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Autore: Emelyee    07/08/2014    8 recensioni
Dopo la battaglia in Grecia i sette semidei della profezia sono tornati a casa da Eroi, si sono sposati e hanno avuto dei figli. Vediamo nel dettaglio le nascite della progenie dei nostri semidei preferiti.
1-Luke Frederick Jackson
2-Marco Agustus Grace
3-Emily Marie Zhang
4-Simon Lucas ed Esperanza Calypso Valdez
6-Bianca Elisa Di Angelo
7-Zoe Sophia Jackson
8-Fabian e Daphne
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Zoe Sophia Jackson - 1 Novembre


Luke, Marco e il piccolo Simon erano attorno ad Annabeth e saltellavano impazienti di vedere quali giochi aveva nascosto la donna nella sua borsa. Lei faceva le cose con calma e sorrideva benché fosse preoccupata per Emma; la poverina era al primo parto e il bambino avrebbe potuto avere qualche problema per via della brutta caduta di pochi mesi prima. Suo figlio non la smetteva un momento di scalciare da almeno un paio d’ore e la cosa non contribuiva a calmarla. Passava lentamente una mano sul grosso pancione e con l’altra tirava fuori camion, pastelli colorati, fogli, macchinine, soldatini e pupazzi di ogni tipo dall’enorme borsa al suo fianco. Fu mentre porgeva a Luke un blocco da disegno che sentì un calcio più forte al basso ventre che la costrinse a piegarsi in due con un gemito sotto gli sguardi perplessi dei tre bambini. Pauline, Frank e Piper, al suo fianco, smisero di mostrare barbie e orsetti di peluche a Emily ed Esperanza e le si avvicinarono.
«Annabeth, tutto bene?» lei annuì e fece un respiro profondo.
«Credo che mi si siano rotte le acque. Chiamate Percy» Piper si voltò in direzione dell’uomo e Pauline e Frank iniziarono a distrarre i bambini con l’aiuto di Hazel che era appena tornata dal bagno. Percy arrivò correndo con espressione ansiosa negli occhi seguito dalla ginecologa di Annabeth.
Mezz’ora, un pianto isterico e due morsi dopo si trovavano in sala parto con una preoccupante diagnosi tra le mani: il bambino era in insufficienza respiratoria per via del cordone ombelicale che si era avvolto attorno al suo collo. La donna temette di svenire quando ricevette la notizia e iniziò automaticamente a respirare a fatica con il solo risultato di rendere Percy ancora più nervoso. I medici avevano detto che il bambino poteva nascere anche senza bisogno del parto cesareo ma che Annabeth doveva stare calma e respirare. La cosa peggiorò ulteriormente quando lui dovette allontanarsi pochi minuti per chiamare sua madre Sally, che li avrebbe presto raggiunti con il marito Paul, e il padre di Annabeth, Frederick. Al suo ritorno era il caos: sua moglie non riusciva a respirare e le avevano messo una mascherina per evitare che avesse un arresto respiratorio.
«Amore calmati, va tutto bene. Nostro figlio sta bene, devi solo tranquillizzarti e spingere come hai fatto l’altra volta, ricordi?» Percy le parlava cercando di distrarla da quello che dicevano i dottori al suo fianco e le stringeva forte la mano. «Ricordi quando abbiamo portato a casa Luke e lui piangeva sempre senza lasciarci dormire o riposare per più di due ore di seguito? E ricordi la prima volta che abbiamo provato a farlo mangiare un omogeneizzato e abbiamo finito per esserne ricoperti dalla testa ai piedi? Ricordi quanto eri felice quando hai scoperto che ti somiglia così tanto e adora leggere e imparare sempre cose nuove? E ricordi quanto ero irritato dal fatto che non avesse preso nulla da me a parte l’affascinante capacità di parlare con i cavalli? Te lo ricordi, amore mio?» Annabeth sorrise dolcemente e accarezzò la guancia di Percy con la mano libera. Iniziò a respirare più lentamente e con regolarità e le infermiere smisero di muoversi freneticamente attorno a lei osservando la dolcezza infinita con cui si stavano guardando i due.
«E ti ricordi anche il giorno in cui ti ho chiesto di sposarmi?» ridacchiò lievemente prima di continuare «Hai rischiato di mandare a monte tutto con la tua mania del controllo eppure eccoci qui a far nascere il nostro secondo bambino con le mani strette e gli occhi incatenati, fianco a fianco come sempre. Ricordati che tu sei stata, sei e sarai sempre il motivo per il quale posso rinunciare all’immortalità, perché una vita senza di te è come immaginare un sole che non scalda, acqua che non disseta, un pozzo senza fondo. Ricordati che io posso vivere senza di te, Annabeth, solo che non voglio. Quindi ora respira, sorridi e fammi innamorare di mio figlio» la donna si scostò la mascherina dal viso e lo guardò con gli occhi lucidi.
«Ecco perché ti amo, Testa d’Alghe» si baciarono per pochi secondi, un semplice sfioramento di labbra, eppure sembrò che la Terra smettesse di girare per qualche secondo. Esistevano solo loro e i loro bellissimi bambini e quell’amore sarebbe bastato a distruggere Crono se fosse stato necessario, ne erano certi.
 
Annabeth teneva le mani dietro la schiena e sorrideva a suo marito. Aveva mandato Luke a dormire da Jason e Piper per rimanere un po’ da soli e potersi godere quella magnifica notizia in santa pace. Percy la guardava perplesso ma adorava le sorprese, soprattutto quelle che comprendevano una casa vuota e Annabeth.
«Cosa succede?» chiese avvicinandosi e lei. Sua moglie, però, lo fermò e gli disse di mettersi seduto.
«Devo dirti una cosa» continuava a tenere le mani dietro la schiena e la cosa cominciava ad insospettirlo parecchio. Di solito Annabeth non esitava se doveva fargli sapere qualcosa, anzi, gliela diceva il prima possibile. Alzò un sopracciglio, confuso.
«Puoi dirmi tutto, lo sai» fece per alzarsi ma lei gli fece segno di rimanere dov’era. Si mise ad osservarla, allora: i capelli erano lunghi e biondi come quando si erano conosciuti ed erano spostati sulla spalla destra, morbidi e sciolti, i suoi occhi che nascondevano la forza delle tempeste non lo stavano guardando e si soffermavano su qualsiasi dettaglio che non fosse lui, aveva la pelle più pallida del solito, le vene del collo esile lievemente gonfie e una spalla lasciata scoperta dalla maglia larga che portava. Era bella come il primo giorno, forse di più.
«Sono incinta» disse porgendogli ciò che prima teneva dietro la schiena: un test di gravidanza. Percy non si preoccupò di sincerarsi del risultato, si alzò, prese sua moglie tra le braccia e la fece volteggiare per tutto il salotto, felice da morire. La baciò dolcemente e lei allacciò le braccia al suo collo infilando le mani tra i suoi capelli.
Al termine di quella serata Annabeth riuscì solo a pensare che era stato un bene mandare via Luke per una notte e godersi quel momento da soli, esattamente come avevano fatto quattro anni prima.
 
Dopo che si fu calmata le cose procedettero molto in fretta a differenza della prima volta. Bastarono poche spinte perché l’ostetrica gridasse: «Vedo la testa, signora Jackson! Continui così, è bravissima!» e Percy le stringesse un po’ più forte la mano. Non c’era stato tempo per gli insulti, quella volta; Annabeth era ancora totalmente incantata dalle parole di suo marito e riusciva solo a pensare che lo amava con tutta sé stessa, indipendentemente da tutto e tutti, e che doveva riuscire a mettere al mondo il loro secondo piccolo miracolo d’amore. Spinse, spinse forte finché non le sembrò di spezzarsi in due per lo sforzo, finché il pianto del loro bambino non si fece sentire per la prima volta. A quel punto la preoccupazione per il loro bambino divenne più importate di qualsiasi alta cosa; più importante del suo sesso, più importante del suo viso, più importante di vederlo e tenerlo in braccio. Percy abbracciò le spalle di Annabeth e le lasciò un bacio sulla tempia per tranquillizzarla.
Ci vollero parecchi minuti prima che un’infermiera si avvicinasse a loro con un fagotto tra le braccia e glielo porgesse con un grosso sorriso stampato sulle labbra.
«Sta benissimo, signori; nessun danno per via dell’insufficienza respiratoria, sembra quasi che sia intervenuto un dio a sistemare tutto» i due si guardarono e sorrisero divertiti. «È una bellissima e sanissima bambina»
Percy la prese in braccio per primo e rimase di nuovo affascinato da quella creaturina rosea che agitava i pugnetti tra le sue braccia. Aveva i capelli biondi di Annabeth e gli occhi verde mare spalancati sul mondo di suo padre; tendeva le manine verso di lui e gorgogliava serena. Non piangeva ed era bellissima: il suo piccolo miracolo.
Annabeth li osservava dal lettino con le lacrime agli occhi e il sorriso sulle labbra.
«Che nome devo segnare?» chiese l’infermiera avvicinandosi. I sue sorrisero e dissero, all’unisono: «Zoe Sophia Jackson» Percy si chinò su sua moglie e le lasciò un bacio sulle labbra. Era felice da morire, felice da vivere.


Spazio Autore:
Eccoci qui a dare il benvenuto alla piccola Zoe Sophia Jackson. Scusate ma oggi vado di fretta e non possos crivere molto. Qualsiasi domanda potete farmale nelle recensioni. Come sempre ringrazio tutti coloro che seguono la storia e la commentano, senza di voi "Figli degli Eroi" non esisterebbe. Grazie di cuore. Alla prossima,
Elena.




 
  
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