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Autore: Lily Liddell    06/08/2014    3 recensioni
Post-Mockingjay | Hayffie | Effie's POV {+Evelark}
~
Sequel di Rain.
{Potranno comunque essere lette separatamente.}
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Sono passati due mesi da quando Haymitch, Katniss e Peeta sono tornati al Distretto 12. Effie non se la passa bene, Plutarch le dà una mano ma il suo appartamento è stato distrutto durante i bombardamenti; è ancora psicologicamente sconvolta dall’esperienza in prigione e spera che il tempo guarisca le ferite.
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Capitolo 1:
Io non so più chi o che cosa sono. Al 13 ero una capitolina, alla Capitale sono una ribelle… Fortunatamente, fra le quattro mura di questo appartamento, sono solo Effie.
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Capitolo 18:
Dal momento che Peeta e Katniss hanno deciso di sposarsi pochi giorni prima del compleanno della ragazza, a lui tocca il compito di preparare non una, ma due torte.
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Capitolo 38:
L’odore pungente del detersivo s’infiltra nelle mie narici e non riesco a combattere la nausea.
I fumi profumati che evaporano dai vestiti appena lavati non sono nocivi ma mi vanno direttamente alla testa, causandomi continui capogiri.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Atmosphere'
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2x06 Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco
 
“TU E IL TUO MALEDETTISSIMO GATTO! GIURO CHE GLI TIRO IL COLLO!”  La voce di Haymitch arriva dalla finestra aperta e tuona per tutta la casa. Ero in cucina, ma esco di corsa per vedere che sta succedendo e lo trovo dentro al recinto delle oche.
La pelle mi si accappona quando mi rendo conto che ne sta reggendo una per le zampe. L’animale penzola senza vita davanti ai miei occhi e sono costretta a distogliere lo sguardo per non sentirmi male.
“È la terza che fa fuori, ti avviso Trinket: se lo prendo mi faccio un paio di guanti con la pelliccia.” La voce è tremendamente seria, ma so che è tutta scena.
Incrocio le braccia al petto, tenendo volutamente lo sguardo lontano dall’oca e alzo il mento. “L’arancione non è il tuo colore, Haymitch. E poi non hai nessuna prova che confermi che sia stato Pumpkin. Potrebbe essere stato un cane randagio…”
Lui mi piazza di fronte quella maledetta bestiaccia morta e io volto ancora di più la testa. “Questa non è opera di un cane. È opera di un gatto, del tuo gatto.”
Alza la voce di nuovo e questa volta mi guardo intorno infastidita, se continua così perfino Katniss e Peeta riusciranno a sentirlo. Faccio un passo indietro per allontanarmi da lui e dall’oca e poi gli indico la porta di casa con un veloce cenno della testa. “Metti via quell’animale e torna dentro. È soltanto un’oca…” Con queste parole torno dentro casa, lasciando la porta aperta.
Alex mi aspetta all’ingresso della cucina, ovviamente ha sentito tutto, perché appena mi avvicino abbastanza, lancia un’occhiata incuriosita alla finestra. “Un’altra oca?”
Io annuisco e raggiungo il lavello. Se c’è una cosa che detesto è lavare i piatti sporchi, ma ho bisogno di distrarmi e mi accontento di ogni cosa. “Dammi una mano, per favore.” Gli chiedo e lui obbedisce.
Non parliamo mentre io lavo le stoviglie e lui le asciuga con un panno; da quando è sbocciata la primavera le cose hanno cominciato a girare per il verso giusto, finalmente.
Con il bel tempo, il telefono ha ripreso a funzionare e riesco a mettermi in contatto settimanalmente con tutti e a portare a termine il mio lavoro con Plutarch.
Agli inizi di aprile hanno anche ripreso i lavori in tutto il Distretto, la vecchia casa di Peeta è quasi di nuovo in piedi e io non ho ancora deciso che cosa fare… immagino di doverne parlare con Haymitch, ma in questi giorni, con le sue oche squartate dai randagi, non ho nessuna voglia di mettermi a parlare con lui.
È soprattutto per questo che nei due giorni successivi parliamo a malapena, io cerco di evitarlo ma lui non fa nulla per non essere evitato.
Dopo tre giorni di trattamento del silenzio, una sera decido di provare a ragionare con lui, perché a quanto pare sono l’unico adulto presente nella casa.
Vado da lui con le migliori intenzioni, e lo trovo ubriaco sul letto, ma per fortuna non è incoerente.
Ben presto, però, mi rendo conto che ragionare è impossibile, dopo due minuti di parole dette con calma e razionalità, come al solito lui comincia a lamentarsi del fatto che ho monopolizzato la casa, che sono una spina nel fianco e che non vede l’ora di liberarsi di me.
Tutte cose che ho già sentito, ovviamente, ripetute per l
’ennesima volta solo perché è ubriaco… ma questa volta il litigio degenera.
Lui lascia il letto e comincia ad alzare la voce e io mi ritrovo costretta a fare lo stesso. Finiamo per urlarci cose terribili in faccia e mi ritrovo ad accusarlo di cose che per quanto vere, preferirei non tirare fuori in questo momento, come l’alcolismo e il fatto che si sta comportando in maniera pessima da settimane, sempre rinchiuso, sempre di cattivo umore.
L’adrenalina che scorre nelle mie vene ha un effetto strano, il dove e il quando scompaiono. Mi sembra di essere tornata indietro, ai tempi dei Giochi, quando le parole avevano un significato diverso, quando le nostre grida ostili rimbombavano nel salotto dell’attico, durante gli Hunger Games, quando non avevo incubi e non avevo paura anche della mia stessa ombra.
Haymitch riesce a farmi diventare matta; sono furiosa, furiosa come non ero da moltissimo tempo e come mai pensavo sarei stata di nuovo. Allo stesso tempo, però, non riesco nemmeno a ricordare l’ultima volta che mi sono sentita così viva.
Poi tutto succede talmente in fretta da non rendermene nemmeno conto.
Haymitch avanza pericolosamente verso di me, ma esattamente come avrei fatto un tempo, non indietreggio, anzi, avanzo. Le nostre voci si sovrappongono, gli punto un dito accusatorio contro il petto e lui mi afferra istintivamente il polso.
C’è un attimo di stasi, entrambi smettiamo di parlare. Nei suoi occhi grigi c’è una luce diversa, minacciosa ma dura un attimo. Non mi da nemmeno il tempo di allarmarmi, prima di prendere coscienza della situazione. A questo punto immagino che allenterà la presa e farà un passo indietro, invece fa esattamente l’opposto.
In un battito di ciglia mi ritrovo inchiodata alla parete, con il corpo di Haymitch premuto contro il mio, come se potessimo diventare incorporei e passare dall’altra parte.
Le sue labbra attaccano le mie in un bacio affamato, quasi feroce. Dopo quella sera di ottobre, non avevamo più parlato del bacio, questa volta però le cose sono completamente diverse.
Questo bacio non assomiglia in minima parte all’ultimo che ci siamo scambiati, questo bacio è carico di rabbia e tensione. Denti contro denti, lingua contro lingua.
Con la stessa velocità con cui è iniziato, poi, finisce.
Ci ritroviamo entrambi senza nulla da dire, ansimanti e confusi.
Nei suoi occhi leggo una domanda muta, cerca il minimo segno di esitazione dalla mia parte, ma non ne trova e così si rifà avanti, coinvolgendomi in un bacio non meno passionale del primo.
Non so nemmeno io perché questa volta il mio cervello non mi abbia imposto di fermarmi, perché il mio corpo non si sia paralizzato dalla paura.
Forse è l’adrenalina che ancora scorre nelle vene a causa del litigio o forse è la rabbia che è ancora presente e non vuole cedere il posto a nessun altro sentimento.
L’unica cosa di cui sono certa è che questa volta non c’è niente che mi impedisca di lasciarmi andare.
Non avrei mai creduto che dopo tutto quello che mi è stato fatto, avrei permesso a qualcuno di toccarmi. Ovviamente, in fondo al cuore, sapevo che se mai fosse successo di nuovo, questo qualcuno doveva essere Haymitch.
Con una forza che non immaginavo avesse, mi solleva di peso dalla parete finché non siamo entrambi sul letto.
Riesco a liberarlo dalla maglietta prima di mettermi a litigare con la cintura dei suoi pantaloni, forse per la prima volta nella storia dei nostri incontri romantici, sono io ad avere più problemi con i vestiti.
Ovviamente Haymitch non perde l’occasione di farmelo notare. “L’ultima volta è stato più difficile farti uscire dai tuoi maledetti vestiti.” La sua voce è più profonda, rotta dall’eccitazione.
Ricordo l’ultima volta come se fosse stato ieri, come se non fosse successo nulla in questi anni e la cosa mi sorprende, mi spaventa quasi. Non dovrebbe essere così semplice, ma lo è. 
“L’ultima volta resterà l’ultima se non stai zitto.”
Ricordi un litigio simile a questo mi affollano la mente, poco dopo che i ragazzi erano entrati nell’arena. Ricordo un vestito molto più complicato rispetto a quello che indosso ora… Ricordo di essermi infuriata perché lui continuava a uscire di nascosto invece che restare con me a controllare che non succedesse nulla di male. Se soltanto mi avesse detto qualcosa…
Le mie riflessioni s’interrompono bruscamente quando Haymitch comincia a tracciare una lunga scia di baci, facendola partire dal collo, scendendo sul petto, sull
’addome, sullo lo stomaco.
Presto non c’è più niente che impedisca alla nostra pelle di essere a contatto; i miei pensieri diventano incoerenti, poi svaniscono nel nulla, sopraffatta dalle sensazioni.
Il mattino seguente sono svegliata dalle grida terrorizzate di Lavinia.
Spaventata, balzo giù dal letto. Haymitch mi segue a ruota, senza dimenticare di afferrare il coltello che tiene sempre nascosto sotto il cuscino.
Arriviamo davanti alla porta e subito mi ritrovo fra le braccia Lavinia, tremante e in lacrime. Alzo la testa per vedere che cosa sta succedendo e a stento trattengo un grido orripilato.
Anita è nascosta spaventata dietro il fratello, Alex sembra tranquillo.
Sul letto di Lavinia, decisamente morta, c’è quella che un tempo era un’oca e che adesso è un cumulo di piume e sangue. L’animale, completamente smembrato, è al centro del letto, in una chiazza densa e rossa.
Dietro di me sento Haymitch ringhiare, mi volto verso di lui e vedo che si sta asciugando il sudore dalla fronte, con la mano che ancora regge il coltello. È impercettibile, ma riesco a notare un leggero tremore…
Anche io mi ritrovo a tremare, l’urlo di mia nipote è stato agghiacciante. La stringo di più, accarezzandole la testa.
Lavinia strofina il viso contro il mio stomaco e quando parla, la voce è rotta da singhiozzi. “Mi sono svegliata ed era sul mio letto.”
“Va tutto bene, tesoro. Adesso va in bagno a sciacquarti il viso.” Cerco di sorriderle, poi mi rivolgo ad Anita. “Accompagnala, per favore.” La sorella non se lo fa ripetere due volte, si allontana da Alex e prende Lavina per una mano, accompagnandola alle scale.
Appena si sono allontanate, Haymitch punta il coltello contro l’oca. “Appena quel gatto si fa vivo non la passa liscia.”
Sto per ribattere, ma Alex è più veloce di me. “Non dovresti arrabbiarti. È sul suo letto, vuol dire che è un regalo…”
“Un reg-” Haymitch comincia a lamentarsi seccato, ma il mio sguardo lo ferma e si morde le guance, prima di alzare le mani in segno di resa e di allontanarsi.
Gli vado dietro, ma prima che possa dire o fare nulla, esce di casa sbattendo la porta.
Tiro un sospiro di sollievo, perché almeno adesso non dovrò evitare che Haymitch insegua Pumpkin per tutta la casa, quindi torno da Alexandre. “Va a controllare come sta Lavinia, qui ci penso io.”
Lui annuisce e si allontana, io resto da sola con quella povera bestia. Riesco a fissarla per cinque secondi, prima di decidere di non avere nessuna intenzione di spostarla.
Però non può rimanere lì e di sicuro non posso chiedere ad Alex di farlo al posto mio. Mi resta solo una cosa da fare: chiamare – per l’ennesima volta – Peeta.

Come al solito arriva qui poco dopo averlo chiamato e mette l’oca in una scatola, poi mi aiuta a cambiare le coperte.
“Non è così strano.” Mi dice, mentre sistemiamo il lenzuolo. “Anche Ranuncolo qualche volta lo fa. È nella natura dei gatti, non potete farci nulla.”
Porto gli occhi al cielo, scuotendo la testa. “Prova a convincere Haymitch…” dico sarcastica.
“Sono sicuro che gli passerà, sa quanto è importante quel gatto per te. Sono tutte parole, non gli torcerà nemmeno un pelo, vedrai.” Cerca di rassicurarmi e questa volta gli do ragione.
Come potrei mai dimenticare quello che ha fatto per me quando sono arrivata qui? Avrebbe potuto lasciare che Pumpkin morisse fra le fiamme dell’incendio e invece non l’ha fatto.
Chiudo gli occhi e inspiro lentamente, Haymitch aveva ragione. È ovvio che si tratta del mio gatto e adesso sono io che gli devo delle scuse… “Grazie Peeta, non so davvero come avrei fatto senza di te.”
“Tranquilla, Effie. Mi fa bene distrarmi un po’ ogni tanto.” Questa volta nel suo sorriso c’è qualcosa di strano, una nota amara che non riesco a decifrare.
Vorrei approfondire, ma allo stesso tempo non vorrei metterlo a disagio, quindi preferisco restare in silenzio e aspettare che sia lui a parlare, se vuole farlo.
Peeta, però, lascia cadere l’argomento, scusandosi e dicendo di dover tornare a casa per finire un dipinto, io lo ringrazio ancora e lo lascio tornare alla sua quotidianità.

La giornata prosegue tranquillamente, non voglio nemmeno pensare che fine abbia fatto la carcassa dell’oca, probabilmente seppellita da qualche parte o cremata.
Lavinia si è ripresa e così anche Anita, Alex le ha spiegato che cosa significava quel gesto. La bambina temeva che il gatto potesse essere arrabbiato con lei e che le avesse voluto fare un dispetto, ma dopo aver appreso che si trattava di un regalo, era decisamente meno scossa.
Pumpkin è comparso nel primo pomeriggio, l’ho trovato mentre stava disteso sornione sul davanzale della finestra a riscaldarsi sotto i raggi del sole, mi ha guardata per qualche secondo, poi è sceso dalla finestra e ha cominciato a strusciarsi fra le mie gambe, finché non gli ho dato da mangiare, come se nulla fosse.
Quando il sole comincia a tramontare, decido di andare a prendere una boccata d’aria fuori.
Appena esco, le oche cominciano a starnazzare impazzite, lancio un’occhiataccia verso la loro direzione e poi vado a sedermi sul mio solito dondolo (sistemato da Peeta un paio di mesi fa) rilassandomi dopo quella che è stata una lunga, lunghissima giornata.
Una risata in lontananza riempie improvvisamente l’aria, sollevo lo sguardo cercando la persona da cui proviene.
Più avanti, davanti la casa di Katniss e Peeta, Lavinia sta giocando con Ranuncolo, gli accarezza la testa, si rincorrono e lui le fa degli agguati scherzosi.
Non è la prima volta, Lavinia adora gli animali, e gli animali adorano lei; però mi ritrovo a richiamarla, perché già altre volte ha giocato con il gatto di Katniss davanti alla loro casa, con me presente, e lo sguardo della ragazza si era incupito terribilmente.
Solo qualche giorno più tardi Peeta mi ha raccontato di quanto Ranuncolo fosse legato a Primrose e mi ha confidato che in quell’occasione Lavinia le aveva ricordato la sorella.
Un po’ dispiaciuta, mia nipote torna in casa, non le abbiamo spiegato il motivo per cui non deve giocare con Ranuncolo se non è nel nostro giardino, ma è una bambina sveglia e credo che abbia captato qualcosa.
Dopo poco, riconosco la sagoma di Haymitch avanzare verso casa, lo aspetto senza muovermi e quando raggiunge il portico, invece di entrare si siede accanto a me, senza molta eleganza.
Ha bevuto ma è ben lontano dall’essere ubriaco, però ha una bottiglia vuota in mano; prendo un bel respiro e parlo senza guardarlo negli occhi, perché altrimenti non riuscirei a scusarmi come avevo deciso di fare. “Avevi ragione… a proposito di Pumpkin. Mi dispiace…” Poi un altro respiro, calando lentamente le palpebre. “E mi dispiace di aver detto quelle cose terribili ieri sera, sull’alcool e tutto il resto.”
Haymitch resta in silenzio per qualche secondo, poi mi passa un braccio attorno alle spalle. “Credo che ti sia già fatta perdonare per quello che hai detto ieri sera, Principessa.” Anche se non lo sto guardando, riesco a sentire il ghigno che si è formato sulle sue labbra.
Scuoto la testa rassegnata, e io che ancora mi stupisco, penso

“Da domani terrai il tuo gatto chiuso in casa, e se esce e ammazza un’altra delle mie oche mi assicurerò che non ci sia Peeta ad aiutarti con la carcassa…” Il suo tono di voce è un po’ troppo divertito per i miei gusti.
Con una smorfia, faccio per dire qualcosa, ma le oche che starnazzano m’impediscono di aprire bocca. Si capisce immediatamente che sono spaventate; sia io che Haymitch balziamo in piedi.
Gli animali stanno svolazzando e dimenandosi ovunque.
“EHI!” Haymitch lancia la bottiglia vuota in mezzo al gruppo di oche. “SCIÒ!”
Un lamento e un soffio, poi un movimento di coda e Ranuncolo balza sul recinto, con una piuma attaccata al muso.
Io lo sapevo, lo sapevo, che il mio cucciolo non poteva fare una cosa del genere!
Haymitch sbraccia di nuovo e il gatto schizza via, correndo verso la sua casa.
Ancora un po’ sconcertata, seguo la sua fuga finché non entra con un balzo aggraziato, attraverso una finestra aperta, poi torno a guardare Haymitch, sollevando un sopracciglio. “Chiedo scusa, stavi dicendo?”
Dopo aver lanciato un’altra occhiataccia rivolta verso la casa dei due ragazzi, Haymitch si limita a passarmi una mano dietro la schiena e mi incita ad avviarmi alla porta di casa. “Dentro, forza.”
Sulle mie labbra, però, non può che apparire un sincero sorriso soddisfatto. Potrà ammetterlo o meno, ma avevo ragione io…


A/N: Salve! Non vedevo l’ora di scrivere questo capitolo!!!
Spero con tutto il cuore che vi sia piaciuto, non so quando potrò riaggiornare perché devo partire per una vacanza. Con un po’ di fortuna, avrò il tempo di scrivere così non appena tornerò potrò inserire i nuovi capitoli.
Fatemi sapere cosa ne pensate e alla prossima!
 

x Lily
   
 
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