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Autore: TheBoyWhoKnewTooMuch    06/08/2014    1 recensioni
“Ciao, io sono Max”.

“Figo! Sei il suo ragazzo?”.
 Arrossisco, perché non sono abituato a parlare della mia omosessualità in pubblico “Ehm … Sì”.

“Wow!” poi si gira verso Edward “Complimenti, è davvero carino!” gli fa l’occhiolino poi corre via da alcuni suoi compagni, dicendo che lo studio la chiamava. Anche io vorrei sempre essere allegra come lei, invece lo sono davvero poco.
Quando arriviamo nel centro della città, affollato come sempre, finalmente posso prendere per mano il ragazzo che amo.
“Sei stato formidabile, lo sai?”.

“Come te”.

“No.” gli dico con convinzione “Sono orgoglioso di te, Edward”.
Lui mi sorride “Anche io. Tu sei molto bravo”.

“Studio solo tanto, non sono intelligente”.

“Non è vero. You’re a golden boy”.

Max è un GOLDEN BOY, amato da quasi tutti, va bene a scuola ed ha persino un ottimo rapporto con suo fratello Daniele, praticamente perfetto ma è gay ed è una cosa di cui si vergogna per cui non vorrà mai dirlo ai suoi genitori per non rovinare l'idea di perfezione loro hanno di lui. Max affronterà anche altre vicissitudini, sempre accompagnato da Edward, il suo ragazzo.
Tematiche omosessuali, se omofobi, non leggete!
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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GOLDEN BOY

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1.

Metto via il quaderno di matematica sbuffando, lasciando da parte tutti quei calcoli che mi facevano solo venire mal di testa. La biblioteca dell’università era praticamente vuota, fatta ad eccezione per due ragazzi che sembravano così concentrati che mi stupii di non vedere uscire il fumo dalle loro orecchie.
La porta si apre e vedo Edward venirmi incontro.
“Max, ho preso 28!” quasi urla, guadagnandosi l’occhiata della vecchia custode.
Ridacchio “Abbassa la voce o ci cacciano fuori” lo rimprovero bonariamente.
“Eddai, che te ne frega! Non ho intenzione di rimanere qua un istante in più, dobbiamo festeggiare!”.
“Io devo ancora farlo l’esame” gli faccio notare.
Lui alza le spalle “E dai, cosa ti preoccupi? Hai me che sono un genio in matematica! Ho appena preso 28 in analisi 2, non so se hai capito!”
Scoppio ancora a ridere, contagiato dal suo entusiasmo “E va bene, dai.” dico, prendendo la cartella ed infilandoci distrattamente i libri.
Edward mi sorride ed io vorrei davvero baciarlo in questo momento. Siamo nella sua università, tutti lo conoscono e non voglio che lo deridano per colpa mia. Lui ha detto a tutti di essere gay, non se ne vergogna. Io sì e non vorrei mai metterlo in imbarazzo.
Quando usciamo dalla biblioteca, sento il caos di mille studenti che parlano e si disperano. Guardo una ragazza che si mette le mani nei capelli, buttando a terra dei fogli con milioni di formule matematiche. Ecco perché non avrei mai potuto scegliere una facoltà con così tanti numeri da ricordare a memoria. Non sono abbastanza intelligente, al contrario di Edward che spicca davvero in queste materie e non mi stupisco che abbia la media del trenta in ingegneria aerospaziale.
Io invece ho scelto di studiare Marketing e gestione aziendale.
“Ehi, Ed!” lo blocca una ragazza piuttosto carina “Ho saputo del tuo esame brillante! Complimenti”.
“Grazie, Sara” dice lui sorridendole.
“Io devo passare domani. Ho un’ansia incredibile!” farfuglia, agitata, poi mi guarda e sorride. Questa ragazzina sprizza allegria e felicità da tutti i pori “Ciao” mi saluta, porgendomi la mano, che stringo.
“Ciao, io sono Max”.
“Sara, piacere mio. Anche tu sei inglese come Ed?!”.
Rido “No, è solo l’abbreviazione di Massimo”.
“Figo! Sei il suo ragazzo?”.
Arrossisco, perché non sono abituato a parlare della mia omosessualità in pubblico “Ehm … Sì”.
“Wow!” poi si gira verso Edward “Complimenti, è davvero carino!” gli fa l’occhiolino poi corre via da alcuni suoi compagni, dicendo che lo studio la chiamava. Anche io vorrei sempre essere allegra come lei, invece lo sono davvero poco.
Quando arriviamo nel centro della città, affollato come sempre, finalmente posso prendere per mano il ragazzo che amo.
“Sei stato formidabile, lo sai?”.
“Come te”.
“No.” gli dico con convinzione “Sono orgoglioso di te, Edward”.
Lui mi sorride “Anche io. Tu sei molto bravo”.
“Studio solo tanto, non sono intelligente”.
“Non è vero. You’re a golden boy” afferma, mentre entriamo da Trussardi. Questa è un’espressione nuova, che ho imparato grazie a lui. In Italia non esiste. A Londra invece, un Golden Boy è un ragazzo perfetto, bello, che va bene a scuola e stimato da tutti. Un po' come me. Io mi sforzo sempre di essere perfetto,di andare bene a scuola per non deludere i miei genitori e di essere gentile e carino con tutti perché non voglio che gli altri mi prendano in giro come accadeva alle medie.
Trascino Edward dentro il negozio. Gli lascio la mano, perché non voglio che mi riconoscano. I miei familiari vengono spesso qua ed Edward ne è a conoscenza, infatti non si offende.
“Buonasera, Max” mi dice una commessa. E’ Angela, colei che mi conosce da quando sono piccolo.
“Ciao, Angy” le sorrido. “Tutto bene?”.
“Non c’è male”.
Guardo distrattamente la mia figura allo specchio. I capelli castano biondi mi ricadono sulla fronte, perfettamente ordinati. Ho la polo leggermente spiegazzata ed i pantaloni verdi sono un pò in contrasto con le scarpe blu scuro che indosso. Sono abbastanza alto, ma forse troppo pallido. I miei occhi azzurri vedono nel riflesso Ed, dietro di me, con aria leggermente imbarazzata.
“Cosa posso fare per te?” mi chiede Angela, mentre ritira una camicia.
“Stavo cercando qualcosa per lui” indico Edward “E’ il mio migliore amico” chiarisco, dicendo una piccola bugia.
“Capito” dice, cortese ma sbrigativa. Forse ha capito che le ho mentito, ma non vuole indagare oltre e lo apprezzo. “Beh, che genere di capo vuoi?”
“Una giacca” specifico “Una giacca beige” sorrido, perché la giacca che sto chiedendo è la stessa che indossava Mika, il suo ed anche il mio cantante preferito e che lui ama tanto.
Angela annuisce e cerca velocemente ciò che le ho richiesto, poi torna verso di noi.
E’ esattamente quella.
Edward strabuzza gli occhi, stupito. Ha capito che voglio comprargli quella.
“Bene, la prendo” le dico, convinto.
“Perfetto” annuisce “Vado a preparare la confezione”.
“Grazie”.
Noto che Edward non si è mosso di un millimetro da quando è entrato “What are you doing?” Are you crazy?”.
“Perché?”
“It’s expensive! I don’t want you spend all these money for me. I can buy it”.
“Lo so, ma voglio prendertela io. E’ un regalo, Ed”.
Sbuffa “Sei pazzo!”. Gli dò una leggera spinta “Non essere sciocco” poi andiamo verso la cassa per pagare.
Quando usciamo dal negozio, vedo Edward così felice che penso che tutto quello che voglio nella vita, è vederlo sempre così.
“Grazie, Max” mi dice mentre siamo seduti davanti ad un caffè, a goderci il nostro pomeriggio di libertà. “Devo ricambiare il favore”.
“Potrai farlo domani sera” gli dico malizioso mentre lui scoppia a ridere “Scemo!” poi mi prende la mano tra le sue e mi guarda negli occhi. I suoi occhi verdi incrociano i miei ed io mi sento morire in questo momento. Non resisto così lo bacio, incurante degli sguardi forse disgustati degli altri. Due ragazzi passano, dicendoci “Froci!” ma io non me ne curo affatto. C’è solo lui in questo momento.
“Ti amo” gli dico, una volta staccatomi da lui.
“Anche io”.
L’atmosfera romantica viene interrotta dallo squillo del mio cellulare. Sbuffo, portando la mano alla tasca dei pantaloni da cui estraggo l’iPhone. Mia madre.
“Mamma” rispondo.
“Max, dove sei?”.
“In giro”.
“Vieni a casa. Ti sei dimenticato che stasera c’è la cena?”.
Sospiro. Non potrei mai dimenticarlo perché me l’avete ricordato ogni giorno da tre mesi, vorrei rispondere. Ma io non risponderei mai così sgarbatamente.
“No, mamma. Tra poco arrivo”.
“Okay, Max. Sai quanto tuo padre tenga a queste cose.”.
“Sì, mamma”.
“Alle sei devi essere qui” mi ricorda ancora una volta per poi chiudere la chiamata.
Sbuffo, ritirando di nuovo il cellulare.
“La cena famosa?” chiede Edward, mentre gioca con il tovagliolo di carta davanti a lui.
“Sì. Devo andare”.
Lui annuisce, comprensivo. “Ti chiamo stasera?”.
“Ti chiamo io”.
Lo accompagno fino alla Metro. Lui deve fare qualche fermata per tornare a casa, io invece abito in pieno centro.
“Scrivimi quando arrivi”. gli raccomando, mentre siamo di fronte ai tornelli.
“Va bene, mamma” mi prende in giro lui.
Faccio una smorfia “Io mi preoccupo per te e tu mi prendi in giro?”. M fingo offeso ma entrambi sappiamo bene che stiamo scherzando.
“Sai che mi piace questo tuo lato di te”.
Annuisco “Dai, ora vai”.
Mi pende il viso tra le mani e mi lascia un bacio veloce, abitudinario. “A dopo”. Lo guardo scomparire tra la folla prima di andare via ed avviarmi verso casa.Prendo l’iPod dalla tasca posteriore della cartella e mi metto le cuffie nelle orecchie. Cammino in mezzo alla gente mentre gli Imagine Dragons cantano. Ho le mani in tasca e lo sguardo basso, così non mi accorgo di aver spinto qualcuno.
“Scusi” dico, senza nemmeno vedere chi fosse.
“Max” mi chiama una voce maschile.
Stupito, alzo lo sguardo e vedo Julian, il figlio di un collega di mio padre, nonché mio ex compagno delle medie. Alto quanto me, capelli neri e occhi di ghiaccio. Non sono azzurri come i miei che infondono tranquillità. I suoi incutono timore ma allo stesso tempo affascinano molto. E’ un ragazzo molto carino, lo è sempre stato ed ero persino attratto da lui, se non avesse cominciato a prendermi in giro e tormentandomi per tre anni. Era una persona che volevo dimenticare.
“Julian” dico stupito ma anche spaventato. Lui è l’ultima persona che avrei voluto incontrare.
Sorride, beffardo “Allora, come se la cava il figlio del futuro assessore regionale?”.
Ecco perché non volevo incontrarlo. Anche suo padre era in lizza per l’incarico, ma non gliel’hanno dato, affidandolo a mio padre. Un altro motivo per cui mi odia. Mio padre ed il suo sono soci per lo stesso studio ma tra loro c’è stata una lite poco tempo fa.
“Me la cavo” dico, cercando di fuggire da quella situazione.
“Che cosa fai, ora?”.
Da quando Julian ha tutta questa voglia di parlare e soprattutto con me?
“Vado in Bocconi” gli dico.
Fa una smorfia “Ovvio, quella da diecimila euro l’anno.” commenta sarcastico.
Mi chiedo che problema abbia, visto che anche lui è ricco ma poi lo guardo meglio. Non ha la sua solita camicia di Gucci e le scarpe di Prada ma indossa una maglietta sgualcita, jeans e sneakers anonime. Che fine aveva fatto il Julian esibizionista?
“Mio padre ha perso tutto” mi dice, come se, tutto ad un tratto, fossi diventato il suo migliore amico. “Per colpa del tuo! L’hanno licenziato e non ha più trovato un incarico ed io ho perso tutto!” ringhia.
“Mi dispiace”.
“Non ti dispiacere! Non me ne faccio un cazzo delle tue scuse! Io sto andando a lavorare e tu te la spassi all’università dei riccastri! Ecco perché voi froci mi fate schifo!” urla, avvicinandosi a me e prendendomi per il colletto della polo.
“Julian, lasciami”.
Noto che alcune persone si sono fermate ad osservare la scena “Ehi, ragazzo. Lascialo andare” dice un anziano signore.
Lui molla la presa, sputando verso la mia direzione. “Ti odio, Max Zucchi!” uria per poi correre via.
Rimango paralizzato, sconcertato dall’accaduto e dalla sua cattiveria ingiustificata.
Il signore che mi ha salvato, si avvicina a me e mi chiede se va tutto bene.
“Sì, grazie” dico per poi allontanarmi. Vorrei piangere per quanto sono rimasto ferito dal suo comportamento e dalle sue parole, ma non posso. Tutti si fermerebbero a guardarmi e tornare a casa in lacrime non è proprio una buona idea. Cerco di non pensare all’accaduto, rifugiandomi nella musica, dove Mika canta Happy Ending.

Quando arrivo a casa, vedo già mio padre nel completo del politico perfetto, dell’amministratore delegato perfetto. Ovviamente, sta parlando al telefono e mi accenna un veloce saluto.
“Ciao, papà” gli dico per poi salire nella mia camera. Incrocio mia mamma che si sta truccando, seduta davanti allo specchio. I capelli biondi sono lisci, gli ricadono sulla schiena con una linea sinuosa. Gli occhi verdi sono messi in risalto dal rimmel che ha messo ed un abito rosso le fascia il corpo tonico. Non direi mai che abbia 40 anni , se non lo sapessi. Lei ci tiene davvero molto ed è per lo stesso motivo che ha iscritto me a Basket. Nonostante non mi interessasse e non mi interessi molto, ho giocato fino a due anni fa, arrivando addirittura a sfiorare un contratto con il Milano Olimpia. Lo sport mi ha giovato molto. Prima ero davvero troppo magro e troppo alto, adesso almeno ho messo su un po più di muscoli.
“Max” mi chiama lei.
“Dimmi”.
“Ti ho messo il completo di Valentino sulla sedia. Indossalo e poi andiamo”.
“Okay”.
Mi dirigo in camera mia, perfettamente in ordine. Noto il vestito di cui mi ha appena accennato mia madre: verde, a quadretti. Una camicia bianca e scarpe nere, lucide.
Sospiro, poi mi tolgo gli abiti che avevo indosso e li butto nella cesta, gettandomi sotto il box doccia. L’acqua calda mi rilassa subito ma mi riporta alla mente anche tutti gli episodi spiacevoli della mia vita, compreso quello di poco fa. Mi ricorda di quanto fossi stato vittima di bullismo alle medie, di quando mi chiamavano “Checca”, “frocio”, ma io non ho mai detto nulla nemmeno ai miei genitori perché se glielo avessi detto, non sarei stato il figlio perfetto che loro hanno sempre voluto.
Mio fratello, Daniele ma che tutti chiamano Danny, è più piccolo di me e mi adora, così come io amo lui. Era lui che vedeva i lividi che aveva sulla schiena quando tornavo da scuola ed era lui che manteneva il segreto di non dire niente a mamma e papà.
“Max!” mi chiama.
“Arrivo, Dan”.
Esco dal box e mi avvolgo nell’accappatoio bianco, con ricamate le mie iniziali.
Danny è davanti a me, con la cravatta nera in mano “Mi aiuti?”.
Sorrido e mi abbasso alla sua altezza, per arrivare a fargli il nodo.
“Un giorno dovrai imparare, sai?” gli dico, arruffandogli i capelli. Lui mette il broncio “Dai, Max! Mi hai spettinato tutto!”.
Lo guardo e noto quanto sia diverso da me. Io ho i capelli castano chiari, lui ha i capelli neri. Io ho gli occhi azzurri, lui castani tendenti al verde, eppure siamo uguali. Abbiamo le stesse espressioni, a volte, e lo stesso profilo. A prima impressione, nessuno direbbe mai che siamo fratelli ma chi ci conosce bene, lo intuisce subito.
Dan è sempre andato bene in matematica, è una materia che adora e dice di voler diventare un ingegnere meccanico da grande, per costruire i robot. A parte questo, ha sempre avuto problemi a scuola, per la condotta. Lui è molto agitato, i professori dicono sia iperattivo, ma mia madre ha ignorato la cosa, dicendo che fosse solamente vivace. Io, al contrario, sono un ragazzo tranquillo. non ho mai dato problemi.
Mentre mi preparo e mi abbottono la camicia bianca, vedo Daniel seduto sul suo letto che fa dondolare le gambe avanti ed indietro. E’ buffo col suo completo gessato, la cravatta e l’orologio che papà gli ha regalato per il suo nono compleanno, appena passato. Sembra un adulto intrappolato nel corpo di un bambino.
Mi guardo allo specchio e vedo un ragazzo, ormai quasi un uomo, dall’aspetto curato, forse eccessivamente per essere un maschio. Il completo però, mi sta molto bene, devo riconoscerlo. Sono la fotocopia di mio padre, vestito così. Benchè io abbia preso i capelli da mia madre, ho gli stessi identici occhi di mio papà e lo stesso sguardo. Sono vestito in un completo all’ultima moda, da mille euro e tutto di me dà l’impressione che io sia qualcuno di importante. Sospiro, distogliendo lo sguardo dal mio riflesso, poi mi passo una mano tra i capelli, ed infilo l’orologio di Swatch.
Afferro l’iPhone che avevo gettato sulla scrivania e noto la presenza di un messaggio. E’ Edward che mi chiede come sto, se sono già alla cena e mi avvisa che è arrivato sano e salvo a casa.
Gli dico che l’avrei chiamato più tardi, dopodiché ritiro il telefono in tasca e scendo le scale.Mia madre è sottobraccio a mio padre che mi guarda e sorride “Stai benissimo, Max”.
Daniele, accanto a me, mette il broncio “Ed io no, papà?”.
“Te sei sempre perfetto, tesoro” dice mio padre.
“Steve, andiamo?” lui annuisce ed usciamo da casa.
In macchina, mia madre non fa altro che chiedermi della scuola e rivolgermi mille complimenti per i voti che sto portando a casa, dicendomi che sono l’orgoglio della famiglia.
“Dovresti prendere esempio da tuo fratello, Danny” dice ma dolcemente.
“Max è sempre il perfetto della famiglia!” risponde, leggermente arrabbiato.
“Nessuno è perfetto” interviene mio padre, guardando fisso davanti a sé la strada.
Il luogo in cui abbiamo la cena, è il DSquared, uno dei locali più esclusivi della città ed io odio andare in questi posti. Devo sempre sorridere e essere gentile con tutti. Devo misurare ogni mia parola.
Quando arriviamo, un ragazzo ci chiede le chiavi dell’auto per andare a parcheggiare. Mio padre prede di nuovo sottobraccio mia mamma e cominciano ad abbagliarci di flash.
Ho gli occhi infastiditi. Mi chiedo cosa provino le star a stare sempre sotto i riflettori e ad essere fotografati ogni secondo. Dev’essere una vera scocciatura. Danny accanto a me, si guarda intorno,a metà tra il meravigliato ed il confuso. Non capisce perché ci stiano dedicando tutte queste attenzioni.
“Signor Zucchi, ci può lasciare una dichiarazione?”.
Lui fa cenno di no con la testa ed entriamo nel ristorante.
Qui c’è una calma assordante, l’unico rumore è la musica classica di sottofondo ed un leggero chiacchiericcio. Noto altre persone, tutte vestite elegantemente, che appena ci vedono, ci sorridono.
Un signore di mezza età ci viene incontro “Steve!” esclama in direzione di mio padre abbracciandolo velocemente.
“Ciao, Carlo” risponde lui “Ne è passato di tempo”.
“Direi di sì!” poi guarda mia madre “Karen, come stai?”.
“Non c’è male”.
Lo sguardo di questo Carlo, che dev’essere un vecchio collega di mio padre, si posa su me e su Daniel e noto un luccichio nei suoi occhi. Mi dà i brividi, ad essere sincero.
“Tu devi essere Max” mi dice, sorridendomi.
“Sì, Massimo Zucchi, piacere di conoscerla”.
Lui ride “E’ davvero uguale a te, Stefano!” dice, utilizzando il nome completo di mio padre.Mio padre gli sorride, ma non dice nulla.
L’uomo di fronte a me fa un gesto con la mano “Suvvia, chiamami Carlo e dammi del tu. Via queste stupide formalità”.
Annuisco “D’accordo” replico, senza aggiungere altro.
“E tu chi sei?” chiede, inginocchiandosi per arrivare all’altezza di mio fratello, il quale si aggrappa alla mia giacca.
“Io mi chiamo Daniele, sono suo fratello”.
“Ma certo” dice mellifluo, poi si alza e torna dai miei genitori.
Vedo mia madre che ci lancia uno sguardo per poi avvicinarsi a noi “Lui è il capo dell’azienda di papà” ci spiega, mentre ci dirigiamo verso il tavolo che ci hanno riservato “Ma è un tipo molto strano” poi mi sussurra all’orecchio “Fai attenzione a lui e tieni d’occhio tuo fratello. Non lasciarlo mai solo con lui”. Mi volto, cercando di chiederle spiegazioni ma mia madre si è già allontanata, per raggiungere e sedersi accanto a mio padre.
Si aggiungono altre persone, tutti colleghi di Steve ma io non riesco a rilassarmi e sorridere. Ripenso alle parole di mia madre e guardo Danny, preoccupato.
Chi diavolo è quel Carlo?



Notes.
Hi everyone!
Fanfiction che racconta la storia di Max ed Edward, scritta senza pretese.
Spero piaccia. Recensioni gradite.
Ciao!

   
 
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