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Autore: NightWatcher96    05/08/2014    3 recensioni
Quasi due anni erano trascorsi dalla nascita delle gemelline Hamani e Reiki e le cose erano leggermente cambiate... in sentimenti.
Sì perché Donnie e Mikey avevano reso chiaramente pubblica la loro relazione, dimostrando quanto forte era il loro amore e ancora una volta il sensei non aveva trovato obiezioni. I suoi figli avevano del tutto campo libero e fiducia.
E adesso, nella tana, aria differente si inalava.
La gioia dei papà Leo e Raph saliva al culmine quando la mattina le loro piccole entravano nel letto matrimoniale per accoccolarsi nel caldo protettivo; oppure vedere quei piccoli piedini compiere grandi passi. La vita era rosa e fiori... ma il male sempre in agguato...
T-Cest LxR / DxM Mprgn
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Raphael Hamato/ Raffaello
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Mpreg
Capitoli:
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Starlee, Serling, le gemelline e i quattro cloni erano scesi nelle buie strade newyorkesi, infestate da blob che continuavano a sbucare dal cemento, creando enormi voragini e spaventando la gente non ancora barricata in casa.
“Beh, Sh’Okanabo si è dato parecchio da fare, eh?” schernì Dark!Mikey.
“Già e noi dobbiamo assolutamente fermarli” ringhiò Dark!Raph.
Dark!Don si voltò indietro e non poté che sorridere ampiamente oltre che oscuramente a un’idro-pompa che sorgeva tranquillamente accanto al marciapiede.
“D’accordo, mostri! Volete ballare? Allora balliamo!”.
Colpì l’idro-pompa con un calcio ben assestato e immediatamente un forte getto di acqua fredda e spumosa schizzò verso il cielo. Dark!Don saltò proprio sul getto, pronto per indirizzare quel cannone acquoso verso i nemici, orientando lo spruzzo con un gioco di piedi.
“Ehi! Forte!” sghignazzò Dark!Mikey, saltellando prima su un piede e poi su un altro.
Otto blob schifosi furono immediatamente tramutati in pietra e ci pensò Dark!Raph a ridurli in frammenti di polvere grigia!
“Coraggio, ragazzi! Possiamo farcela!” incitò Starlee, anche lei a schizzare i nemici.
Le rosse sirene dei vigili del fuoco si udivano in una lontananza sempre più ridotta e il rumore dei motori rombanti sempre più vicini. Un aiuto extra?
La dolce signorina Hambra si voltò all’istante e sorrise ampiamente a un gruppo di vigili mulatti, in tuta rossa con strisce catarifrangenti.
“Possiamo aiutarvi?”.
“Certo!”
Il capo dei vigili schioccò semplicemente le dita e i suoi subalterni afferrarono una pompa bianca, avvitandola sotto il manicotto collegato a un motore che messo in funzione, riservò un trattamento poco gradito ai Kanabo che gridando, il loro viola divenne grigio!
“Sì! Meraviglioso!” esultò Dark!Raph, pompando i pugni in aria.
“Sì!” gridarono anche le gemelline, sedute ancora sulle spalle dei loro dark!papà.
Dark!Leonardo voltò lo sguardo al cielo, scrutando attentamente il congegno XRL di Sh’Okanabo. Brillava ancora in solitaria, schermando l’alba che non sarebbe mai arrivata.
L’aria era diventata ancora più gelida, ormai e tra non molto qualsiasi forma vegetale avrebbe iniziato ad appassire e a morire. Tutto era in pericolo!
E poi come avrebbero fatto a raggiungere una distanza talmente alta che nemmeno Serling avrebbe potuto arrivarci?
Nello sconforto più totale, un soffio d’aria catturò l’attenzione del clone azzurro e di quello rosso.
Un essere con enormi ali spiegate era a braccia conserte dinanzi a loro.
“Un grande uccello!” esultò Hanami, tutta contenta.
Starlee ebbe un tuffo al cuore: tanti ricordi le erano tornati in mente così facilmente che lei stessa faticava a credere di ritrovarsi dinanzi i quattro Inuwashi Gungin!
“Non ci posso credere…” mormorò sottovoce.
“Vogliamo aiutarvi” pronunciò il leader dei Gungin.
“Perché?” chiese atono Dark!Leo.
“La Terra è stata il nostro pianeta natale e dalla Luna abbiamo visto la cappa oscura che l’ha avvolta. Abbiamo giurato di proteggerla sempre e con essa tutta la sua gente. Non abbiamo intenzione di ripetere l’errore che ha spazzato via il fiero popolo dei Gungin!”.
“Non dovete chiederci il permesso” ghignò Dark!Raph.
Il Gungin corpulento guardò il bersaglio alto nel cielo e prese il volo, librandosi a gran velocità, seguito dagli altri due fratelli e il loro leader, che ringraziò i Dark!Clones con un cenno del capo.
Ognuno aveva il naso puntato all’insù, anche se continuava a distruggere i terribili geni di Sh’Okanabo. Tutto dipendeva dai Gungin…
 
….
 
Donatello guardava fuori dalla finestra dell’ospedale, nel corridoio che congiungeva alla sala operatoria. Era da po’ di tempo che aveva notato una luminescenza flebile al centro del cielo, molto, molto in alto e si stava chiedendo come mai il sole tardava a stendere la sua luce chiara sull’ammasso corvino che regnava da oltre un’ora.
Guardava più e più volte l’orologio sul T-Phone. Le sei, le sette.. le sette e trentacinque.
Sebbene si fosse preparato un temporale, anche uno spiraglio chiaro avrebbe dovuto bucare la notte, no?
-Forse è un’eclissi- pensò, appoggiando il viso nel palmo della mano. -O forse no-.
Uno scatto. Rumori gommati di pantofole ospedaliere. Un sospiro.
Girò il capo verso le bianche porte della sala, spalancando gli occhi a un dottore in camice azzurro che era appena uscito e che si stava avvicinandosi.
Il cuore di Donnie batteva ferocemente nel petto, come se fosse stato pronto a sfondare la gabbia toracica da un momento all’altro. Il terrore gli aveva formato un nodo alla gola e il picco troppo alto di adrenalina cominciava a mostrargli macchie corvine alla vista.
Era sbiancato e sudava freddo.
Un principio di svenimento?
Donatello inspirò un profondo respiro calmante e si mostrò forte quanto determinato ad affrontare la situazione.
“Signor Hamato” iniziò, togliendosi la mascherina dalla bocca.
Donnie si fece attento.
“Il taglio cesareo è avvenuto con successo e miracolosamente il bambino non ha subito danni dal precedente arresto respiratorio. E’ sanissimo ma è tenuto sotto osservazione”.
Il genio aprì e chiuse la bocca per un paio di volte, incapace di dire qualcosa.
Calde lacrime erano già cadute lungo le sue guance, bagnando le mani strette fra loro, all’altezza del ventre. Il suo bambino era nato largamente in anticipo. Era padre, ora.
“Riguardo Michelangelo. Ci sono alcune state alcune complicazioni. Sfortunatamente il suo cuore ha mostrato circa quattro piccole cicatrici che dovranno essere curate con molto riposo e alcuna forma di stress forte. Potrebbe avere un altro attacco”.
“M… ma…” balbettò il genio.
Il medico gli poggiò la mano sulla spalla, per confortarlo. “Mi ascolti. Nonostante questo, tutto andrà bene. Ora entrambi riposano. Ma voglio metterla al corrente di una cosa”.
“Mi dica…”.
“Michelangelo non potrà più avere altre gravidanze. Se accadrà, potrebbe anche non farcela a causa del suo cuore danneggiato”.
Donnie barcollò indietro come fosse stato colpito in pieno. Non altre gravidanze… Michelangelo aveva perso la possibilità di accarezzarsi un pancione crescente di mese in mese. Uno dei suoi desideri.
Però il bambino era sano… e voleva vederlo.
“Mi segua”.
Medico e tartaruga si avviarono nella sala operatoria, soffermandosi, però, davanti a una vetrata ampia che affacciava sul reparto maternità. Dieci culle di plexiglass ospitavano minuscoli neonati dormienti, mentre in fondo alla camera, protetti da una porta scorrevole di vetro, vi erano incubatrici con tre neonati.
“Suo figlio è alla culla uno” continuò il medico, permettendogli l’accesso.
Donatello guardava quei piccoli visini alieni e umani con una dolcezza mai provata prima. Piccoli batuffolini più o meno paffuti che desideravano solo essere cresciuti e amati.
Bambini che avrebbero segnato la generazione futura.
Donatello voleva semplicemente piangere ma aveva contegno. Passare in mezzo a quelle culle gli spremeva dolorosamente il cuore, considerando quanto fosse stata difficile la breve gravidanza di Michelangelo. E l’ultima, poi.
Adesso era arrabbiato. Il suo compagno avrebbe sofferto così tanto una volta scoperto che il bimbo sarebbe stato fuori di lui. Ma, evidentemente, così doveva andare…
“Eccolo qui” sorrise il medico. “Il suo bambino”.
“E’… è un maschietto?” biascicò il genio.
“Sì. Un forte tartarughino”.
Il genio guardò il piccolo batuffolino verde di 495 grammi con un cappellino azzurro sulla testolina e una copertina bianca addosso. Aveva un guscio minuscolo verde salvia, la pelle di un verde giada, con alcune striature sbiadite sulla testolina e sulle guance, che lo facevano assomigliare a un leoncino. Aveva la coda lunga cinque centimetri, tre dita per mano e due per piede. I suoi quattro piccolissimi pettorali erano di un giallo spento, quasi tendente a un arancione scuro.
Donnie non riusciva quasi a respirare: il bambino si era mosso in un piccolo fremito, aprendo i suoi occhi cristallo chiaro per poi richiuderli nuovamente.
“I… il mio bambino…” gemette, con una lacrima di gioia sulla guancia.
“Sì, signor Hamato. Vuole vedere Michelangelo?”.
Donnie annuì, anche se la sua attenzione era ancora rivolta al suo bimbo dolce.
Uscirono insieme dal reparto maternità, dirigendosi verso la fine del corridoio per entrare in una stanza buia, dove la luminescenza magenta del congegno XRL splendeva nel cielo, molto più intensamente di prima.
“Vi lascio, adesso” sussurrò il dottore.
Donnie ringraziò con un cenno e si avvicinò lentamente a Mikey, che riposava nel lettino molto tranquillamente. Si sedette su uno sgabellino nero che affiancava il lettino e sospirò frustrato. Del gonfiore della pancia non c’era più traccia e al suo posto bianche bende ne ricoprivano la cicatrice.
Il genio deglutiva, strofinandosi le lacrime con il dorso della mano. Accarezzava la pelle rilassata del compagno, diteggiando il cotone intrecciato delle bende bianche e pulite.
“Ciao, amore mio…” mormorò con un sorriso triste. “Devo dirti una cosa… è importante. E’ triste ma potrà farti piacere… o forse non del tutto…”.
Com’era difficile parlare in senso unilaterale. Anche se Mikey lo stava probabilmente ascoltando, Donatello non riusciva a trovare le parole giuste perché ogni volta che sentiva di poter costruire una frase coerente, più lacrime fluivano inesorabilmente, rendendogli la voce soffocata o tremante.
“Il bambino è nato. Ei di 495 grammi ed è un maschietto. E’ bellissimo, Mikey… non ti dico…”.
Sorrise un po’ e si leccò le labbra, baciandogli dolcemente la guancia.
“Ma… la cattiva notizia è che non potremo avere altri bambini… il tuo cuore ne ha risentito di quell’attacco e lo sforzo della gravidanza ha inciso. Ti amo, Mikey. Grazie per avermi dato un tesoro così”.
Donatello appoggiò la testa sul bordo del letto e rimase a singhiozzare in silenzio ancora per un po’ di tempo…
 
….
 
Gli Inuwashi Gungin attorniavano l’XRL e lo contemplavano in silenzio, lasciandosi accarezzare dal vento più forte di quel punto. Sfumature magenta rivestivano le loro armature di metallo lucente, facendoli brillare molto più intensamente ma le loro espressioni torve erano riverse sul liquido che spumeggiava nella capsula protettiva romboide.
“Come lo fermiamo?” chiese quello più corpulento.
Il leader lo degnò di un’occhiata e si avvicinò al rombo, intenzionato a prenderlo con la mano. Peccato si rivelò una pessima idea. Un’intensa scarica brillante avvolse a spirale il braccio proteso e si dileguò per tutto il corpo, con un grande urlo del poveretto.
“Fratello!” esclamarono gli altri tre, attoniti.
“Non si può prendere…” ansimò, sorretto dai suoi fratelli. “E’ protetto da un campo di forza…”.
Mentre i tre fratelli si scambiavano un’occhiata preoccupata, una voce che li chiamava catturò la loro attenzione. Guardarono verso il basso, osservando qualcuno che stava avvicinandosi.
“Chi è quel ragazzo?”.
Il leader si spostò in avanti e le sue ali ebbero un fremito. Sapeva chi era la testa rossa protetto dentro un’armatura grigia di un robot!
“Sono Cody Jones e il robot Serling”…
 
Cody camminava avanti e indietro nel corridoio, attenendo che Donatello si decidesse a uscire da quella sala operatoria, dopo che aveva visto il macello in polvere di Sh’Okanabo.
-Il congegno deve essere disattivato…- pensava più e più volte.
Si stava anche massaggiando le tempie da un po’, sperando di farsi venire una buona idea… ma l’unica che continuava a ronzargli in testa era solo quella di chiamare il fedele Serling e cercare di arrivare il più in alto possibile per studiare velocemente il congegno pericoloso.
“Sì. Non vedo altre soluzioni” mormorò, richiamando il robot grazie al braccialetto da polso che sempre indossava.
“Cody, dove stai andando?” chiese una voce calma alle sue spalle.
Il ragazzo dovette fermare la sua breve corsetta per voltarsi e sorridere tristemente al maestro Splinter.
“Devo andare, sensei”.
Il topo annuì e gli si avvicinò, prendendogli la mano per stringergliela fortemente.
“Sei un bravo ragazzo, figliolo. Ma ti chiedo di essere prudente più che mai. Vinceremo anche questa battaglia”.
“Grazie, maestro Splinter”.
“Dirò io ai ragazzi, tranquillo, Cody”.
Cody si inchinò profondamente e corse via, lasciando da solo il maestro Splinter ad assistere i suoi figli.
-Sii prudente, figliolo…-.
 
Serling aveva dovuto lasciare Starlee senza dirle nulla, richiamato dal segnale del suo padroncino.
Volando il più velocemente possibile, era già atterrato senza problemi sul tetto dell’ospedale, identificando Cody che agitava le braccia per farsi vedere.
“Mi ha chiamato, padroncino Cody?” chiese.
“Sì. Tarta-X attivata! Password: Goongala!”.
Serling cominciò a trasformarsi, portando la testa all’indietro per lasciar entrare in gioco una raffigurazione fedele della maschera di hockey di Casey e una protezione a cupola come chiusura.
Cody balzò all’interno e prese i comandi.
“So che non possiamo arrivare fino all’esatta posizione dell’XRL ma dobbiamo cercare di capire come disintegrarlo”.
“Certo, padroncino Cody”…
 
“Cody? Cosa ci fai qui?” chiese il leader dei Gungin, visibilmente sorpreso.
“Volevo trovare un modo per fermare o distruggere quel congegno. Ma potrei farvi la stessa domanda”.
“Stessa risposta, allora”.
Cody sorrise e zoommò la registrazione che Serling aveva già avviato sull’XRL e si fece già una panoramica.
“Il nucleo è costituito da fotoni altamente instabili che, se entrati con le molecole dell’ossigeno, rischiano di distruggere più di un terzo del pianeta” spiegò il ragazzo.
“Ed è protetto da un capo energetico” aggiunse un Gungin molto magro.
“Sì. E forzando il campo energetico potremmo arrivare al nucleo… ma rischieremmo ugualmente di compromettere la terra. C’è un solo metodo per distruggere l’XRL… ma non mi piace per niente” aggiunse Cody, sbiancando.
“Cioè?”.
“Il DNA mutante dei cloni e delle tartarughe sono uguali e diversi. Sui loro corpi giacciono una grande quantità di micro-particelle mutanti che potrebbero far collare l’XRL”.
“Ma dov’è il problema?” chiese il leader.
Cody inspirò profondamente e rispose. “Che in questo modo ci sarebbe i ragazzi potrebbero… non sopravvivere. I loro corpi potrebbero disintegrarsi a causa dell’enorme energia di natura elastica che verrebbe a crearsi”.
Gli Inuwashi chinarono il capo e guardarono il congegno maledetto. Non c’era altra soluzione, allora.
“E di che lamenti, scusa? I ninja sono sempre pronti a sacrificarsi!”.
Cody e i quattro Gungin guardarono più in basso, dove sette figure erano appena giunte con tanto di tuta spaziale per respirare meglio e un jetbag sulle spalle.
“RAGAZZI!” esclamò Cody, felice.
Dark!Leo, Dark!Raph! Dark!Don e Dark!Mikey. Poi c’erano anche Don e Leo.
“Raph?” chiese la testa rossa.
“E’ rimasto con il sensei. Anche se non ha preso bene di restarsene in disparte” spiegò Leonardo…
 
“Novità?” chiese Splinter, avvicinandosi ai figli.
“No. Ancora no” rispose Leo, seduto accanto a Raph.
“Neanche per me. Sono ancora cieco!”.
“Sensei, dov’è Cody?” chiese ancora Leonardo, stringendo la mano del focoso.
Il topo raccontò brevemente della decisione presa da Cody e Leonardo scattò in piedi, proprio in contemporanea all’uscita di Donatello dalla sala operatoria, con un viso scuro e rigato di lacrime rapprese.
“Ho sentito l’ultima parte” mormorò deciso. “Andiamo, Leo. Penso di sapere dove trovare delle tute e jetback per raggiungere l’XRL”.
L’azzurro guardò Raphael e sospirò pesantemente, poggiando la fronte contro l’altra; gli accarezzò amorevolmente una guancia e la baciò affettuosamente.
“Vai, Leo. Io penserò a far compagnia al sensei e Mikey”.
“Grazie…”…
 
Scendevano rapide scale, barcollando nel buio rischiarato da una semplice torcia in possesso di Donatello che filava come un razzo verso la parte più bassa dell’ospedale, ossia il magazzino.
Leonardo non osava quasi fiatare, schiacciato dalla potente aura di risentimento che avvolgeva il genio molto più avanti.
“Siamo arrivati” mormorò, aprendo la porta con un potente calcio ben assestato.
Donnie squadrò intorno e i suoi occhi ristretti dalla collera adocchiarono vari scatoloni.
Trovare tute nere, con strie rosse che si adattavano facilmente al corpo, con cinturoni, stivali fin sotto al polpaccio e guanti sotto al gomito e dei jetbag era stato molto semplice alla fine, no?
Raccolto il necessario, i due ninja si diressero nelle buie strade della città, guardando quasi con stupore i mucchi di strane statue frantumate e non del tutto sopra a un lago d’acqua fredda.
“Che cosa sarà successo, qui?” chiese Leonardo, attonito.
“Perché non lo chiediamo a loro?” ironizzò Donnie, puntando a un gruppetto di persone che rivelò essere Starlee, i Dark!Clones e le bambine!
“Dove andate?” chiese Dark!Don.
“Ad sconfiggere quella maledetta cosa nel cielo!” rispose il genio, davvero non in vena di parlare.
“Papi!” esclamarono Hanami e Reiki, felicissime.
“Piccole mie!” rispose Leonardo, sorridente. “Ma cosa ci fanno qui?”.
“Problemi a casa” rispose semplicemente Starlee. “Ma stiamo vincendo”.
Dark!Leo e Dark!Raph misero le bimbe con i piedini in terra e le guardarono con affetto.
“Restate a combattere, piccole. Noi salviamo il mondo, intanto” disse l’azzurro clone.
“Lotta!” gridarono le bricconcelle, saltellando.
Il rosso e l’azzurro risero e insieme agli altri due cloni si avvicinarono alle due tartarughe che porsero loro tute e jetbag.
“Andiamo!” fece Donnie…
 
....
 
Raphael si era seduto con l’aiuto del maestro Splinter sullo sgabellino che affiancava il letto del dormiente Michelangelo.
“Torno subito, figlio mio” mormorò piano il topo, uscendo dalla camera.
Il focoso annuì e toccò gentilmente la spalla di Michelangelo, giusto per percepire almeno la sua consistenza.
“Ehi, Mikey… congratulazioni” disse con un debole sorriso. “Sei papà…”.
Non aveva avuto ancora modo di vedere il suo nipotino e Raph davvero fremeva!
“Mi dispiace per ciò che accaduto. Avrei voluto vederti felice fino alla fine…” continuò.
Strinse i pugni, respirando a fatica. Perché tutto questo proprio a un dolce ninja come Michelangelo? Perché? Tante difficoltà, sofferenze e…
“A… ahhh…” gemette il rosso, sottovoce.
Un dolore acuto era appena esploso nella mente del rosso. Era come un fuoco bianco che bruciava alle tempie e alla fronte. Raphael si piegò sullo sgabellino, respirando affannosamente, prima di cadere riverso su un fianco, incapace di riacquistare il sangue freddo.
“C… che di… diavolo…?” articolò faticosamente.
Calciò sbadatamente lo sgabellino, scagliandolo rumorosamente in terra, mentre si arricciò a pallina, stringendosi la testa. Spalancò gli occhi, mentre lacrime calde rotolavano giù per le sue guance fiammeggianti.
Cacciò un mezzo grido, incapace di non farlo.
“Aiuto…!” pronunciò debolmente.
Voleva strofinarsi gli occhi brucianti e prudenti ma non lo fece, invece. Non era sicuro di avere le mani pulite e grattarsi avrebbe semplicemente irritato ancora di più.
“I miei occhi…!”.
Un movimento del letto. Il flebile rumore della stoffa schiacciata in un movimento della testa.
Sfere azzurre opache e lucide.
Michelangelo si era svegliato e confusamente cercava di ripristinare gli ultimi frammenti della sua mente, mentre si aggrappava ai lamenti soffocati che partivano dal lato destro del letto, dal pavimento, però.
-Dove sono?- pensò. -Perché è tutto buio?-.
“Aiuto!” gridò il rosso, con più voce.
Mikey spalancò gli occhi e balzò seduto, stringendosi la pancia piccola. Il suo cuore sobbalzò all’istante: notò bende sul ventre e del gonfiore da quarto mese non c’era più traccia.
“N… no…” ansimò, con una mano sul petto.
Punture di dolore sotto la sua pelle… doveva calmarsi!
“AIUTO!” urlò disperato il focoso.
“Raphie!” esclamò Mikey, sporgendosi dal letto. “Raphie, che succede?”.
Il rosso smise per un attimo di frignare e sollevò la testa, vedendo semplicemente il buio pesto. Protese la mano tremante, ancora con il terrore per cosa gli stesse accadendo.
“M… Mikey…” piagnucolò.
“Raphie, fratello” replicò prontamente l’arancione, stringendogli la mano. “Raphie… la mia pancia… è sgonfia…”.
“Fratello, sei stato sottoposto a un taglio cesareo. Tu e il bambino eravate in pericolo” raccontò debolmente il rosso, cercando di mettersi seduto sulle fredde piastrelle del pavimento. “Don ha visto il piccolo. Però non ci ha potuto spiegare nulla perché è andato con Leo a combattere il congegno di Sh’Okanabo che è morto, poi”.
“C… cesareo…?”.
Raphie annuì, puntando il capo verso la direzione della voce. Michelangelo era visibilmente sconvolto, tanto da cadere a peso morto sul letto, ancora stringendo la mano del fratello, per trarre un po’ di conforto.
“C… che altro?”.
“Non so, mi spiace”.
Michelangelo annuì e spinse via le coperte, gemendo ai punti freschi nella sua carne. Si alzò, tirando Raphael sul letto, facendolo sedere accanto a lui e lo abbracciò.
“Mi dispiace, piccolo” sussurrò il focoso. “Mettila così. Almeno il bimbo è vivo”.
Il minore tirò su con il naso e annuì nella spalla, sorridendo debolmente.
Un lampo violaceo brillò nel cielo, illuminando qualsiasi cosa e le due tartarughe in un brevissimo lasso di tempo.
Il focoso voltò subito la testa verso la finestra, fissando il punto in questione con shock.
“Raph, che c’è?”.
Il rosso guardò Michelangelo e di nuovo la finestra. E ancora. L’alternanza che stava rendendo pieno di dubbi il giovane Hamato!
“M… Mikey, i… io…” balbettò, tremando.
Si nascose il viso nella mano, emettendo uno sbuffo di risata e abbracciò nuovamente Mikey che non capiva affatto. Raphael gli baciò la fronte e si alzò in piedi, massaggiandosi il divario tra gli occhi; poi, osservò la mano aprirsi e chiudere e si mise con le mani sui fianchi.
“Mikey, ero diventato cieco… ma adesso… vedo di nuovo!”.
L’arancione era rimasto scioccato a tal punto di rimanere con la schiena ben dritta, bocca e occhi spalancati e l’espressione più sconcertata che avesse mai visto in vita sua. Era la notizia migliore che potesse avere in quell’oceano di disgrazie futuristiche.
Saltò in piedi, aggrappandoglisi al collo con una tale forza che il focoso per poco non barcollò indietro, ridacchiando. Lo abbracciò dolcemente, inspirando tranquillamente.
“Raggiungiamo gli altri. Dobbiamo salvare il mondo. Ancora una volta”.
“Sono pronto”…
 
….
 
“No, fermati! L’XRL è protetto da un campo di forza!” urlò il leader dei Gungin.
Donnie non lo ascoltò e protese la mano… ricevendo una scarica elettrica così forte che il suo corpo brillò di un magenta intenso a tal punto di creare un anello luminose che si disperse su tutta New York, brillando per pochi secondi.
“Te lo avevo detto”…
 
“E’ assurdo! Quest’affare non si riesce nemmeno a toccare” sbuffò Donnie, pensando.
“In realtà, qualcosa si potrebbe fare” replicò Dark!Don, guardando Dark!Raph che annuì con aria complice.
Alzò il braccio dove aveva il mega artiglio e si avvicinò al campo energetico che si era manifestato sotto forma di globo rosato dove scariche elettriche si muovevano a righe orizzontali.
“State indietro” ordinò.
Inspirò profondamente e ficcò con tutta la forza possibile l’artiglio d’osso all’interno del globo, spingendo con tutte le sue forze e urlando per la scarica elettrica di rimando che attraversava tutto il suo corpo dolorosamente.
“RAPH!” gridarono i cloni, più che Leo che non aveva potuto fare a meno di frenarsi.
Il clone schiuse un occhio e premette ancora più forte, ignorando il corpo bruciante e dolente. Riuscì nel suo intento: l’artiglio si frantumò in mille pezzi ma il globo si disattivò, proprio perché la controforza protettiva del congegno di sicurezza dell’XRL si era surriscaldato e bruciato.
“Bel colpo, fratello” esultò Dark!Don, avvolgendogli le braccia intorno al corpo per non lasciarlo cadere in basso.
“A questo punto arriva il punto di non ritorno, ragazzi” mormorò Cody, afflitto. “Dovrete avvicinarvi abbastanza da lasciare che i vostri fotoni abbiano la meglio su quelli del nucleo… anche se…”.
“Un ninja è sempre pronto a sacrificarsi per il mondo, piccolo ninja. Ricordatelo sempre” sorrise Don, con lo sguardo puntato sul bersaglio.
“Più d’accordo di così non potevamo essere”.
Ognuno si voltò verso il basso, spalancando bocca e occhi alla vista di due ultime figure armate di jetbag e tute spaziali nere e rosse.
“RAPHIE!” gridò Leonardo, notando un luccichio brillante in quelle sfere d’oro, sotto al casco. “Raphie… vedi di nuovo, allora?!”.
“Non posso negarlo come il fatto che mi sia mancata la tua faccia da baci. Leo, poi ti racconterò”.
“MIKEY!” imitò Donnie, incredulo. “Che cosa ci fai qui?! Hai subito un taglio cesareo e…”.
L’arancione roteò gli occhi e lo zittì con una pacchetta non troppo gentile sul culo. Il genio si irrigidì e chiuse la bocca, vedendo il sorriso malizioso che il compagno aveva sulle labbra!
“Diamoci da fare, ragazzi” disse.
I cloni si guardarono e si strinsero a cerchio intorno al globo, prendendosi per mano. Deglutirono e si concentrarono, mentre si stringevano sempre più intorno a quella luminescenza calda.
La quantità di calore che irradiava, infatti, stava lentamente aumentando intorno alle otto tartarughe che si guardavano in silenzio, contemplando la difficile situazione in cui erano.
Dark!Leo fissava con grande concentrazione il nucleo in ebollizione dell’XRL, spostando più volte l’occhio libero dalla lente a infrarossi sul cielo oscuro.
“Fa caldo qui, eh?” schernì Dark!Mikey.
“Già” rispose il suo omonimo, distogliendo lo sguardo da Dark!Don.
“Mi dispiace per ciò che ho causato” rivelò quest’ultimo. “Mi ero innamorato di te… e mi piacevi perché eri molto paffuto… non avevo idea che fossi in stato di gravidanza… e vederti così addolorato… mi fa sentire un verme…”.
“Perché lo sei!” urlò Donnie, rabbioso. “Hai quasi ucciso il mio compagno e il mio bambino… ma, nonostante tutto… devo ringraziarti per aver portato subito all’ospedale il mio Mikey al momento nero”.
“Bambino?” espirò Mikey. “Allora… è un maschietto?”.
“Sì, tesoro… è un bellissimo maschietto di 495 grammi…. Crescerà, vedrai e sarà nella norma” sorrise il genio.
“Wow! Congratulazioni!” applaudirono Leo e Raph, eccitati.
“Non vorrei fare il guastafeste, ma… credo che il nucleo si stia incrinando” avvertì Dark!Raph.
Le tartarughe si strinsero ancora fino a quando l’XRL non fu ben stretto fra i loro corpi… e proprio ora accadde ciò che Cody avrebbe voluto evitare.
Scariche elettriche bombardavano il cielo, adesso. Forti o deboli. Lontane o vicine.
Le otto tartarughe deglutirono e non batterono ciglio né urlarono quando un forte boato le colpì in pieno.
“NO!” urlò Cody, premendo vicino al vetro della Tarta-X. “RAGAZZI!”.
Le scariche le avevano avvolte, serpeggiando intorno ai loro corpi, in un chiarore candido e viola tenue, mentre piccole e incredibili particelle cremisi iniziavano a staccarsi dai corpi dei mutanti, ammassandosi sull’XRL fino a ricoprirlo.
“Non molliamo!” gemette Leonardo, tremando.
Più i fotoni comparivano, più i corpi delle povere tartarughe cominciavano a spaccarsi, come se tutta la forza vitale venisse risucchiata, lasciando posto a corpi destinati alla conversione in pietra.
“Serling, dobbiamo aiutarli!” implorò Cody.
La testa ologrammata del robot comparve su un sensore posto nella console dell’armatura. Serling negò a malincuore perché mai avrebbe permesso al suo intrepido padroncino di rimetterci la pelle.
“E’ la loro missione, padroncino Cody”.
“Ma… non è giusto che finisca così! Se continuando in questo modo, anche le molecole di ossigeno cominceranno ad ammassarsi ai fotoni e le tartarughe potrebbero morire!”.
Un allarme cominciò a suonare a intermittenza, allarmando il ragazzo.
“Che succede?” si chiese, iniziando a digitare sulla console.
“Sembra che ci sia uno storpiamento spazio-tempo pronto a comparire”.
“Problemi, ragazzo?” chiese il leader dei Gungin.
“Sì. Secondo il mio sonar, dovrebbe accadere qualcosa proprio in questo momento”.
E accadde, secondo le aspettative di Cody.
Sulla testa delle otto tartarughe, le nuvole iniziavano proprio a vorticare lentamente, ammassandosi in un centro fantasma dove da un luccichio, ecco che si aprì un enorme buco nero, quasi uguale a quello che aveva inghiottito la Finestra del Tempo di Sh’Okanabo.
“Attenzione!” esclamò Dark!Leo.
“No! Se gettiamo questo affare nel portale, ce ne libereremo per sempre!” esclamò, invece, Donnie. “Ma dovremo essere rapidi!”.
“Dallo a noi. Possiamo resistere al nucleo” si offrì il leader degli Inuwashi.
“Ma…” replicò Leo.
“Fai come ti dice” intervenne Dark!Raph, ringhiando un po’.
Donnie afferrò l’aggeggio, cercando di scagliarlo pesantemente verso il Gungin, combattendo anche contro la forza di aspirazione che il buco nero stava manifestando alla grande, sfortunatamente.
“Ragazzi, portateli lontano” ordinò il Gungin dorato.
Gli altri tre si divisero due tartarughe a testa e le rimanenti si aggrapparono a Cody che volò via, anche se si voltò per guardare il Gungin solitario che contemplava la magnificenza oscura del portale.
“Cody, andiamo” istruì Leonardo, aggrappato a un braccio della Tarta-X con Mikey. “E’ un eroe”.
Il Gungin urlò per combattere il terrore nel suo stomaco e scaraventò il congegno nel buco, eseguendo un volo nello stesso senso dell’aspiratore, anche se con tutte le sue forze sembrò non farcela.
Michelangelo brandì la kusarigama dal fodero della cintura e rilasciò la lunga catena verso il Gungin che l’afferrò per non lasciarsi inghiottire dal buco.
“ANDIAMO!” gridò l’arancione, mentre Serling volò il più lontanamente possibile.
Il buco nero si restrinse, mentre il suo nero profondo si sfumava velocemente in un viola scuro, poi in un rosso, in un dorato ed esplose, rilasciando energia libera di miliardi di particelle fotoniche, avvolgendo tutto il pianeta.
“Guardate!” indicò Cody con un sorriso.
All’orizzonte uno spiraglio di luce dorata stava timidamente bucando il nero terrificante, lasciandolo diradare finalmente per lasciar spazio a un’alba luminosa di vittoria.
“Ce l’abbiamo fatta” esclamò Donnie, mentre la sua vista si sfocava.
“Abb… abbiamo vin… to…” sorrise anche Raph, chiudendo gli occhi.
Mikey e Leo fecero lo stesso.
“OH, NO!” gridò Cody.
“Tranquilli” appianò il Gungin dorato. “Hanno lottato bene”.
“E anche se mi dispiace dirlo, mi dispiace tanto che debbano tornare a casa…” sussurrò Cody, malinconicamente.
“E’ così che deve andare” mormorò Dark!Leo, tossendo e gemendo alle macchie violacee che stavano stonando non solo la sua pelle ma anche quella degli altri.
“Alla O’Neil Tech vi curerà Starlee, non preoccupatevi” sorrise Cody, mentre guardava le strade ormai luminose del mattino soleggiate… individuando Starlee.
“Piccola deviazione, padroncino?” chiese Serling.
Cody annuì e lasciò che il robot atterrasse in strada per raccogliere Starlee e le gemelline felicissime, per raggiungere la O’Neil Tech…


Angolo dell'Autrice

Ehilà, ragazzi! Finalmente la storia è quasi conclusasi, ma manca un prologo succulento. Vorrei ringraziare tutti quelli che mi hanno seguito. Siete stati un pubblico molto speciale e affezionato, quindi non mi resta che abbracciarvi fortemente! :)
  
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