo desideravo, non in quel momento, non con quelle emozioni che mi attanagliavano fino allo stremo. Più ripensavo alla figura che avevo fatto, o di come avevo ferito Apollo, più mi sentivo peggio. Non posso dire di amarlo, questo é troppo, ma ci stavo vicino. Stessa cosa per Octavian, ma il mio sentimento per quel pazzo sventratore di orsacchiotti era privato di ore passate insieme, lacrime, confidenze e ferite. In poco tempo peró il dolore sordo e pulsante che sentivo sul petto si trasformò in ira. Pensava seriamente che portarmi un pó a casa sua avrebbe risolto tutto? Oppure baciarmi? Ero stanca di promesse vuote, o di piccoli contentini. Sapevamo entrambi che la situazione era delicata, un triangolo in piena regola. Continuai con questi pensieri ancora per qualche minuto, ma portare ira era una cosa molto stancante e senza preavviso mi addormentai. La situazione non migliorò di certo. Essere una mortale non aiutava con i sogni, erano sempre reali e vividi , ma a differenza di quelli dei semidei non prevedevano il futuro, ma erano sempre flashback. Nella mia mente cominciarono a susseguirsi immagini di me e Apollo, dal nostro primo incontro in poi, le prime uscite, i regali, le lettere, gli abbracci infiniti, fino a soffermarsi alla serata in cui tutto andó a rotoli.La sera del solstizio d'inverno. Era stata una giornata stupenda, bene al compito di matematica, complimenti dalla temutissima signorina Greene, insomma il paradiso. Arrivai nella mia camera dove trovai un enorme pacco regalo, con biglietto intonato. Tutto color oro sfavillante. Vidi la mia espressione illuminarsi, perché anche allora non avevo dubbi da chi era il regalo. Lo aprii e mi vidi ancora più estasiata, se possibile. Un abito alla greca, verde smeraldo, ricamato con dei fiori d'oro. Monospalla e lungo fino al pavimento, il tutto abbinato con orecchini e collana anch'essi color oro. La me dell'epoca era impaziente di aprire il biglietto, mentre io sapevo il disastro che sarebbe capitato. Ancor prima di aprire il biglietto sapevo cosa diceva. “ La signorina Dare é invitata dal sottoscritto, Apollo, ad assistere al solstizio d'inverno sull'Olimpo in qualità di Oracolo di Delfi. A seguire é invitata alla festa informale a casa mia. Con affetto, Apollo ♡” . Le scene che susseguirono furono devastanti per il mio cuore. Mi vidi preparare, truccare e sistemare i capelli, così che alla fine non mi riconoscevo neanche io. Mi sentivo strana ma non ci badavo, non se tutto questo era per Apollo. Quest'ultimo venne a prendermi con una limousine all'entrata della scuola, e mi trattava come una regina. A quanto pare peró quando nel sogno mi trovavo all'entrata dell'Olimpo cominciai ad agitarmi parecchio nel taxi, così che quel pover'uomo che guidava dovette svegliarmi. Anche se il sogno tecnicamente non era finito, sapevo cos'era successo. All'entrata della sala del trono olimpico si tiró indietro, non volle farmi vedere agli altri dei, disse che non era pronto a farmi conoscere a tutti loro, ma io lessi comunque le parole che erano rinaste nell'aria, e che nessuno aveva pronunciato. Si vergognava di me. Glielo leggevo negli occhi, nel modo in cui mi guardava. Non gli bastava il mio cambiamento radicale per quella sera, aveva paura, una paura matta. In quel momento però ero ancora accecata da lui, dal suo fascino, dall'amore che nutrivamo l'una per l'altro. Il dolore arrivó poi, portando con se notti insommi, lacrime, vomito e depressione. E con queste poi arrivó anche la mia decisione di lasciarlo. Sapevo poi come sarebbe andata a finire questa storia, con le sue promesse e la nostra riappacificazione , l'amore che piano piano ricresceva da parte di entrambi. Non potevo immaginare la vita senza di lui, e non posso tutt'ora. Avevo una voglia matta di baciarlo si nuovo, abbracciarlo e chiedergli scusa, dirgli che lui era tutto per me, che aveva rubato parte del mio cuore. Senza rendermene conto peró ero arrivata al campo Giove, pagai il taxi e mi avviai verso colui che si era impossessato della parte libera del mio cuore ,quella non occupata dal dio. Entrai nel campo e chiesi al primo semidio che mi capitó vicino dove si trovassero gli alloggi di Octavian.
   
 
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