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Autore: Clawdia    06/08/2014    7 recensioni
La storia di Santana e Brittany dopo le vicende di "Insegnami ad Amare".
Tutti adorano le storie idilliche, perfette, in cui tutti si amano e vivono felici e sereni nel loro universo di cristallo vero? A quanto pare non proprio tutti. Vivere la loro vita insieme è tutto ciò che hanno sempre cercato e voluto, hanno lottato per il loro amore e continueranno a farlo sempre nelle loro strambe, complicate, divertenti, tristi, normali e pazze giornate. Perché chi ha detto che il matrimonio è la fine dell'amore non ha mai visto le due Signore Pierce-Lopez!
Genere: Angst, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Kurt Hummel, Nuovo personaggio, Quinn Fabray, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Insegnami a...'
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Parcheggiai la macchina con una lentezza estenuante nella speranza che quella manovra non finisse mai e ci desse il tempo di fuggire da quella missione suicida. Entrare, ascoltare, fingere. Quella che si presentava davanti ai nostri occhi scuri era un operazione divisa in 3 semplici fasi e l'avremmo superata senza grossi problemi, io ne ero sicura.
Dopotutto quanto spaventosi potevano essere dei semplici professori?
E che ci sarebbe voluto a parlare un po' con le mamme degli altri bambini?
Andiamo. Erano cazzate no? 
«Te la stai facendo sotto vero?»
«TOTALMENTE.»
Sara e io ci guardammo un ultima volta prima di scendere dall'auto strette nei nostri vestitini tattici. Mamma e figlia modello erano pronte per i loro primi colloqui.
«Dai non puoi essere andata così male...» continuavo a ripetere mentre salivamo i gradini della scalinata principale «Santana i maestri non hanno mai sentito la mia voce.»
«Potremmo spacciarti per muta?!»
Questa era un idea geniale. In questo modo dalla strana della scuola sarebbe balzata direttamente ai primi posti. «Avreste dovuto indicarlo nel primo modulo no?»
«Potremmo sempre dire che non ce n'eravamo mai accorte.»
Sara si mise una mano sulla fronte, probabilmente la considerava una pessima idea.
Effettivamente in quel modo avrebbero potuto segnalare questa nostra negligenza all'orfanotrofio e ci sarebbe toccato passare qualche bel casino prima di riottenere la bambina. Brittany ne sarebbe morta, ne ero sicura. E io sarei stata accidentalmente uccisa da lei molto prima di tutto ciò. No, non potevo permetterlo!
«Bene. Come sto?» chiesi sistemandomi il colletto di quella camicetta presa in presto a mia moglie. Era professionale, semplice e dava l'idea di una perfetta madre e donna di casa.
«Poteva andare meglio.»«EHI. Sto dando il massimo.»
«Un massimo molto basso...» commentò ancora lei ricevendosi un pizzicotto al braccio.
«AHI. Mi hai fatto male!»«Quello era l'obbiettivo e...» immediatamente mi bloccai stampandomi un sorrisone da ebete sul viso. «Fai paura.» sussurrò lei rendendosi conto della ragione del mio cambio d'umore. Mandrie di genitori affollavano il corridoio, porte si spalancavano sui professori e i loro registri. Eravamo arrivati all'inferno.
«Ricordami perché lo stiamo facendo...» mugugnai prendendole la manina e mantenendo la mia spettacolare faccia da poker, speravo davvero che la coda fatta qualche minuto prima reggesse a tutta quella baraonda. «Per impedire che Brittany ti uccida e venga delusa da me»
«Ottime argomentazioni. Ora tre, due, uno...diamo inizio allo show.»
Presi posizione dietro l'ultima mamma per la prima fila di quello che a giudicare dal cartellino sullo stipite della porta doveva essere il loro insegnante di italiano. Faceva tanto liceo. 
I ricordi dei miei anni scolastici tornarono prepotentemente alla mia attenzione, tante gonne, tante ragazze, anche una certa quantità di studio. Sicuramente i miei genitori non si erano mai presentati a queste barzellette viventi, non riuscivano proprio a capire a che servisse un incontro tra insegnante e genitore. E poi odiavano sentire gli altri padri e madri vantare i loro figli oltre l'indicibile e mentire spudoratamente su quella piccola canaglia che si ritrovavano in casa. Io non avevo mai avuto bisogno di una cosa del genere, andavo discretamente e per sicurezza avevo sempre nascosto ai miei genitori le date di ogni colloquio. 
«Scusi?»
Una voce stridula proveniente da dietro mi riportò alla realtà. Mi voltai richiamata da una donna di carnagione chiara sul cui collo troneggiava una spaventosa collana di perle. I capelli rossi, folti, incorniciavano quel viso eccessivamente truccato e i vestiti che indossava, probabilmente di marca, chiudevano quella visione non proprio paradisiaca.
«Si?» chiesi confusa sentendo la stressa di Sara sulla mia mano farsi un po' più forte.
«Lei dev'essere nuova qua, sono Susan, la rappresentante della classe di sua figlia.»     
«Oh, conosce Sara?» 
La donna sorrise mostrando dei denti fin troppo bianchi e perfetti per non aver subito qualche piccolo aiuto dal dentista.
«Certo. Essendo rappresentante ho avuto modo di incontrare tutti i bambini più di una volta e di partecipare anche a qualche consiglio.»«Quale onore.» commentai sarcastica ricevendo in tutta risposta una piedata alla gamba. Sara sapeva come farsi sentire.
«Santana.» soffiai lanciandole un occhiataccia prima di allungare la mano a quella donna che, istintivamente, non aveva raccolto grande simpatia. 
«Una delle signore Pierce-Lopez vero?»«Vedo che è molto informata...»
«Amo svolgere i miei compiti al meglio.»
Non avevo alcun dubbio. Così conciata ricordava tanto una delle maestrine dei miei tempi, quelle ragazzine tutte codette, occhiali e maglioncini che si preoccupavano come prima cosa di ricordare alla professoressa i compiti delle volte precedenti.
«Volevo solo farle presente che non si può mettere in fila a piacere, ci son degli ordini da seguire e proprio per questo avrebbe dovuto rivolgersi a me. Ero all'ingresso!» aggiunse ridacchiando «Strano, non l'ho notata.»
Questa volta Sara non mi colpì per punirmi, anzi rise a quella velata frecciatina che avevo appena lanciato nascondendomi dietro la mia schiena.
«Oh be non c'è alcun problema. Tenga, questi son i suoi orari d'ingresso per ogni insegnante, non son poi tanti e non ci sarà molto da aspettare.»«Vedo che siete molto organizzate qua.»
«Beh una scuola di questo livello non può permettersi il caos delle altre, soprattutto una sezione importante come la nostra.»«Davvero?» chiesi quasi divertita.
«Le nostre bambine stanno nella A, una responsabilità non da poco.»
Curioso. Ora anche una lettera riusciva a definire le persone, come se gli alunni delle sezioni D o E meritassero di essere discriminati per il loro scarso intelletto. Molto futuristica come visione. La scuola continuava a sorprendermi in negativo, lo aveva sempre fatto e probabilmente non avrebbe smesso ora che mi sarei dovuta occupare di quella bambina.
«Capisco. Nel frattempo dove potremmo aspettare? A quanto leggo abbiamo ancora mezz'ora prima di iniziare i nostri colloqui.»
«Là in fondo a destra, sempre dritte abbiamo allestito una saletta d'attesa ma se vuole gli altri genitori son tutti là a...»«La saletta andrà benissimo» dissi sorridendo.
«Grazie mille per l'aiuto.» commentai ancora sarcastica prima che però Susan mi fermasse per un braccio tentando di prendermi da parte.
«Io le consiglierei di far un salto almeno a conoscere gli altri genitori, penso sia importante nella sua situazione...»«Nella mia situazione?» la bloccai subito.
«Con la situazione di Sara, il fatto che sia una bambina...un po' particolare e lei e sua...moglie non vi siete mai fatte vedere prima quindi io e le altre mamme pensavamo che sarebbe potuto essere divertente conoscersi un po'.»
Quella frase mi urtò veramente non poco. Probabilmente fossi stata per strada l'avrei spintonata, insultata e lasciata sul posto. Sprizzava razzismo e giudizzi da tutti i pori, il modo in cui aveva enfatizzato le parole particolare e moglie non era passato inosservato ai miei occhi ma lasciai passare, non c'era il tanto di prendersela ne di peggiorare le cose.
«Mi piacerebbe, davvero ma non vorrei lasciare Sara da sola. Sa non è con noi da molto e stiamo ancora cercando di farla sentire a suo agio.»
La donna provò ad interpretare il mio rifiuto in un altro modo ma alla fine la cortesia nella mia voce e la determinazione nei miei occhi non le lasciò altra possibilità se non quella di sorridere, salutarmi con un cenno e vedermi sempre più lontana. Ripresi la mano di Sara e proseguì verso la saletta che ci avevano indicato, dei piccoli divanetti la facevano da padrone sulla quale ci lanciammo a tempo di record. C'erano altre persone nella stanza, altri genitori con i loro bambini ma questo non rappresentava un problema.
«Il posto migliore è mio!» sussurrò Sara alzando il pugno verso l'alto in segno di vittoria. Stavo ancora pensando a come spodestarla senza dar nell'occhio quando quella mocciosetta mi puntò contro i suoi grandi occhioni da cucciola. «Ma se vuoi posso cedertelo. Sei stata brava con l'odiosa mamma di Molly.» Molly. Che nome odioso. Non c'erano dubbi sul fatto che probabilmente la figlia fosse stata condannata da quella donna, certo era una prima impressione ma solitamente non sbagliavo mai.                                     
«Era il minimo mocciosetta.» sussurrai io scorridendo e scompigliandole i capelli
«E ora che facciamo?»«Aspettiamo.»
Sara sbuffò vistosamente incrociando le braccia al petto «Che noiaaaa...»
«Hai un idea migliore tappo?» chiesi ironica mentre evitavo lo sguardo di una mamma visibilmente stanca e stressata da quella peste di suo figlio, un bambino impossessato dal demonio o sicuramente da qualcosa di simile.  
«Potremmo chiamare Brittany!»
Spalancai la bocca per emettere un gran bel NO ma quando mi resi conto della sua proposta non potei far a meno di trovarla estremamente interessante. Non sentivo la mia bionda da un intero giorno e avevamo poco meno di trenta minuti di attesa da far passare. Mi fiondai letteralmente a cercare il telefonino nella borsa, stranamente disperso in qualche angolo buio e sconosciuto e quando lo trovai andai subito alla ricerca di un luogo silenzioso dove poter attendere in silenzio una risposta che probabilmente non sarebbe arrivata. Non ricordavo come funzionava il fusorario ne che ore fossero ora in Germania ma poco importava, Sara in una mano, il cellulare nell'altra e grande trepidazione in attesa di quella voce delicata e familiare che mi avrebbe sicuramente dato la forza di affrontare quei colloqui.

Brittany
«AHAHAHAHAHHAHAH
Siete proprio due sfacciate allucinanti!»
«Lasciamo perdere Britt, mi sarei solo voluta sotterrare.»«Ma sentitela l'innocentina ora!»
Scoppiammo a ridere nuovamente ancor prima di andar giù il secondo cocktail della serata.
Stare con Laura e la sua simpaticissima ragazza Vivien a Berlino mi aveva assolutamente risollevato il viaggio che senza di loro sarebbe probabilmente passato tra noia e mancanze.
Ora invece, assumeva quasi i tratti di una vacanza se non fosse stata per l'assenza di mia moglie e della nostra bambina. Era tardi, avevamo finito l'ultima riunione tra acquirenti e aziende e molto presto ci saremmo tutte ritrovate sui nostri voli di ritorno. Io diretta a casa, Vivien in Francia per lavoro e Laura diretta alla loro casetta in una città poco fuori la capitale.
«Voi due mi mancherete da morire, dovete assolutamente passare a trovarmi!»
«In America? MAGARI!» Vivien scoppiò nuovamente a ridere prima di dare un tenero buffetto sulla guancia della sua ragazza «La signorina qua presente è troppo impegnata a lavoro per potersi concedere una vacanza simile!»
«Se ci ripenserete Laura sappi che noi saremmo ben felici di ospitarvi.»
«Guarda Britt, probabilmente verrei solo per conoscere la tua mogliettina...»«EHI.»
Si lamentò la rossa dandole un colpo alla spalla «Ma no Vivien, non in quel senso. Ci ha parlato così tanto di lei che muoio dalla voglia di incontrarla di persona.»
«Oh quello è vero! E poi confido sulla possessività di Britt in ogni caso!»
Scoppiammo a ridere tutte insieme di nuovo «Ci puoi giurare ragazza!»
Era veramente bello passare del tempo con delle persone così alla mano, così simpatiche. Persone che probabilmente non avrei rivisto mai più. Certo avrei potuto tenere i contatti tra internet e telefono ma non sarebbe certamente stata la stessa cosa, era da parecchio tempo che non si trovava così bene con delle nuove persone e se ci fosse stata Santana al suo fianco probabilmente avrebbe pensato la stessa cosa. E proprio come se il solo pensarla la potesse richiamare ecco che il mio cellulare cominciò a squillare illuminando il nome di mia moglie.
«Oh...è proprio lei. Scusate devo rispondere!»
«Tranquilla Britt...e salutacela!»
Smanacciai tentando di uscire dal locale per poter rispondere alla chiamata e una volta fuori con la schiena poggiata contro il muro premetti il tasto verde.
«Amore...» sussurrai sorridente mentre mi giravo un ciuffo biondo tra le dita.
«Brittany» sentì gridare in coro da lei e Sara. Dunque non era sola, anche la nostra bellissima figlia era con lei. SPLENDIDO. 
«Ciao ragazze. Sara come va?» chiesi subito fremendo e visualizzando mentalmente quel visino color caffè latte. «Bene Britt, tu là? Ci manchi.» sussurrò con quella vocina che mi fece rabbrividire dalla gioia. Strano vero? Rabbrividire di felicità? 
«Qua tutto bene, oggi abbiamo concluso l'ultima riunione con gli acquirenti e dopodomani prenderò il volo per tornare da voi. Mi mancate da morire.»
«Dove sei ora? Sento della musica...»
Santana, la solita. Sempre gelosa e attenta ad ogni particolare, ma non per questo meno amabile. Adoravo quando si preoccupava per me e facendo la possessiva tentava di nasconderlo. «Sono in un locale insieme a Laura, la mia collega europea di cui ti ho parlato e la sua ragazza Vivian.» marcai nettamente il fatto che le due stessero insieme, sarebbe andata in crisi se mi avesse immaginata da qualche parte con un altra ragazza.
«Oh favoloso. Te lo meriti amore, hai faticato così tanto ed è giusto un po' di divertimento!»
«Voi invece?» chiesi tentando di ricordare dove potessero trovarsi al momento. 
«Noi siamo in diretta dai colloqui, vestite di tutto punto e pronte per presentarci davanti agli insegnanti.» la sentì ridacchiare dall'altra parte del ricevitore. Oh giusto, quasi dimenticavo.
«Cavolo avete già parlato con qualcuno? Vabbe che Sara sicuramente andrà da dio e non ci sarà nulla da temere. Hai per caso conosciuto anche qualche genitore?»
Era nostro dovere cominciare a far amicizia con le madri delle amichette di Sara e non pensavo proprio che Santana si stesse impegnando in quel settore.
«A dir la verità proprio no. Diciamo che non concorrono per miss simpatia quest'anno, preferirei tenermi alla larga dai genitori.»«SAAAAN. Possibile che devi sempre essere così?»
«Così bella? Divertente? Affascinante? Insostituibile?»
Che idiota. Non riusciva proprio a trattenersi nemmeno al telefono, nemmeno a miglia di distanza. Le sentì farfugliare qualcosa prima di tornare al ricevitore.
«Ti amo deficiente.» le dissi ridacchiando.
«Ti amo anche io tedeschina!»
Aveva cominciato a chiamarmi così fin da quando l'aereo aveva toccato suolo tedesco.
«Dai ora ti faccio parlare un po' con tua figlia che mi sta...chiedendo di te.»
Sara chiedeva di me? Che dolce. Il mio cuore cominciò ad accellerare ancora di più.
«Ehi ciao piccolina.» sussurrai addolcendo la voce «Santana non la finiva più!»
«Eh...lo sai com'è fatta...» continuai ridacchiando e cercando un posto dove sedermi un attimo. Avevo bisogno di parlare bene con lei, non la vedevo veramente da troppo. E avrei avuto bisogno di parlare bene anche con mia moglie così sfruttai tutti i minuti di quella chiamata dimenticandomi per un momento dove mi trovassi e soprattutto che avevo delle persone che mi aspettavano dentro. 

Santana
Sara si avventò sul telefono come una piovra e con i suoi tentacoli mi allontanò da Brittany.
Non ne avevo avuto abbastanza della sua voce, del suo tono, dei suoi respiri e della sua risatina, io avevo bisogno di mia moglie e ne avevo l'assoluta precedenza. La mocciosetta però non la vedeva in questo modo e fuggendo e spostandosi in lungo e in largo provò in ogni maniera a tenersi il ricevitore. Io controllavo la situazione da lontano, litigavamo non verbalmente e a gesti e proprio quando stavo per mettere finalmente le mani sul telefono fui fermata dalla assai poco richiesta presenza della simpaticissima Susan.
«Che state facendo?» chiese con il suo miglior tono di cortesia tentando di non apparire per la scortese ficcanaso che era in realtà. Io mi voltai infastidita, non prima di aver lanciato un occhiataccia alla bambina e provai ad indossare una faccia calma e tranquilla.
«Abbiamo chiamato mia moglie e la bambina non fa altro che scorrazzare qua e là per la felicità, sa è in viaggio per lavoro da almeno due settimane...»
Nuove informazioni con la quale sparlare per almeno un altra ora, pensai osservando la sua faccia che dal confuso passava a una sorta di rammarico. «Una cosa meravigliosa e mi piange veramente il cuore ad essere io a dirlo ma, non son ammessi cellulari durante i colloqui.»
Feci finta di non capire avvicinandomi e scuotendo la testa «Come?»
«Durante i colloqui non si possono usare i telefonini!» rincarò lei.
«E da quando?» chiesi genuinamente sorpresa e lievemente, ma solo lievemente eh, contrariata. «Praticamente da un anno ormai, è una nuova politica adottata dalla scuola.»
Gran bella politica. I cellulari stavano cambiando il mondo e avevano tanti lati negativi, questo era vero, ma arrivare a vietarli durante una cosa simile mi pareva veramente eccessivo. Dopotutto poteva capitar qualsiasi cosa mentre si era in fila o si poteva anche solamente cedere ad una telefonata per evitare la noia proprio come avevano fatto loro.
«Oh be allora vedremo di spegnere subito il dispositivo. Sara saluta la mamma!» gridai verso la bambina che si stringeva sempre più stretta il cellulare all'orecchio. Quella piccola pestifera! Susan per tutta risposta sospirò sollevata come se da ciò fosse dipesa la sua vita.
«Perfetto. Sai nessuna di noi vorrebbe mai che un insegnante potesse notare la cosa e si venisse a peggiorare la situazione, è meglio per tutti rispettare le regole interne. Voi certo siete nuove ed è naturale questa ignoranza iniziale.»
«Peggiorare la situazione? Che intendi?» chiesi mettendo le mani sui fianchi. 
Non vi era nulla di minaccioso in quel gesto, non ancora per lo meno, mi veniva semplicemente spontaneo.
«Sappiamo tutte della povera Sara, dei suoi "problemi". Non vi dovete preoccupare avete tutto il nostro sostegno per qualsiasi cosa.»«I suoi problemi?» domandai sempre più infastidita. «Sì...»  continuò lei ammiccando «...i suoi problemi d'apprendimento.»
Sorrisi guardando in direzione della piccola latina, ancora impegnata nella chiamata «No guardi ci dev'essere un errore la bambina non ha alcun problema di apprendimento ha solo difficoltà a rapportarsi con gli altri.»
«Ma certo, qualsiasi genitore prenderebbe le difese del proprio figlio è naturale ed essendo Sara con voi da solo qualche mese è comprensibile che abbia tutta questa difficoltà a scuola.»
Continuava a fare la carina, ma non lo era affatto. Dietro quelle gentilezze, quella comprensione si nascondevano invece delle velate offese nei confronti della piccola mocciosetta e se c'era una persona che poteva insultarla, quella ero solo io.
«No guardi non la sto difendendo o esaltando, lungi da me l'idea di far passare Sara per la bambina che non è ma davvero tutta la sua situazione scolastica è una grande incomprensione. Lei potrebbe veramente essere la stella della classe ha solo una grande difficoltà ad aprirsi agli altri.»«Difficoltà che potrebbe costarle l'anno.»
Ok, la stavamo veramente mettendo in quel modo? Non mi pareva di star insultando sua figlia o qualcosa di simile! «Io penso che stiamo solamente esagerando...» minimizzai tentando di conservare il mio sorriso mentre notavo che altre due mamme cominciavano ad avvicinarsi verso di noi. Con la coda dell'occhio cercai Sara e la trovai a poca distanza da me, gli occhi spalancati, il ricevitore vicino all'orecchio ma una faccia che pareva molto poco assorta a quello che Brittany le stava probabilmente raccontando.
«Lei è la madre di Sara?»«Quella povera bambina...»
Per caso quella mocciosetta aveva subito un grave incidente e non ero stata avvertita? Perché la gente veniva a mostrarmi la sua compassione? Mi offriva il suo aiuto? Aiuto per cosa?
«Povera? Sara è una normalissima bambina che sta affrontando i normali problemi della crescita e...»«Guardi Santana lei è veramente una grande madre ma davvero a noi non deve mentire, può anche smettere di indossare questa maschera, tutte noi sappiamo cosa significa avere dei figli e le difficoltà che si incontrano. Se Sara avesse bisogno di ripetizioni la mia Molly potrebbe aiutarla in qualsiasi momento.»«Si, anche il mio buon Tom.» disse una donna che non si era nemmeno presentata ma che pareva esser stata attratta dalla sindrome del buon samaritano. Avrebbero ricevuto una medaglia? Avrebbero vinto qualcosa? Volevano dimostrare che i loro figli erano superiori a Sara? Volevano farmi pesare il fatto che mia figlia fosse, secondo loro, stupida? Va bene. Avrei giocato anche io ora.
«Sapete che potete fare con il vostro aiuto?» consiglia mantenendo ancora la mia faccia per bene «Prenderlo e andare a farvi fottere.»                       
Sapevo che me ne sarei pentita. Sapevo che avrei passato dei guai ma avevo raggiunto il limite di sopportazione. Tutto questo non era solo un insulto verso Brittany e me ma soprattutto nei confronti della bambina il cui unico problema era quello di non riuscire ancora a dar fiducia a delle persone che non avevano fatto altro che giudicarla.
«Santana forse deve aver frainteso...»
«Io? Oh non credo proprio. Mi avete puntata fin da quando son entrata no? La mamma della bambina che non parla, della bambina strana, dell'asino della classe perfetta in cui a nessuno è concesso il minimo errore. Sinceramente non ho alcun bisogno dei vostri consigli.»
«Senta» cominciò un'altra delle donne senza nome «Noi conosciamo i bambini e gli insegnanti da un po' di tempo e siamo madri da molto prima di lei, siamo le uniche in grado di darle una mano.»
«Certo. SICURO. Voi siete sicuramente delle madri migliori di me, questo non lo metto in dubbio. Avete dato alla luce i vostri figli, li avete allattati e cresciuti in ogni singolo istante della loro vita e questo fa di voi dei genitori modello mentre relega me nell'angolo dell'ultima arrivata no? A me non interessa. Lo ammetto, come madre non valgo niente, non mi sento pronta, non mi son mai sentita pronta e anche se provo a far il mio meglio so bene che non basta. Ma qui non stiamo parlando di me qua stiamo parlando di Sara e non vi permetto di trattarla come una stupida perché siete probabilmente di fronte ad una delle bambine più intelligenti che esistano.» 
Una delle mamme trattenne una risata, la vidi di sfuggita, probabilmente fin troppo sicura che la sua bavosa figlia valesse cento volte la mia Sara. Dietro di me sentì la bambina liquidare velocemente Brittany e farsi più vicina, forse voleva tentare di dissuadermi, voleva colpirmi un altra volta per farmi andare via.
«I voti non le danno ragione. Ma nessuno sta giudicando la piccola.»
«Voi lo state facendo! Con quell'aria di superiorità, pensando di poter risolvere qualcosa che invece è al di fuori della vostra portata. Sara non ha bisogno di ripetizioni, non ha bisogno di aiuto a scuola, ha solo bisogno di riuscire a trovare il suo posto nel mondo. Ha subito un trauma e lo sta lentamente superando, tutti hanno il proprio tempo e non vedo come potreste aiutarla considerandola in questo modo.»
«Sua figlia non parla mai...» commentò una di quelle tre deficienti.
«Non parla perché i vostri figli son degli idioti o perché ha paura o perché semplicemente non riesce a confrontarsi con delle altre persone ma posso assicurarvi che è solo di questo che si tratta, che la piccola Sara ha solo dei problemi nelle interazioni personali nient'altro.
Ed è stata lei ad insegnarmi questo termine, perché questa bambina» dissi indicandola «Ha una padronanza di linguaggio molto superiore a quella di qualsiasi altro bambino della sua età, perfino superiore alla mia.»
Non che ci voglia molto pensai senza però vacillare. Sentivo una rabbia montarmi dentro, sentivo il bisogno di difendere Sara anche se la cosa più razionale da fare sarebbe stato lasciar perdere e continuare a fingere. A far le brave madri e le donne cortesi. Eppure...
«Per cui lasciatevelo dire da una che sino a qualche anno fa non aveva combinato nulla dalla sua vita, questa bambina non appena avrà superato i suoi problemi, non appena riuscirà ad infrangere le barriere che la frenano farà il culo a tutti i vostri viziati figli. Prenderà il massimo possibile, si diplomerà a pieni voti, si iscriverà a Yale e un giorno diventerà qualcuno. Guardatela bene, ricordatevi il suo nome perché prima o poi la rivedrete e vi pentirete di averla considerata solamente un ignorantella.»
«Va bene Santana. Ha frainteso ed è arrabbiata e lo capiamo ma non c'è alcun motivo per dare spettacolo e capiamo tutti che non sia semplice una situazione del genere e per...»
«DIOS. E fatela finita! Non c'è nessuna situazione, la bambina sta bene, la bambina è sana, la bambina è forte PUTA! Questa bambina non ha niente che non vada, come tutti ha i propri limiti da superare, ha tanto da vivere e da dimostrare e posso giurarvi qua ora che io so per certo che alla fine dell'anno Sara avrà i voti più alti di tutti i vostri figli.»
Finalmente una delle mamme cominciò ad abbandonare la sua facciata a rivelarsi per il suo vero intento, a mostrare quanto si divertisse a giudicare i figli degli altri, quelli un po' più deboli. Avrei nominato quel trio, le mammine di merda. «E come fa a saperlo?»
«Perché è mia figlia e dimostrare agli altri che hanno torto è una cosa di famiglia!»
Non so ancora perché lo dissi in quel modo, non so ancora come quelle parole mi uscirono dalla bocca ma sul momento mi sembrarono giuste. Mi sembrarono necessarie.
Io credevo assolutamente in quella bambina, contro ogni aspettativa e contro ogni persona.
Potevo non sopportarla, potevamo lanciarci frecciatine dalla mattina alla sera, poteva infastidirmi il suo comportamento o la sua lingua lunga o il fatto che adorasse darmi sui nervi ma non potevo negare quanto fosse dotata. Aveva undici anni e parlavo con lei come ad un mio pari età, conosceva così tante cose che probabilmente avrebbe potuto vincere il Milione.
«E ora penso sia il momento di andarsene...» mi dissi prendendo per mano una Sara ancora incredula e trascinandola via sotto lo sguardo di tutti gli altri genitori. Ci potevamo prendere la libertà di saltare un inutile colloquio che sapevamo già come saremmo andato. Arrivammo alla macchina molto velocemente e sempre con rapidità lanciai la borsa nei sedili di dietro andando subito a cercare quella maledetta cintura. 

«Tu mi hai difesa.»
La vocina debole di quella mocciosetta mi costrinse a voltarsi mentre ancora non riuscivo a sbloccare quel maledetto arnese. Mi guardava con gli occhi sbarrati, le mani sulle ginocchia.
«Quelle troiette hanno avuto quel che meritavano. Avrei volute prenderle a pugni ma sarebbe finita molto male non credi?»
«Perché mi hai difesa?»
Ma non stava ascoltando? Si era fusa qualcosa in testa a parlare così tanto al telefono?
«Non potevo lasciare che quelle arpie travestite da angeli ti prendessero in giro, quello è un compito della sottoscritta.» annuì convinta riuscendo finalmente ad agganciarmi la cintura.
Attesi che anche lei se la mettesse prima di infilare le chiavi nel quadro e mettere in moto. Avevo adrenalina pura in circolo e il cuore batteva a mille, ero ancora sotto l'effetto di quella discussione, di quella rabbia che bolliva nel mio sangue.
«Tu non mi odi...» soffiò ad un tratto Sara sorridendo e costringendomi a voltarmi.
«Tu non mi odi...» ripetè cominciando a ridere come una pazza.
«Tutto bene Sara?» chiesi confusa.
La bambina si specchiò nei miei occhi, due piccole nocciole lucide e con quel sorrisone, con quella risatina, tra un respiro ed un altro mi fece perdere un battito come solo la sua bionda madre era stata in grado di fare. 
«Finalmente sì. Va tutto bene ora.»

Angolo dell'Autrice
Per quanto son sparita? Giorni? Mesi? Anni? MI SCUSO UMILMENTE PER QUEST'ATTESA INFINITA E PER LA MIA SPARIZIONE. L'università e questa "nuova" vita mi hanno assorbita completamente portandomi via ogni energia e ispirazione. Ora che ci son le vacanze facendo un salto sui miei vecchi scritti ho trovato questo l'ho riletto tutto dal principio ho rimesso in ordine le idee e son ripartita. Non so quanti ancora saranno rimasti a leggerla ma mi sento in dovere di portarla a compimento.
E niente, questo è il nuovo lungo capitolo ed è anche un punto di svolta e da qua riprenderò e prometto di non sparire più :)


  
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