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Autore: SaraRocker    05/08/2014    1 recensioni
Anno 2097, l'intero pianeta terra si ritrova sotto una sorta di dittatura particolarmente cruenta, che si finge giusta e accondiscendente.
La Desert_Zone è un luogo formatosi a causa del riscaldamento globale, una sorta di continente quasi totalmente desertico e inadatto alla vita, dove la dittatura manda a morire coloro non adeguati a vivere in essa.
Gwen vive là , insieme ad un gruppo di ragazzi che collaborano in una sorta di resistenza.
Duncan è un militare a servizio della dittatura, che ritiene giusta e autorevole.
Estratto cap.28
"Non devi sentirti in colpa. E' stata l'avventura più bella." gli sussurrò "Ed ora è giunto il momento che tu mantenga fede alla tua promessa."
Duncan la ammirò a lungo in silenzio. Perchè sorrideva? Perchè i suoi occhi erano così lucidi? Perchè le sue labbra tremavano tanto?
Gwen non gli era mai sembrata tanto debole. Eppure, si stava sottoponendo alla più grande prova di coraggio.
Genere: Azione, Science-fiction, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Duncan, Gwen, Scott, Un po' tutti | Coppie: Duncan/Gwen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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Desert_Zone



cap.36





























"Fate in modo che ogni dannatissimo mezzo pubblico sia istantaneamente fermato!"
La voce autorevole ed acida dell'ispanica risuonò nei vari altoparlanti sparsi nell'edificio. Courtney era particolarmente irritata mentre, chiusa a chiave nel proprio uffiico, rifletteva sul modo migliore per fermare i ribelli che si stavano rivoltando d'improvviso contro di lei. Il ragazzo che aveva preso posizione nell'ospedale le aveva parlato di attacchi terroristici nei mezzi pubblici e, certa di potere catturare i colpevoli, si era immediatamente mossa per richiamare ogni veicolo verso di lei. Avrebbe ispezionato di persona  ogni treno, autobus o metropolitana pur di eliminare di mano propria sino all'ultimo ribelle. Infine, avrebbe trovato una soluzione anche per quel maledettissimo ospedale. Non poteva uccidere come nulla fosse trecento persone: avrebbe fatto in modo che sembrasse un attacco di rivoltosi.
Era nervosa; nessuno aveva mai scombinato in modo tanto drastico i piani della giovane. Sino a pochi minuti prima stava ordinando un bombardamento, ma un ribelle l'aveva convinta alla ritirata semplicemente  sfoderando un discorso ben articolato, ma inattaccabile. Quel momento così pieno di tensioni non era decisamente il migliore per farsi vedere nella parte della cattiva da un popolo improvvisamente divenuto troppo importante -intelligente-. Esatto, perchè sarebbe bastato che una parte della città notasse come il Governo non fosse poi così perfetto e gentile, e tutto sarebbe andato con l'implodere lentamente ed in modo irreparabile. 
Courtney strinse i denti ed assottigliò lo sguardo. Aveva paura. Dopo molti anni al comando, periodo in cui mai aveva dubitato delle proprie capacità, qualcosa si stava risvegliando in lei; si trattava di una sensazione continua e vescida, che le intaccava ogni muscolo del corpo, irriggidendola dal terrore. Le sue decisoni si stavano facendo sempre meno autorevoli, se ne rendeva conto. La sua voce, seppur sempre acida ed acuta, iniziava a scricchiolare. Improvvisamente aveva compreso qualcosa di fondamentale: la propria dittatura, così ben congeniata e strutturata, stava lentamente entrando in fase di declino.


 
***


Thomas osservò attentamente il medico di fronte a lui, quell'uomo che, con un mezzo sorriso in volto, attendeva una risposta coerente con la situazione. Si trattava di qualcosa che la giovane recluta non era certa di potere fornire. Infondo, perchè mai un buon suddito del Governo, avrebbe dovuto credere a lui, un ribelle che aveva appena assaltato l'ospedale?
Una voce, dentro di lui, gli diede una risposta: perchè li aveva appena salvati. Aveva permesso loro di sopravvivere una volta attaccato l'edificio, ed aveva addirittura detto loro di curare i pazienti ricoverati. Forse, considerando quegli atteggiamenti, era possibile raccontare a quei medici la verità e venire persino creduti. Forse, quello sarebbe potuto essere l'inizio di una svolta epocale.
Thomas lanciò uno sguardo a Geoff. Il biondo stava osservando il medico incerto, probabilmente disturbato dai medesimi dubbi del ragazzo più giovane.
"Siamo ribelli, non terroristi." esordì la recluta, abbassando lo sguardo sul pavimento, privando ai presenti i suoi occhi chiari "Vogliamo ribaltare la dittature governativa. Vogliamo scatenare una rivolta. Vogliamo distruggere la minaccia- Desert_Zone per sempre, e vogliamo che tutti capiscano quanto pazzo è questo Governo che ci dice cosa possiamo, o meno, fare."
La voce del ragazzo era risuonata agitata. Di fronte a lui, una schiera di persone prestava una cieca attenzione. Improvvisamente, constatò Thomas, non sembravano più una mandria di automi, ma uomini e donne pensanti, con un senno ed una capacità di giudizio. L'occasione che il giovane aveva tra le mani, poteva rappresentare l'inizio della fine, di quell'incubo che gli aveva strappato i genitori senza pietà. Gli occhi che lo osservavano non erano vacui o diffidenti. Probabilmente, quella bomba che solo poco prima li aveva minacciati, aveva acceso in loro quel dubbio che, a lungo, doveva avere covato segretamente nelle loro menti. Un dubbio che, se sbandierato a gran voce, avrebbe sicuramente portato alla morte del suddetto. Quale era il dubbio? Un folle odio verso il Governo.
"Quella in cui viviamo non è perfezione. Non esiste. E' cruda e violenta follia. Ogni giorno sparisce gente, ed è sempre a causa loro." intervenne Geoff, avvertendo la tensione nel tono di voce dell'amico "Hanno intenzione di renderci mansueti. Vogliono smettere di farci pensare, ma la verità è che non si può ammutolire la popolazione mondiale."
Rivolgendo un sorriso grato a Geoff -per essere intervenuto-, la recluta tornò a prendere parola "Oggi stesso, hanno cercato di fare saltare in aria questo ospedale, con all'interno medici e pazienti. E sapete quale è il bello?" domandò con un leggero sorriso Thomas "Che lo avrebbero fatto senza un'ombra di risentimento." 
Il giovane fece un passo in direzione della finestra dalla quale aveva assistito -solo poco prima- ad una vera e propria esecuzione "Avete visto prima?" domandò poi, gridando forte in direzione dei presenti "Avete visto come hanno ucciso un uomo? Un uomo come me o... O lei!" esclamò, indicando proprio il medico che si era fatto avanti poco prima "Gli hanno sparato senza pietà, ed ora il suo corpo è steso lì, in una pozza del suo stesso sangue." disse, questa volta puntando il proprio indice in direzione del povero defunto, quello che riportava su una mano il tatuaggio a Thomas ben noto. Una parola che gli aveva fatto avvertire un sentore di speranza e determinazione. La medesima che, in quello stesso momento, lo portava a parlare tanto.
"Lo fanno tutti i giorni! Lo hanno fatto con i miei genitori quando avevo otto anni! Li hanno buttati nella Desert_Zone perchè hanno deciso di combattere contro questa violenza." la recluta camminava da una parte all'altra della stanza, gridando a voce alta "Siamo solo tante bambole che si muovono all'unisono, ed è disgustoso. Ormai non possiamo più neppure pensare liberamente. Neppure... Amare." ammise infine in un sussurro, riportando la mente a Zoey ed alla sua condizione. Era in coma a causa di qualche folle a capo della dittatura. Ogni giorno soffriva immensamente al pensiero di non poterle parlare normalmente, come un tempo. E con il pensiero di lei, ripensò anche ai propri amici in quel momento dispersi chissà-dove nella Desert_Zone. Dubitava che loro potessero tornare, e se mai la rivolta fosse andata a buon fine, la prima cosa che avrebbe fatto, sarebbe stato andare a cercarli.

"L-La ragazza dai capelli rossi, giusto?"
La voce acuta e timida dell'infermiera chiacchierona -così l'aveva soprannominata Thomas- fece tornare la recluta al presente. Immediatamente il suo sguardo smeraldo si puntò contro quello nocciola della giovane.
"Cosa?"
"Lei è... La tua ragazza? Sono stati loro a ridurla così?" incalzò lei, facendo un paio di passi in avanti. Con 'loro' la ragazza faceva chiaro riferimento al Governo, ed immediatamente il militare annuì. Non osava neppure immaginare quanto avesse effettivamente sofferto, si sentiva male per lei. L'aveva trovata tumefatta e sanguinante, ricoperta di lividi e ferite, con i polsi letteralmente viola. Non poteva neppure provare a pensare a cosa le fosse accaduto senza avvertire una dolorosissima fitta al petto.
"Mi dispiace." mormorò quindi la ragazzina di fronte a lui, chinando leggermente il viso verso il basso. Thomas si limitò ad accennare un grazie, per poi sorridere leggermente. Sentiva gli occhi farsi lucidi nuovamente, ed il suo orgoglio scemare con altrettanta velocità. Una volta, riflettè in silenzio, non era così sensibile. Si domandò le fosse normale. Se fosse una cosa naturale cambiare così drasticamente a causa di una guerra -perchè ormai era ciò in cui si trovava-, e si rispose che era completamente comprensibile. Lui sarebbe potuto morire il giorno dopo. Avrebero potuto sganciare una bomba durante la notte, o soffocarli con del gas sfruttando i condotti di areazione. Era giusto piangere finchè era vivo.
Si voltò, deciso a lasciare quella stanza, ed in pochi minuti si ritrovò nuovamente in quella di Zoey, dove lei riposava tranquillamente. Si lasciò cadere sulla sedia vicino al letto e, dopo averla contemplata per lunghi e silenziosi momenti, scoppiò. Un singhiozzo lo percorse interamente, travolgendolo. Immediatamente i suoi occhi divennero riflesso di un dolore immenso, e per coprirseli, vi posò sopra le mani. Se solo lei fosse stata sveglia, lo avrebbe rimproverato: 'sei più forte di così'.
Cazzate. Solo un mucchio di maledettissime cazzate, e se vi fosse stato un giudice, avrebbe indubbiamente dato ragione a lui, ai suoi pensieri autocommiserativi ed alla sua scarsa autostima. Era diventato un debole.





Un cigolio della porta lo fece voltare. Thomas, dimentico delle lacrime che gli solcavano il viso, alzò lo sguardo, incontrando il medico di poco prima. Quest'ultimo non accennò neppure vagamente all'aspetto così distrutto del giovane, ma parlò invece di altro.
"Abbiamo contattato un paio di persone." esordì l'uomo alto e fiero nel proprio camice "Devi sapere che questo ospedale, essendo della capitale, è anche quello che si occupa della distribuzione dei farmaci nel resto del mondo." un sorriso  mesto gli apparve in volto "Beh, di quel che ne è rimasto. Vedi, esistono davvero pochi ospedali al giorno d'oggi. Abbiamo detto loro che non li riforniremo più."
Gli occhi di Thomas si fecero più acuti, interessati.
"Tra i mezzi di trasporto bloccati, e la mancanza di farmaci fondamentali, vi sono sufficienti presupposti per pretendere una resa da parte del Governo."


 
***


"Eccoli..." mormorò Gwen, osservando i binari color bianco brillante spiccare al centro del firmamento. I presenti, udendo quella semplice parola, si voltarono immediatamente verso l'alto. La ferrovia sopraelevata si innalzava con eleganza sopra le loro teste, riflettendo la luce solare. A lungo la dark restò immobile, come improvvisamente dimentica del proprio compito. Si limitava al silenzio, ed osservava incantata ed intimorita la megastruttura che si apprestavano a percorrere. Improvvisamente le mani le tremavano, sudavano e non riuscivano più a stringere l'arco con determinazione.  Sentiva nuovamente il peso del proprio compito depositarsi con troppo poco avviso sulle sue impreparate spalle. Avrebbe desiderato con tutta se stessa lasciare scivolare a terra l'arma e la faretra, e poi fuggire. Non le interessava di trovarsi nella Desert_Zone. Eppure, allo stesso tempo, mille promesse le affollavano la mente: quella di salvare i propri amici, di combattere senza mai arrendersi...

Inforcò l'arco, assottigliando gli occhi. Nessuno le aveva detto nulla, richiamandola per quella lunga pausa di riflessione. Si erano tutti limitati ad osservarla, fidandosi ciecamente della giovane. Loro non avevano pensato neppure per un secondo che lei sarebbe fuggita, ed alla fin fine, avevano avuto ragione.
Gwen prese un profondo respiro, mentre incoccava con attenzione la freccia-arpione. Scott, vicino a lei, appoggiò a terra la corda che l'arma, una volta agganciatasi, avrebbe portato con sè. La fune sulla quale si sarebbero arrampicati. Era tutto sistemato, constatò la dark, deglutendo a vuoto e tendendo la corda dell'arco. Se la portò sino alla guancia, sfiorandola appena. Mirò  verso l'alto, facendo brillare al sole la punta della freccia, e poi, senza alcun preavviso, scoccò il colpo.
La freccia sferzò il vento, facendolo sibilare. Saliva, saliva sempre più, sino quasi a scomparire. Portava con sé un lungo strascico di fune, ed i presenti osservavano tesi la situazione. Quella poteva dimostrarsi la loro salvezza, oppure una tragica roulette russa. Gwen, la gola secca ed il battito cardiaco accellarato, aveva lasciato cadere a terra l'arco, ed  era scivolata in ginocchio sulla sabbia cocente. Anche lei, come il resto dei ragazzi, mirava la freccia avanzare e la corda sibilarle dietro. E nel frattanto pregava. Pregava un santo che non era certa esistesse affinchè tutto andasse per il meglio, affinchè i suoi compagni sopravvivessero, affinchè lei sopravvivesse.

E poi, d'improvviso, il vento smise di fischiare.
  
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