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Autore: WhiteOphelia    08/08/2014    4 recensioni
“Considerando la vita che faccio, credo che sia preferibile non stare con qualcuno a cui potrei davvero affezionarmi.”
[...]
Come ho anche solo potuto pensare per un millesimo di secondo che quelle parole, proprio quelle, fossero rivolte a me? Come ho potuto illudermi in questo modo?
Ho creduto che lui ci tenesse davvero a me, che ci tenesse così tanto dal preferirmi a distanza pur di non ferirmi, e invece… Erano solo un modo per indorarmi la pillola.
Come ho anche solo potuto credere che una come me avesse qualche possibilità con il grande Oliver Queen? Come ho potuto illudermi che fossi io ciò di cui lui aveva davvero bisogno?
Sono stata una sciocca.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Felicity Smoak, John Diggle, Oliver Queen, Sarah Lance
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"O villain! Thou wilt be condemned into everlasting redemption for this"*

 

 

“I hear your voice in my sleep at night,
hard to resist temptation.
'Cause something strange has come over me,
and now I can’t get over you…
No, I just can’t get over you.”
 

- Maroon 5, Maps

 

 

Il risveglio fu brusco.
Oliver s’alzò a sedere di scatto, le lenzuola gli scivolarono sulla vita mentre i suoi occhi si guardarono intorno, cercando di ricordare.
Il letto sembrava un campo di battaglia: le lenzuola erano aggrovigliate e sparse scompostamente ed alcuni cuscini erano caduti a terra.
Il ragazzo si passò le mani sul viso, stropicciandoselo. Quella era stata la notte più lunga della sua vita. Continuava a sentire il profumo di Felicity attorno a lui, il suo calore e, soprattutto, la sua voce.
Dio, quella voce infestava ogni suo sogno ed ogni suo incubo.
Continuava a ricordare il suo viso sconvolto, quelle lacrime silenziose che le solcavano il volto… Continuava a ricordare il rumore del suo cuore mentre cadeva a pezzi alla vista della casa vuota della ragazza, del vestito strappato e buttato nel cestino, al vuoto di quelle mura che sembravano accartocciarsi su se stesse, schiacciandolo.
Il dolore era così vivido che per poco non gli mancò il fiato.
Si alzò veloce da quelle lenzuola che avevano visto il tormento ed il senso di colpa divenire tangibili, tanto da sfogarsi su quell’ammasso scomposto di stoffa e si avvicinò all’enorme finestra; ne aprì una parte, i pantaloni del pigiama come unica barriera all’aria fredda del mattino che lo investì bonaria.
Respirò a pieni polmoni cercando di calmare quell’insofferenza che sentiva propagarsi in tutto il corpo, come un veleno lento e letale.
Ripensò alle parole di Diggle e di Sarah. Ripensò all’enorme cazzata che aveva combinato.
Ripensò, soprattutto, all’inutilità della sua vita ora che lei se n’era andata, lasciandolo solo col suo dolore ed il suo senso di colpa – come se non ne avesse abbastanza di colpe da espiare; peccato che quest’ultima non potesse essere espiata. No, quella colpa l’avrebbe marchiato a vita.
Come aveva potuto fare una cosa del genere?
Ripercorse con dolore i momenti della giornata precedente.
Alla fine, la paura aveva vinto. Oliver aveva mandato un messaggio breve a Felicity nel quale annullava la serata, per poi salire velocemente sulla moto.
Quando era entrato nel covo aveva pensato di sfogare un po’ di tensione sulla Salmon Ladder.
Era terrorizzato per quell’appuntamento.
Amava quella ragazza, ormai l’aveva capito ed accettato, ma era pronto ad affidare il proprio cuore nelle mani di qualcuno? Era pronto a non avere più il controllo su se stesso e sulle sue emozioni? Era pronto a lasciarsi andare, ad amare e lasciarsi amare come sicuramente Felicity avrebbe fatto?
Era pronto a rischiare tutto?
Ma, soprattutto… Era pronto a rischiare di perderla se qualcosa fosse andato storto? E se qualcuno avesse fatto del male a Felicity solo per ferire lui? Era pronto a sopportare questo fardello?
Era pronto a vederla andare via quando le sue maschere si sarebbero sgretolate, una ad una, e sarebbe rimasto solo lui, Oliver?
La risposta arrivò sotto forma di un corpo veloce che si allenava sul tappeto della fonderia.

Sarah stava provando qualche nuova tecnica d’attacco quando Oliver arrivò al covo.
Notò subito che qualcosa non andava. Si fermò e salutò il ragazzo mentre quest’ultimo si avvicinava al tappeto, si toglieva la giacca e si metteva accanto alla ragazza.
«Tutto ok, Ollie?» arrischiò la bionda, ma Oliver indossò la sua migliore faccia da poker ed annuì.
«Certo. Posso allenarmi con te?» chiese tranquillo.
Sperava di cuore che un po’ di corpo a corpo potesse schiarirgli la mente.
La ragazza acconsentì ed il ritmo divenne subito serrato.
I due ragazzi combattevano quasi alla pari. L’agilità di Sarah compensava la mole del corpo di Oliver, riuscendo a schivare molti colpi ed infierirne altri, fino a quando, però, con un’agile mossa, Oliver non atterrò la ragazza, bloccandola col suo corpo sul materassino.
La situazione scivolò di mano in pochi attimi.
Le loro labbra s’incontrarono ruvide, quasi arrabbiate, mentre le gambe della ragazza andarono a circondare automaticamente il bacino del giovane.
I loro corpi si conoscevano da tempo, i movimenti erano quasi automatici.
Oliver prese la ragazza per le spalle e la tirò su con sé, andando poi alla ricerca di un appiglio e trovandolo nella scrivania di Felicity.
Si fermò un attimo, sentendosi sporco e vile, ma posò ugualmente la ragazza su quella superficie e la fece sua.
Sapeva di star sbagliando, si sentiva uno schifo, ma tutto quello sembrava quasi l’esorcizzare un demone – fare sua Sarah sulla scrivania della ragazza di cui era innamorato, per scacciare tutto, paura e sentimenti. Sentimenti che sapeva di non poter provare, né per lui, né per Felicity. Non poteva permettersi di amare ancora e perdere, nuovamente. Non poteva, non più.
Peccato che il destino, a volte, sia più infido del più vile degli uomini e ci metta lo zampino, crudele.
Il rumore di tacchi veloci destò i due ragazzi dalla loro attività e tutto precipitò in pochi, terribili istanti.
Felicity, bella come mai prima d’allora, guardava i due con occhi vitrei, completamente immobile.
Gli occhi le si riempirono di lacrime silenziose che, per Oliver, furono più assordanti di mille grida. Persino il tonfo silenzioso del cuore della ragazza venne udito dal biondo.
Oliver riuscì solo a pronunciare il nome della ragazza, mentre la portata di ciò che aveva appena fatto lo investiva come un auto in corsa.
Fu come riprendersi da una sbronza.
Veloce, il ragazzo si staccò da Sarah e si rivestì dei boxer e dei pantaloni, mentre cercava di capire come fosse arrivato a tanto.
Il cuore gli sanguinava mentre la mente rimandava l’immagine del dolore vivido sul volto di Felicity, ma la bionda era già scappata via ed Oliver credette di morire mentre l’onda del senso di colpa lo investiva.
Poi, fu tutto un crescendo di dolore e sofferenza.
Le parole di Sarah, la ricerca di Felicity, il pugno di Diggle e le sue parole amare, fino alla notte trascorsa nell’appartamento vuoto della ragazza.
Il cuore decise di saltare un battito e la mano del giovane andò a premersi parte del petto, come se anche quel muscolo si volesse ribellare a lui ed alla crudeltà dei gesti della sera precedente.
Oliver si girò di spalle, appoggiandosi alla parte di finestra chiusa e si lasciò scivolare a terra.
Non sentiva nulla se non dolore e sapeva di meritarselo, tutto.
Proprio mentre gli occhi cominciavano ad inumidirsi, il telefono squillò.
Oliver si alzò e cercò di riprendere fiato prima di rispondere, ma fu solo quando vide il mittente della chiamata che pensò di poter morire per asfissia.
Era Felicity.
E lui continuava a guardare il telefono dove la foto della sua informatica appariva sorridente.
Si riscosse in tempo, prima che la chiamata terminasse.
Schiacciò il tasto di risposta ed accostò il telefono all’orecchio.
«Felicity…» il suo fu un sussurro così basso che lui stesso temette di non averlo nemmeno pronunciato.
«Oliver!» il tono della ragazza era preoccupato, la voce leggermente più alta.
«Dove sei finito? Stai bene?» continuò la bionda.
Il ragazzo non riuscì a rispondere.
Cosa stava succedendo?
«Oliver?» lo richiamò Felicity non ricevendo risposta.
Il ragazzo rimase ancora in silenzio.
«Oliver, dove sei?»
«A casa.» rispose flebile senza nemmeno accorgersene.
«Sto arrivando. Aspettami.» Felicity chiuse la chiamata, mentre il ragazzo continuava a tenere all’orecchio un telefono ormai muto.
Piano, riabbassò il braccio.
Stava forse sognando? Era il senso di colpa? Magari il dolore l’aveva accecato ed ora lui aveva allucinazioni uditive.
«Se è davvero così, sono felice di essere pazzo…» bisbigliò a se stesso, mentre il corpo rimaneva immobile al centro della stanza.
E fu proprio in quella posizione che Felicity lo trovò: il solo pantalone del pigiama a coprirlo, le braccia lungo il corpo e lo sguardo perso in un punto imprecisato della stanza.
Quando Felicity gli si parò davanti, Oliver sembrava una statua.
Piano, però, alzò la mano e la poggiò sul viso della ragazza.
Felicity quasi sobbalzò mentre lo sguardo del giovane si posava dolce sul suo viso.
«Oliver…» sussurrò soltanto.
Il ragazzo le sorrise di un sorriso strano, dolce e triste al tempo stesso.
«Se il prezzo per quello che ho fatto è questo, beh, credo di non meritarlo affatto.» disse a bassa voce il giovane.
Felicity aggrottò le sopracciglia, poi tentò di parlare.
«Ma di cos-» ma Oliver non la fece finire. Abbassò lento il suo volto su quello della giovane e posò delicato le sue labbra su quelle piene e aperte dalla sorpresa della bionda.
Fu un bacio leggero. Un semplice sfioramento di labbra; poi, Oliver tornò a guardarla e riprese a parlare, la sua mano salda al volto di Felicity.
«So che non sei reale, ma voglio dirtelo lo stesso.» incominciò il giovane, mentre la preoccupazione di Felicity saliva alle stelle.
Cosa stava accadendo?
«Mi dispiace.» disse il ragazzo, ed il dolore in quelle poche lettere fece fermare il respiro alla bionda.
Pochi istanti dopo, Oliver continuò. «Ti ho spezzato il cuore e con il tuo ho spezzato anche il mio. Ti giuro, Felicity, che non era mia intenzione farti del male. Mai. Ti amo come credo sia umanamente impossibile, eppure ti ho spezzata come solo il più abbietto degli esseri umani può fare. Ho avuto paura ed il mio cervello si è spento. Mi sono reso conto dell’enormità dell’errore che avevo commesso quando ho visto il dolore in questi tuoi bellissimi occhi blu. Mi sono sentito perso nell’esatto istante in cui ho capito d’averti perduta. Avevo accanto l’unica donna che avessi mai veramente amato, ed io la uccidevo col mio comportamento vile. Perdonami, Felicity. Non ti merito, non ti ho mai meritata ed in cuor mio l’ho sempre saputo. Sei sempre stata troppo per me, non avrei mai dovuto sporcarti con la mia oscurità. Perdonami, se puoi.» concluse il ragazzo, le guance rigate da due piccole lacrime.
Felicity sentì le gambe cederle.
Oliver era innamorato di lei? Non poteva essere… No, era impossibile.
Lo sguardo del ragazzo però era sincero, e così pieno di dolore che alla bionda mancò davvero il fiato. Gli occhi umidi di Oliver la guardavano come fosse un’apparizione e la sua mano calda le sfiorava dolce la guancia.
Erano lì, uno di fronte all’altra, mentre le loro anime cercavano un appiglio in quel mare d’emozioni.
Fu solo quando Oliver l’abbracciò stretta che Felicity si ricordò del perché fosse lì.
«Oliver, io sono reale. Sono qui, davanti a te e non ho niente da perdonarti.»
Il ragazzo le sorrise, poi le sfiorò piano le labbra con le dita.
«Questo è proprio ciò che direbbe Felicity. La mia mente è piuttosto brava ad ingannarmi, vero? Ma va bene così. Non ho mai aspirato al Paradiso, ma, a quanto pare, nel mio Purgatorio ci sei tu ed è meglio di ogni Paradiso possa esistere.» Oliver sembrava rassegnato e felice al tempo stesso, mentre Felicity faticava a capire cosa stesse dicendo.
Provò nuovamente a farlo ragionare.
«Oliver, ascoltami.» cominciò la bionda, mentre le sue mani presero il viso del giovane tra di loro. Oliver chiuse gli occhi e si beò di quel contatto fittizio ma così caldo da sembrare reale.
Felicity continuò. «Ieri sera, durante il giro di pattuglia con Dig, ti è stata iniettata una dose di Vertigo, ricordi? La Vertigo modificata che tu e Diggle stavate cercando di debellare. Ti hanno iniettato una dose massiccia della droga. Provoca incubi talmente realistici da farti perdere la cognizione di reale e fantastico.»
Oliver rimase a fissare la giovane senza proferire parola.
«Oliver… Niente di ciò che credi sia successo è realmente accaduta. La nuova Vertigo tira fuori le peggiori paure di ognuno di noi e ti fa credere di viverle. Non mi hai fatto nulla, Oliver. Vedi? Sono qui, con te. Ti prego…» ma il ragazzo sembrava non ascoltarla.
Poi, tutto accadde velocemente.
Oliver sbarrò gli occhi e si accasciò sulla ragazza, il fiato corto ed i polmoni che sembravano non voler funzionare.
L’aria gli mancò ed in pochi istanti tutto divenne buio.
L’ultima cosa che il ragazzo udì fu la propria voce pronunciare quel nome che avrebbe infestato ancora e ancora le sue notti, per l’eternità.
«Felicity…»

 

 

*O villain! Thou wilt be condemned into everlasting redemption for this! - William Shakespeare, Much Ado About Nothing - Act IV, Scene II
 Oh, massimo furfante! Questo ti frutterà, né più né meno, la condanna alla redenzione eterna! - William Shakespeare, Molto rumore per nulla - Atto IV, Scena II

 

 

 

Note dell'Autrice
Ta-dan! Ecco qui la sorpresa finale! Vertigo, già. Una bella dose di Vertigo modificata per il nostro Arrow - o forse no? Forse Oliver è davvero impazzito e sta creando un mondo nel quale Felicity possa perdonarlo. O mi sbaglio ancora?
Cos'è successo nei momenti finali? Qual'è la realtà e quale la finzione?
Purtroppo, non posso dirvi molto, altrimenti rovinerei il finale - il pathos, gente! ;)

Ci sentiamo tra pochi giorni per l'ultimo capitolo.
Grazie per le splendide recensioni e grazie per le tantissime letture.

A prestissimo,
WhiteOphelia

   
 
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