Oreste
rimase di stucco. Il suo volto olivastro impallidì.
I battiti del suo cuore fermarono per un
attimo.
“Non ne avrei
motivo.”
“Stai
mentendo!!”
Gli
occhi di Oreste si riempirono di furore. Sguainò la spada e
caricò il Falcone Nero.
Se
fosse mai stato in grado di procurare danno a Sideris, non lo avrebbe
mai
potuto sapere poiché Pilade, Almo e Cercione si frapposero.
Cercione
lo immobilizzò da dietro. Pilade e Almo gli bloccarono le
braccia.
Pilade
ora teneva stretto il suo volto tra le mani.
Oreste
si accasciò seduto a terra. Piangeva.
“Elettra…Mi
faceva
avere sue notizie ogni mese, per anni… Poi smise di farlo
all’improvviso. Non
avrei mai creduto…Speravo…”
Ci
furono attimi di silenzio. Poi si riprese.
“Che
fine fanno
coloro che contengono questo potere?”
“credo che i
CONTENITORI periscano all’estrazione”
Oreste
non disse più nulla.
Soter
strinse i pugni.
“Se
le cose
stanno così, devo partire adesso! Non permetterò
che Pandora…”
“Se partissi ora,
non otterresti nulla. Troverai solo morte. Occorrono diversi giorni
agli
Olimpici per assorbire tutto quel potere. Devono applicare delle
procedure
lunghe. Abbiamo ancora tempo prima della morte dell’ospite.
Abbiamo alcuni giorni.”
“Ogni
secondo è
importante” Ribatté
Soter.
“E
dove andresti?
Vorresti recarti da solo sulla cima dell’Olimpo? Non faresti
neppure in tempo
ad avvicinarti prima di essere ridotto a un cumulo di cenere.
Tutto ciò che ci
rimane, siamo noi stessi, lo capisci? Il mondo intero è alla
nostra ricerca. Se
qualche guardia cittadina, attratta dalle nostre luci, vedesse dei
peregrini
muoversi di notte s’insospettirebbe immediatamente. Ci
darebbero la caccia e
questa è l’ultima cosa che vogliamo.
Capite da voi
che la situazione è critica. Non possiamo permetterci di
scontrarci tra noi.
Dobbiamo superare i nostri attriti per la salvezza. L’unico
modo è raccogliere
i vessilli di tutti gli eserciti.”
“Ma
come
possiamo noi pochi guerrieri in una tale impresa?...” chiese
Aristomene e continuò “…Ogni città è divisa tra
rivoluzionari e
fedelissimi delle divinità.”
Dopo
che Sideris ebbe illustrato le fasi della sua strategia, i superstiti
allestirono esigui vettovagliamenti in quella zona. Erano abbastanza
modesti da
permetter loro di riprenderseli e ritirarsi velocemente in caso di
avvistamento
nemico. Non
prepararono neppure un
braciere per combattere il freddo notturno.
L’orso
Orico era scomparso tra le tenebre della foresta a caccia di selvaggina.
“Pensavo
che
quelli come te non avessero bisogno di dormire.”
osservò Soter.
“Sto
recuperando
le energie. Ma non è da intendersi come la concezione di
sonno che hanno gli
umani, anche se il fine è lo stesso.”
Rispose Sideris senza aprire gli occhi.
“Ho
una domanda
da farti. Quanto tempo fa sei stato creato dagli dei?”
“Il
tempo è un
concetto relativo, ma per come vuoi intenderlo…Le mie
origini risalgono a prima
della vostra storia”
“Capisco. Dunque hai vissuto abbastanza da
vedere rapiti e uccisi tutti i ‘contenitori’ prima
di Pandora, giusto?” Chiese
Soter curioso e provocatorio.
“E’
esatto.”
“E
cosa hai
fatto per impedirlo? Forse dormivi anche allora.”
“Se vuoi colpirmi con le tue parole, sappi
che sprechi il tuo fiato. E’ una lunga storia. Troppo lunga
perché sia narrata
e recepita in una sola notte, e non abbiamo tempo. Ti basti solo sapere
che perseguo
questa missione dai tempi di Elena di Troia. Sia lei che Elettra di
Micene furono
rapite per quanti sforzi potessimo fare.”
Sideris
rimase in silenzio per qualche istante. Guardò con
intensità il palmo della
propria mano.
“Prima
non
sapevo, ma ora ricordo.”
“Di cosa stai
parlando?”
“Non avevo
questa capacità prima che Deimos mi colpisse in testa
distruggendo parte del
mio cranio. Quel colpo deve aver annientato un…Limite che le
divinità avevano
imposto su di me prima che fuggissi dal loro dominio. Le mie reali
capacità
rimasero sopite per decadi... Prima di oggi.
Quando ogni
speranza sembrava essere perduta, ecco che la sorte
ricominciò a scorrere dalla
nostra parte.”
Sideris
fissò il suo interlocutore, poi lo sguardo cadde
sull’armatura.
Credo ci sia
qualcosa in te…Un’ombra gigantesca che neppure io
riesco a sondare. Qualcosa di
così sconosciuto e nascosto che persino gli Olimpici hanno
ignorato. Ma il mio
è solo un vago presentimento derivato
da ciò che non riesco a comprendere.”
“Se
davvero
questa cosa possiede una coscienza…Credo voglia unicamente
che tu resti in
vita, nient’altro.”
“Sono
stanco.
Vado a riposare.”
Si
diresse verso la propria brandina.
Aveva intenzione di levarsi l’armatura ma la stanchezza
tradì le proprie
aspettative e crollando su di essa fu colto dall’abbraccio di
Morfeo.
Uno
strattone alla spalla lo fece ridestare. Con uno scatto felino si
rivoltò puntando
la spada alla gola di colui che aveva avuto l’ardore di
scuoterlo in modo così
brusco.
“Dobbiamo
nasconderci! gli Innominati sono tornati!”
“Che cosa?!”
Si
guardò intorno. Era ancora buio, ma gli altri erano tutti
svegli e velocemente
stavano riprendendo il proprio equipaggiamento per correre nella zona
boschiva
vicina. La sua attenzione ricadde verso l’orizzonte, in
contemplazione di
qualcosa che sarebbe arrivata presto.
“Dove?” Si
rivolse al ragazzo.
“Lassù”
Indicò
un punto nero molto distante, tra le nubi, che andava contro vento.
Vista la
distanza e le spropositate dimensioni della figura non poteva di certo
essere
un uccello normale. Si chiese come avessero fatto a notare un
particolare così
piccolo nell’immensità della volta stellata in
un’ora così tarda, poi ripensò
alle nuove straordinarie capacità di Sideris.
Velocemente,
prese la sua roba e segui il gruppo verso la foresta.
L’aria
pareva tranquilla fin quando non si udirono dei forti stridii di rapace,
gli
stessi emessi dagli ippogrifi nel precedente attacco. Gli urli
animaleschi
facevano sussultare gli animi. Ischi sobbalzò e Cercione gli
pose una nerboruta
quanto salda mano sulla schiena per calmare i suoi tremori.
Affacciandosi
videro che l’essere volava basso come se fosse alla ricerca
di qualcuno. Ma
l’intero accampamento era stato
abbandonato e gli unici superstiti si nascondevano ora nella foresta.
Come pensavano,
la creatura era un ippogrifo.
Tutti
i rivoluzionari nascosti trattennero il fiato. Soter strinse
l’elsa della
propria spada.
Gli
astanti nascosti rimasero in silenzio.
“Se
c’è qualcuno mi risponda. Sono uno dei vostri. Ho
delle notizie.” continuava a gridare.
Non
sapendo come reagire i falchi guardarono tutti il Falcone, in attesa di
un
comando. L’uomo si affacciò quel che bastava per
inquadrare il cavaliere
volante. Dopo alcuni istanti uscì allo scoperto.
“Cosa
fai? È rischioso!” protestò Soter.
“È
disarmato.” Rispose Sideris.
“Vestito
solo di pelli e stoffa. Non ha nulla con cui minacciarci se non la
bestia
stessa. Non abbiamo motivo di preoccupazione.”
Come
poteva averlo notato da quella distanza? Si chiese Soter. Poi si
rispose da
solo.
Il
Falcone trascendeva ogni normale capacità umana e anche la
sua vista era
sovrannaturale.
Uno
ad uno i soldati seguirono il loro capo, e infine anche Soter
uscì dal
nascondiglio.
Il
cavaliere volante che li aveva individuati dopo un paio di larghe
manovre
atterrò sul punto più alto della zona rialzata
attigua all’accampamento.
L’ippogrifo scalciò e sbuffò chiaramente innervosito dalla presenza vicina dei rivoluzionari. Gli uomini guardarono la bestia con reverenziale timore. La sua magnificenza levava il fiato.
“Calmati, PEGASO!” disse il
cavaliere
cercando di acquietare la sua bestia. Poi si voltò.
Aristomene
lo riconobbe.
“Bellerofonte!”
“Comandante!”
Gli
altri seguirono la scena, confusi. Aristomene spiegò
“è uno stalliere sotto il
mio comando, un allevatore di…Cavalli”.
Guardarono
la maestosa belva alata che dacché pareva minacciosa e
terribile poco prima,
adesso, sotto la mano rasserenante del nuovo padrone appariva calma e
mansueta. Comunque
i presenti si avvicinarono con
cautela.
“Aveva perso il suo cavaliere Innominato. Era
come imbizzarrito, ma io sono riuscito a domarlo!” Spiegò
Bellerofonte.
“Incredibile…” fu la
reazione di quasi
tutti i presenti. Soter
a cui, da Innominato, non era stato mai né
concesso né mostrato nulla di simile restò senza
fiato.
Persino
Sideris rimase costernato. Per quanto tempo avesse vissuto
su quel mondo, gli esseri umani alla fine trovavano sempre un modo per
sbalordirlo. Rimase comunque composto.
“Hai
detto che
avevi delle notizie, recluta.”
Esordì. “Parla
“Poco
dopo lo
scontro li ho seguiti…Gli Innominati intendo.”
“E cosa hai
scoperto?”
“Sono andati a Sparta. Nel palazzo di Ares. Sono rimasto a controllare la zona qualche
tempo ma non si sono spostati di lì”
Sideris
era confuso. Perché non portare la donna direttamente
sull’Olimpo? Che piani
avevano per lei? Non poteva dare nulla per certo ma comunque aveva
ottenuto un'
informazione che avrebbe dato loro un piccolo vantaggio.
“Ottimo
lavoro.”
Si
avvicinò al cavallo alato con una mano protesa, ma a pochi
passi di distanza la
bestia stridette minacciosa.
“Sembra
proprio
che la creatura riconosca solo te come padrone.” Disse
Sideris al ragazzo.
Bellerofonte
guardò la sua nuova cavalcatura orgoglioso
dell’impresa compiuta.
“Non è stato facile.”
Commentò senza
superbia “ma adesso io e Pegaso siamo grandi amici.”
L’ippogrifo
sbuffò.
Parentesi
anacronistiche 4:
Armamentario
3: la frusta di Varsos
Il
manico della frusta è l’oggetto tecnologicamente
avanzato di Varsos. Dalla punta di esso è possibile
riprodurre fino a quattro proiezioni
illusorie della stessa frusta. Il manico contiene il thong,
cioè l’intero corpo
della frusta, super-compresso al suo interno.
Dall’impugnatura è possibile
tramite un pulsante, estendere la parte superiore in modo proporzionale
al
tempo in cui lo si è lasciato premuto. Quando si rilascia,
la frusta si
stabilizza a quelle dimensioni
Ha
una lunghezza massima che arriva a diversi
chilometri.