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Autore: FairLady    06/08/2014    1 recensioni
Una persona può cambiare totalmente per un'altra? Può annullarsi per un'altra?
Questa è la storia di Mark e Marta, gentilmente concessomi da Ohra_W, e del percorso che, in qualche anno, li porterà a capire cosa realmente vogliono e di cosa hanno veramente bisogno.
Dal primo capitolo:
"E, a un tratto, quella donna si era trasformata nella sua ossessione personale. Era possibile che fossero stati sufficienti cinque minuti, in cui, per altro, non era successo assolutamente nulla di anche solo lontanamente rilevante, per farlo impazzire? "
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mark Owen, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Quella mattina – di quel maledetto venerdì – si era svegliata, se così si poteva dire, con un’ansia pazzesca che si faceva mano a mano sempre più intensa. Ogni secondo e mezzo cambiava idea su cosa indossare, su cosa mangiare e, soprattutto, sull’accompagnare o non accompagnare Roberta a quello studio radiofonico che nella notte le aveva causato incubi atroci.
«Marty, è tutto ok? – le chiese sua sorella mentre facevano colazione – Mi sembri un po’ sciupata, hai dormito?»
Cosa? Sciupata, lei? Per carità! Era semplicemente a pezzi e, dati i molteplici presentimenti che sentiva riguardo quella giornata – che avrebbe dovuto finire prima di subito –, avrebbe preferito andare ad ammaestrare a mani nude un branco di leoni.
«Sì, sì, va tutto bene. È solo il mio vecchio letto, non sono più abituata e faccio un po’ fatica a prendere sonno.»
Come raccontava le balle lei, nessuno al mondo. Infatti, Roberta come al solito non le aveva creduto, ma era troppo elettrizzata da quello che avrebbe vissuto di lì a poco per preoccuparsene più di tanto. Aveva deciso di rimandare qualsiasi tipo di attacco psicologico a sua sorella, per farsi raccontare cosa non andasse, al giorno dopo.
«Ok – rispose, prima di correre in bagno –, tra venti minuti pronta che si parte! I Take That mi aspettano!»
 
Mentre zigzagavano nel traffico milanese Marty si chiese come mai si stessero muovendo a quell’ora se l’incontro era fissato per le tre di quel pomeriggio, ma siccome Roberta era tutto un nervo decise silenziosamente di non domandare, di non parlare e, soprattutto, di non prendere alcun tipo di iniziativa. Avrebbe fatto esattamente quello che fino ad allora era parso funzionare così bene: lasciarsi trascinare dalla corrente senza muovere un muscolo.
«Visto che te lo stai domandando, cara la mia sorellina, prima di andare a Play Radio c’è un’altra tappa che ci aspetta!» prima di ringraziare il Signore per la telepatia tra consanguinei, Marta s’irrigidì sul sedile, mentre la voce di Mark, che lanciava coltelli dall’altoparlante della vettura, continuava a scarnificarle, brandello dopo brandello, il poco di sanità mentale che ancora aveva attaccata alle ossa.
«Ho paura a domandarti cosa» soffiò fuori accusando, una dopo l’altra, quelle dolorose coltellate senza apparentemente colpo ferire. Apparentemente.
«Ho scoperto dove alloggiano, quindi prima si va lì a vedere com’è la situazione, successivamente li seguiremo a Radio Montecarlo. È a pochi passi dall’albergo, per cui potremo pure andare a piedi e lasciare l’auto lì nella zona della stazione.»
L’hotel dove alloggiano.
Se non fosse stata ancorata con le unghie alla stoffa del sedile, probabilmente Marta avrebbe vacillato, forse le sarebbe mancata l’aria e poi sarebbe crollata a terra sotto al peso soffocante di quella possibilità, quella di incontrarlo. Le sarebbe semplicemente bastato vederlo da lontano per tornare a sanguinare, e più occasioni si creavano, più il pericolo di incrociarlo – e magari essere anche vista – aumentava; però non poteva tirarsi indietro e fare la guastafeste, agli occhi di sua sorella non ne avrebbe avuto alcun motivo. A forza di ingoiare bocconi amari sarebbe soffocata veramente.
Quando giunsero davanti al Westin Palace la situazione si presentò piuttosto tranquilla. C’era un gruppetto di donne sedute sul ciglio del marciapiedi, chiacchieravano, ridevano e, di quando in quando, buttavano un occhio all’ingresso maestoso dell’hotel, sicuramente con la speranza di vedere uno dei componenti della band affacciarsi o uscirne. Roberta, con la sfacciataggine che l’aveva sempre contraddistinta, si avvicinò loro e fece un paio di domande. Marta rimase un po’ in disparte, appoggiata alla parete esterna del muro di cinta, mentre la sorella aveva già trovato qualcuno con cui sfogare la sua eccitazione riguardo quel gradito ritorno e con cui condividere la passione in comune; avrebbe tanto voluto utilizzare lo spirito di cameratismo ritrovato di sua sorella come scusa per tornare a casa – dopotutto non l’avrebbe lasciata sola –, ma solo al pensiero si sentiva estremamente in colpa; e, comunque, conoscendola, lei non glielo avrebbe permesso.
Qualche istante dopo, una delle donne presenti attirò l’attenzione con una gomitata alla vicina.
«Ragazze, ma quello non è Howard?»
Marta lo avrebbe riconosciuto con una veloce occhiata, dopo tutte le volte che lo aveva visto entrare e uscire dall’hotel dove lavorava a Londra: era davvero lui, uscito sotto al portico della hall per fumare una sigaretta. Questo le fece presumere che gli altri – che Mark – non fossero troppo lontani, e sperare che nessuno di loro uscisse a fare compagnia all’amico. Fece un ulteriore passo indietro verso il muro, quasi infossandocisi, mentre sua sorella, che le teneva salda un’estremità della manica del giubbotto, continuava a tirarla a sé, vicino alle altre.
Se quei quattro fossero stati affabili e disponibili come lo erano stati a Londra e si fossero avvicinati a loro per fare due autografi, sarebbe stata la fine.
 
Per fortuna – o sfortuna, data la faccia funerea di Roberta che ancora non era riuscita a vederli da vicino –, il momento “albergo” era terminato e Marta, sua sorella e il nuovo gruppo di amiche avevano già raggiunto gli studi di RMC. Ammise con se stessa che, se cercava di non pensare al motivo che l’aveva portata lì e al fatto che forse avrebbe rivisto l’ultima persona che avrebbe mai voluto rivedere, stare con loro e tornare a essere delle ragazzine spensierate per qualche ora non le stava dispiacendo, anzi. Alcune di quelle ragazze, sue coetanee, erano davvero divertenti, e quando smettevano di blaterare riguardo a ipotetici scenari sensuali insieme a Mark – o a un altro qualsiasi del gruppo –, riuscivano a parlare anche di cose interessanti. Analizzando i suoi stessi pensieri si rese conto di stare facendo un po’ la stronza: quelle ragazze non c’entravano nulla con il suo malumore; erano solo ragazze, cresciute con un sogno che si trovavano a due passi dal realizzare – Roberta compresa –, ma quando sentiva una di loro parlare di come avesse passato i suoi migliori anni sognando di fare l’amore con Mark Owen, le partivano le coronarie. In quei momenti la sua mente le giocava proprio dei pessimi scherzi che non facevano ridere proprio per niente.
Poi, d’un tratto, il caos.  
 
***
 
Da quanti anni faceva quel lavoro? Da tanti ormai. Quante folle aveva visto sotto ai loro piedi, urlare e strepitare alla ricerca di un secondo di felicità? Uno sguardo, un sorriso, un saluto con la mano… un bacio volante.
I fan, un popolo di gente che vive di passione, scrivevano sui cartelloni appesi negli stadi “Continuate a farci sognare”, senza rendersi conto che erano loro a far sognare chi stava su quel palco. A Mark era sempre piaciuto viversi il pubblico, fino in fondo, renderlo partecipe, fare in modo che quel sogno lo vivessero tutti insieme, come un unico, immenso cuore.
In quel momento, però, – in realtà si trattava di un periodo, non solo di quel momento – non riusciva a fare i conti con quei visi appiccicati gli uni agli altri, perché in ogni paio d’occhi cioccolato ci vedeva i suoi: Marta era diventata un diavolo tentatore pronto a insediarlo dietro a ogni angolo, a ghermirlo con i suoi artigli, a rendergli la vita impossibile… perché non c’era vita dopo di lei.
Prima che James aprisse il portellone del van per farli scendere, prese un lungo respiro e indossò la maschera con il suo sorriso migliore; le guardie del corpo aprirono loro un varco in mezzo alla folla urlante e lui si lasciò trascinare all’interno dell’edificio.
 
Quegli studi gli erano sempre piaciuti un sacco, doveva ammetterlo. Il bancone di registrazione affacciato all’enorme finestra al primo piano del palazzo, permetteva a chi vi era seduto – in quel caso, loro – di avere una visuale pazzesca della piazza e di chi stava fuori, sotto di loro. Da quella posizione potevano vedere i fan appollaiati sul marciapiedi, i fan potevano vederli e salutarli.
Mark si permise per qualche istante di studiare i volti sorridenti di chi era accorso a salutarli e a trasmettergli un po’ di quel calore che tanto gli era mancato, e improvvisamente raggelò, convinto di aver scorto davvero tra tutti quei paia d’occhi quelli di Marta. Chiuse gli occhi e li riaprì subito dopo, cercando di mettere a fuoco meglio, per assicurarsi che fosse lei, che però non c’era più.
Se l’era immaginata di nuovo.
 
***
 
Poteva sentire distintamente ogni goccia di sangue scivolarle dal cuore, scendere attraverso i suoi organi interni e andare a morire da qualche parte nella sua anima.
Mentre la bolgia si accalcava intorno a loro era riuscita a non vederlo – e tutte le altre invece si dimenavano per dargli anche solo una rapida occhiata –, ma quando alla fine giunsero allo studio ci fu poco da fare. Tutti e quattro se ne stavano seduti a quel bancone, in bella mostra, e Mark era proprio sopra al lato in cui lei e Roberta si erano posizionate. Aveva il cuore a mille, il respiro corto. Si sarebbe tranquillamente mimetizzata tra le presenti, se non fosse che, ad un certo punto, si accorse di una cosa: Mark l’aveva vista. I loro occhi, per qualche centesimo di secondo, si erano incrociati e lei, tutte quelle sensazioni devastanti che aveva sempre provato con lui, le aveva sentite di nuovo, una a una, più forte che mai. L’attimo dopo, senza che Roby se ne rendesse conto, si era accovacciata a terra, sparendo tra la folla in movimento.
In ginocchio, come una povera imbecille, stava sgattaiolando via.
 


A reason to fall to your knees and die?
What is love?
   
 
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