Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: luckily_mellark    09/08/2014    6 recensioni
"ti prego non dirmi che sei gay e che vuoi baciarmi" faccio la finta faccia scioccata, una di quelle espressioni che metto su quando fingo che tutto vada bene ma nella realtà sto sprofondando in un baratro buio.
"stupido! Io sono serio per una buona volta quindi stammi bene a sentire" ripete Finnick
"ok parla" sbuffo
"quest'anno sarà diverso Fratello. All'ultimo anno cambiano sempre le cose! E anche tu riuscirai a parlarle senza che lei ti ringhi contro come un cane rabbioso." annuncia, sicuro di se.
Quanto vorrei avere la sua sicurezza. La mia popolarità in questa scuola è solo una facciata: non permetto a nessuno di conoscermi fino in fondo, non finchè non sono certo di potermi fidare, e per il momento, la storia della mia schifosa vita la sanno solo i miei due migliori amici, Johanna e Finnick. Per gli altri sono solo un ragazzo popolare e a quel che si dice ben dotato, viziato che ottiene sempre ciò che vuole.
Ma non è così.
[AU][lievemente OOC ] [Rating arancione/rosso]
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Finnick Odair, Johanna Mason, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

lo sai che non seguo i tuoi piani” mormoro

questa volta lo farai. È geniale” risponde

non è vero. Lo dici sempre che i tuoi piani sono geniali, cazzo!” socchiudo gli occhi e lo fisso, cercando in qualche modo di incutergli terrore

e lo sono, ma tu hai la mente troppo bacata per capirli” inizia a fissarmi come io sto facendo con lui

sai perchè non seguo più i tuoi piani Fratello?” domanda retorica ovviamente, ma lui scuote la testa

perchè si concludono sempre in grandi, enormi, colossali, epiche, incommensurabili, figure di merda.”

 

 

 

 

 

Mi sto rigirando nel letto da ore ormai, e proprio non riesco a prendere sonno. La sveglia segna le 3 del mattino, il che vuol dire che tra meno di due ore dovrò tirarmi su a forza da questo materasso e scendere in panetteria per mettere a lievitare l'impasto per il pane e per la pizza. Fortuna che è venerdì, così domani non dovrò andare a scuola.

Per essere settembre fa un caldo assurdo, quindi scalcio le coperte e mi tolgo la canottiera alla disperata ricerca di un pizzico di refrigerio. Rye dorme profondamente nel letto accanto al mio, e lo invidio perchè lui non ha nessun problema: non ha ragazze a cui pensare, ha finito la scuola e al college se la sta cavando egregiamente, ha turni in negozio sicuramente migliori dei miei. Io invece continuo a rimuginare sull'assurdo piano di Finnick. E più ci rifletto, meno assurdo mi pare: insomma, posso andare benissimo da lei a parlarle no? Oppure posso tranquillamente andare a cercare Madge. Non mi sbraneranno mica.... bhe forse la Everdeen potrebbe anche farlo, ma tanto vale rischiare. Ma poi realizzo che sono un codardo e non lo faccio, come del resto ho passato gli ultimi 5 giorni, la guardo da lontano cercando il coraggio.

Mi passo una mano tra i capelli e mi alzo, con la vana speranza che un bagno caldo mi aiuti a mettere in ordine le idee. Raccatto dai cassetti la biancheria e un paio di jeans e sgattaiolo nel bagno al piano di sotto, in modo che la mia famiglia non si svegli per lo scroscio dell'acqua nella vasca. Loro almeno si meritano qualche ora di riposo.

Mi spoglio ed entro, godendomi per un momento la sensazione del caldo bollente sulla pelle. Nessuno sano di mente si farebbe un bagno alle tre del mattino con il rischio di prendere sonno, ma io so che non ho proprio speranza di addormentarmi qui dentro perchè quegli occhi grigi vorticano tra i miei pensieri da troppo tempo per essere ignorati. Sistemo il cellulare sul pavimento dove possa raggiungerlo facilmente senza bagnarlo e mi insapono i capelli, per poi risciacquarli sott'acqua.

Gioco con le bolle per qualche tempo, cercando di immaginare come dev'essere avere una conversazione civile con Katniss: potrebbe essere molto più dolce di quello che sembra.

Esco dal bagno un'ora dopo che ci sono entrato. I capelli ancora umidi ricadono in ricci scomposti sulla fronte, i jeans si attaccano alle gambe come una seconda pelle e sono obbligato a tenerli su con una cintura.

Scendo a torso nudo al forno, dove aiutandomi con una fascetta scosto i ricci dal viso. Prendo farina, acqua, lievito di birra e comincio ad impastare alla flebile luce della lampada da tavolo. Devo molto alla panetteria, forse è proprio grazie al duro lavoro di tutti i giorni che mi sto garantendo un futuro, a differenza di molti dei miei coetanei. Ho imparato molto, e ho capito che quello che voglio fare negli anni futuri sarà proprio il fornaio, perchè questo lavoro ti forgia dentro, è disciplina, controllo, creatività e passione.

“Peeta? Che ci fai già sveglio?” mi giro di scatto, con le mani ancora immerse nella poltiglia molle, vedendo papà in piedi sulla porta di servizio del reparto forni.

“ciao papà, non riuscivo a dormire” ammetto accennando un sorriso “e tu che ci fai qui? Non dovresti dormire fino alle nove? È il mio turno questo”

“ragazzo mio, penso di essere troppo vecchio per perdermi anche un solo istante con i miei figli” dice, affiancandomi per lavarsi le mani e ricoprirsele di farina

“che vuoi dire?” non capisco, e smetto di appallottolare l'impasto per guardarlo

“voglio dire che stavo tornando a letto dopo uno spuntino e ho visto le impronte bagnate sul pavimento, e poi il tuo letto vuoto. Così ho pensato che fossi qui e ti ho raggiunto” ricambia sguardo e sorriso, rubandomi letteralmente di mano il pane non ancora lievitato

“tu mettiti a decorare le torte Peeta. Qui ci penso io” ammicca e ricomincia a lavorare sotto la mia faccia sorpresa.

“ma papà.... è il lavoro di questo pomeriggio” biascico cercando i miei strumenti e gli ingredienti per le glasse

“tu fai quello. Sono le tue splendide torte, figliolo, che portano avanti il negozio. Come te non le decora nessuno” noto una punta di orgoglio mal celata nella sua voce che mi rende incredibilmente fiero

“grazie papà. Ti voglio bene” sussurro, forse nella speranza di non essere sentito

“te ne voglio anche io” sorrido sornione dandogli le spalle, un sorriso idiota che non avevo da tanto tempo.

 

Decoro torte da quando avevo sei anni, la concentrazione che mi serve per fare un bel lavoro quindi è ridotta ai minimi termini. Ascolto il rumore del pane che sbatte sul legno duro del bancone e che incorpora aria, annuso il profumo di quello che sta già lievitando sotto i teli di cotone umidi, e inspiro l'aroma di quello che già sta cuocendo nel forno a legna. Gli arabeschi della torta che ci hanno ordinato per un matrimonio che si terrà questo pomeriggio stanno venendo bene, precisi e delicati. Anche i fiori su cui ho passato gran parte degli scorsi pomeriggi stanno alla perfezione sul quarto piano ricoperto di pasta di zucchero bianca. Il pennello trema leggermente nella mano stanca, quindi decido di lasciar perdere per qualche minuto per recuperare le forze.

“papà, come stanno andando le cose tra te e la mamma?” lo affianco, curioso di essere aggiornato sulla condizione del loro complicato rapporto. Litigano sempre, lei se la prende spesso con me, perchè sono l'unico che ancora gira per casa, ma nonostante tutto sono convinto che si vogliano ancora bene. E finchè staranno insieme sono disposto a sopportare qualche strillo.

“ho paura che se le cose continuano così, le nostre strade si divideranno presto” è amareggiato, ma d'altronde chi non lo sarebbe? Sapevo, e ho sempre preso in considerazione l'idea di avere dei genitori separati, ma non riesco proprio ad immaginarmi la mia famiglia spezzata a metà. Mi si spezzerebbe il cuore.

“non c'è nulla che puoi fare? Che posso, fare per aiutarti?” domando, sperando di poter intervenire in qualche modo, qualunque cosa andrebbe bene.

“non lo so Peeta. Forse è perchè non abbiamo più un vero rapporto” all'inizio non capisco, quindi chiedo spiegazioni

“che vuol dire? Che non parlate? A me sembra che vi diciate tutto!” mi sgranchisco le gambe gironzolando attorno al banco

“ehm... non è esattamente questo che intendevo io” si gratta la nuca e abbassa gli occhi... imbarazzato forse?

“e che intendevi? No aspetta...” oh no “ penso di aver capito”

la risata mi sfugge incontrollata, e mi ritrovo a tapparmi la bocca con la paura di aver svegliato qualcuno

“voi due non fate più nulla! Proprio non fate sesso!” sgrano gli occhi e ricomincio a ridere appoggiando i palmi delle mani alla superficie di legno per reggermi

“ragazzo mio! Non ci trovo nulla di divertente!” sembra un rimprovero, ma sta ridacchiando anche lui. Ah quanto adoro il mio vecchio!

“ma scusa, perchè?” la cosa è divertente quanto imbarazzante, ma che cavolo! Ho 18 anni e so benissimo di cosa stiamo parlando, e lui sa che io non sono, come dire, un novellino in questione.

“siamo troppo vecchi, Peeta!” ma che rispostaccia

“non è vero! Avete solo cinquant'anni” aggrotto la fronte, ci deve essere qualche altro motivo

“ok è vero, ma Peeta non prenderla male ok?” mmm, che ho fatto ora?

“spara, nonnino” lo prendo in giro, aspettando la notizia

“la colpa è anche tua ok?! Gironzoli sempre per casa quando io e tua madre abbiamo un momento libero. Noi non siamo così silenziosi come voi ragazzi al giorno d'oggi...”

“alt alt alt! Non voglio sapere altro!! “ che orrore, mi sono pentito di aver chiesto queste cose, assolutamente pentito

“ok me ne andrò, promesso. Ma vedi di sistemare con la mamma ok. Non voglio dover passare da una casa all'altra.” inorridito torno alla mia adorata torta al cioccolato e vaniglia da dipingere a mano

“ma ora basta parlare di me. Dimmi un po' di te figlio mio. È da tanto che non parliamo un po' noi due da uomo a uomo” ora è lui ad affiancarmi mentre intingo la punta del piccolo pennello nel colorante verde

“cosa vuoi sapere papà? Non ho molto da raccontare” alzo le spalle e traccio le linee di un piccolo quadrifoglio

“per esempio come sta andando con i tuoi amici” suggerisce

“bhe, Finnick è il solito idiota ma non potrei mai stare senza di lui, Johanna resta sempre più maschio che femmina e Delly è la solita, rompiscatole, Delly.” le magnolie che sfumo sulla superficie liscia del dolce sembrano quasi tridimensionali e attirano l'attenzione di mio padre

“sono stupende figliolo. Davvero bellissime” dice

“grazie” continuo a diluire i colori con l'acqua per dare loro la giusta intensità

“e Finn ha trovato la ragazza?” domanda poi, tanto per curiosare suppongo

“oh si pà, ci è riuscito eccome. Si chiama Annie. È una tipa tosta ed è una delle poche cheerleader che conosco ad essere anche intelligente” lo guardo per un momento poi torno al mio lavoro

“e tu invece ragazzo mio? Dove sono finite tutte quelle ragazzine che ti giravano attorno?” per poco non faccio uno striscione sulla pasta di zucchero. In realtà non sono sorpreso dalla domanda, sono molto più scioccato dalla mia totale mancanza di risposte. Mi si è seccata la lingua e deglutisco a fatica

“ehi, ho toccato un tasto dolente?” vedo di sfuggita il suo sguardo confuso e davvero, non so se essere sincero o se fingere che vada tutto bene

“no, è che.... è complicato papà. Ma tu non devi raccontarlo a nessuno okey?” opto per la sincerità

“giuro che terrò la bocca cucita” promette e io abbasso il pennello e lo sguardo

“non mi interessano più tutte quelle ragazze perchè ce n'è solo una nella mia testa” mi posa la mano sulla spalla e si siede su uno sgabello accanto a me

“innamorato?”

“non so se sono innamorato. Piuttosto sono, molto interessato, ecco cosa” spiego

“e cosa c'è che non va? Non puoi parlarle come fai di solito?” mi mordo il labbro e gioco con le dita delle mani

“è una storia molto lunga” dico, continuando a guardare a terra

“e io ho molto tempo” mi rassicura.

 

Passiamo l'ora e mezza successiva a preparare i dolci da vendere in panetteria e a parlare, di quello che è successo quella sera al bar, di come ho conosciuto Katniss Everdeen, di come è diventato impossibile anche solo avvicinarla, e che guai ho combinato. Forse non dovrei raccontare tutti i miei problemi a mio padre, eppure adesso mi sento un pochino meglio, come se i consigli di qualcuno più esperto di me, potessero aiutarmi a risolvere nel modo giusto le cose.

“sai che ti dico Peeta? Che oggi vai a scuola e le parli. Senza tirarti indietro. Basta solo che tu la saluti. Fai le cose con calma ok? Un passo alla volta” sorride e io di rimando sorrido e poi sbadiglio.

“vai a prepararti, qui finisco io. Hai lavorato fin troppo e sei stanco. Hai il pomeriggio libero, lo dico io alla mamma.” lo abbraccio e corro in camera a mettermi una maglia blu notte. Guardo la sveglia che segna, purtroppo ora, le 7 e 20 minuti.

“porca miseria, sono in ritardo!” afferro lo zaino e ci catapulto letteralmente dentro i libri, sperando siano quelli giusti, ed esco di casa con in bocca un croissant appena sfornato.

“ciao papà!” saluto dal vialetto di casa, o meglio, urlo dal vialetto per farmi sentire.

Poi salgo in macchina e getto la mia roba sul sedile del passeggero, ingrano la marcia e parto sgommando.

 

Ci vogliono trenta minuti in macchina per raggiungere scuola da casa mia. In linea d'aria non sarebbero nemmeno tanti chilometri, ma le strade sono perennemente trafficate la mattina presto ed è impossibile non restare imbottigliati tra altre vetture. Alzo il volume della radio e tamburello sul volante, in attesa che il semaforo diventi verde. Il cellulare attaccato all'impianto stereo squilla e rispondo mettendo il vivavoce

“pronto”

“ciao Peeta, sono Delly” sorrido automaticamente

“dimmi tutto D” rispondo affondando il piede nell'acceleratore

“ho perso l'autobus, quindi non è che magari...” è titubante, educata, ma so già cosa vuole

“posso venirti a prendere? Certo che si. Arrivo tra pochissimo,fatti trovare già pronta”

“ok, a dopo, e grazie” chiude la chiamata prima che abbia il tempo di salutarla a mia volta.

Pochi minuti dopo sono parcheggiato davanti al vialetto di casa sua, ma di lei nemmeno l'ombra.

Dai D, dove cavolo sei finita?

La porta che si apre alle mie spalle mentre sono girato a guardare fuori dal finestrino dal lato passeggero mi fa fare un infarto

“scherzetto” urla la biondina facendomi venire l'istinto omicida

“D io ti ammazzo. Ho perso vent'anni di vita. Ma ti pare uno scherzo da fare???!!”

“eddai vecchietto! Non ho fatto nulla di male” si certo, come no.

“sali e taci, ragazzina” sbuffo e metto in moto, non appena la portiera sbatte con un tonfo sonoro.

“allora oggi hai intenzione di parlarle finalmente?” cosa cosa cosa? Di chi sta parlando?

“cosa scusa?”

“alla Everdeen. Hai intenzione di rivolgerle la parola o la continuerai a guardare da lontano come uno stalker?” oh santo cielo, e lei come le sa queste cose??

“cosa diavolo ti ha raccontato Finnick?” lui è l'unico che può aver spifferato qualcosa

“in realtà ho origliato la vostra conversazione lunedì. Ero venuta a cercarti, ma poi ho visto che stavate parlando e non ho voluto interrompervi” alza le spalle incurante e io mi ripropongo di stare molto più attento la prossima volta

“D ti prego. Devi tenere il segreto.” lei fa il segno della croce sulle labbra e io tiro un sospiro di sollievo. Lo facciamo da quando eravamo piccoli e lei non ha mai tradito un segreto segnato, mai.

“allora?” incalza lei, “le parlerai oggi?”

“non lo so. Se trovo l'occasione forse.” bofonchio, poco convinto

“senti” mette una mano sopra la mia sulla leva del cambio, in un gesto che sembra così innaturale, fatto da lei

“sono stufa di vederti depresso, quindi oggi risolvi questa cosa, ok?”

“ok “ rispondo, alzando gli occhi al cielo. E comunque non sono depresso.

 

 

Parcheggio nel primo posto libero che trovo alle 7.55 precise. In anticipo, fortunatamente di dieci minuti. Raggiungiamo Finn e Jo in corridoio, davanti ai nostri armadietti.

“ciao ragazzi” saluto tentando di aprire il mio spazio personale per rovesciarci dentro alcuni manuali. Passerò durante la pausa pranzo a prendere quelli per le lezioni pomeridiane

“ciao mentecatto” Johanna oggi è più carina del solito, mi domando perchè

“ciao idiota” scuoto la testa sorridendo

“ciao Finn”

“mi spieghi perchè sei conciato in quel modo Amico? Sei pieno di farina, anche nei capelli, e hai un'assurda fascetta in testa. Cos'è una nuova moda che non conosco?” domanda Johanna, e io non perdo un secondo per osservare la mia immagine che si riflette nello specchio che ha incollato sul fondo del suo armadietto. Sono davvero uno straccio: le occhiaie blu sotto gli occhi, la farina che mi impasticcia i jeans e qualche ciuffo di capelli, e non mi sono nemmeno tolto la fascia dalla testa. Che disastro. Cerco di sistemare alla benemmeglio ciò che posso.

“non ho chiuso occhio questa notte. Ho lavorato al forno dalle quattro di questa mattina” ammetto, specchiandomi

“e tu, Jo, perchè ti sei fatta così carina oggi?” domando, osservandola arrossire attraverso la superficie riflettente

“non mi sono fatta più carina! Stupido” la solita, burbera, Johanna Mason.

“certo certo” ridacchio.

Poi però, mentre continuo a togliermi la farina dai capelli, incrocio nello specchio lo sguardo grigio più bello del mondo.

Mi manca il respiro, ed è un attimo, solo e soltanto un momento fugace di contatto tra le nostre iridi. Il cuore accelera, deglutisco a fatica, e ho caldo, tanto troppo caldo.

Non so che fare, vado? O lascio perdere? Eppure è un'occasione irripetibile. Con lei non ho visto Hawthorne.

Delly, mi da una leggera pacca sul fianco e mi spinge. Poi quando la guardo mi sfila dolcemente la fascia dai capelli e mi sorride

“su, vai!” ammicca e si gira per guardarmi correre tra i corridoi.

 

“Katniss” la chiamo, in un impeto di incredibile coraggio che non pensavo più appartenermi

“Katniss” eppure lei non si gira. Forse mi sta volutamente ignorando. D'altronde l'ha fatto per un sacco di tempo. Perchè cavolo mi sono illuso che potesse andare diversamente oggi? Cretino Peeta. Sei solo un povero Cretino illuso.

“Katniss aspetta un attimo” provo un'ultima volta prima di fermarmi in mezzo al corridoio ad osservare la sua treccia ondeggiarle sulle spalle.

Nel momento stesso però in cui rialzo lo sguardo per voltarmi e tornarmene dai miei amici, i nostri occhi si incrociano di nuovo... e sono preoccupati forse?

Immediatamente, senza nemmeno accorgermene mi ritrovo sbattuto contro gli armadietti di metallo gelido. Qualcosa, o più precisamente qualcuno mi sta soffocando.

“che cazzo vuoi da lei stronzo?!” la voce di Gale Hawthorne mi giunge alle orecchie nitida e forte, sotto il pulsare incessante del sangue nel mio corpo. Boccheggio alla ricerca disperata di aria.

Il coro di “lascialo” e “mettilo giù” o di invocazioni alla rissa sovrasta persino i miei pensieri. Non voglio fare a botte con nessuno io. Non oggi.

“voglio solo parlare con lei” biascico, senza fiato, mentre sento il pavimento mancarmi sotto le scarpe. Mi sta sollevando? Chissenefrega, ora mi ammazza.

“Parlare con lei stronzetto? Dopo quello che le hai fatto? Oh non credo proprio!” più lo guardo scuotere la testa a pochi, pochissimi centimetri dalla mia, più mi rendo conto di quanto assomigli ad un cane rabbioso.

“non le ho “ cerco di prendere aria “fatto nulla”

il gruppo di persone ha formato un cerchio attorno a noi, ma nessuno interviene. Vedo con la coda dell'occhio Finnick fermato da Cato. Meglio così, non voglio che nessuno si metta in mezzo.

Sono solo un'idiota. Come ho fatto a pensare che non ci fosse lui, con lei? Dovevo lasciar perdere prima. Stupido Stupido Stupido! Ora ne pago le conseguenze!

Mi sento male, non riesco più a inghiottire un briciolo d'aria.

“lo stai soffocando! Lascialo Gale!” ho la vista offuscata, ma credo che questa sia la voce di Madge

“GALE” ora credo proprio di essere morto

“LASCIALO IMMEDIATAMENTE” questa è la SUA voce. Katniss? No, non può essere lei.

Eppure l'aria torna nei miei polmoni e la mia gola viene liberata dalla stretta. I miei piedi smettono di penzolare a mezz'aria e tornano a calpestare terra.

Ansimo, immettendo quanto più ossigeno nel mio corpo sia possibile.

Ora che ci vedo di nuovo nitidamente, la osservo. Non è stato un sogno, è proprio lei che viene a pararmi il culo dallo scimmione, altrimenti a quest'ora sarei morto, credo.

“Katniss ho bisogno di parlarti” approfitto della sua presenza e della sua attenzione

“sta zitto tu!” dice Gale, ma prima della sua voce, arriva il suo pugno. Dritto in faccia, sullo zigomo destro.

Sento la schiena sbattere contro il metallo e le gambe cedere. Questo energumeno ha un sinistro micidiale cazzo!

Il fiotto di sangue cola dal naso fino al labbro, poi scivola piano verso il mento. Non capisco cosa si stiano dicendo quei due, ne perchè tutte le persone se ne stiano andando di corsa tranne Finn, Delly, Jo, Katniss, Gale e Madge. Ed io, ovviamente, che sono rimbambito come un babbuino scemo.

So solo che, quando Katniss si inginocchia di fronte a me, io sono intento a passarmi la manica della maglia sul labbro per asciugarmi e pulirmi. Odio il sapore del sangue, sa di salato e di ferro.

“Mellark stai bene?” la sua voce risuona in modo strano nelle mie orecchie, un po' ovattata, a dire la verità.

Mi limito ad annuire guardando in cagnesco Gale.

“potevi parlarmi prima che il bestione cercasse di strozzarmi” dico, cercando di alzarmi senza l'aiuto di nessuno, facendo affidamento solo sulle mie gambe.

Con un fazzoletto mi pulisce gli schizzi di sangue sul mento, e il respiro torna a mancarmi di nuovo. Sentire i suoi polpastrelli sul mio viso è eccitante quanto meraviglioso.

“ho evitato che ti uccidesse. Ma questo non significa che sia disposta a parlare con uno come te.” si allontana per raggiungere Gale, lasciandomi con la schiena al muro, il cuore a mille, e la faccia tumefatta.

“dove credete di andare! Mellark, Hawthorne! Immediatamente nel mio ufficio!” oh no.

La preside Paylor no!

Ci mancava solo questa.

 

   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: luckily_mellark