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Autore: variopintadite    07/08/2014    0 recensioni
Gillian si mise a fissarlo con insistenza per farlo imbarazzare. Con occhio critico lo iniziò a squadrare dall’alto al basso. Indossava una camicia a quadri e dei jeans molto aderenti per essere un ragazzo. Non è che era gay?
“Ti piace la banana?” chiese appunto con quella sua morbida delicatezza della quale era caratterizzata.
Tanto valeva divertirsi.
***
E se avesse creduto che lui intendesse farsi pagare in altro modo? Non che gli dispiacesse una cosa del genere. Sapere Courtney inginocchiata fra le sue gambe a… accidenti!
Batté un pugno sul banco per quell’afflusso di sangue che si era indirizzato ai lombi. Gli avevano consigliato tempo addietro di pensare ad una vecchia nuda. Prese a figurarsi la sua vicina di casa, la signora Harrington, e con sollievo lo sentì afflosciare.
***
Ringrazio in anticipo tutti quelli che spenderanno del tempo per leggerla e/o recensirla.
Genere: Comico, Commedia, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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NdA: Lettori, vi amo.

Capitolo 2


Si sentì scuotere la spalla in malo modo. Dalla sua bocca proruppero mugolii di dissenso. Non aveva intenzione di svegliarsi, Morfeo non voleva lasciarla andare.
Infastidita non poté far altro che aprire le palpebre e l’immagine di un ragazzo le si materializzò davanti agli occhi. Due smeraldi la stavano scrutando.
“Che cazzo ti guardi?”
Il ragazzo arrossì lievemente.
Gillian  fece scivolare il suo sguardo sulla mano di lui che era posata sulla sua spalla, la stessa mano che da qualche minuto la stava scrollando.
“Metti giù quelle manacce!” affermò, mentre nei suoi occhi si poteva leggere una silenziosa minaccia.
Il ragazzo arrossì – se possibile – ancora di più.
Ben gli sta, pensò Gill con un sorrisetto. Sentì il calore che percepiva sulla sua spalla svanire.
Poi ricordò tutto: lui era il presunto omosessuale che conosceva sua sorella.
“Dovremmo scendere Gillian, tra un minuto le porte si apriranno…” Eric si grattò la nuca, a disagio.
Porte? Quali porte? Ah, la metro.
“Oh… grazie per aver mantenuto la promessa” sorrise la bionda per poi alzarsi in piedi. Si acconciò il vestito tutto spiegazzato e si issò sulle spalle la tracolla contenente i libri di testo.
Eric si sgranchì le gambe. Aveva preso posto accanto alla giovane dopo quel piccolo dialogo – se poteva chiamarsi dialogo quello, o forse dibattito sarebbe stata la parola più azzeccata.
La imitò ed insieme scesero dal mezzo di trasporto.
Gillian non aveva la più pallida idea di come raggiungere la scuola, quindi andò incontro ad Eric.
“Ehi, non so ancora come ti chiami, posso fare il tragitto con te?” Giocherellò coi braccialetti che aveva al polso mentre attendeva una risposta.
“Certo. Me lo chiedi perché non sei in grado di andarci da sola?” la beffeggiò lui. Non era il tipico stronzo, ma quel commento che lei gli aveva mosso sul suo orientamento sessuale lo aveva avvilito parecchio. Aveva il coltello dalla parte della manica, quindi perché non usarlo?
Gill non avrebbe mai ammesso di non essere in grado di fare una cosa, almeno non davanti ad un estraneo.
“E io che volevo essere gentile… cos’è, è la prima volta che una ragazza vuole farti compagnia?” lo provocò.
“Forse è tutta una facciata ed in realtà ti piacciono gli uomini” continuò.
Non sapeva nemmeno lei perché si comportasse così da stronza con lui, o forse sì, forse lei lo sapeva perfettamente. Innanzitutto non l’aveva svegliata con delicatezza, ma in maniera alquanto rozza e in più quei jeans erano fin troppo stretti. Ecco, queste motivazioni sarebbero bastate.
Eric sbuffò, esasperato. Quella mattina era entrato nel box doccia per rinfrescarsi un po’. Aveva il vizio di spalmarsi il bagnoschiuma – quello al profumo di sandalo - ancor prima di bagnare la pelle. Una volta insaponato aveva aperto il getto dell’acqua per risciacquarsi ed era fredda. Così aveva dovuto sopportare l’acqua ghiacciata, e non era stato affatto piacevole.
In seguito aveva bruciacchiato il toast e se l’era dovuto mangiare perché essendo in ritardo – la doccia lo aveva tenuto impegnato più del solito -, non poteva permettersi di sprecare tempo a dorarne un altro. Ci aveva spalmato un sottile velo di marmellata e poi, dopo esserselo sbafato, era corso.
Aveva calpestato una cicca lungo il percorso e una volta essersi accomodato in metro, avevo cercato la sua agenda, aveva preso una pagina a caso e ne aveva strappato un angolino. L’aveva avvicinata alla suola e con qualche manovra era riuscito a levarsela.
Sapeva che due fermate dopo c’era quella che prendeva con rarità Courtney.
Gli era venuto un colpo al cuore quando aveva visto salire la bionda, convinto fosse lei. Poi aveva aguzzato lo sguardo e si era pienamente reso conto che quella fosse la sua gemella. Senza troppe cerimonie si era avvicinato, con l’obiettivo di estrapolarle qualche dettaglio succoso che avrebbe potuto usare per impressionare la sua Court. Peccato che la frenata lo avesse fatto precipitare su di lei, con il risultato di averla fatta incazzare.
Se non fosse stato perseguitato da tutta quella sfortuna quel giorno, non si sarebbe dovuto imbattere in quel diavolo di Gillian Hook.
“Io non ho intenzione di convincerti del contrario. Quindi pensa quel che vuoi. Ora andiamo a scuola, non voglio fare ritardi.” Sembrò che lui non volesse arrivare fuori orario, a Gill sembrò così.
Credete che sia questo il motivo? Se sì, state sbagliando alla grande.
Eric Bayer era così cotto di Courtney Hook che non voleva perdersi un minuto di quell’angelo caduto dal cielo. Voleva stare ad osservarla per ore: quale momento migliore se non durante le lezioni?

Gillian stentava a stargli dietro. Non era una sfaticata che poltriva sul divano, anzi, era un’assidua frequentatrice della palestra; ma non era facile tenere il suo ritmo frenetico.
Eric era alto un metro e ottantotto, aveva il passo lungo e poi voleva godersi l’entrata di Courtney. E non riusciva a non imprecare contro ogni cosa gli stava accadendo in quel giorno, sembrava che tutto il mondo stesse tramando contro di lui. Avrebbe voluto mandare al diavolo quell’insolente ragazzina, ma era la sorella della sua Court, non poteva permettersi un simile comportamento. Non voleva mettersi contro un membro della sua famiglia.
“Il nuovo… Usain Bolt… eh?” biascicò affannata.
Eric sorrise falsamente. Le sue attenzioni erano ancora incentrate su Court.
“Eccoci” annunciò mentre infilava le mani nelle tasche.  Con un lieve cenno del capo si incamminò verso l’aula del corso di matematica.
Dopo un paio di secondi Gillian gli si parò davanti. Sbatté le palpebre, sorpreso.
“Il tuo nome?” chiese. Lui non riuscì a capire per quale motivo l’avesse ancora tra i piedi. Si vedeva lontano un miglio che non sarebbero mai stati d’accordo, quindi perché interessarsi di lui? Ma doveva rispondere e soprattutto doveva arrivare in tempo in classe.
“Eric.” Controllò agitato l’orologio da polso e tornò a fissarla.
“Di cognome?” continuò. Avrebbe voluto sospirare di esasperazione, ma non lo fece.
“Bayer… Ora devo scappare. Ci si vede.” Sparì dalla sua visuale nel giro di una frazione di secondo.

Courtney stava giusto incedendo nell’aula e quando la vide si sentì scoppiare di felicità.
Si passò una mano fra i capelli per renderli più presentabili e controllò di non aver l’alito puzzolente.
Fece il suo ingresso e puntò il banco vicino alla giovane.
La bionda gli elargì un gran sorriso, poi ritornò a mordicchiarsi un’unghia. Era un viziaccio di cui lei era consapevole ma nonostante volesse smettere, la sua forza di volontà non era abbastanza forte.
“Preoccupata?” le chiese.  Avrebbe voluto dirle Ogni giorno diventi sempre più bella, ma le parole gli morirono puntualmente in bocca.
I capelli di lei erano legati in una coda di cavallo alta e portava una collana argentata dove pendeva un ciondolo con incastonata una pietruzza azzurrognola, Acquamarina. Si chiese chi gliela avesse regalata dato che fino a ieri non indossava alcun gioiello.
Courtney aveva una passione smisurata per le felpe. Anche quel dì indossava una felpa rossa con qualche scritta bianca. Il massimo di trucco che si metteva era mascara e eyeliner. Non era abile col make-up e poi lei voleva che qualcuno si innamorasse del suo vero viso e non di un mascherone di trucco.
“Sì, abbiamo il test oggi” gli rispose di rimando.
Ed ecco la stoccata finale: non aveva ripassato un bel niente.



Angolo autrice:
Grazie infinitamente alle persone che sono arrivate fin qui. Non confidavo che qualcuno avrebbe trovato meritevole di attenzione questa storia.
Grazie a Morfe_A per aver recensito il primo capitolo e grazie a Eli12 per averla aggiunta alle seguite.

Spero di ricevere pareri anche in questo capitolo. Ora siamo solo agli inizi, i casini non sono ancora cominciati ;)
Vi aspetto meraviglie
   
 
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