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Autore: Nicky Rising    01/08/2014    3 recensioni
Come sarebbe se la realtà dei Guns che conosciamo oggi fosse sbagliata? Se il personaggio sempre circondato da mistero di Izzy non fosse in realtà tale perché morto alla fine del 1991?
E come reagirebbe Axl Rose a tutto ciò?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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L’ombra di Izzy comparve davanti ai suoi occhi: la sua figura non era ben delineata ma Duff sapeva che si trattava di lui. Si avvicinò e cercò di sfiorarlo, ma invano.
In quel momento, una voce, simile ad un sussurro risuonò nella testa del bassista, Izzy gli stava dicendo qualcosa, ma non era un saluto, un augurio
era una minaccia:
“E’ stata colpa tua”

Duff si svegliò di soprassalto, con il respiro irregolare e madido di sudore, quando il telefono iniziò a squillare. Diede un’occhiata all’orologio digitale posto sopra al comodino: le tre di notte.
Maledisse mentalmente chiunque potesse chiamarlo a quell’ora e rispose.
“Duff?”
“Sono io, chi parla?”
“Sono Slash.. Notizie di Axl?”
Duff sospirò, dal giorno del funerale di Izz nessuno l’aveva più visto ed era passata ormai una settimana.
“No.. Niente di niente, perché chiami a quest’ora?”
“Non.. Non riuscivo a dormire. Hai parlato con Stephanie?”
“Sì.. Ma non ha fatto altro che piangere, dubito che ne sappia qualcosa, ha detto che è stanca, che non ce la fa più.. “
“Ah..C-Cosa?”
La sua voce sembrava alterata, agitata.
“Cosa? Dicevo che Steph forse è stanca della loro relazione.. Se lo lasciasse sarebbe un casino per lui.. Dio, quella donna è un’idiota. Non capisce che Ax ha bisogno di aiuto ora, non di altri problemi..”
“Ah.. si scusa.”
“Tutto ok?”
“S-Sì. Certo. Solo.. E’ tutto buio”
Il biondo sospirò.
“Quando ti sei fatto?”
Silenzio.
“Non mi sono fatto.”
Due respiri irregolari, Duff aspettò paziente, poi il riccio ricominciò a parlare.
“Non volevo farlo.. Non.. E’ stato quello sgorbietto lì.. Ha detto che non sarebbe uscito dalla mia doccia se non mi fossi fatto di nuovo..”
“Slasher, di cosa diamine stai parlando?!”
“Dei.. di loro no? Non li vedi? Sono ovunque..”
Duff abbassò la cornetta. Stupida eroina. Nessuno avrebbe dovuto farsi nella band, sarebbe stato meglio per tutti, lo sapeva per esperienza personale, in fondo da quando aveva smesso di prenderla stava meglio e per evitare gli attacchi di panico gli bastava un goccio.. o qualche bicchiere.. bottiglia..

“Hai detto di chiamarti Duff, giusto?”
“Sì”
“Sai cosa? Sei forte, davvero..”
“Beh, ti ringrazio..”
“Scusami se sembro importuna, ma ormai Slash ha detto che fai parte della band, perciò.. Posso farti una domanda personale?”
“Fai pure!”
“Sei gay?”
“Cosa?! Dio Yvonne come puoi pensare una cosa del genere..”
“Scusami, era una curiosità, lo pensava anche Gina!”
“E’ la ragazza di Axl vero?”
“Sì, infatti”
“Strano tipo quello..”
“Oh.. No, lui non è strano.. E’ solo.. Speciale. Unico. Quanto solo”
“Ci sei andata a letto?”
“Ma sei pazzo?”
“Hai iniziato tu con le domande indiscrete.”
“Idiota. Io ora vado.”
“Ok. Ci si vede”
“Sì, comunque. Ci sono andata a letto.”


Il telefono ricominciò a squillare, 9.24 di mattina. Duff, stanco di quella nuova sveglia, sbuffò una risposta.
“Pronto?”
“L’ho trovato, l’ho portato a casa, muoviti”
“Arrivo”
Il suo autista arrivò puntuale dopo la telefonata, salì nei sedili posteriori, e osservando i quartieri periferici di Los Angeles, nei quali si era trasferito pochi anni prima, i pensieri iniziarono ad affollarsi nella sua mente. Forse era iniziato tutto da quella stupida casa. Quella bellissima casa a due piani con piscina che si era comprato una volta che Appetite aveva raggiunto un successo clamoroso nel 1988, diventando uno degli album più venduti del decennio. Ci avevano guadagnato un casino, troppo. Non erano persone a cui si potevano dare dei soldi, non loro. Inesperti di economia, iniziarono a farsi giostrare da sconosciuti che osservando le carte dicevano che era tutto ok, e loro dovevano soltanto fidarsi, mettere una firma ad occhi chiusi senza sapere che cosa stesse succedendo attorno a loro. Prima della pubblicazione dell’album, i ragazzi vivevano tutti insieme, condividevano appartamenti vicini, se non lo stesso schifoso garage abbandonato, ricoperto di vomito, materassi distrutti per dormire ed un unico frigo perennemente vuoto. Da quando erano arrivati i soldi, erano arrivate anche le responsabilità. Ognuno si era comprato una casa, una macchina, nel caso di Duff anche un cane, e si era stabilito agli estremi più lontani della città. La magia del loro essere selvaggi e autodistruttivi, scomparve.
Soli, ognuno divenne più vulnerabile alle tentazioni. Slash aveva l’eroina, Axl le donne, lui l’alcol e in realtà, Izzy, il dolcissimo Izzy, non aveva più niente. Si era disintossicato all’inizio dell’anno, tutti l’avevano ammirato in silenzio. Già, in silenzio, perché non parlavano mai fra di loro, mai. Pubblicare gli Use Your Illusion era stato il triplo più difficile di pubblicare Appetite e GnR Lies. Per i primi due album erano serviti pochi mesi di lavoro, per questi, quasi tre anni. I fans iniziavano ad essere più irrequieti, o forse erano loro che erano diventati meno ribelli?
Non avrebbero sopportato la morte di Izzy. Nessuno l’avrebbe fatto.
La band si sarebbe sciolta. Era ovvio. E con questo pensiero che ora ingombrava totalmente la sua mente, arrivò davanti alla villa di Slash.

Scese dall’auto, attraversò il grande cortile e la hall di ingresso, dove teneva anche il suo personale rettilario, con almeno venti specie di serpenti diversi. Gli altri erano sul retro.
Slash arrivò, sudato, senza maglia, i pantaloni della tuta sporchi, di vomito, di sangue, solo Dio poteva saperlo. Slash prese il braccio del biondo senza dire una parola, e lo trascinò quasi di peso nella sua camera da letto.
Axl era lì. Steso. I capelli rossi sparsi sul cuscino in maniera disordinata, una camicia aperta, con uno strappo su un braccio, gli scopriva il petto: quattro graffi, grandi, ornavano ora la sua spalla. Dei jeans e i piedi scalzi, steso sopra alle coperte, gli occhi chiusi, il viso bianchissimo. Sembrava una bambola di porcellana, fragile. Forse già caduta e con  qualche crepa.
“Scusa, non ce la faccio.. Io vi lascio, ok?”
A Slash tremavano le mani.
“Ok, man, non preoccuparti..”
Provò a dargli una pacca sulla spalla ma si ritrasse. Dio santo.
Rimasto solo con Axl, si avvicinò e gli sistemò i capelli, imbarazzato. Si sedette sul bordo del letto ed aspettò, senza dire niente, forse minuti, forse ore.
Un respiro irregolare del cantante attirò finalmente la sua attenzione. Aveva aperto gli occhi, iniettati di sangue, dove spiccavano ancora di più le iridi chiarissime. Doveva aver pianto così tanto.
“Ehi, sai che ci hai fatto prendere un colpo?”
Non rispose. Si guardò le mani.
“Stai bene?”
“No.”
Duff sospirò.
“Che cosa vuoi che faccia? Me ne devo andare?”
Questa volta Axl lo guardò negli occhi.
“No.”
E poi fece una cosa, che in ormai dieci anni che si conoscevano, non aveva mai fatto. Nessuno di loro. Mai.
Gli prese la mano. E pianse. Come un bambino.
Duff lo prese tra le sue braccia e si mise quasi a cullarlo, con la mano libera iniziò ad accarezzargli i capelli, mentre l’altra rimaneva intrecciata con la sua.
Ora non serviva parlare. Si stavano dicendo molte più cose di quanto non avessero mai fatto in tutta la loro vita.
  
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