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Autore: Felicity Weedon    05/08/2014    3 recensioni
Nessuno. Era sola.
Il mondo che lei conosceva era quello che che stava osservando, macerie, vetri rotti, pali caduti, il caos, ma soprattutto nessuna presenza di vita se non quella animale. Nessuno con cui condividere le sue emozioni, i pensieri. Solo lei...
Genere: Avventura, Generale, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Jen


Erano giorni che non mangiava, Jen sedeva sul bordo della vecchia muraglia, che una volta divideva la città dai campi al di fuori.Erano giorni che non mangiava: Jen sedeva sul bordo della vecchia muraglia, che una volta divideva la città dai campi al di fuori.
Tutto ciò che la circondava erano solo macerie di vecchi palazzi che lei nemmeno aveva visto.
Pensava.
Aveva fame, ma non era ancora ora per andare a cercare del cibo. Bisognava attendere il calar della sera.
Nessuno. Era sola.
Il mondo che lei conosceva era quello che stava osservando: macerie, vetri rotti, pali caduti, il caos, ma soprattutto nessuna presenza di vita se non quella animale. Nessuno con cui condividere le sue emozioni, i pensieri. Solo lei.
Era ora. Prese tra le mani il fucile, che aveva appoggiato accanto a se, lo impugnò con mano esperta.
Silenzio. Si muoveva lentamente, facendo attenzione a non far rumore, metteva i piedi uno davanti all'altro in modo automatico: conoscevano già il percorso.
Lo vide, in lontananza: un cervo. Lui non l'aveva ancora notata, poteva fiutarla, prese dalla tasca una boccetta e la spruzzò: era profumo, confondeva il suo odore. Era a 10 m di distanza dalla preda, posizionò il fucile, il mirino ora incorniciava il suo occhio destro; dolcemente mise l'indice sul grilletto, prese la mira, un solo colpo partì dalla canna nera del fucile.L'animale giaceva a terra immobile. Abbassò l'arma e se la mise in sballa grazie alla tracolla.
Il sole era quasi sparito dietro l'orizzonte, Jen era ancora intenta a scuoiare l'animale, quando nel silenzio udì dei passi, una voce.
- Hai una bella mira ragazza - Jen pensò di essersela immaginata, ma quando si voltò la figura di un ragazzo alto sovrastava la sua accovacciata ancora sulla bestia.
- Questione di pratica...ragazzo - gli fece eco lei.
Lui sogghigno – Piacere, Andrew- disse.
- Jen - rispose fredda lei, diffidente. Si alzò in piedi: era alta quanto il ragazzo.
- In questa città ce qualcun'altro oltre a te? - chiese serio.
- No. Solo io. - Jen era tesa come una corda di violino, parlava solo con gli animali che uccideva da anni ora mai e ora, invece si ritrovava davanti un uomo vero e proprio ed era abbastanza scombussolata , ma non lo dava a vedere.
- Deduco – disse lui. - che hai avuto modo e tempo per esplorarla tutta...-
- Si, esatto - rispose Jen.
Il ragazzo gli tese la mano destra, ma lei non capiva cosa volesse dire quel gesto. Lui rise.
Andrew dolcemente le prese la mano e la strinse guardandola negli occhi come si fa con una bambina a cui si deve insegnare qualcosa, lei arrossì leggermente in quanto non abituata a contatti fisici di quel genere.
- Cosa vuoi da me?- gli chiese Jen.
- È da un po' che ti osservo, patetico, ma ho bisogno di un membro nuovo che, insomma, sappia o abbia delle capacità che possa trasmettere ai compagni del gruppo. Devi sapere che uno dei nostri è morto a causa di un attacco da parte di un'altra banda, e... A noi servi - disse. La sua voce esprimeva sicurezza, aveva l'aria di chi sapeva molto e aveva le doti per indurre nelle persone un senso di pace e tranquillità; era giovane, ma i tempi che correvano e le cose che succedevano gli davano un aria stanca e più vecchia.
- Come mi hai trovata?- chiese lei. Pensava che fosse l'unica persona viva per chilometri e chilometri, ma si sbagliava e da un certo punto di vista la cosa la rendeva più felice.
- Bhe ero in cerca di cibo per i miei compagni, solo che nelle vicinanze della città in cui abitiamo non c'era nulla, nemmeno un topo, niente. Ho cominciato a camminare, poi ho preso il furgone e ho iniziato a guidare sapendo che ad un'ora e mezza di distanza avrei trovato un'altra città: non sapevo ci abitasse ancora qualcuno, le mie fonti avevano detto che era completamente disabitata, ma si sbagliavano perché ho incontrato te, o meglio ti ho vista mentre cacciavi e mi sono nascosto per osservarti. È così che ti ho trovata - disse tutto d'un fiato.
- Aah capisco... Da quanto mi osservi? -
- Una settimana -
- È parecchio tempo -
- Presumo di sì -
- Sei qui da solo? - chiese titubante Jen.
- A dire il vero no, i miei compagni hanno insistito per accompagnarmi nel caso, sai, fossi pericolosa – rispose imbarazzato.
- Ora dove sono? - domandò Jen guardandosi intorno.
- Oh, ehm... Li ho mandati a fare un giro -
- Capisco... Quindi vuoi che io mi unisca alla tua squadra? -
- Esattamente. Non sei obbligata, puoi benissimo rifiutare, tornare a quello che stavi facendo, ovvero scuoiare un povero animale che hai brutalmente ucciso con un solo colpo di fucile e di me non saprai più nulla, questo è il tuo territorio e per questo io non lo violerò - disse ridendo.
Lei lo guardò negli occhi e per la prima volta da anni scoppio in una risata vera, gioiosa, limpida: era tornata bambina, quando la mamma le raccontava delle favole divertenti; quella che Andrew le aveva appena raccontato era la riduzione della sua triste vita ma detta con parole fluide e leggere, che ti fanno scappare un sorriso.
Lui la guardò, come incantato, e poi a sua volta si mise a ridere. - Allora, Jen, che vuoi fare? -
- Accetto. Ad una condizione.. -
- Ovvero? -
- Porterò tutto ciò che possiedo e deciderò io se condividerlo con il resto dei tuoi amici - rispose risoluta.
- Affare fatto! - esclamò lui, felice.
Jen prese il cervo e lo posizionò sulle spalle, che inevitabilmente le imbrattò i vestiti di sangue, ma non ci fece assolutamente caso e si incamminò verso la parte est della città, ovvero la parte che si affacciava sul mare.
Andrew la seguì in silenzio, la osservava in ogni minimo dettaglio: le spalle leggermente più larghe di una ragazza normale, le braccia asciutte delineavano i muscoli, ogni parte del suo corpo esprimeva forza e determinazione, ed era proprio ciò che stava pensando mentre osservava la ragazza, insieme a dei commenti tipici dei ragazzi della sua età.
“Ha proprio un bel culo”, pensò mentre i suoi occhi cadevano sulla parte in questione del corpo di Jen.
Andrew era ancora assorto nei suoi pensieri quando la ragazza parlò - Spero proprio che la città in cui abiti abbia un porto - disse guardandolo.
- C-cosa? Che hai detto? - rispose il ragazzo, che si era appena svegliato dai suoi pensieri.
- Ho detto che confido nel fatto che la vostra città sia affacciata sul mare - ripeté Jen.
- Oh sì! Certo, ma perché? -
- Perché altrimenti dove metterei la mia barca? - rispose Jen divertita.
- Aah, capisco... Bhe, è tutta li la tua roba, immagino. Chiamo i miei compagni e gli dico che ti trasferisci e che ci si rivede al campo - Detto questo Andrew prese dalla tasca posteriore dei jeans, un aggeggio che sembrava una radio. ma che si rivelò un walkie-talkie, e con quello disse ciò che Jen aveva già sentito. Finita la comunicazione, si girò a guardarla.
- Pronta a conoscere altri "umani"? - le chiese scherzando.
- Sono nata pronta, Andrew - rispose Jen sorridendo. Poi salì sulla barca: non era grande (ma era molto lussuosa per essere di una ragazza come Jen) e si chiamava "Felicity".
- Prego, accomodati nella mia casa, Andrew - gli disse facendogli segno di salire.
Lui, senza farselo ripetere, fece un balzo e le atterrò accanto mentre Jen accendeva il motore.
- Sicura di saperla guidare? - chiese lui con aria seriamente preoccupata
- Mio padre era un azionista e aveva il tempo di coltivare i suoi hobby: uno di questi era navigare con una barca tutta sua e nel tempo libero mi portava con sé, solo io e lui. Viaggiavamo in mare aperto - gli rispose con aria assente, come persa nei suoi ricordi; lo sguardo brillava di una luce triste quasi impercettibile, ma questo piccolo dettaglio non sfuggì agli occhi azzurri e attenti di Andrew.
- Ti ha insegnato lui a governarla? - disse con voce dolce.
- Sì - rispose risoluta Jen, tornando sulla difensiva.

Dopo circa un'ora e mezza Andrew le indicò la città in cui sarebbe vissuta e il porto in cui avrebbe potuto attraccare la sua barca, dicendole anche che non poteva armeggiarla perché il porto in questione non era sotto il suo controllo.
Navigò ancora dieci minuti osservando la città dal mare: la grande guerra sembrava non aver avuto un grande impatto su essa perché, rispetto alla sua (che era completamente distrutta), ogni tanto si vedeva qualche persona che si aggirava armata.
Andrew le fece attraccare la barca su una spiaggetta bianca contornata da cespugli dalle lunghe foglie; a far da padrone vi era un grande casa di due piani, con vetri rotti qua e la, ma davvero carina e spaziosa: sembrava che qualcuno avesse cercato di rimetterla a nuovo. Ed era veramente così, perché Andrew le spiegò che lì vivevano i suoi compagni, i quali erano riusciti ad imporre il loro dominio su quella casa e sulla spiaggia e avevano cercato di renderla più accogliente, riuscendo a procurarsi della vernice e ripitturandola meglio che potevano; le spiegò anche che stavano cercando di recuperare delle vetrate nuove per sostituire quelle rotte e dopo anni Jen si sentì come a casa. Ancorò la barca sulla spiaggia e scese con un balzo, seguendo Andrew fino alla casa.

Entrò e un grande salotto luminoso le diede il benvenuto insieme a una quindicina di persone, tutte impiegate in qualcosa di diverso: chi stava correndo con dei piatti in mano, chi con delle lenzuola; un altro sedeva sul divano rattoppato a leggere, altri invece pulivano e ricaricavano le armi. Ma quando Jen entrò, tutti smisero di fare quello in cui erano impegnati e si girarono a guardarla.
Jen era davvero imbarazzata, ma lo mascherava davvero bene attraverso uno sguardo di ghiaccio imperturbabile: chiunque incontrasse i suoi occhi verdi brillante distoglieva subito lo sguardo, talmente era severo e freddo, ma quella era solo una maschera perché dentro Jen si stava dileguando in una pozza di imbarazzo e stupore che ovviamente solo Andrew per ora era riuscito a notare, per cui fu lui a rompere quel silenzio assordante.
- Vi presento il nuovo membro, Jen - disse, e subito dopo un coro di saluti si levò dalla stanza.
Ma era come se nessuno di loro avesse voluto davvero che lei fosse li: si sentiva come un'intrusa e i presenti a parte Andrew non facevano nulla per non farla sentire in quel modo così infame: continuavano a fissarla squadrandola e domandandosi come il loro capo avesse scelto una ragazza così, all'apparenza priva di possibilità. Ma tutti su una cosa erano d'accordo: era davvero bellissima; lunghi capelli ricci e rossi erano raccolti in una mezza coda, quegli occhi che tutti evitavano brillavano di una luce propria, un fisico asciutto completava il tutto.
Allo stesso tempo tutti pensarono che fosse una puttana che avesse solo sedotto il loro leader per entrare e cominciarono a guardarla con disprezzo. Andrew, che aveva capito cosa stessero pensando i suoi compagni, stava per dire qualcosa che avrebbe messo a tacere quei pensieri, solo che Becca fu più veloce.
- Che trucchi hai usato per sedurlo? Puttana! - disse con voce tagliente.
Andrew si girò verso Jen per dirle che stava scherzando, ma non riuscì a proferire parola perché Jen aveva assunto uno sguardo assassino che intimorì perfino lui: non fece nemmeno in tempo a fermarla che lei era già addosso alla ragazza che aveva parlato.
Becca era schiacciata contro il muro con l'avambraccio di Jen che le premeva la gola, tanto da farle male, e le parole di Jen uscirono in un sussurro infuriato che fece rabbrividire tutti.
- Io non permetto ad una sconosciuta di mancarmi di rispetto, tanto meno ad una che appena sono entrata in questa casa ha deciso che io non posso far parte del gruppo senza un apparente motivo. Ripeto, tu non mi conosci, e pensavo che in un gruppo la prima regola fosse proprio il rispetto. Ma qui credo che non sia quella principale: qui si vive in base alle capacità di contribuire alla vita di una compagnia, voi vivete insieme solo perché da soli non riuscireste nemmeno ad allacciarvi le scarpe - Fece una pausa, si staccò dalla ragazza, si spostò al centro del salotto e riprese - State insieme perché la vostra natura umana vi impone la vita in una società, da solo l'uomo non è in grado di badare a se stesso, per questo da secoli crea comunità stabili, o quasi, ed è per questo che voi state insieme. Basandomi su ciò che ho osservato, la vostra città non è stata colpita così tanto dalla guerra, per questo avete potuto vivere serenamente in questa casa senza che crollasse. Quindi io credo proprio che non accetterò di far parte di un gruppo così, con pochi principi come il vostro - Finì la frase e riattraversò la piccola porta da cui era entrata.
- Complimenti, ragazzi, ottimo lavoro - disse arrabbiato Andrew.
- Ma cazzo vuoi, Andy? Freddy è appena morto... e tu porti un membro nuovo, pure troia? - chiese Elisa urlando.
- Come ti ha convinto, eh, Andrew? Si è spogliata? - chiese sprezzante Peter.
- Niente di tutto ciò - rispose calmo Andrew, guardando tutti i suoi compagni come fa un adulto quando deve rimproverare i suoi bambini che hanno fatto una cosa sbagliata. Detto ciò corse fuori e urlando la chiamò - Jen!- .
Ma la ragazza era già sulla barca, pronta a ripartire, quindi urlò di nuovo - Jen! -
- Che vuoi?- rispose gridando a sua volta.
- Fermati, non andare. I miei compagni hanno sbagliato, lo so, ma sono bravi ragazzi... - disse mentre saltava sulla barca.
Lei ci mise mezzo secondo ad impugnare il fucile che aveva di nuovo a tracolla e poi lo puntò verso il ragazzo dicendo - Scendi subito dalla mia barca! -
Jen considerava la sua casa un luogo sacro, per due motivi: primo, era l'unico ricordo di suo padre; secondo, era tutto ciò che possedeva e non permetteva a nessuno di salire senza il suo permesso.
I ragazzi. che stavano assistendo alla scena dalla casa, appena visto quello che la ragazza aveva fatto presero le armi e corsero fuori ad aiutare il loro capo; purtroppo però nessuno di loro era davvero capace di usarle perché le possedevano solo per intimorire e fare scena, in un mondo in cui ora per vivere bisognava saper uccidere.
- Va bene, Jen, ma abbassa quel fucile, non voglio che qualcuno si faccia male, ok? - rispose lui mentre scendeva lentamente dalla barca. Intanto i suoi amici lo avevano raggiunto e puntavano le armi contro la ragazza, pronti a sparare.
- I tuoi lecca piedi sarebbero capaci anche di spararmi pur di salvarti il culo, Andrew. E anche dopo la loro scarsa accoglienza e la poca educazione nei miei confronti, tu dici che sono bravi ragazzi??! Io credo di più che stiano insieme a te solo perché gli hai dato un tetto sotto cui vivere: sai, Andrew Black, ho letto il tuo nome e cognome sul campanello. Credevi davvero che non lo avrei notato? La storia che mi hai raccontato su come avete fatto a prendere questa casa è vera o è un'altra bugia? - disse gridando Jen, che aveva definitivamente perso le staffe.
- Ok, Jen. Sì, è vero, ti hanno tratta male, ma devi capire che hanno appena perso un loro e un mio Grande amico... Ti vedono come un rimpiazzo e una mancanza di rispetto nei suoi confronti, e per la storia della casa è tutto vero... Ho solo omesso che è di mia proprietà ma abbiamo davvero dovuto imporci per averla... Però ora calmati -
- Come un intruso, eh? Ahahah! Ma davvero... Ed è per caso colpa mia se il vostro amico è morto? Andrew, sei stato tu a convincermi ad unirmi a voi e perché se la devono prendere con me?? E lo vedono come una mancanza di rispetto, ma non gli da il diritto di mancarmi di rispetto! Quindi, Black, non cercare di fermarmi o giuro... ti ammazzo - rispose furente.
Tutti la guardavano mantenendola comunque a tiro e di nuovo la voce di Andrew si fece sentire.
- Sì, hai perfettamente ragione, non ti fermerò. Però ascolta ancora un attimo, non pensare minimamente che io ti abbia chiesto di unirti a noi perché mi servi come rimpiazzo, assolutamente no: anche se inizialmente era così ora le cose sono cambiate, hai delle capacità che nessuno qui, nemmeno io, possiede: ho bisogno di te quanto tu hai bisogno di noi. Non fila, vero? Forse perché loro non hanno bisogno di te, ora che non ti conoscono, ma io sì, e non mi interessa se ti odiano, ok? Cercherò di fagli cambiare idea ma, ti prego, ripensaci - disse quelle parole guardandola dritto negli occhi e con una tale forza e risolutezza nella voce che Jen ci credette.
Ma non cambiò idea: non voleva unirsi a loro, prima dovevano scusarsi. Aveva abbassato l'arma e così fecero anche i compagni di Andrew. Jen non voleva ammeterlo, ma Andrew aveva pienamente ragione: lei aveva bisogno di loro, non poteva sopportare di tornare ad essere sola, ora che sapeva di poter avere una "famiglia".
- Jen... È così che ti chiami, no? Mi dispiace, non volevo mancarti di rispetto.... Insomma, mi è scappato... - disse Becca in un sussurro.
Jen colse la voce, le rispose - Ok - e scese dalla barca per avvicinarsi alla ragazza; le tese la mano proprio come aveva fatto Andrew quando si era presentato, Becca la guardò in viso e le strinse la mano amichevolmente. Poi Jen si stacco e risalì sulla barca sotto gli occhi dei presenti, che credevano che se ne sarebbe andata, ma la videro di nuovo spuntare e scendere dalla barca con un cervo morto sulle spalle.
- E quello dove lo hai preso? - chiese uno dei ragazzi.
- L'ho ucciso- rispose secca
- Vieni, Jen, ti serve un tavolo per quello- Black le fece segno di seguirlo in casa. - Posalo li- le disse.
Un'enorme cucina con un piano di lavoro gigantesco si mostrò alla vista di Jen, che mise il suo animale sul tavolo: tutti l'avevano seguita ed ora la guardavano.
- Che c'è? Volete mangiare o no? E preparare un tavolo? Si mangia per terra qui? - chiese Jen stupita.
- Oh... ehm, sì, ora ci mettiamo al lavoro - disse spaesata Elisa e mise tutti al lavoro.
Nel frattempo Jen tiro fuori un coltello dalla cintura e comincio ad aprire la gola dell'animale per far uscire il sangue; poi gli apri la pancia e tirò fuori tutti gli organi interni, mettendoli da parte; quindi staccò la testa e cominciò a farlo a pezzi.
Si era sporcata di sangue ovunque, ma era abituata, fin quando Becca non entrò in cucina e cacciò un urlo.
Tutti accorsero immediatamente, ma appena videro il motivo per cui avesse urlato si misero a ridere di gusto.
- Questi pezzi si possono mettere sul fuoco a cuocere - disse Jen.
- M-ma non ti fa schifo tutto quel sangue? - chiese Becca.
- Ho dovuto farci l'abitudine se volevo vivere -

   
 
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