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Autore: Iaiasdream    09/08/2014    3 recensioni
Seguito di: A QUEL PUNTO... MI SAREI FERMATO
Rea, ormai venticinquenne, dirige il liceo Dolce Amoris, conducendo una vita lontanissima dal suo passato, infatti ha qualcosa che gliel'ha letteralmente cambiata... ma... come si soleva immaginare, qualcuno risorgerà dagli abissi in un giorno molto importante... cosa succederà?
Genere: Erotico, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Armin, Castiel, Dolcetta, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A quel punto... mi sarei fermato '
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14° capitolo: VERITA’ NASCOSTE
 



Ritorno a casa più frastornata, di quanto non lo fossi già. Queste situazioni non mi stanno affatto rendendo la vita facile. Ripenso alla discussione avuta fra i due cugini. Che cosa intendeva dire Alain con quelle affermazioni? Quanto vorrei che la luce di questo sole autunnale, illumini la strada che dovrò prendere per risolvere al più presto tutti i miei problemi.
Castiel oggi non mi ha toccata per niente, non ha fatto nulla per mettermi contro i miei veri sentimenti. Dovrei fregarmene e/o essere sollevata, ma non ci riesco. Dopo quattro anni sento la sua mancanza, e questo è molto strano, avrei dovuto sentirla durante la sua assenza, invece la sento adesso che lo vedo tutti i giorni. Che strana cosa, i sentimenti.
Sorrido malinconica guardando la serratura della porta di entrata. Sono rimasta lì imbambolata per non so quanti minuti. Infilo la chiave nella toppa, e apro, non appena metto piede all’interno, sento una voce tanto famigliare quanto estranea all’ambiente. Mi fermo, corrugo le sopracciglia e concentro i miei sensi sull’udito. Man mano che quella voce si fa più udibile, percepisco l’irritazione farsi padrona del mio corpo.
No, non riesco a crederci! Mi dico mentre chiudo la porta e mi dirigo verso la parte da dove proviene quella voce. Entro nel soggiorno di soprassalto e la mia vista, mi da la conferma di ciò che avevo preventivato nella mente: seduta su uno dei miei divani, Jack Frost, ha interrotto il suo discorso con suo figlio, non appena mi ha vista.
Ci guardiamo, e i nostri sguardi vengono collegati da due fulmini distorti che si schiantano a metà strada e fanno a gara a chi si sorpassa di potenza.
Rimango zitta, ma la mia espressione dice tutto. Lei mi imita. A spezzare quel silenzio, non è altri che Armin. Il quale si alza dalla sua postazione e si pianta nel mezzo della mia visuale, coprendo interamente l’immagine dell’abominevole uomo delle nevi.
<< Ehi, Rea, come mai sei già di ritorno? >> chiede con voce tremante. Lo guardo sbigottita, si sta massaggiando la nuca, e sembra alquanto ansioso.
“Perché me lo domandi in questa maniera?... non dirmi che quando io non ci sono, fai venire questa bastarda in casa mia?!”
<< Qual buon vento, signora >> esclamo ignorando completamente Armin, il quale si sposta, mostrando sua madre che si è messa in piedi.
<< Me ne stavo andando >> dice lei guardando suo figlio.
<< Oh, no! Ma che peccato! >> esclamo con voce di scherno << perché non rimane un altro po’? Sembrava stesse avendo una discussione alquanto seria. Se volete potete continuare, oppure le da fastidio che sia tornata la “padrona di casa”? >> l’ultima frase la calco volgendo lo sguardo verso Armin, che imbarazzato prova a divagare.
<< Non ce n’è bisogno >> risponde la maledetta, raccogliendo le sue cose e dirigendosi verso l’uscita << ciò che dovevo dire a mio figlio, l’ho detto. Adesso tocca a te Armin >>
Detto questo se ne va. Istintivamente guardo occhi di ghiaccio e mi accorgo che ha abbassato la testa pensieroso.
Non appena ho sentito la porta di entrata chiudersi, lancio la borsa sul divano e tolgo anche la giacca. Poggio le mani sui fianchi senza togliere lo sguardo dal moro.
<< Che significa questo? >> chiedo nervosa.
<< Nulla >> risponde lui scocciato sprofondando sul vicino divano.
<< Come nulla? Armin, che diavolo è venuta a fare qui? Non viene mai e adesso si presenta con queste scuse. A cosa alludeva con quella frase? >>
<< Niente di importante >>
<< Armin non mentire, perché non me la bevo assolutamente! Giorni fa si è presentata a scuola, e invece di chiedere notizie su Etienne, ha iniziato a rompermi le palle sulla nostra situazione… >>
<< E qual è questa situazione? >> mi interrompe lui, volgendomi lo sguardo. Lo fisso allibita, << Che intendi? >> chiedo.
<< Cosa siamo tutt’e due, Rea? >>
Scuoto la testa non riuscendo a capire dove vuole arrivare e rendendomi conto che ha totalmente cambiato il filo del discorso. Si alza e mi viene incontro fermandosi a pochi passi da me.
<< Ormai sono giorni che non ti sento più mia… che cosa ci sta succedendo? Che cosa TI sta succedendo? >>
<< Ma che stai… >>
<< Da quando lui è tornato, non sei più la stessa >>
<< Che centra adesso Castiel? Stiamo parlando di tua madre e dei suoi comportamenti, e adesso cambi inspiegabilmente discorso? >>
<< Una volta mi dicesti che promettesti di affrontare le situazioni di petto, e invece ti stai nascondendo, e da me >>
<< Anche tu stai nascondendo le cose >> affermo, accorgendomi di aver confermato anche le sue parole. Non ci posso fare niente, non riesco neanche a mentire. << Cosa ti ha detto tua madre? >> riformulo la domanda. Lui mi guarda, e mi accorgo che sta trattenendo il respiro. I suoi occhi stanno rendendo il significato del loro colore. Scorgo un barlume di inquietudine. Rilascia l’aria profondamente per poi ricatturarla per dire:
<< Le solite cose… si è lamentata della nostra situazione. Ha detto che devo prendere una decisione >>
<< E tu… cosa hai risposto? >> chiedo, ingoiando a fatica, sentendo di tremare da una miscela di sentimenti che mi stanno travolgendo e che partono dall’ansia all’angoscia che mi darà la sua risposta.
Prima di rispondermi, mi fissa intensamente negli occhi, congelandomi il cuore, poi dice << Cosa avrei dovuto dirle? Che sei tu quella che non vuole sposarsi? >>
Quella frase la sento come una scudisciata ben assestata dietro la mia schiena.
<< Ma che diavolo stai dicendo? >> chiedo incredula.
<< Perché? È forse bugia? >> ribatte lui nervoso.
<< Stai scaricando la colpa su di me? >> chiedo sotto voce, intenta a mantenere la calma << è questo che stai facendo? Ti stai scartando dalla decisione che prendesti tu quattro anni fa?! >> esclamo rude.
<< Sai perché lo feci! Non volevo metterti altri pensieri per la testa >>
<< E allora per quale dannato motivo mi stai incolpando?! >>
<< Perché so che mi avresti detto di no lo stesso! >> esclama tagliando l’aria con un gesto del braccio << E io come uno smidollato che mi sono fatto abbindolare… >> si blocca mordendosi la lingua.
Lo guardo fulminea << Da chi? >> chiedo con voce ferma, seguendo il suo sguardo che vaga smarrito intorno a se. << Da chi?... rispondimi, maledizione! >> urlo, iniziando a far fuoriuscire lacrime amare. << è così che la pensi? Ti ho abbindolato?... ti sei dimenticato che fosti tu a insistere?... in tutto questo tempo, non ho mai cercato l’aiuto di nessuno. Sarei riuscita a cavarmela benissimo da sola! E adesso mi rinfacci queste cose, come fosse niente?... non hai mai dato retta a tua madre, perché, prima di me, hai sempre saputo di cosa patisce. Invece adesso, cosa è successo? >>. Non risponde, e sinceramente non mi aspetto che lo faccia. Sono stufa di questa storia. Mi asciugo le lacrime, portandole via dalle guance con le dita, poi raccolgo la giacca e mi incammino verso la porta, lui mi ferma esclamando: << Solo una cosa… >>
Mi blocco senza voltarmi << cosa? >> chiedo nervosa.
<< Se ti dicessi che voglio sposarti… accetteresti? >>
<< Perché non la poni a te stesso questa domanda? >> chiedo << Sei sempre stato tu ad avere paura di fare quel passo… >>, silenzio. Chiudo gli occhi per qualche istante, poi continuo << Ma se quello che vuoi, è la mia risposta, allora ti dico, che fino a qualche tempo fa, se me l’avessi chiesto, avrei accettato senza esitazione, ma adesso… ho qualche dubbio. E se vuoi sapere perché, inizia a pensare a tua madre >> detto questo esco, raggiungo velocemente l’auto, mi chiudo all’interno, e do sfogo alla mia frustrazione e rabbia tirando pugni sul volante.
 
 
Ho preso mio figlio dall’asilo, e non so quanto tempo è passato, da ché ci siamo avviati. Sto girando in tondo, senza avere una meta precisa.
Etienne è seduto accanto a me con le braccia conserte e lo sento sbuffare.
<< Cos’hai cucciolo? >> chiedo.
<< E lo chiedi pure? Ma dove stiamo andando mamma? Non torniamo a casa? >>
<< Ti va se andiamo al lago a raccogliere le conchiglie? >> chiedo speranzosa che accetti. Lui mi guarda stranito.
<< A quest’ora? >> chiede.
<< Perché che ora è? >>
<< Non lo so… comunque va bene >>
Sorrido, mettendo la freccia a destra e girando il volante. Dopo pochi minuti ci ritroviamo a camminare sulle sponde del lago. Etienne si trova a pochi passi d’avanti a me.
<< Etienne, attento a non bagnarti >>
<< Va bene! >>
Lo guardo e istintivamente sorrido. I raggi del sole pomeridiano, gli accarezzano quei corvini capelli facendoli brillare. È troppo bello, immagino già il suo viso, quando diventerà più grande. Sicuramente molte ragazzine gli correranno dietro.
Ricordo che giorni fa mi parlò della sua classe, dicendomi che c’erano alcune bambine che volevano offrire il loro pranzo in cambio di un bacio. Quando chiesi incuriosita lui cosa fece, mi rispose pietrificandomi: << Mamma, certo che accettai di baciarle, ma lo feci gratis >>
No, dico… non so se rendo l’idea. Come si fa ad avere un cervello così a soli quattro anni?
Mio figlio è un gentiluomo e donnaiolo.
Sua madre, ebbe il suo primo bacio a soli diciassette anni, e il figlio a quattro ne ha baciate dieci?!
Decido di non immaginarlo da adolescente, perché se continuo a farlo, sono sicura che mi ritroverei nonna a soli trentasette anni.
Sbuffo un sorriso scuotendo la testa. Quando ad un tratto qualcosa, o per meglio dire qualcuno, alle mie spalle cattura la mia attenzione.
Mi giro di scatto e non appena vedo di chi si tratta, una strana sensazione di malinconia pervade il mio cuore, aprendolo ai ricordi.
   
 
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