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Autore: _diana87    01/08/2014    3 recensioni
"Era una notte buia e tempestosa... strano come tutte le storie dell’orrore inizino in questo modo, vero, detective Beckett?"
{possibile alzamento di rating}
Genere: Angst, Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Nessuna stagione
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Nessuna luce
 
La luce che entra dalla finestra gli fa capire che è mattina.
Apre lentamente gli occhi e alza la testa dal lettino per evitare di vedere la stanza girare e si rende conto di essere in un letto d’ospedale, dove riposa la donna che ama. Poi ricorda.
Ieri sera Kate era entrata barcollando al Dodicesimo con quelle ferite sui palmi delle mani e gli occhi rossi, dai quali usciva del sangue quando piangeva. Lui l’aveva sorretta, stretta tra le sue braccia, presa per mano e aveva udito quelle parole di aiuto, sussurrate, invocate, come un pellegrino in preghiera. La corsa in ospedale era stata tempestiva. La Gates, grazie alle sue conoscenze, aveva riservato alla sua miglior detective un posto d’onore in ospedale, oltre ad avere a disposizione un’équipe medica 24 ore su 24. Avere potere significava avere grandi responsabilità e mettersi a disposizioni degli altri.
Kate muove le palpebre e le sbatte per qualche istante prima di bisbigliare il nome di Rick.
Lo scrittore le sorride, avvicinando la sedia verso di lei. Dolcemente le prende una mano fasciata. Lei fa una smorfia di imbarazzo nel guardarsi in quello stato. Si tocca i capelli, arruffati in una coda scomposta, ha la veste ospedaliera, quella tunica bianca che la fa sembrare una malata terminale. Gli occhi sono due fosse arrossate, ma che non sanguinano più, e le mani sono entrambe coperte da una calza, permettendole però il movimento delle dita.
“Hai perso molto sangue. Quelle fasciature erano d’obbligo.” Le dice Rick, come rispondendo ad una sua domanda.
“Sei rimasto qui con me per tutta la notte?”
“Sì, ho dormito su questa sedia, appoggiando la testa sul tuo lettino. Non preoccuparti, mi sono arrangiato in ben altre condizioni, tipo dentro una cella frigorifera.” Stizza l’occhio cercando la complicità.
Come dimenticare quando rimasero chiusi in quel bunker a morire dal freddo? Nasconde il rossore sotto le guance abbassando la testa, ma si tradisce quando nel ringraziarlo alza gli occhi su di lui.
“Sempre.”, gli risponde, come da rito.
“Oh Katherine, eravamo così in pensiero! Non devi più farci prendere certi spaventi! Lo sai che ho una certa età!”
Martha Rodgers entra nella stanza spalancando le braccia, seguita da una sorridente Alexis che poggia sul tavolinetto accanto al letto un mazzo di fiori.
“Sono contenta che tu stia meglio.” Dice semplicemente la giovane, sorridendo alla detective.
“Madre, calma i tuoi spiriti. Non vedi che è ancora in convalescenza?” gli dice Rick, indicando a sua madre la posizione in cui si trovano. È pur sempre un ospedale e vige il rispetto e soprattutto il silenzio. Ma la diva fa semplicemente spallucce, facendo zittire suo figlio e strappando una risata a Kate.
“Il capitano Gates e mio padre ci hanno informato dell’accaduto e ci siamo subito precipitate”, dice Alexis con un tono davvero preoccupato. Sa quanto suo padre tiene a Kate, e la telefonata che lui le ha fatto, l’ha messa in allarme; lei vuole bene a questa donna che lo sta facendo felice.
Kate prende un grande respiro, sollevata che non abbiano avvertito suo padre. Non vuole metterlo in pensiero per uno svenimento.
“E tu, Richard, hai dormito qui tutta la notte? Hai almeno portato un cambio?”
“Mamma, mi metti in imbarazzo...” dice Rick, visibilmente rosso dal commento della madre.
Anche Kate è imbarazzata, ma per un altro motivo. Dalle parole della signora Rodgers, si capisce che non sono per niente di rimprovero quando lei strattona suo figlio e poi lo abbraccia commossa come se fosse un eroe. Ora la detective Beckett ricorda quanto accaduto la sera precedente. Si guarda le mani da entrambi i lati. Fasciate, vulnerabili, le mani con le quali lei ha sempre lavorato, una delle quali usa per impugnare la sua pistola... e viene colta da una sensazione di sorpresa, capendo che Rick le è sempre stata accanto e non l’ha mai persa di vista un attimo, occupandosi di toglierle anche il sangue da sotto gli occhi e dalle mani.
Abbozza un sorriso, che spunta lievemente sul viso, mentre si gode il sottofondo irreale delle risate della famiglia Castle, una famiglia che presto potrà chiamare anche sua.
“Stiamo interrompendo qualcosa?”
Si voltano per vedere un gruppetto di persone spuntare da dietro un grosso mazzo di fiori portato da Javier. Lanie corre ad abbracciare l’amica, che per poco non soffoca, poi arriva anche Kevin che non resiste all’emozione e scoppia a piangere, accovacciandosi sulla spalla di Kate. Con un gesto molto materno, lei gli accarezza i capelli.
È sul punto di piangere anche lei.
“Detective, siamo stati molto in pensiero. Ora devi riposarti.”
La Gates resta posata, sempre fredda, almeno in apparenza. Ma lo sguardo d’intesa che si scambiano lei e Kate dice ben altro.
“Certo, capitano.” Risponde semplicemente Beckett, facendo un cenno con la testa.
Fiera della sua miglior detective, la Gates trattiene la commozione, tirando su il naso e invita la sua squadra ad uscire dalla stanza prima che il medico curante si accorga che sono entrati senza permesso.
Martha guarda Alexis e le indica la porta con la testa, poi si avvicina al lettino di Kate e le prende le mani fasciate, facendo attenzione a non farle male.
“Vi lasciamo da soli. Mi raccomando, Katherine, tesoro, non stressarti troppo.” Detto ciò, le carezza i capelli e la coda arruffata.
Rick guarda sua madre aspettandosi un saluto.
“E io? A me non dici mai di che mi stresso troppo!”
“Oh, tesoro, tu non fai il poliziotto!”
Alla risposta di Martha, Rick fa il finto offeso portando i gomiti sul lettino e reggendosi la testa tra le mani. E sbuffa.
Kate ridacchia tra sé e rivolge uno sguardo alla signora Rodgers, ringraziandola con il labiale.
Questa è la famiglia in cui vuole stare.
Questa è la famiglia che vuole avere.
 
Al Distretto, Kevin e Javier si mettono davanti la lavagnetta con le braccia incrociate.
Hanno quasi paura a prendere il pennarello nero e mettersi a scrivere sopra, perché quel ruolo spetta a Kate.
Entrambi si guardano e vedono quel pennarello, indecisi su cosa fare. La lavagnetta è immacolata e intendono lasciarla così.
Optano per sedersi nelle loro postazioni e fare un riassunto dell’indagine su Sally Robinson.
Kevin giocherella con una matita mordicchiando la parte alta della gomma.
“Forse dovremmo dire a Don Francis cos’è successo a Kate...”
Lo sguardo accigliato di Javier lo ammonisce.
“Dico, forse potrebbe aiutarci...”
“Quel prete psicopatico che cambia umore da un momento all’altro?” si avvicina a Kevin parlando sottovoce. “Ma l’hai visto durante l’interrogatorio? Era terrificante!”
“Non puoi negare che c’era qualcosa o qualcuno in quella stanza...”
Kevin alza il sopracciglio, sperando di incutere timore nel suo collega, ma Javier risponde arricciando il naso e ritirandosi. Prima titubante, poi con una mossa afferra l’irlandese per un braccio e lo porta nell’ufficio della Gates.
“Volete interrogare Don Francis? Pensavo fosse finito il suo interrogatorio!”
Il capitano è alla sua scrivania. Seduta davanti al computer, si toglie gli occhialini, tenendoli su una mano, che muove con maestria, gesticolando. Kevin osserva i movimenti della mano e teme che possano cadere a terra rompendosi le lenti.
“Sì, è vero, ma magari sa qualcosa a proposito di ciò che è accaduto a Beckett.”
La Gates lo guarda accigliandosi di nuovo, e muove l’altra mano, non quella con cui tiene gli occhialini, per incitarlo a dire altro.
Javier cerca lo sguardo complice di Kevin dandogli una gomitata.
Qualcosa non spiegabile scientificamente.” Aggiunge l’irlandese.
Il capitano torna a portarsi gli occhialini sul naso, quindi volta lo sguardo verso il computer digitando qualcosa sulla tastiera. I due detective osservano imperturbabili. Poco dopo, dalla stampante dell’ufficio della Gates, escono fuori dei fogli, che lei si preoccupa immediatamente di spillare e dare a Kevin e Javier.
I due detective non capiscono il senso di quel mucchio di carte, e sembra che un grosso punto interrogativo si sia disegnato sui loro volti. Il timbro in alto al primo foglio esprime potenza. Il capitano ha parecchie conoscenze dall’alto a quanto pare, e ora ne hanno la conferma. La Gates semplicemente sorride a mo’ di sfida, e un po’ per prenderli in giro.
“Come vedete, sono sempre previdente.”
 
L’odore di quella stanza d’ospedale le sta dando la nausea. È infastidita da quell’odore di alcool per le punture e quella garza che le copre le mani inizia a darle fastidio. Afferra una forchetta, posata sul vassoio dove c’era il suo pranzo, e inserisce con cure il manico sotto la fasciatura. Delicatamente, la muove avanti e indietro, riuscendo così a grattarsi la parte della pelle che le stava dando prurito.
Rick rientra nella stanza portandole una confezione di gelatina. Kate alza un sopracciglio incrociando le braccia, e lui fa un inchino.
“Milady, ho lottato per voi e ho conquistato questo cibo.” Dice porgendoglielo.
Sorride, ma c’è un velo di malinconia sul suo viso.
“Voglio uscire di qui, Castle.”
Ha espresso quel suo sentimento con una frase. Lui la guarda compassionevole. Toglie l’involucro sulla vaschetta contenente una gelatina verde e affonda il cucchiaino assaporandone il gusto di mela e pera.
“Uscirai presto, te lo prometto. Devi rimetterti.”
Kate si morde il labbro e si unisce alla merendina prendendo un altro cucchiaino dal suo vassoio.
“Devo tornare in quella chiesa.”
Lo scrittore finisce di ingoiare il suo boccone, si pulisce la bocca con il fazzolettino incluso nella vaschetta, e poi posa il cucchiaino sul vassoio.
“Kate, spero tu stia scherzando. Non ricominciamo, non voglio litigare.”
“Neanche io!” acconsente lei, allontanando la confezione di gelatina. “Ma ho fatto una promessa e intendo mantenerla. Se sei d’accordo con me, bene, altrimenti... uscirò da sola da qui.”
“Potresti morire sul serio!” sbotta lui, e con il braccio fa cadere il tutto a terra.
Kate sussulta. Il suo scrittore è arrabbiato. Entrambi guardano il vassoio con la gelatina a terra, cosparsa sul pavimento.
La detective deglutisce, spaventata da come improvvisamente sia calato il silenzio nella stanza. Poi fa un gesto improvviso. Aspetta che Rick le dica qualcosa, che la fermi, la stringa e non la faccia andare via, ma niente.
Lui ora si è alzato, è lì in piedi davanti a lei, con le mani strette a pugno.
Kate si toglie la camicia dell’ospedale, si nasconde dietro una tendina, afferrando i suoi vecchi vestiti, si riveste e lascia la stanza, senza neanche salutarlo.
 
Fermandosi con l’auto davanti l’ingresso del cimitero, Kate pensa, ironicamente, che dovrebbe fare l’abbonamento per quante volte è venuta a Greenwood.
Fa qualche passo in avanti, entrando, ancora una volta, timidamente in quel luogo lugubre, e si volta avendo la strana sensazione che il cancello d’ingresso si stesse chiudendo da solo. Poggia le dita sulle tempie per massaggiarle. Le mani fasciate sono state ulteriormente coperte con dei guanti neri che lasciano le dita scoperte.
La vibrazione del cellulare la sorprende in quel silenzio soprannaturale e da brividi. Legge il nome sul display e chiude immediatamente la chiamata, senza neanche rispondere.
Rick Castle.
Prosegue a piedi. Ormai conosce a memoria quella stradina. Si guarda in giro, avendo mille occhi. Con la mano va a toccare la pistola ben custodita nella fondina, pronta ad essere estratta nel momento più propizio. Lega i capelli in una lunga coda, facendola molto alta, in modo che le ciocche non le ricadano sugli occhi a distoglierle la vista; ogni cosa pur di avere una buona visuale.
Stavolta non deve farsi sorprendere.
Il rumore delle foglie secche la fa girare alla sua sinistra e impugna la pistola puntandola contro quel punto nero tra due alberi. Avanza di poco, con i piedi ballerini.
Di corsa, gli scalpitii si fanno sempre più vicini, e con la coda dell’occhio si preoccupa di guardare anche dall’altra parte in direzione della chiesa. Due tizi incappucciati, che impugnano due grossi coltelli ricurvi, tipici del periodo delle Crociate, appaiono uscendo da quel buco che lei stava fissando. Le loro armi, in alto, verso il cielo.
Parte un colpo, che colpisce a un braccio uno dei due uomini, ma non proviene dalla pistola di Kate.
“Castle non è riuscito a starsene zitto!” commenta Kevin, seguito dallo scrittore e da Javier, già in corsa per raggiungere l’altro uomo incappucciato.
Kate arriccia il naso e inclina la testa verso Rick, e lui in risposta alza le spalle.
Poi, la sua espressione cambia visibilmente. Alza il dito indicando qualcosa dietro la sua musa.
“Kate!”
Appena dopo aver urlato il suo nome, che giunge ovattato e a rallentatore alle sue orecchie, la detective riesce solo a voltare il corpo a metà, prima di vedere il coltello ricurvo conficcarsi nel suo ventre. L’incappucciato scambia uno sguardo con lei. Può vedere il suo viso: corrugato, occhi neri e spenti, fronte spaziosa dove si intravede disegnata una croce rovesciata.
In quella frazione di secondo, Kate osserva la sua vita passarle davanti. Con entrambe le mani tocca quel coltello, nel tentativo disperato di estrarlo, e le mani iniziano di nuovo a sanguinare. Il sangue della ferita si mescola con quello dei palmi, che si aprono e il liquido rosso ricomincia a sgorgare.
Dalla chiesa, non molto lontano da loro, un gruppo di altri incappucciati, si riuniscono intorno all’altare. Il crocefisso è stato rimosso, e loro iniziano a pregare in una lingua antica. Uno di loro alza le mani verso le vetrate, e improvvisamente calano le tenebre, con il cielo che diventa di un nero oscuro.
Poi uno strappo seguito da un urlo di dolore.
La lacerazione nel suo ventre adesso è visibile.
E uno sparo.
L’altro incappucciato che ha trafitto Kate col coltello viene raggiunti dai proiettili su entrambe le gambe da Javier, impedendogli così di fuggire.
Rick non fa in tempo a raggiungere e sorreggere la sua fidanzata, perché lei si accascia a terra tenendosi lo stomaco e urlando per il dolore. Lui tenta di bloccare la ferita, sussurrandole che andrà tutto bene, che non deve temere nulla.
Il coltello, gettato lontano, giunge ai piedi di Don Francis e della Gates, arrivati sul posto con un’altra volante.
“Si allontani, signor Castle!”
Lo scrittore ascolta le parole severe del prete, ma non si volta. Kate sta perdendo molto sangue, e le sue mani si stanno sporcando con lo stesso colore.
“Sta morendo, dobbiamo riportarla in ospedale!” grida lui, non sapendo che Don Francis è praticamente alle sue spalle. Il suo è un grido di disperazione. Kate si sta spegnendo tra le sue braccia.
“Le ripeto di allontanarsi, santo cielo!”
L’imprecazione e il tono di voce più alto provocano un tuono nel cielo e costringono Rick a voltarsi verso di lui. Il prete sta puntando una croce verso di loro, ma quando lui lo strattona di lato, diventa chiaro che si sta rivolgendo a Kate.
Rick fa un salto all’indietro, vedendo Don Francis avanzare cautamente verso di lei.
Poi, pronuncia delle parole che lui conosce, perché le ha sentite in qualche film dell’orrore.
È un rito iniziatorio di esorcismo.
Rick fa per avventarsi su Don Francis, più che altro per allontanarlo dalla sua fidanzata, ma sorprendentemente, viene trattenuto da Javier e Kevin. Si volta verso la Gates, cercando un appiglio, qualcuno che gli dica cosa stia succedendo, ma riceve solo un dissenso dai suoi occhi.
Kate continua ad urlare, a dimenarsi. La ferita si sta ingigantendo e il respiro si fa sempre più affannoso, fino a quando riesce a mettersi in piedi con la testa abbassata, ed è lì che i presenti si rendono conto che il sangue sulla ferita non c’è più, e anche le mani hanno smesso di sanguinare.
Si guardano, non riuscendo a spiegare scientificamente cosa sia successo. La ferita si è rimarginata da sola.
La detective si tiene stretta a sé, abbracciandosi il ventre, mentre torna ad abbassarsi.
E poi succede tutto in una manciata di secondi.
Don Francis smette di parlare e abbassa la croce con movimenti lenti del braccio. Pian piano, Javier e Kevin lasciano la presa su Rick, che fa qualche passo in avanti. Quando Kate alza la testa verso il prete, si mette ad urlare ma quella che hanno di fronte non è la Kate Beckett che conoscono.
Non c’è luce nei suoi occhi.
C’è solo oscurità.
Come una leonessa, sta per aggredire Don Francis, ma viene trattenuta da Rick che l’afferra da dietro. L’abbraccia, la alza, portandola via, ma lei si dimena come una bestia.
“Stia fermo, quella non è più Kate Beckett! Non se ne rende conto?”
La forza di quest’uomo innamorato è però più forte di qualsiasi altra cosa.
Rick non vuole sentire ragioni e continua a trattenere Kate, o quel che ne rimane, ferma, tra le sue braccia. Spera che il calore del suo corpo e del suo amore la risveglino da quel che è diventata.
La Gates e gli altri osservano inermi la scena, non sapendo esattamente cosa fare.
Non possono sparare; ucciderebbero due persone innocenti. Castle è un civile, Beckett è una parte delle forze dell’ordine.
Ma la lotta è lunga e prolungata. Kate gli morde il braccio nel tentativo di dimenarsi, però Rick neanche si lamenta; affonda il viso tra i capelli di Kate, ormai sciolti dalla lunga coda, e la riempie di parole dolci.
Alla fine, stremata dalla lotta, la donna si arrende e lui può prenderla in braccio. Distesa tra le sue braccia, Kate getta la testa all’indietro, rivelando che gli occhi neri si sono spenti nello stesso momento in cui il cielo è tornato ad essere sereno.
 
Sbatte la porta dell’ufficio, mentre la donna con lui chiude le tendine. Si volta verso di lui incrociando le braccia.
Ma lo scrittore si avvicina alla finestrella e osserva dalle tapparelle la scrivania della sua musa, dove una tranquillissima e impassibile Kate Beckett sta giocherellando con una pallina antistress tenendo le gambe distese sul tavolo. Lo sguardo è fisso su un punto indecifrato davanti a lei. Senza battere le palpebre, continua il movimento del lanciare in aria la pallina e riprenderla, in automatico.
Kate Beckett è un corpo senz’anima, senza emozioni.
Rick continua a fissarla, ripercorrendo cos’è successo nelle ultime ore.
Lui l’aveva trattenuta tra le sue braccia e aveva percepito dapprima il suo corpo abbandonarsi alle ferite, poi risorgere improvvisamente grazie a una forza superiore alla comprensione umana. Può solo spiegare in questo modo ciò che ha sentito in quel momento.
“Non se la prenda con lui, signor Castle”, inizia a dire il capitano Gates, muovendo un passo verso di lui e indicando Don Francis.
Il prete, seduto davanti la scrivania, tiene le mani in avanti in segno di resa.
Alza lo sguardo sullo scrittore, consapevole di dovergli una spiegazione. Stringe le mani a pugno, e poi le ritira, lasciando aloni di sudore sul legno duro. Sta cercando le parole giuste da dire, quindi volge lo sguardo sul capitano, che replica con un cenno della testa.
Le prime parole sono un bisbiglio, seguite da uno schiarimento di voce, che copre con un colpo di tosse.
“Il capitano Gates ha dato ai detective Ryan ed Esposito una serie di casi di esorcismo, dopo che loro mi avevano spiegato cos’era successo alla detective Beckett. Ho commesso degli errori, ma sto rimediando, e credo che l’interrogatorio non solo abbia scioccato la sua fidanzata, mi permetta di chiamarla così, ma... ha come dire... liberato quella forza che mi possedeva... e ora la detective Beckett si sta comportando esattamente come me durante l’interrogatorio... Solo che voi non potevate decifrarlo, e io neanche, perché ne ero posseduto. Solo dopo essermene liberato, l’ho capito.”
Lo scrittore scuote la testa, guardando prima la Gates e poi Don Francis. Stringe i pugni e poi col dito incerto indica proprio il prete.
“Quindi cosa vuole dire? Mi spieghi cos’è successo a Kate!” la voce trema, il corpo è preso da uno stato di subbuglio, conseguenza della tempesta interiore che lo sta avvolgendo e stremando.
Probabilmente, dentro di lui, sa che cosa lui gli sta dicendo, ma non vuole crederci finché non se lo sente dire di persona.
Don Francis, di nuovo, si schiarisce la voce, abbassa la testa e volge uno sguardo di sottecchi al capitano. La Gates si avvicina a Rick e gli posa una mano sulla spalla. È arrivato il segnale di appiglio e di consolazione che cercava prima. Peccato sia arrivato troppo tardi.
Il prete si alza e cammina verso lo scrittore con le mani in tasca. Sente una stretta al collo e meccanicamente allenta il colletto bianco della divisa nera. Di nuovo, schiarisce la gola. Rick sta diventando impaziente e lo guarda come una furia.
Lo sguardo d’ira, però, si trasforma in un misto di stupore, incredulità e scetticismo, dopo le parole di Don Francis.
“Signor Castle, quello che voglio dirle è... come si può dire a una persona che è posseduta dal demonio?”



Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:
Non guardatemi così :p
Diamo la colpa a Kate che fa di testa sua, ma io dico...
La Gates dimostra che il potere è una garanzia e non solo tratta la sua detective come una regina, ma dà anche aiuto a Esposito e Ryan... cosa avrà dato loro? Lo scopriremo prossimamente su efp :p
Don Francis intanto ha capito tutto, e la realtà colpisce perfino una scettica Gates e uno che di fantasia ci vive, come Castle.
Come reagiranno a questa 'nuova' Kate?
Alla prossima *-*
D.

 
   
 
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