Lo so, lo so. Avevo promesso che avrei aggiornato presto. Come vi avevo detto, avevo scritto anche questo capitolo. Peccato che poi io abbia deciso che mi facesse schifo, e quindi l'ho riscritto daccapo e ci ho messo più del previsto. Comunque sia, ora è arrivato e spero che vi piaccia.
Per Shikamaru, quella era stata una notte senza
sonno.
Temari non aveva fatto altro che girare senza
sosta per la casa, mormorando tra sé e sé, sfiorando quei pochi oggetti che
erano rimasti intatti, ripetendo il piano che avevano preparato
insieme.
“Cry-baby” lo chiamò piano quando il sole iniziò a
sorgere. “E’ ora.” La voce le tremò appena, mentre col capo accennava alla folla
che già si stava dirigendo verso la piazza, fuori dalla
finestra.
“Andiamo.” sospirò lui, alzandosi dal pavimento
sporco e afferrando i kunai. Le si parò davanti e la fissò negli occhi. “Cerca
di mantenere la calma, Mendekouze. So che è difficile, ma cerca di mantenere
la calma. Dobbiamo uccidere il Kazekage, ed avremo un colpo soltanto, uno.
Non possiamo permetterci di sbagliare. Tu non preoccuparti dei ninja, se non
puntano a te. Prendi Gaara e vattene. Ricorda.”
La ragazza
annuì decisa, ma dentro di sé sapeva che, una volta che fosse cominciato, non
avrebbe saputo ignorare il combattimento. Certo, avrebbe per prima cosa portato
in salvo Gaara, ma poi? Avrebbe avuto il coraggio di lasciare che lo shinobi di
Konoha se la cavasse da solo contro un intero esercito? Sarebbe stata in grado
di restare a guardare mentre lui si esponeva in quel modo alla morte?
Conosceva già la risposta, ma preferì ignorare i
propri pensieri e seguire Shikamaru in strada.
Più si
avvicinavano alla piazza, più la giovane si sentiva invasa da un senso di
nausea. Per la prima volta dopo una settimana si rese conto della situazione in
cui si trovavano.
Prima non aveva pensato al fatto che il Kazekage
avesse molte guardie al suo servizio, mentre loro erano soltanto in due. Non
aveva considerato che Gaara era talmente debole da rischiare di morire in ogni
secondo, forse tra le sue braccia, se fosse riuscita a strapparlo al patibolo. E
il popolo? Che ne sarebbe stato del popolo se loro avessero fallito, se non
fossero riusciti ad uccidere il Kazekage? E se anche avessero portato a termine
la loro missione, chi assicurava che le guardie non avrebbero attaccato la
popolazione civile per vendetta?
“Sarà
un’ecatombe” mormorò sconvolta quando realizzò cosa avrebbe potuto comportare
quello che avevano in mente.
Shikamaru
annuì.
“Forse. Ma qualunque cosa accada, ricordatelo:
mantieni la calma e stai lontana dal combattimento.”
Temari
sollevò lo sguardo lentamente, sperando che nessuno dei militari lì presenti le
prestasse attenzione. Si voltò verso Shikamaru e lo vide concentrato e attento.
Gaara non era ancora stato portato allo scoperto,
e l’esecuzione era continuamente ritardata. Il Kazekage si muoveva impaziente
sulla sedia che gli era stata riservata, mentre la corda che avrebbe dovuto
uccidere Gaara oscillava macabramente, mossa da un lievissimo
vento.
“Che seccatura.” borbottò Shikamaru muovendo
impercettibilmente le labbra. S’accigliò. “Se ritardano così tanto significa che
c’è qualcosa che non va.” rifletté, e la ragazza annuì.
“Forse
Gaara...” mormorò, ma non aggiunse altro.
Sapeva che
Shikamaru avrebbe capito.
“No.” replicò
quello sottovoce. Mosse impercettibilmente la mano e le indicò due soldati che
stavano avanzando in quel momento. “Eccolo lì.”
Temari sentì
un nodo alla gola.
Portato a braccia da due shinobi, privo di sensi,
pallidissimo, coperto da qualche abito lacerato e sporco di sangue; Gaara,
nient’altro che un prigioniero, uno dei tanti, che non sperava altro che farla
finita in fretta.
Lo fecero cadere sul legno della forca, poi uno
dei due prese un foglio che il Kazekage gli porgeva ed iniziò a
leggere.
“Il qui presente Gaara... citato in giudizio
per...” Temari non ascoltava. Si guardava intorno attenta, cercando di
capire quante persone si sarebbero trovati addosso una volta ucciso il Kazekage.
Quando il ninja ebbe finito di leggere, la
ragazza si voltò verso Shikamaru. Lui annuì.
Si fece largo
tra la folla, che arretrò alla vista delle armi che il ragazzo teneva tra le
mani.
Prese la mira e attese un solo istante; una
goccia di sudore gli scivolò dalla tempia al collo e lui, sentendo l’ansia che
aumentava, scagliò il kunai con tutta la forza che riuscì a
trovare.
Il Kazekage si afflosciò con un grido, e le due
guardie che si trovavano sul patibolo gli corsero vicino per aiutarlo. Temari,
vedendo che si allontanavano, si affrettò a raggiungere
Gaara.
Nel frattempo, gli altri shinobi avevano
circondato Shikamaru. Avvertì una stretta allo stomaco, ma cercò di ignorarla.
Cercò di sollevare il fratello come meglio poteva, passandosi il braccio inerme
del ragazzo intorno alle spalle e tenendolo per i fianchi; con pochi balzi lo
portò fuori dal campo di battaglia.
Gli shinobi
ancora non si erano accorti del suo gesto, e ne fu
sollevata.
Osservò qualche istante Gaara. Era sporco,
emaciato, pallido, eppure respirava ancora. Temari sospirò, portandogli una mano
alla fronte. Scottava.
Quanto
avrebbe potuto resistere ancora? La prigionia l’aveva indebolito molto più di
quanto si fosse aspettata. E dov’era Kankuro? Perché non era ancora tornato da
Konoha? Ormai avrebbe dovuto essere lì, ad aiutare Shikamaru, a soccorrere
Gaara, a consolare lei.
Ma in fondo,
che cosa poteva fare Kankuro? Forse avrebbe potuto dare man forte a Shikamaru,
che combatteva, circondato da nemici, mentre, pochi metri più in là, il Kazekage
moriva, ma non era certa che sarebbe bastato.
Quante
possibilità avevano di sconfiggere quegli shinobi? Erano ben più esperti di
loro, e molto più numerosi.
Prese la mano
di Gaara e la strinse.
Si voltò a
osservare la battaglia.
Shikamaru
pareva in netto svantaggio. Cercava di difendersi utilizzando armi, pugni, calci
e morsi, ma era inutile contro così tante persone. E il popolo, per quale motivo
stava a guardare, immobile? Perché gli uomini non correvano ad aiutarlo?
La ragazza osservò qualche istante il volto del
fratello, mordendosi il labbro. Come poteva lasciare che Shikamaru si facesse
ammazzare, lì in mezzo? E allo stesso modo, con che coraggio avrebbe abbandonato
Gaara in quelle condizioni, dopo che avevano rischiato tanto per
salvarlo?
Shikamaru era stato categorico, su quel punto;
lei non avrebbe dovuto avvicinarsi al combattimento, e, soprattutto, non avrebbe
dovuto attirare su di sé l’attenzione.
“Temari!” la
ragazza si voltò di scatto, stringendo tra le mani un kunai.
Quando riconobbe la persona che stava correndo
verso di lei, lo lasciò cadere, stupefatta.
Sgranò gli
occhi e sentì che c’era ancora qualche speranza.
Kankuro
accelerò all’improvviso, e con un ennesimo scatto superò Sakura e Naruto, che da
poco l’avevano raggiunto.
“Il
Villaggio!” esclamò. “Gaara...”
Si avviarono velocemente verso le porte,
cercando di vincere la stanchezza, la sete, la fame; Kankuro non aveva accettato
di fermarsi nemmeno un istante, il giorno prima, e in quel momento sentivano che
avrebbero avuto bisogno di una pausa.
“Kankuro, dove
si terrà l’esecuzione?” domandò Sakura guardandosi intorno. Per quale motivo non
c’era nessuno di guardia all’ingresso del Villaggio?
Kankuro
allungò un braccio e lo puntò dritto avanti a sé.
“Là.” mormorò.
Poteva sentire chiaramente un gran frastuono
provenire dalla direzione in cui erano diretti.
Forse erano
arrivati troppo tardi, forse Temari non era riuscita a salvare Gaara, forse
anche lei era stata catturata... e quel ninja della Foglia, che cosa ne era
stato di lui? Era morto? Era stato vicino a sua sorella, come Kankuro sperava? O
forse l’aveva consegnata agli shinobi di Konoha, o al Kazekage in
persona?
Che cosa stava succedendo in quella
piazza?
Imboccò una stradina secondaria che l’avrebbe
portato nel centro del Villaggio in meno tempo, seguito da Naruto e
Sakura.
E finalmente, eccola.
Kankuro
trattenne il fiato.
Il patibolo era vuoto, e distinse, lì accanto, un
gruppo di persone che si agitavano attorno a qualcosa. Nel bel mezzo della
piazza, qualcuno combatteva, solo contro l’intera guardia del Kazekage, composta
da una decina dei ninja più esperti di Suna.
Strizzando
gli occhi, Kankuro si accorse che era Shikamaru.
Sentendo che
il cuore saltava un battito, si mise alla ricerca di Temari. E infine, eccola,
in disparte, un po’ lontana dal combattimento, accanto ad una persona stesa a
terra, inerme...
Corse in quella direzione. Era Gaara, Gaara
quello che non si muoveva, a terra? E allora, che fosse già
morto?
Era arrivato troppo tardi? Sentì la rabbia
ribollirgli nello stomaco e gli occhi iniziarono a pizzicare.
Era così incapace da non riuscire a salvare il
proprio fratello?
“Temari!” chiamò, ma le urla dei ninja
sovrastarono la sua voce. Vide Naruto gettarsi nel combattimento, mentre Sakura
lo stava seguendo.
Quando fu più vicino, gridò
nuovamente:
“Temari!”
E fu solo
allora che lei si voltò.
Temari si
alzò in piedi di scatto e corse verso Kankuro, che la prese per le spalle e la
guardò qualche istante.
“Nee-chan....”
mormorò. Aveva gli occhi lucidi, velati di lacrime.
“E’ vivo,
Kankuro, è vivo.”sussurrò lei voltandosi verso Gaara.
“Vivo...”
ripeté il ragazzo, poi annuì convulsamente, passandosi una mano sugli occhi.
Quando la ritrasse, le lacrime iniziarono a segnargli il volto, ma lui non ci
fece caso. “ E tu, Temari, tu come stai? Che cosa è successo? Perché quel ninja
della Foglia sta combattendo da solo in mezzo alla
piazza?”
La giovane annuì.
“Sto bene, ma
non è questo il momento. Dobbiamo occuparci di Gaara, subito. E’ debole,
e...”
“Temari-san.” Sakura, già china su Gaara, la
interruppe. “Non ti preoccupare, lo curerò io.”
Un grido,
seguito da un boato, li fece sobbalzare.
Si voltarono
appena in tempo per vedere Shikamaru e Naruto correre verso di loro, mentre la
folla afferrava le guardie del Kazekage. Un gruppo di uomini ne trascinò uno sul
patibolo che avevano preparato per Gaara. Uno di loro urlò qualcosa, poi strinse
la corda attorno al collo dello shinobi, che cercava di divincolarsi e ruggiva
qualche ordine ai suoi compagni, anche loro intrappolati dalla furia del
popolo.
Temari smise di guardare, e si concentrò sui due
ninja che li avevano raggiunti.
Shikamaru
aveva un lungo taglio sulla guancia, e avanzava lentamente, coperto di
sangue.
“Cry-baby!” esclamò la ragazza. “Sei
ferito?”
Lui scosse il capo, passandosi un dito sulla
ferita al volto.
“No, un taglietto.” indicò le vesti impregnate di
sangue. “Non è mio.” spiegò, poi si voltò a guardare
Gaara.
Naruto era già corso vicino a Sakura e fissava
con un’espressione di terrore il volto dell’altro ragazzo, che ancora non
accennava a riprendersi.
“Sakura-chan... è grave?” domandò con voce rotta.
“Gaara è
forte.” si limitò a replicare la ragazza con espressione
seria.
Temari si avvicinò a Kankuro, si appoggiò a lui.
Non aveva mai sentito il bisogno, prima, di
stargli accanto, di farsi rassicurare da lui. Ma in quel momento le sembrò di
essere incredibilmente debole, stanca, di necessitare di un conforto più
profondo delle semplici parole, che in quel momento poco potevano
fare.
Kankuro, con un gesto un po’ goffo, le cinse le
spalle con un braccio e la strinse a sé. Le sussurrò qualche parola
d’incoraggiamento all’orecchio, poi si allontanò da lei e s’inginocchiò accanto
a Gaara.
“Ho bisogno di portarlo in un posto più tranquillo
per poterlo medicare.” disse Sakura dopo un po’.
“Casa
nostra...” rispose Temari. “Lì non ci disturberà
nessuno.”
§§§
Shikamaru si
avvicinò a Temari e le lanciò un’occhiata indagatrice.
Era seduta a
terra, in un angolo, e sembrava serena. Con l’aiuto di Kankuro e Naruto aveva
riordinato la casa, e in quel momento i due ragazzi si stavano dando da fare per
cancellare le scritte dai muri e raccattare ciò che non era stato distrutto dai
militari.
“Cry-baby.” lo chiamò alzandosi. Lui piegò un po’
la testa da un lato.
“Sì?”
“Perché mi hai
aiutata?”
Shikamaru rimase in silenzio per un po’. Si era
posto quella domanda tante volte, in quei giorni, e non era mai riuscito a
trovare una risposta. Non era certo che si trattasse solo di bontà d’animo,
perché, in effetti, non avrebbe mosso un dito se fosse stato qualcun altro in
quella situazione. E allora, forse, l’unica cosa che potesse fare era ammettere
la verità.
“Non lo so.” sospirò sedendosi accanto a lei.
“Credo... no, non lo so. L’ho fatto e basta. Non fare domande complicate,
Mendekouze, è seccante.”
Temari
sbuffò.
“Sei impossibile, cry-baby.” sentenziò alzandosi e
raggiungendo Sakura che, nell’altra stanza, si stava occupando di
Gaara.
Shikamaru la seguì.
“Come
sta?”
“Si riprenderà.” rispose Sakura sorridendo. “E’
forte, ma ha bisogno di riposo, di cibo e acqua. E’ disidratato e probabilmente
è stato picchiato varie volte, ma non è in pericolo di vita. In questo momento è
solo molto, molto debole.” spiegò asciugandosi il sudore della fronte con il
braccio.
Si voltò verso Shikamaru.
“Tu sei
ferito? Ho visto che combattevi.”
“Sto
benissimo.” replicò il ragazzo alzando le spalle.
Temari
sospirò e sollevò gli occhi al cielo limpido.
Era uscita di
casa in cerca d’un po’ d’aria, e Shikamaru l’aveva seguita, sebbene nemmeno lui
comprendesse appieno il motivo di quel suo gesto.
“Non hai mai
guardato le tue amate nuvole, durante questa missione.” commentò con un ghigno
la ragazza.
Shikamaru si corrucciò, pensieroso. In effetti,
non ne aveva mai sentito il bisogno. Certo, era stata una settimana estremamente
impegnativa, ma le occasioni per osservare il cielo non erano mancate,
eppure...
“No, pensavo ad altro.”
“A come
evitare di farti ammazzare?”
“No, a come
evitare che ammazzassero te, Mendekouze.” ribattè serio lui, e Temari sgranò gli
occhi, per poi ridurli a due fessure.
“Che cosa
intendi dire, cry-baby?” sibilò, già sulla difensiva.
Shikamaru
scrollò le spalle, alzando le mani in segno di resa.
“Ah, ti scaldi
per niente, Mendekouze. Non sto dicendo che sei un incapace. Sto dicendo che ero
preoccupato per te. Avevo paura che facessero del male a
te.”
Improvvisamente si sentì un idiota. Come gli era
saltato in mente di dire una cosa simile ad una kunoichi come Temari? Come
minimo, ora lei avrebbe messo mano al suo famoso ventaglio e avrebbe messo fine
alla sua sofferenza.
“Mi stai prendendo in giro, cry-baby?” domandò
invece lei, tesa e sospettosa.
“No,
Mendekouze, sono serio. In verità, rispondendo alla domanda che mi hai posto
prima... Ti ho aiutata perché non sopportavo di vederti in quello stato. Non
potevo vederti soffrire così. Ecco tutto.”
Si passò una
mano tra i capelli e la guardò di sottecchi, in attesa del colpo di
grazia.
Invece, la ragazza sembrava pensierosa. Rimase
qualche attimo silenziosa, poi, all’improvviso, gli si avvicinò e gli scoccò un
leggero bacio sulla guancia.
Il giovane
arrossì e si portò una mano al volto, mentre lei si voltava e rientrava in
casa.
“Sai, cry-baby, sei insopportabile. Durante questa
missione, credimi, ti avrei strangolato almeno una volta al giorno, soprattutto
se ti dimostravi più razionale di me, ma se ci sarà un’altra vita, credimi,
voglio incontrarti ancora.”
Gli strizzò
l’occhio e chiuse la porta alle sue spalle, lasciandolo solo in
giardino.
Il ragazzo chiuse gli occhi e lasciò che il vento
gli carezzasse dolcemente il volto.
Inspirò a
pieni polmoni e sorrise.
“Anch’io,
Mendekouze.”
-Fine-
Ordunque. Ecco qui l'ultimo capitolo di una storia che mi ha senza dubbio fatta dannare. Che dire? E' sempre una sofferenza scrivere la parola "fine".
Qualche parolina a riguardo. Questo capitolo non mi soddisfa, ma spero che abbia perlomeno allietato voi. A proposito, avete visto che non ho ucciso Gaara? Pensavate davvero che sarei stata così crudele? No, non rispondete, sappiamo tutti che l'avrei fatto e che era il mio piano originale. Ma la mia carissima i_still_believe (Non smetterò mai di ringraziarla!) mi ha puntato un fucile alla testa minacciando di sparare se l'avessi ucciso e quindi il caro Kazekage è ancora qui tra noi.
In ultima, ringrazio di tutto cuore tutte le persone che hanno commentato, mi avete resa felicissima e ve ne sono estremamente grata. I vostri commenti sono stati per me dei regali preziosi, e spero che mi aiuterete a migliorare.
Grazie infinite anche a tutti quelli che hanno messo la storia tra i preferiti.
Ho finito.
Bacioni,
rolly too.