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Autore: Filmaustencat    02/08/2014    3 recensioni
-Secondo te mangio cibo per gatti?- gli feci stizzita ricordando la domanda.
-Era una supposizione: una volta ho visto un programma in tv. Parlava di gente che rimaneva reclusa un casa e mangiava solo cibo per gatti. Il tuo abbigliamento me lo ha ricordato- mi disse passando la prima scatoletta. Ok, questo bellissimo e odioso ragazzo mi aveva appena detto che gli ricordavo uno squallido programma;
-Non è appropriato dire queste cose ad una signorina benché meno ad un cliente- osservai stizzita.
-Beh- riprese lui passando la seconda scatoletta e alzando lo sguardo su di me -Mettiamola così: non è appropriato nemmeno andare in giro in pigiama- concluse sorridendo.
Uscire in pigiama per andare al supermercato non era stata una buona idea. Sofia lo capirà ben presto quando si troverà a discutere con un bizzarro cassiere che le darà del filo da torcere. Saranno battute al vetriolo e messaggi inusuali a farli avvicinare ma, "nel ragazzo bellissimo del supermercato" oltre alla battuta sempre pronta, si celano segreti che aspettano solo di essere svelati.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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-Sofia!- urlò per l'ennesima volta il mio capo quella mattina -È libero il telefono?- mi chiese dal suo ufficio. -Si signor Pesti- risposi cercando di racimolare quella poca calma che mi era rimasta.
"Si, razza di idiota: se non mi senti parlare significa che quel dannatissimo telefono è libero" pensai sbuffando, tornando a far finta di catalogare progetti che in realtà, più che accurati disegni di costruzioni sembravano schizzi di un bambino. Ero seduta sulla mia pericolante sedia che scricchiolava ad ogni mio spostamento di peso, davanti al mio piccolo tavolo attiguo alla porta del mio capo; quel burbero che mi dava da vivere si era convinto che oggi era il giorno. Quel giorno in cui ti arriva la proposta di una vita: come se ti chiamassero dicendoti: "Ehi ci siamo resi conto che il Louvre fa schifo...che ne diresti di riprogettarlo?".
Quella era la quindicesima volta che il signor Pesti aveva quella convinzione e la quindicesima volta in cui ero vittima di questo delirio. Mi raccontava sempre che, la notte, sognava che lo avrebbero chiamato da New York proponendogli un lavoro milionario.
Mi feci remora a dirgli che, probabilmente, il suo nome non era conosciuto nemmeno al di fuori di queste quattro mura e che, se mai avessero chiamato questi fantomatici tizi da New York, l'accordo sarebbe saltato comunque: il burbero architetto sapeva a malapena l'italiano ed io mi limitavo a "Hello", "phone" e "yes". Oppure, semplicemente, il problema non si sarebbe posto: convinta che magari stessero chiamando promotori molesti da altri stati avrei messo giù prima che potessero formulare una frase.
Ma lui sembrava felice, come raramente era e forse mosso da chissà quale bontà mi avrebbe promesso un aumento quel giorno, salvo poi annullarlo la sera stessa dopo aver perso le speranze nei confronti del progetto newyorchese.
-Sofia?- mi richiamò e, prima che potesse farmi la stessa domanda, risposi brusca:
-Si, è libero!- Lo sentì borbottare un "bene...adesso...diventerò ricco". Esser circondata da tanta  
baldanzosità mi rendeva sempre più nervosa e intrattabile. Dopo l'amichevole vista di Christian avevo passato la notte a rigirarmi nel letto. Perfino Romeo, stanco dei miei continui sbuffi, se ne era andato a dormire sul divano con la coda tra le gambe ed un espressione di puro odio. Quando mi ero finalmente calmata chiudendo gli occhi, preparandomi ad un bel sonno ristoratore, suonò la sveglia. Era mattina ed io non avevo dormito. L'ultima volta che mi ricordo di aver saltato una notte intera avevo diciassette anni ed ero molto più stupida di oggi. Ora, a ventisei anni, avevo delle responsabilità così, malgrado avessi l'umore sotto i piedi mi imposi di andare a lavoro. Ed ora eccomi qui: con le mani tra i capelli a sperare che quei maledetti americani chiamino giusto solo per salvare me: ci fu un momento poco prima che finisse l'orario che pensai di inventarmi la chiamata; per fortuna mi trattenni, convinta che se gli avessi detto una cosa del genere, per l'emozione accumulata, avrebbe avuto un infarto ed io sarei rimasta senza lavoro.
Uscire da quel bugigattolo al termine del mio orario mi fece sentire come presumo si senta un carcerato che esce di prigione dopo anni di reclusione. Respirai aria a pieni polmoni prima di dirigermi a casa per fare pranzo e scoprire che oggi, qualcuno, lassù, doveva avercela proprio con me. Il frigo era completamente vuoto: ero solita comprare ciò che mi serviva giornalmente o al massimo ogni due giorni, vivendo sola cercavo così di limitare al massimo gli sprechi. Questo prima che l'unico supermercato nel raggio di chilometri decidesse di assumere Christian. Avrei potuto comprare un panino o qualcos'altro in un bar mi dissi ma, come ripeto, qualcuno si era impegnato a rendermi la vita un inferno perché appena tornai trovai il gatto ad aspettarmi affamato. Dannate scatolette. Romeo cominciò a miagolare come al solito mentre io mi rendevo conto che il vero problema era lui: per colpa di quel pulcioso avevo incontrato Christian e, sempre per colpa sua avrei dovuto rivederlo. Le opzioni erano dunque due: guidare per più di mezz'ora per trovare un altro supermercato oppure andare lì, all'inferno, sperando di non incontrare il diavolo. La risposta era scontata: non ero una codarda e, di certo non ero io quella che doveva strisciare per l'umiliazione. Lui si era comportato come un vero folle e avrebbe fatto meglio a girarmi a largo. 
"Perfetto" mormorai tra me sorpassando le porte scorrevoli del negozio notando che era gremito. Sembrava non fossi l'unica senza cibo. Poco male: questo mi assicurava almeno tre o quattro casse aperte così, avrei potuto benissimo evitare Christian; non avevo fatto nemmeno in tempo a notare se lui fosse lì convinta, che se lo avessi cercato con lo sguardo, mi avrebbe sicuramente sorpresa a fissarlo. 
"Meno tempo passo qui dentro meglio è!" Mi dissi riscuotendomi e andando diretta a prendere ciò che mi serviva: avrei fatto una grande spesa per la prima volta dopo anni: in questo modo non mi sarei dovuta ripresentare per la prossima settimana. 
Il carrello era pieno e potei ritenermi soddisfatta. Feci due volte avanti e indietro vicino alle casse cercando il mio obbiettivo. Neanche a farci apposta lui era lì, nell'ultima cassa a sinistra. Appena lo vidi corsi subito a destra cercando di arrivare velocemente dall'altra parte del negozio per evitarlo. Mentre mi muovevo veloce e frenetica lanciai un' occhiata furtiva dietro di me per assicurarmi che lui fosse ancora impegnato. Non avevo certo considerato chi distrarmi per un secondo mi avrebbe fatto andare a sbattere sonoramente col carrello contro quello di un altro cliente che ora mi guardava indignato. Mi ero fatta male e molto, mente mi prendevo in mano il polso dolorante per il contraccolpo.
-Signorina!- mi disse il signore coinvolto nell'incidente con un tono fin troppo alto -cosa crede di fare?- continuò. Io lo guardai senza parole dispiaciuta, rivolsi lo sguardo attorno a me e parecchie persone si erano girate incuriosite. Con buona pace della mia intenzione di passare inosservata. 
-Scusi!- dissi riprendendomi -Scusi davvero, avevo la testa da un'altra parte- cercai di suonare più convincente. 
-Questo lo vedo- mi disse il tizio stizzito girandosi. Io mi volsi imbarazzata, facendo un sorriso tirato e ben presto tutti tornarono a farsi i fatti loro. Avevo rimandato questo momento da quando era successo il tutto, sperando che nella sua totale pigrizia a lavoro lui non si sarebbe girato, fin troppo annoiato per notare un simile trambusto. Lo sperai, ma quando mi volsi nella sua direzione lo vidi in piedi che mi fissava con uno sguardo stranito e divertito allo stesso tempo. Distolsi subito lo sguardo tornando a fare la fila alla cassa che avevo finalmente raggiunto: la sera prima ero stata piuttosto incisiva sul fatto che non volessi più avere a che fare con lui ma, non potei evitare di scoccare un'occhiata in sua direzione una seconda volta e, vendendolo impegnato con una cliente tirai un sospiro di sollievo. Quando fu il mio turno posai diligentemente la spesa sulla fascia nera scorrevole.
-Buongiorno- mi disse la cassiera che avevo davanti. 
-Buongiorno- bofonchiai sulle spine. Avrebbe fatto meglio a muoversi: non intendevo rimanere lì ancora a lungo. Mi spostavo da un piede all'altro battendo uno e l'altro ritmicamente a terra. Lei mi guardò male così capii che mantenere quell'atteggiamento mi avrebbe fatto passare per una ladra che non vedeva l'ora di abbandonare il "luogo del delitto". Finalmente la vidi passare gli ultimi articoli, peccato che non bastò. Mi accorsi della sua presenza ancor prima che ne sentissi la voce. 
-Christian- disse meravigliata la cassiera -ti serve qualcosa?- gli chiese facendo la smorfiosa, lasciando perdere la mia spesa per dedicarsi completamente ad osservarlo. Io, nel frattempo, mi ero irrigidita, rimanendo immobile e sperando di esser diventata improvvisamente invisibile. Senza degnare la collega di una risposta lui si rivolse a me: 
-Non puoi proprio fare a meno di attirare l'attenzione- mi disse avvicinandosi. Io non mi votai, decisa più che mai ad ignorarlo. 
-Andiamo Sofia!- mi fece esasperato -ti ho già detto che mi dispiace, sono venuto in pace!- mi disse.
-Non hai da fare?- gli chiese mandando al diavolo il mio proposito, girandomi di scatto ritrovandomelo pericolosamente vicino -Non ho nessuna intenzione di essere la causa del tuo licenziamento- continuai. 
-Ti preoccupi per la tua coscienza?-
-Si- dissi veloce -dovresti farlo anche tu!-
Ci fissammo per quella che sembrò un'eternità finché la cassiera tossicchiando richiamò la mia attenzione. 
-Sono 77.14- mi disse piano. Mi affrettai a porgerle il denaro spostandomi per mettere tutta la spesa in dei sacchetti. Christian mi seguì in silenzio; voltandomi lo guardai con un'espressione da "Seriamente?".
-Ok. Cosa potrei fare per pulire la mia coscienza?- mi chiese.
-Potresti iniziare aiutandomi- gli dissi indicandogli la pila di alimenti che dovevo ancora metter via. Sperai che almeno col suo aiuto sarei potuta andar via prima ma era furbo anche lui così si limitò a scuotere la testa.
-Non sono uno stupido- mi disse -e ho capito! Ho sbagliato ad ingannarti e ti ho già detto il perché. Ma mi sembri una tipa apposto e sono nuovo in questo paese.- mi confessò.
-Non capisco dove vuoi arrivare- gli dissi mettendo rabbiosamente nel sacchetto una confezione di pasta. 
-Ti propongo una tregua e la mia amicizia- mi disse come se mi stesse facendo un favore. Mi limitai a guardarlo stranita.
-Ci stai?- mi chiese porgendomi la mano che io rifiutai.
-Stai cercando di costruire un rapporto di amicizia sulla menzogna e sul divertimento di umiliarmi- gli ricordai. 
-Tecnicamente non direi: non ci sono menzogne tra noi, hai già scoperto tutto, ciò fa di me un ragazzo sincero e per quanto riguarda le tue onnipresenti convinzioni che io passi la mia vita a macchinare umiliazioni per te...beh ti sbagli.- mi disse spiegandomi il suo punto di vista. 
-Forse non ricordi il giorno in cui ci siamo conosciuti- gli dissi piccata. Lui mi sorrise enigmatico.
-Siamo già alla fase dei vecchi amici: sai quando si riuniscono parlando di quando si sono conosciuti e merdate simili?- mi chiese sarcastico. 
-Sei un idiota-
-Cosa vuoi Sofia?- mi chiese con una voce più profonda. "Mantieni la calma Sofia, non colpirlo: mancano solo le fragole e le scatolette per Romeo da metter via e poi te ne andrai" mi dissi. 
Non avevo risposto alla sua domanda così lo sentì borbottare un "Al divaolo" e lo vidi sporsi per prendere una scatoletta. Ero convinta che volesse aiutarmi a metterla via, ma lo vidi prenderla tra le mani studiarla per pochi secondi ed aprila. La mia faccia si era trasfigurata in una maschera di sorpresa, avevo la bocca aperta e non osavo credere che avrebbe fatto quello che pensavo. 
-Mmmh- lo sentì mugugnare di piacere fin troppo forte -quanto è buona!- disse decisamente ad alta voce; capii che stava cercando di attirare l'attenzione dei clienti vicini a noi.
-Smettila- gli sibilai. Lui mi guardò per un istante per poi continuare annusando a pieni polmoni quella roba rivoltante.
-Christian!- continuai più severa -non ho intenzione di vederti portato via per un TSO*- lui sorrise velocemente:
-Davvero- disse platealmente prima di immergere due dita nella scatoletta e ricavarne un abbondante pezzo di..."roba". -Buonissima- concluse ingerendo quello schifo. Molti fecero un suono di disgusto distogliendo lo sguardo. Io lo fissavo inebetita. Non potevo crederci, eppure era vero: lo vedevo deglutire a fatica e pensai che avrei vomitato io al posto suo. 
-Signorina potrebbe spostare la sua roba- mi chiese la cassiera. Lui era ancora immobile accanto a me con gli occhi socchiusi e il respiro pesante. Mi affrettai a portare via i miei sacchetti adagiandoli da una parte. Christian era ancora lì, immobile, ad intralciare gli altri così, decisi di prenderlo per un braccio e trascinarlo in disparte.
-Sei completamente scemo- gli dissi -Stai bene?- continuai vedendolo ancora immobile.
-Christian!- lo richiamai preoccupata -avere la tua morte sulla coscienza sarebbe davvero troppo, rispondimi!- lo sgridai. Sembrò riprendersi, si abbassò un attimo mettendo le mani sulle ginocchia poi si rialzò di scatto scuotendo la testa.
-Scusa...-mi disse -stavo cercando di non vomitare- confessò serio. 
-Che schifo!- gli dissi senza pensare -Perché diavolo lo hai fatto?- 
-Ora siamo pari- mi spiegò. Non potevo credere che avesse fatto tutti ciò solo per farsi perdonare. Mi misi a ridere, tanto e di gusto. Avevo le lacrime agli occhi.
-Non era questa la reazione che mi aspettavo- disse lui colto di sorpresa. 
-Siamo pari?- mi chiese. Aveva uno sguardo sincero e per la prima volta dopo tanto ero riuscita a piangere dalle risate grazie a lui quindi perché no...
-Siamo pari!- affermai tra le risate. Lo vidi distendere l'espressione corrucciata che aveva avuto per la maggior parte del tempo. 
-Sei folle- lo derisi ancora. Lui mi guardò attendo mentre continuavo a sorridere.
-Ho paura a chiedertelo ma...potremmo avere una sana relazione di amicizia?- mi chiese come un bambino all'asilo. 
-Hai 4 anni?- gli chiesi io, lui non capì a cosa mi riferissi così gli spiegai: 
-Da quando in qua l'amicizia si chiede?- gli dissi -L'amicizia si guadagna- gli ricordai.
Lui sembrò colto di sorpresa e un po' dispiaciuto. Era strano per me ma, vederlo di cattivo umore mi dava fastidio. Seppi già da subito che la nostra non sarebbe stata un'amicizia come le altre. Ma senza pensare gli dissi: -Con la tua mossa di oggi, ti sei già guadagnato la nomea di "nuovo quasi amico"- gli dissi mentre prendevo due due buste, lui prese le altre e mi seguì fino alla macchina. 
-Credo di potermi accontentare- mi disse dopo un po'. 
-Devi ritenerti fortunato anche solo che ti abbia perdonato- gli dissi girandomi a guardarlo.
-Bene quasi nuova amica, ci vediamo in giro- mi disse lui.
-Già...-gli feci io, a mo' di saluto. 
-Rubi le battute?- mi chiese lui sarcastico.
-Si, mi dispiace...- gli disse scherzando.
-Beh, posso concedertelo: gli amici dividono le cose- 
-Mi devi una scatoletta- gli dissi ricordandogli che me ne aveva praticamente rubata una.
-Vuoi proprio che ti vomiti addosso- 
-No. Che schifo. Sappi solo che me ne devi una e che verrò a riprendermela- lo minacciai.
-Non vedo l'ora- disse lui sorridendomi e lasciandomi lì impalata.
   

Angolo autrice: Ringrazio sempre le persone che hanno messo tra i preferiti, seguite e che hanno recensito. 
Spero che la nuova direzione che ha preso il rapporto tra Sofia e Christian vi piaccia. Fatemi sapere che ne pensate :)
Al prossimo aggiornamento . Con affetto, F.
  
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