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Autore: saramermaid    03/08/2014    3 recensioni
Thadastian | Rating: Verde | 3056 parole
Dal testo:
"In un ultimo disperato tentativo spinse sul pedale dell’acceleratore e per un bel tratto l’unica cosa che vide furono enormi cumuli di neve ai margini della strada da cui spuntava qualche zolla di terra. Svoltò a sinistra costeggiando il torrente ghiacciato e finalmente in lontananza scorse il profilo di uno chalet. Tirò un sospiro di sollievo proprio mentre parcheggiava l’auto sul viale composto da pietrisco e si slacciò la cintura di sicurezza dopo aver spento il motore. Quando le suole delle scarpe sfregarono sul terreno si accorse che il vialetto era completamente sgombro e la neve era stata spalata via."
Genere: Fluff, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Sebastian/Thad
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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About cats and snow









La visibilità era pressoché nulla lungo la strada sterrata in direzione delle montagne. Aveva abbandonato la statale da circa una buona mezz’ora e, nonostante la macchina procedesse lentamente, i fiocchi di neve continuavano a posarsi sul parabrezza formando una leggera brina. Thad azionò in automatico i tergicristalli ma la drastica differenza di temperatura tra l’interno e l’esterno creava una leggera cappa di vapore dentro l’abitacolo, appannando comunque i vetri. Le sue iridi marroni si posarono per pochi secondi sulla spia della benzina, era quasi a secco e tra meno di un’ora il motore si sarebbe inevitabilmente spento.

In un ultimo disperato tentativo spinse sul pedale dell’acceleratore e per un bel tratto l’unica cosa che vide furono enormi cumuli di neve ai margini della strada da cui spuntava qualche zolla di terra. Svoltò a sinistra costeggiando il torrente ghiacciato e finalmente in lontananza scorse il profilo di uno chalet. Tirò un sospiro di sollievo proprio mentre parcheggiava l’auto sul viale composto da pietrisco e si slacciò la cintura di sicurezza dopo aver spento il motore. Quando le suole delle scarpe sfregarono sul terreno si accorse che il vialetto era completamente sgombro e la neve era stata spalata via.

In poche falcate fu al riparo sotto la tettoia del portico e sfregandosi le mani fasciate dai guanti di lana si apprestò a suonare il campanello. Passarono diversi secondi poi un rumore di passi lo avvisò che qualcuno stava andando ad aprirgli. Quando la porta si spalancò Thad sgranò leggermente gli occhi nel ritrovarsi davanti la figura di Sebastian fasciato da un maglione nero a collo alto e dei pantaloni grigi. I suoi occhi si spostarono in automatico su quel volto perfetto ritrovandoci sopra il solito ghigno impertinente e l’espressione divertita.

«Harwood inizio a sentire freddo, per cui se hai finito di farmi la radiografia sei pregato di entrare.» Proruppe Sebastian scostandosi dall’uscio e facendogli segno di accomodarsi.

Thad ubbidì in fretta scrollandosi i fiocchi di neve dal cappotto blu scuro per poi appenderlo all’attaccapanni alla sua destra; accanto ai suoi piedi il borsone che si era portato dietro da casa. L’ambiente era abbastanza elegante ed accogliente al tempo stesso, i suoi occhi non poterono impedirsi di ammirare il grande camino acceso, posto nel salotto, insieme ai divani color panna e la moquette scura.

«Sebastian, dove sono gli altri? » Chiese notando all’improvviso come ci fosse fin troppo silenzio in giro.

«A quanto pare siamo soltanto noi due. La statale è rimasta bloccata a causa di una frana e non sarà agibile tanto presto.» Gli rispose questi avvicinandosi al camino e mettendosi seduto sulla poltrona di pelle.

Thad prese a mordersi le labbra in modo nervoso di fronte alla prospettiva di dover condividere un’intera casa con quello che era il suo compagno di stanza alla Dalton. Certamente era abituato al dover dividere gli spazi e gli oggetti personali o al dover sopportare i loro caratteri costantemente in conflitto, ma stranamente in quella circostanza si sentiva ansioso. Forse perché l’immagine di loro due da soli, immersi in uno scenario da cartolina, gli ricordava tanto un quadretto romantico. A quel pensiero scosse la testa, constatando quanto fosse estremamente impossibile per Sebastian esserlo. Quella parola decisamente non rientrava nel vocabolario del francese.

«Harwood, il gatto ti ha mangiato la lingua?» Constatò con sarcasmo l’altro interrompendo il flusso confuso dei suoi pensieri.

«Scusa mi ero distratto», ammise tornando bruscamente alla realtà, « e credo che dovrei disfare i bagagli.» Terminò con ovvietà.

Sebastian sembrò soppesare quelle parole mentre inarcava un sopracciglio ed aggrottava la fronte, poi annuì in modo deciso alzandosi e facendogli cenno di seguirlo al piano di sopra. Percorsero le scale in completo silenzio ed una volta giunti in cima Thad si ritrovò immerso in un lungo corridoio con ben sei camere da letto, a giudicare dal numero delle porte chiuse. Sebastian si fermò davanti una delle porte centrali e ruotò la maniglia mostrandogli un ambiente sobrio ma pieno di ogni comfort.

Il letto a due piazze, coperto da innumerevoli cuscini ed una trapunta pesante, era addossato alla parete; ai piedi di esso la moquette grigio fumo copriva tutto il pavimento, sulla sinistra accanto alla finestra vi era un comodo armadio ed un’altra porta conduceva al bagno. Nel complesso Thad trovò quella stanza pressoché perfetta e soprattutto calda nonostante non ci fosse la presenza di un camino. In automatico fece qualche passo in direzione del letto, posandovi sopra il proprio borsone, per poi scrutare la vista spettacolare che si intravedeva attraverso i vetri del piccolo verandino.

«Questo posto è magnifico», sussurrò senza fiato, «grazie per averci invitato, Sebastian.» Aggiunse con tono di voce più alto concedendo all’altro un mezzo sorriso.

«Non c’è di che, Harwood. Se hai bisogno di qualcosa mi trovi in cucina.» Rispose sparendo oltre la tromba delle scale e lasciandolo da solo.

«Ed ora preparati per essere svuotato.» Ribadì rivolgendosi al borsone e cominciando a tirar fuori i vestiti.







Si passò le dita tra i capelli castani continuando a controllare con attenzione i ripiani dell’enorme frigorifero. Indubbiamente vi era una gran quantità di roba lì dentro in grado di sfamare un intero esercito per almeno un mese abbondante. Quanto a spese i suoi genitori non si facevano mancare assolutamente nulla, nonostante quello chalet in montagna fosse quasi sempre vuoto e loro ci andassero di rado. Sebastian controllò ancora una volta le lancette dell’orologio appeso al muro, era quasi ora di cena ed avrebbero dovuto mettere qualcosa sotto i denti se non volevano morire di fame.

«Sebastian sei qui dentro?» La voce di Harwood gli arrivò fin troppo nitida e pochi secondi dopo questi fece il proprio ingresso in cucina. «Che ci fai impalato di fronte al frigo?» Aggiunse aggrottando la fronte.

«Amoreggiavo con l’insalata», rispose in modo sarcastico beccandosi di rimando un’occhiataccia, «sto cercando qualcosa da poter preparare per cena, genio.» Terminò, poi, del tutto serio osservando con sguardo critico le confezioni di verdura.

Thad gli si avvicinò lentamente mettendosi al suo fianco e dopo alcuni secondi allungò la mano per prendere un barattolo di passata di pomodoro ed un pacco di pasta. Con tutta la calma del mondo iniziò ad aprire la scatola di alluminio, stando attento a non tagliarsi, mentre sentiva Sebastian muoversi in cerca di pentole e padelle. In pochi minuti l’ambiente si riempì del profumo del sugo che bolliva e Thad si premurò di versare la pasta in un’altra pentola piena d’acqua in attesa che cuocesse. Con un mestolo assaggiò la salsa per sentirne il sapore, abbassando poi leggermente la fiamma del fornello.

Quando si misero a tavola la neve riprese a cadere in modo fitto, tornando ad imbiancare ogni cosa che gli capitasse a tiro nell’arco di circa dieci miglia. Thad sfregò la forchetta all’interno del piatto constatando che forse la pasta era un po’ troppo al dente, ma la fame si faceva sentire ed in poco tempo terminò la cena. Le sue iridi marroni corsero a cercare la figura di Sebastian e nel farlo si accorse di come questi lo stesse già osservando a sua volta. Uno strano brivido gli percorse la spina dorsale quando quelle pozze verdi si soffermarono a studiare il suo volto ed automaticamente Thad si affrettò a sistemare nel lavello le stoviglie sporche pur di sfuggirgli.

«Non c’è bisogno che le lavi. Ci penserà François domani.» Gli fece notare Sebastian prima che lui iniziasse a far scorrere l’acqua calda.

«Oh. D’accordo.» Concesse cercando di scacciare la sensazione di imbarazzo che sentiva in quel momento.

Fortunatamente Sebastian non aggiunse altro ed insieme si diressero verso il camino scoppiettante in cerca di calore. La temperatura si stava drasticamente abbassando e persino con i riscaldamenti accesi Thad poteva avvertire le dita delle mani leggermente fredde. Fu quindi naturale sedersi sul tappeto ed allungare le braccia verso quelle fiamme innocue dalle tinte arancioni. Le iridi di Sebastian, comodamente seduto sul divano, gli perforavano la schiena adesso e lui non riusciva a restare concentrato. Si sentiva in soggezione a causa dell’intensità di quel verde, come se fosse completamente nudo nonostante i mille strati di vestiti che indossava.

Stava racimolando un bel po’ di determinazione per spezzare quella tensione fin troppo palpabile che si era venuta a creare e proprio quando si era deciso a fare conversazione, le luci tremolarono appena facendo piombare lo chalet nel buio totale. Sentì Sebastian imprecare in francese ed a tentoni, con la complicità della fioca luce proveniente dal caminetto, cercò di raggiungere il divano. Le sue dita toccarono il rivestimento di pelle e con non poca difficoltà riuscì a mettersi seduto. Il profumo di Sebastian gli arrivò dritto alle narici e con sgomento si accorse che i loro corpi erano incredibilmente vicini.

«Harwood, smettila di agitarti. La tormenta lì fuori ha fatto saltare la corrente, tra pochi minuti il generatore ripartirà da solo.» Mormorò il castano allungando un braccio sullo schienale del divano e sfiorando involontariamente la stoffa del maglione di Thad.

«Ok.» Rispose il moro prendendo a torturarsi le mani strette in grembo.

La sagoma di Sebastian era perfettamente visibile anche nell’oscurità a causa dei raggi della luna che filtravano attraverso le tende; poteva scorgere distintamente il ciuffo di capelli lisci, le ciglia corte, il profilo del naso e quello delle labbra sottili rese lucide dalla saliva. Thad deglutì di fronte a quello spettacolo inusuale, ringraziando il blackout che mascherava le gote imporporate a causa dei pensieri poco casti che il suo cervello gli mandava ad intermittenza. Improvvisamente l’unica cosa che sembrava avere importanza era constatare che sapore avessero le labbra dell’altro a contatto con le sue.

Avrebbe potuto facilmente azzerare quella distanza minima, eppure si costrinse a restare immobile con la paura di poter rovinare ogni cosa. Le sue dita corsero a stropicciare il bordo del maglione bianco che indossava percorrendo quel tragitto per diversi secondi finché le mani di Sebastian non si sovrapposero alle sue bloccando quel movimento ripetuto all’infinito. Thad sussultò a quel contatto, voltando di scatto il capo verso destra, ma non riuscendo a scorgere l’espressione stampata sul viso dell’altro.

«Harwood», sussurrò con tono monocolore, «mi vuoi dire qual è il problema? Sembri teso come una corda di violino.» Aggiunse continuando a stringere la presa sulle mani di Thad ed iniziando a percorrerne il dorso con il pollice.

«Non c’è nessun problema, Sebastian.» Biascicò non potendo comunque impedire al timbro di voce di essere incerto e tremolante.

Lo sentì sbuffare di rimando, ben consapevole che quelle parole non lo avessero convinto affatto. Il calore del camino si stava affievolendo e Thad fu percorso da un tremito a causa degli spifferi provenienti dalla porta. Stava iniziando a chiedersi se fosse stata una buona idea quella di andare in vacanza in montagna, accettando la rara generosità di Sebastian che aveva messo a disposizione casa sua. Sarebbe stato tutto più facile se insieme a loro ci fossero stati anche gli altri; era sicuro che l’esuberanza di Jeff ed i siparietti comici di Nick e Trent lo avrebbero distratto impedendogli di concentrarsi eccessivamente sull’attrazione che sentiva nei confronti del castano.

«Stai tremando.» Constatò Sebastian tornando improvvisamente serio prima di stringerlo in un abbraccio; le mani vagavano sulla schiena di Thad cercando di riscaldarlo.

«Ho freddo.» Fu tutto quello che disse rispondendo all’abbraccio e nascondendo il volto nell’incavo tra il collo e la spalla del castano.

Sebastian si premurò di avvolgere entrambi all’interno di un plaid, ispirando l’odore dello shampoo muschiato di Thad e stirando leggermente le labbra in un sorriso. Stranamente non gli dispiaceva il contatto di quel corpo contro il suo, anzi ad essere sincero provava uno strano senso di beatitudine nel percepire la presenza di Thad accanto a sé e fra le sue braccia. Era come essere completi; sicuri che non ci fosse altro posto più giusto al mondo.

Un ronzio li colpì alle orecchie e qualche istante dopo la luce ritornò sorprendendoli nella stessa identica posizione. Thad strizzò gli occhi per evitare che l’illuminazione potesse ferirli e si sorprese di sentire le braccia di Sebastian stringerlo un po’ più forte, quasi avesse timore che con la luce si sarebbe potuto spezzare quel momento magico. Sorrise in automatico per quella piccola dimostrazione impercettibile e si accoccolò meglio sul divano ritirando le gambe sotto la coperta.

«Harwood, non inizierai a fare le fusa come un gatto spero.» Proruppe Sebastian con ironia beccandosi un pizzicotto su un fianco.

«Davvero spiritoso, Smythe. E ora chiudi quella boccaccia o te la chiudo io una volta per tutte.»

«Sarei proprio curioso di sapere come, ma un’idea ce l’avrei.» Gli bisbigliò nell’orecchio in modo volutamente sensuale prima di lasciargli un bacio sul collo.

Thad ridacchiò facendo scorrere la mano lungo quei capelli castani, mentre le loro labbra si sfioravano dapprima lentamente e poi con passione. Sebastian lo sospinse sul divano sovrastandolo con il proprio corpo e continuando a baciarlo. Le mani di Thad, invece, corsero sotto il bordo del maglione nero che l’altro indossava, percorrendo la linea della colonna vertebrale e strappandogli un gemito. All’ennesimo sfregarsi dei loro corpi, Smythe si alzò prendendolo per mano e trascinandolo al piano superiore. Sul volto di entrambi era ben visibile un sorrisetto compiaciuto mentre la porta della stanza di Sebastian si chiudeva con un tonfo.







I primi raggi del sole filtravano attraverso le tende tirate; nonostante il loro tiepido calore gran parte della neve si era sciolta creando qua e là una poltiglia informe mista al ghiaccio. Thad sbadigliò avvolto tra le coperte pesanti e con delicatezza posò un lieve bacio sulla guancia di Sebastian ancora profondamente addormentato al suo fianco. Si rivestì in fretta, nonostante fosse ancora mattino presto e la maggior parte del mondo stesse ancora poltrendo, e scese al piano di sotto con lo scopo di preparare una colazione con i fiocchi per entrambi.

Canticchiando prese il brik del latte e la confezione delle uova dal frigorifero, iniziando a mescolare il tutto in una ciotola bianca in modo da creare la pastella per le frittelle. La frusta completò alcuni giri nel contenitore e Thad con assoluta pazienza iniziò a versarne il contenuto in una padella antiaderente. Aveva preparato decisamente troppo cibo, ma la sera prima aveva consumato parecchie energie ed il suo stomaco stava praticamente brontolando dalla fame. Arrossì al pensiero di lui e Sebastian a letto insieme e ripose al proprio posto gli utensili lavati per scacciare dalla testa le immagini vietate ai minori della sera prima.

Un miagolio indistinto attirò però la sua attenzione e lui si guardò intorno non notando nessun gatto nei paraggi. Scrollando le spalle pensò di esserselo immaginato, ma il grattare sulla porta di servizio lo costrinse a tornare indietro. Ruotò la maniglia con cautela trovandosi davanti un piccolo gattino tigrato dagli enormi occhi verdi che tremava a causa del freddo e della neve rimasta impigliata nel pelo. Intenerito si chinò per prenderlo in braccio e richiuse la porta, spostandosi verso il centro della cucina.

«Hai fame, piccolo?» Chiese rivolgendosi all’animale e ricevendo un miagolio in tutta risposta. «Lo prendo come un si.»

Tenendo stretto il gatto tra le braccia per evitare che scappasse in giro per casa, Thad si premurò di versare un po’ di latte in un piatto per poi posarlo sul pavimento. L’animale iniziò a dimenarsi e fu costretto a lasciarlo libero mentre questi beveva con voracità. Si incantò ad osservarlo accorgendosi soltanto in quell’istante che quel gatto somigliasse incredibilmente a Sebastian. Era oggettivamente bellissimo eppure allo stesso tempo irrequieto e quasi impossibile da domare.

«Hey bel ragazzo, dov’eri finito?» Le braccia del castano gli si avvolsero attorno ai fianchi cogliendolo di sorpresa e facendolo sobbalzare. Non si era accorto di non essere più solo né aveva sentito i passi percorrere le scale.

«Buongiorno bell’addormentato. Ho preparato la colazione per tutti e due.» Rispose sporgendosi per ricevere il bacio che Sebastian gli stava donando.

«E lui da dove è saltato fuori?» Mormorò sorpreso il castano accorgendosi del gatto che giocava con il piatto ormai vuoto.

«L’ho trovato che graffiava dietro la porta e non me la sono sentito di lasciarlo a morire di freddo. Ci saranno come minimo 0° lì fuori.» Ammise prendendosi le labbra tra i denti e pregando che Sebastian non si arrabbiasse.

Il francese sembrò soppesare quella risposta assumendo un cipiglio severo ed inarcando un sopracciglio. Le iridi verdi si alternarono tra quella palla di pelo fin troppo vivace e Thad che ora lo osservava sfoggiando appositamente gli occhioni da cucciolo abbandonato. So già che me ne pentirò, pensò Sebastian prima di avvicinarsi al gatto per prenderlo in braccio. Questi sembrò studiarlo per alcuni secondi, indeciso se tirare fuori gli artigli, poi prese a fare le fusa strusciando il musetto sulla manica della maglietta che indossava. A quella vista Thad sorrise contento, del tutto certo che Sebastian avesse ceduto.

«D’accordo», concesse sospirando rumorosamente, «come lo chiamiamo?»

«Tigro», mormorò Thad in automatico.

Fecero colazione punzecchiandosi come sempre con Tigro acciambellato sulla poltrona preferita di Sebastian e coperto da un berretto di lana. Ogni tanto si scambiavano un bacio gustando le frittelle preparate da Thad che, puntualmente, arrossiva di fronte ai doppi sensi dell’altro. Le iridi del moro si posarono ancora una volta sul gatto ed un sorrisino gli increspò le labbra.

«Bas?» Disse all’improvviso.

«Dimmi, Harwood.»

«Quel gatto ti somiglia molto di più di quanto tu possa immaginare.» Concluse mentre si lasciava andare ad una risata e Sebastian metteva su un adorabile broncio.












A/N

La pazza è ufficialmente tornata con un’altra Os assolutamente nonsense che anche questa volta ha un suo perché ed una sua logica abilmente nascosta. Si lo so molto nascosta, ma c’è. Il colpevole di tutto questo è il Twitter del nostro amato Eddy Martin e la foto di un gatto con berretto ed occhiali da vista in cui ha taggato Grant dicendo che gli somigliava. Ora già la mia mente è malata di suo, se mi date questi spunti parte proprio per la tangente. Non aggiungo altro e come al solito se avete dubbi, domande, richieste, scleri apocalittici o semplicemente volete lasciarmi una minuscola recensioncina io sarò felicissima di rispondervi uno per uno. Grazie di cuore a tutti i lettori, a chi commenta, a chi inserisce la storia tra seguiti, preferiti o ricordati e a chi semplicemente si limita a seguirmi spiritualmente. Ed ovviamente un grazie particolare alla mia gemellina BrokenRoses .Vi lascio alla lettura!

P.s. Aggiungo il famoso tweet caricato in hosting e vi avverto che è a rischio infarto per la troppa dolcezza.
http://i57.tinypic.com/2zr13rl.jpg

xoxo

Sara
  
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