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Autore: Ekaterina Belikova    06/08/2014    2 recensioni
La storia ha inizio il 16 gennaio 1941 a Charleston, West Virginia. In tutta l'Europa imperversa la terribile e distruttiva Seconda Guerra Mondiale e, nonostante, gli Stati Uniti non siano ancora entrati in guerra vengono continuamente mandati volontari, scorte di cibo e armi per aiutare gli Alleati.
Elizabeth "Liz" Williams è la figlia di uno dei più importanti generali dell'Esercito americano e ha appena compiuto diciassette anni. Anche se vive lontano dalla guerra è costantemente preoccupata che il suo adorato fratello maggiore Henry venga mandato al fronte ed è consapevole, a differenza delle altre ragazze della sua età, di quello che sta succedendo nel mondo.
La sera del suo compleanno esce di casa di nascosto per andare a ballare con la sua migliore amica Emma, ma non sa che questo la porterà incontro a un enorme cambiamento di nome James Carter.
Dal testo:
"Era giovedì 16 gennaio del 1941, giorno del mio diciassettesimo compleanno, nonché il giorno in cui la mia vita cambiò per sempre. La mia vecchia vita fu stravolta e spazzata via come un uragano lasciando posto a qualcosa di ancor più bello e allo stesso tempo ancor più terribile. "
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Storico
Capitoli:
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Eccomi qui con un altro capitolo alle due del mattino. Questo è stato un parto perché sapevo già che cosa sarebbe successo e non avevo la forza di scriverlo. L'ho appena finito di scrivere quindi se notate qualche strafalcione fatemelo sapere.


Spero vi piaccia.


 

Terzo capitolo
 
 
Quella notte non riuscivo a dormire, alle undici passate continuavo a rigirarmi nel letto cercando di prendere sonno, ma riuscivo solamente a pensare a quel paio di occhi azzurri. Sbuffai allontanando le coperte dal mio corpo e mi alzai dal letto. Uscii dalla stanza facendo attenzione a non svegliare Rosalie e andai verso lo studio di papà, sicura di trovarlo lì.
Spesso, quando facevo fatica ad addormentarmi a causa dei troppi pensieri, andavo a cercare mio padre. La sua sola presenza mi tranquillizzava.
Aprii la porta e lo vidi seduto sulla poltrona di pelle dietro all’imponente scrivania di mogano mentre leggeva un libro dall’aspetto importante. Tre pareti erano completamente riempite di libri, dal pavimento fino al soffitto, mentre sulla quarta parete c’era un camino acceso dal quale proveniva un piacevole calore. Oltre alla scrivania c’erano anche un divano, tre poltrone, un tavolino da caffè e un tappeto persiano che dovevamo lavare fuori in giardino ogni estate.
Mio padre alzò lo sguardo dal libro e mi fece segno di sedermi su una delle sedie davanti alla scrivania.
-Che cosa ti turba, bambina mia? –chiese chiudendo il pesante tomo e posandolo sulla scrivania provocando un leggero tonfo.
-Ho semplicemente troppi pensieri –risposi alzando le spalle e stringendomi addosso la coperta che avevo messo sulle spalle prima di uscire dalla camera.
Mi studiò per qualche secondo come se non fosse convinto completamente della mia risposta, ma non fece ulteriori domande e cambiò argomento: -Ormai hai compiuto diciassette anni e immagino che vorrai arruolarti come infermiera.
-Sì, papà, anche se mi dispiace andare contro il volere della mamma!
-Oh, Liz, a tua madre ci penso io. Non preoccuparti! –esclamò con un sorriso. Mio padre mi sosteneva, lo faceva sempre il mio caro povero vecchio adorato papà.
-Non lo faccio per capriccio, lo sai bene, ma perché la gente ha bisogno di noi.
-Sono fiero di te, bambina! – Si sporse oltre la scrivania per farmi una carezza sulla guancia.
–Lunedì vai all’ufficio arruolamenti alle dieci del mattino.
Quasi quasi feci i salti di gioia appena udii le sue parole e andai da lui per abbracciarlo. Ero così felice di avere qualcuno che appoggiava le mie scelte.
 
 
Il mattino dopo mi svegliai di buon’ora e riposata. La chiacchierata con mio padre mi aveva aiutata, in un certo senso, a dormire. Andai al piano di sotto per aiutare la mamma a preparare la colazione, ma lei era vestita di tutto punto.
-Buongiorno, mamma! Dove vai?
-Vuoi dire ‘andiamo’. Anne Hemmings ci ha invitate a colazione, quindi vai a svegliare le tue sorelle e preparatevi!
La signora Hemmings, nonché la madre di Lucas, ci invitava spesso a casa sua dato che tutti e tre i suoi figli erano al fronte e suo marito era morto dieci anni prima a causa di una terribile forma di polmonite. La mamma, Anne Hemmings e Louise Grayson –la madre di Emma- si conoscevano fin dal liceo e la loro amicizia contribuì a far nascere un forte legame tra me ed Emma e tra Lucas e me. Erano i miei migliori amici anche se non si sopportavano a vicenda e bisticciavano spesso, anche sugli argomenti più stupidi come il gusto del gelato.
 
 
Anne Hemmings era una cuoca davvero eccezionale e ogni volta che andavamo a casa sua ci stupiva sempre con le sue doti culinarie. Trovammo il tavolo imbandito con cibi per la colazione di ogni genere: focaccine calde e morbide, marmellate, succhi di frutta, latte, the, tre tipi di biscotti fatti in casa, caffè, bacon, uova, pancake affogati nello sciroppo d’acero e un sacco di altre bontà. Ingrassai di almeno due chili solo guardando tutto quel ben di Dio!
A quell’età ero davvero una buona forchetta perciò riempii il piatto di leccornie e le spazzolai via in meno di dieci minuti senza risparmiarmi le occhiate invidiose delle mie sorelle maggiori che non riuscivano a mangiare troppo senza mettere su peso, a differenza mia.
-Ho ricevuto una lettera da Lucas due giorni fa, me ne sono arrivate ben cinque in una volta da Jack la settimana scorsa e una da Ben lunedì. – Stava dicendo Anne con un malinconico sorriso sulle labbra.
-Diana mi ha detto che si sposeranno appena Lucas tornerà negli Stati Uniti, cioè fra due mesi –dissi prendendo un sorso di the caldo.
-Davvero? Non ne avevo idea – mormorò la mamma.
-Oh, sì! Diana è davvero una cara ragazza! –esclamò Anne con un luminoso sorriso.
-Sono così felice per loro –trillò Isabelle contenta. Lei adorava i matrimoni anche se sospettavo che fosse perché aveva un buon motivo per mettersi in ghingheri e comprarsi un abito nuovo.
-Il mese prossimo le ragazze e io inizieremo a organizzare tutto, così appena Lucas sarà a casa dovrà solamente presentarsi all’altare! –dissi facendo scoppiare tutte a ridere. Mentre Anne e la mamma parlavano della signora Kent –che a quanto pareva stava tradendo il marito con un soldato che aveva dieci anni meno di lei – e Isabelle e Rosalie degli abiti che avrebbero indossato al matrimonio di Lucas e Diana, il campanello di casa Hemmings suonò.
-Vado io –dissi alzandomi, ma le altre quattro donne non mi davano importanza, assorte com’erano nei loro discorsi.
Andai verso la porta e sfoderai un sorriso di cortesia prima di aprirla.
Oh, non l’avessi mai fatto! Ricordo ancora adesso il momento in cui aprii quella dannata porta, ma anche se non l’avessi fatto dubito che sarebbe cambiato qualcosa. Quell’istante fu uno dei tanti avvenimenti che segnarono la mia intera vita, in un modo o nell’altro.
 
Davanti a me c’era un soldato in divisa da cerimonia con un addolorato sguardo di cortesia.
-Salve, sto cercando la signora Hemmings –disse togliendosi il berretto. Lo fissai per qualche istante senza proferire parola.
-Liz, cara, chi … -Anne mi aveva raggiunta e stava fissando il soldato con uno sguardo perso. E poi, lanciò un urlo. Fu un urlo così straziante e doloroso. La mamma, Rosalie e Isabelle accorsero a vedere che cosa stava succedendo.
-Mi dispiace, signora Hemmings, suo figlio … -Il soldato fu nuovamente interrotto da un altro urlo e da Anne che si accasciava al suolo fra le braccia della mamma.
 
 
 
L’aria fredda di gennaio mi sferzava il viso con violenza arrossandomi la punta del naso e le guance spruzzate leggermente di lentiggini. Ero appena uscita dal cinema, accompagnata dalle mie amiche e dai quattro soldati conosciuti la sera precedente.
Avevo passato tutta la mattinata e il pomeriggio a piangere, versando lacrime amare e piene di dolore e angoscia. Quando arrivò l’ora di prepararmi indossai un qualsiasi vestito, misi un po’ di trucco per nascondere le occhiaie e gli occhi resi rossi dalle lacrime ed ero ugualmente uscita. Non volevo rovinare l’uscita delle ragazze, Emma ci teneva così tanto!
L’unica parola che pronunciai fu un piccolo ‘ciao’ sussurrato appena arrivata al luogo dell’appuntamento e non avevo nemmeno rivolto la parola a James. Camminavo con lo sguardo basso, guardandomi la punta degli stivaletti, perché ogni volta che guardavo Diana rischiavo di scoppiare di nuovo in lacrime.
-Che cos’è quel muso lungo, Liz? –chiese Emma dandomi un piccolo buffetto sulla spalla.
-Lo so io che cos’ha la nostra piccola Lizzie –disse Pam con tono civettuolo. – Ha litigato di nuovo con sua madre perché non vuole darle il permesso di arruolarsi come infermiera e ora lei sta tenendo il muso.
-Smettila, Pam! –la rimproverò Diana. Al suono della sua voce alzai di colpo la testa e la guardai mentre i miei occhi venivano inondati di lacrime.
-Tu non sai niente –sussurrai con la voce rotta.
-Sapere che cosa? –chiese Emma.
Non ressi più. La mia maschera cadde a terra rompendosi in milioni di pezzi e con essa caddi a terra anch’io, con le mani sul viso e scossa dai singhiozzi. A terra, però, non ci arrivai perché le forti mani di James mi afferrarono appena in tempo e mi aiutò a sedermi sulla panchina più vicina.
-Che cos’è successo, Elizabeth? – sussurrò James al mio orecchio in modo che potessi udirlo solamente io. Impiegai qualche minuto per riuscire a parlare.
-Stamattina eravamo a casa della signora Hemmings quando è arrivato un soldato e… - mi interruppi a causa dei singhiozzi. Sentivo la mano di James accarezzarmi dolcemente la schiena coperta dal cappotto cercando di calmarmi. Alzai il viso verso Diana che mi guardava con gli occhi spalancati. –Mi dispiace così tanto, Dee!
Alle mie parole urlò e iniziò a piangere fra le braccia di Pam. Il suo urlo fu più forte e tragico di quello di Anne Hemmings, fu l’urlo straziante di una creatura che aveva appena perso l’altra metà della sua anima, di una donna che aveva perso l’amore della sua vita, la sua anima gemella.
 
Il soldato – Kevin Sullivan era il suo nome – quella mattina aveva portato con sé un’orribile notizia e un telegramma come evidente prova scritta di quella tragedia.
 
TENENTE LUCAS HEMMINGS
MORTO IN MISSIONE COME VOLONTARIO. ABBATTUTO DAI CACCIA TEDESCHI.
IL GIORNO 16 GENNAIO 1941.
 
Il mio caro povero Lucas era morto sotto i colpi di quei maledetti tedeschi proprio il giorno del mio compleanno. Quei maledetti figli di puttana avevano portato via un figlio, un amante, un fratello, un amico, un soldato…
Mi avevano portato via il mio Lucas!
Mentre io ero a festeggiare beatamente, mentre aprivo i regali, mentre facevo la smorfiosa con il maggiore Carter il mio Lucas –il mio migliore amico, mio fratello – stava lottando per proteggerci e ha perso la vita.
Se solo fosse rimasto qui come Henry.
Si era offerto volontario perché avrebbe guadagnato più soldi combattendo al fronte e voleva metterli da parte per il suo futuro con Diana e per il nostro viaggio. Ora non c’era più un futuro per lui!
Avevamo deciso che quell’estate avremmo fatto un viaggio on the road in giro per gli Stati Uniti, solo lui, Emma, Diana, Pam e io. Saremmo saliti su un’auto e avremmo girato l’intero Paese dormendo in tenda, in macchina o in qualche motel a basso costo e mangiando nei fast food.
Aveva dei sogni, dei progetti e solo diciotto anni! Tutto spazzato via, la sua vita e la nostra felicità.
 
 
 
-Non ho fame –dissi aprendo bocca dopo quelle che mi sembrarono ore. Non ero riuscita a dire quelle tre parole: Lucas è morto! Pam aveva riportato Diana a casa –accompagnate da Ethan e Frankie – e sarebbe rimasta con lei per tenerla d’occhio. Aveva suggerito a Emma di fare lo stesso con me, le avevo sentite.
Ero da ‘Sally’s’ con Emma, James e Dave. Tenevo la testa appoggiata al muro e gli occhi socchiusi. Avvertivo una forte nausea e avevo un terribile mal di testa. Mi guardavano tutti e tre preoccupati e avevo una gran voglia di urlare loro contro, ma non ne avevo la forza. Arrivarono le loro ordinazioni e la cameriera mi posò dinanzi un bicchiere di Coca Cola.
-Devi mangiare qualcosa, tesoro! –esclamò Emma accarezzandomi la mano che tenevo appoggiata sul tavolo
-Quando ho aperto la porta e ho visto quel soldato davanti a me, per un momento ho egoisticamente sperato, con tutto il mio cuore, che dicesse il nome di Ben o quello di Jack –dissi ignorando la bionda. -Ho pensato che sarebbe stato più facile se fosse morto uno di loro due perché sarebbe stata solo la signora Hemmings a soffrire così tanto, così io e Diana non saremmo state così coinvolte. Così io non avrei sofferto così tanto! Sono una persona orribile! –
Per quanto volessi bene anche ai fratelli maggiori di Lucas –Jack e Ben – ero molto più legata al minore che era una parte di me. La morte era una cosa terribile e non la si doveva augurare a nessuno, nemmeno al nostro peggior nemico!
-Non dire così, Liz! – mi rimproverò Emma.
-Chiunque al tuo posto lo avrebbe pensato, Elizabeth, non rimproverarti per questo. Sei umana ed è comprensibile in un momento come questo desiderare la morte di qualcun altro piuttosto che quella delle persone amate. – La voce di James fu come un balsamo per le mie ferite interne. Alzai lo sguardo su di lui e vidi che nei suoi occhi c’era un dolore simile al mio, sentivo che lui era l’unico in grado di capirmi. Chissà quanti compagni, quanti amici aveva perduto laggiù! Aveva forse conosciuto anche Lucas?
-Ho bisogno d’aria! –esclamai alzandomi in piedi e lanciando un’occhiata a Emma quando cercò di seguirmi. Sentivo le lacrime premere per uscire nuovamente fuori e non volevo continuare a piangere davanti a loro.
Dopo che uscii dal locale sentii nuovamente la porta aprirsi e richiudersi alle mie spalle, ma non mi voltai. In pochi secondi mi ritrovai fra le braccia di James e scoppiai nuovamente a piangere stringendo fra le mani con rabbia il suo cappotto. Mi accarezzava i capelli e la schiena tenendomi stretta a sé.
-Rivoglio il mio Lucas! –esclamai tra i singhiozzi.

-Va tutto bene, Elizabeth. – Lo sentii dire e sentii anche le sue labbra posarsi sulla mia testa. Avrei voluto che fosse una situazione migliore per potermi beare di quel contatto così bello e intimo fra di noi.


 
Come vi è sembrato? 
Personalmente ho pianto mentre scrivevo e sto piangendo ancora adesso mentre lo sto postando. Uccidere Lucas è stato una cosa orribile.
Sto seguendo le orme di J.K. Rowling, G.R.R. Martin, Suzanne Collins e tutta quella sfilza di autori che uccidono tutti i miei personaggi preferiti - o nel caso di Martin TUTTI i personaggi - e considerando che ne ho già fatto fuori uno al terzo capitolo prevedo una strage, tante lacrime, tanti fazzoletti e un sacco di insulti alla mia persona.
Votate e fatemi sapere che cosa ne pensate attraverso i commenti.
Ci rivediamo al prossimo capitolo :)

- Ekaterina
  
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