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Autore: antigone7    01/08/2014    4 recensioni
Ci sono incontri che, per quanto casuali e assurdi, un po’ la vita te la cambiano.
Zoe è una ragazza tutto sommato pragmatica: non crede nel Fato, nel Destino, nella Predestinazione, e tutto il resto. Pensa che le cose che le succedono siano perlopiù volute da lei, ma che la restante parte ce la metta la casualità pura e semplice. Nessuna volontà divina.
Per questo, quando una mattina sul treno incontra Giacomo, ragazzo spigliato nonché cantante di un gruppo poco famoso, Zoe decide che è troppo complicato, che... no, non è interessata a lui. Ma c’è una cosa che non ha calcolato: le sue scelte possono non coincidere con quelle delle altre persone e, in questo caso, chi l’avrà vinta?
Una storia che parla d’amicizia, d’affetto, d’amore, ma anche di errori, di silenzi e di scelte sbagliate. Perché a volte bisogna sbattere ripetutamente contro un muro, prima di capire da che parte andare.
"E la verità è che sono stata una codarda."
"Ma non avevi tutti i torti. Non sappiamo come potrebbe andare. Siamo diversi."
"L'unica vera differenza che vedo ora tra me e te è che tu almeno sei riuscito ad accettare di essere innamorato di me."
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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ZOE 4




Mi manca Giacomo.
Non solo lui, intendiamoci, mi mancano da morire le mie sorelle e Aurora e anche quelle pazze delle mie coinquiline. Mi mancano i miei genitori, i miei compagni di corso e tutti i miei amici di Padova e anche di Giali e Mantova. Mi manca, per quanto ci vedessimo poco, anche Niccolò. E mi manca moltissimo Penelope, la mia cagnolina. Ma Giacomo mi manca in modo diverso. Perché da un lato sento il bisogno della sua presenza e non vedo l’ora di riabbracciarlo, di farmi stringere da lui; dall’altro lato ho una paura fottuta se penso che presto lo rivedrò e dovrò affrontarlo, affrontare ciò che c’è tra noi, e quindi avrei voglia di restare qui per sempre.
Ma procediamo con ordine.
È da più di due mesi che sono a Toronto. Mi sono ambientata molto meglio di quanto mi sarei aspettata, conoscendomi. Certo, ci ho messo del tempo e all’inizio ho fatto fatica a conoscere gente nuova, ma sapendo come sono fatta e quanto sono introversa e diffidente, ho superato molto bene lo scoglio della mia iniziale ritrosia. D’altro canto la situazione mi obbligava a farlo: partivo senza conoscere nessuno. Ma allo studentato dove dormo ho incontrato subito altri studenti europei, e mi sono ritrovata, senza capire bene come, a stringere presto un bel rapporto con dei ragazzi, soprattutto spagnoli, portoghesi, e italiani: tra questi ultimi in particolare Mattia, un trentino che studia a Milano, e Gemma, una ragazza salentina che spesso, quando apre bocca, mi fa venire un tuffo cuore tanto la sua cadenza mi ricorda quella di un certo leccese di mia conoscenza.
E qui torniamo al punto. Lui mi manca. E purtroppo l’ho sentito davvero pochissimo durante queste settimane.
Immaginavo già da prima di partire che sarebbe andata così, a dire il vero: la mattina ho lezione tutti i giorni dal lunedì al venerdì, il weekend quasi sempre organizziamo delle escursioni o delle visite in altri posti del paese; e anche quelle rare volte in cui non ho niente da fare c’è spesso qualcuno che bussa alla porta della mia stanza per chiedermi se ho voglia di uscire per un picnic di gruppo o per un po’ di shopping. La maggior parte delle volte riesco ad accendere il pc e a connettermi col wi-fi solo la sera tardi, dopo aver cenato ed essermi fatta una doccia rigenerante. Ma ci sono sei ore di fuso orario che mi dividono dall’Italia e, anche se entro tutte le volte speranzosa in Skype, so perfettamente che a quel punto i miei amici oltreoceano stanno tutti dormendo da ormai diverse ore.
Ho scritto molte mail a tutti quelli che conosco, però, e qualcuna anche a Giacomo. Purtroppo lui e la tecnologia non vanno particolarmente d’accordo, ma mi ha sempre risposto, pur coi suoi tempi. È molto impegnato pure lui, perciò siamo riusciti a scambiarci una manciata di righe le prime settimane, ma dopo i contatti si sono un bel po’ diradati, in concomitanza con l’inizio del suo tour e con l’intensificarsi delle mie uscite di studio e di piacere. In più le mail a cui dovevo rispondere mi si accumulavano nella casella di posta e, per non fare un torto a nessuno, mi sono ritrovata a rallentare sempre di più i miei scambi telematici. Adesso riesco a scrivergli non più di una mail ogni dieci giorni, in base anche alla velocità con cui lui mi risponde.
Mi manca la sua voce. Nell’ultima mail che mi ha scritto, che ormai ho letto quattro giorni fa, c’erano delle frasi che mi ha fermato il cuore per qualche istante. Di solito ci limitiamo a raccontarci i rispettivi periodi pieni di impegni, restando sul vago, scherzando tra di noi come sempre. Due settimane fa gli ho raccontato di Ethan, un ragazzo canadese che fa parte del gruppo di amici con cui esco di solito. È carino, simpatico, e credo mi faccia un po’ il filo. Non ho aggiunto molti dettagli, ma alla fine della mail mi sono decisa a scrivergli un “mi manchi”, spedendola poi velocemente per non cambiare idea. Quando mi ha risposto non ha accennato a Ethan, né ha commentato ciò che gli avevo raccontato, però ha scritto delle cose che finora non mi aveva mai detto.
Mi manchi talmente tanto che vorrei prendere un aereo e venire lì solo per stringerti, per spettinarti, per respirarti un po’. Se non fossi così impegnato lo farei, ma  la mia casa discografica manderebbe qualcuno per uccidermi, temo. A volte se chiudo gli occhi sento la tua voce e l’odore della tua pelle. Mi manchi da impazzire.
Sono rimasta paralizzata davanti allo schermo per una cosa tipo dieci minuti. So che non sembra niente di che, ma io e lui non abbiamo mai avuto delle uscite molto dirette sui sentimenti che proviamo l’uno per l’altra, né abbiamo mai commentato le cose che ci siamo detti prima di partire. È come se avessimo stretto un tacito accordo: non parliamone, comportiamoci come amici almeno finché non ci rivediamo; e finora è andata così. Perciò, per me quelle righe significano molto.
Negli ultimi quattro giorni ho provato a rispondergli già due volte, ma ho scritto e cancellato un mucchio di parole insensate, senza arrivare a capo di nulla. La verità è che mi manca anche lui, ma che ho anche una paura fottuta. Di rivederlo, di scoprire che io non gli interesso più come quando sono partita, di capire che non possiamo stare insieme, di aver rovinato una bella amicizia per qualcosa di così tanto ipotetico.
Un’altra cosa che non gli ho detto è che a me Ethan piace: è un bel ragazzo, è spiritoso e dolce, e credo che se non fosse per Giacomo avrei osato qualcosa di più con lui. E tutto questo mi sembra ancora più sbagliato, perché ci siamo promessi di essere liberi, di non farci questo tipo di problemi. Invece io mi sento bloccata e non so nemmeno bene perché.
Anche Ethan dev’essersene accorto, e un paio di giorni fa, notando che non rispondevo ai suoi tentativi di avvicinamento, mi ha chiesto se in Italia ho il fidanzato. Gli ho risposto con un no poco convinto, credo, perché lui ha insistito, ribattendo che un ragazzo doveva esserci. Io ho detto solo “I don’t know”. Sono patetica.
Ma è vero. Non sono sicura di ciò che c’è tra me e Giacomo: so che è qualcosa di abbastanza forte da frenarmi con Ethan, ma non so se per Pioggia è sufficiente, non credo che lui si sia lasciato sfuggire qualche occasione. D’altronde gliel’ho chiesto io. E infatti non so ancora cosa voglio fare con Ethan, starò qui ancora una decina di giorni, e poi non lo rivedrò mai più. Non so.
Però credo che chiederò a Giacomo di venirmi a prendere all’aeroporto, al mio ritorno. Me l’ha suggerito Aurora, almeno lei sono riuscita a sentirla un paio di volte tramite Skype: mi ha detto che se Giacomo sarà la prima persona che vedrò rimettendo piede in Italia, non avrò il tempo di farmi tante paranoie o di farmi influenzare da qualcun altro prima di incontrarlo. In effetti è una buona idea: so che lui in quel periodo dovrebbe essere libero per qualche giorno e potrebbe fermarsi a Milano prima di andare a riposarsi a Lecce. In più, appena torno devo passare a Mantova a prendere Aurora, rifare i bagagli, e raggiungere le mie sorelle in Liguria, nella casa al mare di un’amica di Viola. Quindi, se non mi fermassi a Milano la sera del mio ritorno, forse potrei non avere molto tempo per vedere Giacomo, dopo.
Vorrei vederlo adesso e al tempo stesso vorrei non dover essere così incasinata.
Adesso gli scrivo quella dannata mail e gli chiedo di venirmi a prendere.
Spero tanto che dica di sì.


















Buongiorno splendori! Mi ero ripromessa (ma per fortuna non l'avevo promesso a voi) di pubblicare prima della fine di luglio... E ovviamente ho sforato... -.- Ma vabbè, alla fine sono qui, no?
Il capitolo è di quelli brevi, avete visto. In realtà all'inizio pensavo di far raccontare a Zoe un po' di cose in più del Canada ma poi mi sono resa conto che non era utile ai fini della storia e che era meglio cercare di far capire cosa sta pensando quella testolina bacata su Giacomo. So che è confusionario (e, temo, nemmeno scritto benissimo), ma è dei pensieri di quella pazza che stiamo parlando! Quindi spero vada bene lo stesso. :)
Penso che pubblicherò ancora un paio di capitoletti, poi Take some patience sarà conclusa. Non so se mi mancherà, probabilmente no, perché l'ho portata avanti per troppo tempo (pur con una considerevole pausa). Ma mi mancheranno le persone che leggono e commentano. Avete le ultime possibilità per farlo, vi chiedo di essere generose (ma non troppo buone!) e lasciarmi due parole su ciò che pensate. Siete in tantissimi che seguite la mia storia, e questa per me è già una soddisfazione.
Buone vacanze a chi le farà! (non io, argh)
Un bacione e a presto.
  
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