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Autore: ragazzasullaltalena    10/08/2014    2 recensioni
Beatrice era una ragazza con molti problemi prima di incontrare lui. Thomas. La sua ancora, colui che l'ha salvata. Adesso però devono nascondersi a causa della loro differenza di età e combattere i pregiudizi degli altri. Riusciranno a rimanere uniti nonostante tutto?
Dal testo:
I nostri visi sono davvero contrastanti. Il mio quello di un’innocente bambina dai lineamenti dolci e candidi, ed il suo quello di un uomo con la barba un po’ incolta e gli occhi duri.
Mille le parole sussurrate, quelle dette all’orecchio per paura che qualcuno ci sentisse. Chi sa cosa penserebbe di noi due.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Sono le sette. Tra un’ora arriverà Thom e bisogna ancora mettere la tavola e  mi devo vestire. Di certo non posso scendere in pigiama. Dato che sono a casa opterò per un semplice jeans ed una maglietta. Mi vesto in fretta poi
scendo a mettere la tavola. Prendo l’occorrente ed apparecchio. Vorrei che fosse una cena come i pranzi di natale quindi prendo il servizio buono e lo metto sull’isola della cucina. Mamma assaggia le ultime cose mentre consiglia a Micheal quale maglia mettere. Stanno facendo un forte baccano ma io sono insensibile, la domanda che mi tormenta è se piacerà a mamma. E se non gli piacerà poi dovremmo vederci ancora più di nascosto di quanto già non facessimo? Spero che questa serata finisca presto.
Micheal è già nauseato alla sola idea di conoscere il famoso e famigerato Thomas. A nessuno in questa casa, in questo quartiere potrei anche azzardare a dire in questa città piace. 
Corro sopra per la settecentesima volta in dieci minuti. Sto ispezionando tutta la casa. Tutto deve essere perfetto. Entro nel bagno e mi guardo allo specchio. Ho un aspetto orribile, cavolo non mi sono ancora preparata. Mi spazzolo velocemente e metto su un po’ di trucco. Mi do un’ultima occhiata. Forse adesso va un pochino meglio.
Manca un minuto, per la prima volta sono puntuale.
Scendo le scale e spaccando il minuto, come sempre, suona il campanello. È arrivato.
Apro la porta, in mano ha tre rose blu, le preferite di mamma. Tutti accorrono alla porta.
Thom porge la mano a mamma.
“Buonasera signora Tivoli.”
“ No, ti prego, chiamami Anna, diamoci del tu. Io posso chiamarti Thom?”
“Certo, questi sono per voi. Bea mi ha detto che le rose blu sono le tue preferite così ho pensato di portarne tre, una per ognuno.”
“Grazie per il pensiero. Vado a metterle nell’acqua. Ma sedetevi sul divano tra poco mangiamo.”
Mentre mamma va in cucina Thom si piega sulle gambe per essere faccia a faccia con mio fratello.
“E tu devi essere Micheal vero?”
“Si.”
Allunga la mano, ma mio fratello resta con le braccia conserte.
“Micheal stringi la mano a Thomas.” non volevo dirlo. Non volevo dettare un ordine a mio fratello.
“Bea, tranquilla, fa niente. Allora, che mi racconti? Gli amici?”
A questa domanda mi ritorna in mente la nostra chiacchierata. Chissà quanto soffre, spero vivamente che non si trovi nella mia stessa situazione di qualche mese fa.
Sotto mille bracciali avevo cerotti che nascondevano il mio malessere. Nessuno poteva accettarmi, nessuno voleva. In un mese dopo la morte di mio padre si sono dileguati tutti i miei amici. Ho cambiato scuola, ma ero sempre la sfigata senza amici che nessuno accettava. Mi prendevano in giro. Ad ogni ora, qualunque cosa facessi anche se era giusta c’era sempre da ridere. Da quei ragazzi è iniziato tutto. Andare bene a scuola, distrarsi, essere magra, truccarsi, niente andava bene. Quando avevo quindici anni presi il mio primo elastico in mano. Chiusa nella mia camera inizia a farmi male, non soffrivo ripensavo alla giornata passata e tutto diventava più forte. Andando più avanti non mangiai più. Ero caduta in depressione. Poi è arrivata Marta (in secondo superiore) e ho ricominciato a mangiare, ma quando alcuni mesi fa mi dissero la verità, ovvero che tutto era iniziato per una scommessa, decisi che doveva esserci una svolta nella mia vita. Un dolore più forte era la svolta. Un coltello o una lametta.
Ricordo ogni attimo di quando lo facevo. Cercavo di mettermi sul pavimento per non sporcare gli abiti. Nessuno doveva saperlo. Sorridevo nel sentire il mio sangue caldo che scendeva sul mio corpo e poi macchiava il pavimento. Pensavo fosse giusto perché se a tutti piaceva farmi del male allora dovevo provarci. Ho passato notte insonni, con il cuscino bagnato e il terrore di addormentarmi, perché i miei demoni nei sogni erano più forti. Mio fratello non poteva e non doveva passare tutto ciò. Avevo 18 anni ed era atroce, a 10 deve essere terribile.
Poi è arrivato lui e ha notato i cerotti. Mi ha curato ogni singola ferita.
Non so come procede la conversazione perché ho lo sguardo perso nel vuoto e le mie orecchie risentono il suono della lametta che taglia la mia pelle.
“Ehi principessa! Tutto bene? Sembri spaesata e ferita. Che è successo?”
“Oh, no niente, ripensavo a quando ti ho conosciuto.”
Sapevo che con quella singola frase lui aveva capito ed infatti abbassa lo sguardo sul mio polso destro e mi prende la mano. Significa che affronteremo tutto insieme. Io e lui non ci facciamo troppe promesse, ma i gesti contano più di tutto.
La voce della mamma mi riporta alla realtà (come sempre).
“Dai venite che si fredda.”
Adiamo attorno al tavolo e mi siedo vicino a Thom. Non parliamo troppo mentre mangiamo, come è buona educazione. Ma poi mamma inizia con il suo interrogatorio.
“Allora Thom, Bea mi ha detto che vai all’università e che quest’anno ti diplomi.”
“Si, poi conto di trovare un lavoro qui a Milano. Ai migliori, delle aziende offrono un’opportunità. Questo è quello che vorrei fare. I test vanno tutti molto bene e vorrei diplomarmi con la lode. Mi piacerebbe insegnare chimica.”
Mamma abbassa brevemente lo sguardo. Esattamente come papà.
“Sai, anche mio marito faceva la stessa cosa.”
“Si, Beatrice me lo ha detto, parla spesso di suo padre.”
Oggi non è serata, ogni parola mi provoca un flashback. Sono ritornata a quella sera di sei anni fa. Alla sera del suo incidente. Avevo solo 12 anni. Pensavo fosse uno scherzo.
Era apparso sullo schermo di mamma il nome di papà ed avevo risposto io dato che lei era in cucina. Una voce sconosciuta risuonava dall’altro capo, si sentivano le sirene dell’ambulanza.
“La signora Tivoli?”
“No, un attimo le passo mia madre.”
La chiamata durò vari minuti poi mia madre scoppiò a piangere. Non capivo, cosa c’era di tanto grave? Mi prese tra le sue braccia e mi strinse forte. Non parlammo per un’ora, forse non ci credeva, forse non aveva il coraggio di dirlo, forse non sapeva come dirmelo.
“Amore,” ebbe il coraggio di parlare ancora con le lacrime agli occhi “papà se ne è andato, un incidete stradale lo ha portato via da noi. Una macchina gli è andato addosso cercando di superare. L’altro guidatore ora è in coma, quando si sveglia lo arresteranno.” faceva brevi pause e la sua voce ogni tanto si incrinava. Scoppiai a piangere; cosa avremmo raccontato a Micheal? Aveva solo 4 anni e stava aspettando papà di ritorno per rimboccargli le coperte. Il nostro dolce papà era appena diventato un angelo. Ci avrebbe guardato da li su. Oggi penso che forse non sarebbe fiero di me come figlia per tutto quello che ho fatto al mio corpo; e come sorella per non essere mai accanto a mio fratello.
Non ero piccola avevo capito esattamente tutto. La mia vita non ebbe più senso per svariati mesi. La nostra vita si era fermata a quella tragica notte.
Da quel giorno la chiesa si allontanò per me. Come fa Gesù a prenderselo? Aveva due figli e una moglie, la sua vita era finita qui e noi non avevamo più bisogno di lui. Non è vero. Io non credevo e non credo più a tutte queste stronzate. Io ho bisogno di lui, ho bisogno di una persona che mi mostri la strada. Sono stata privata di mio padre. Tutti dicevano che Gesù mi avrebbe dato la forza, ma io in lui ho trovato solo la rabbia.
Io stavo aspettando papà, volevo dargli la buonanotte e raccontargli del mio ottimo voto in matematica, ma non ho potuto. Un pirata della strada me lo ha tolto dalle braccia e tutto ciò che ora mi rimane di suo è il suo cognome. Dopo una settimana abbiamo preso il coraggio e svuotato l’armadio che sembrava vuoto. La nostra vita è continuata, quella di mamma sembrava un nonsense e mio fratello si aggrappava alla mia che si stava frantumando ogni secondo di più.
Sono sati gli anni peggiori di tutta la mia vita, l’adolescenza è il periodo che bisognerebbe sempre rimpiangere, ma io non la rimpiangerò mai. Troppo dolore in 6 anni. Non potevo affrontarlo da sola eppure mi sono rimboccata le maniche e ce l’ho fatta. Ora mi trovo d’avanti a questo piatto con la persona che amo di più al mio fianco e la mia famiglia riunita tutta per me.
Non fare la stupida, sono qui per te. Dai non rimanere impalata esci da quello stupido mondo e reagisci.
“Bea, stasera vai a dormire da lui?”
“Veramente mamma io ci volevo andare domani dato che domani sera usciamo.”
“Bene, allora vacci sia oggi che domani. Ti do il permesso, mi fido. Aiutami solo a sparecchiare e poi potrete andare.”
“Grazie mille Anna, mi fa piacere sentire che si fida. Sua figlia è in ottime mani.”
Con un colpo di scena Micheal stizzito aggiunge: “Ma che ottime mani! Tu le farai del male! E quella scritta tatuata sul braccio? Sei un ribelle e non fai per lei! Lascia in pace mia sorella!”
“Veramente caro Micheal, e non vorrei sembrare impertinente Anna, questa è la data in cui ci siamo conosciuti e l’ho tatuata perché io non voglio lasciarla andare. Purtroppo non sono le persone con i tatuaggi a mandare in rovina il mondo. Non mi aspetto che tu capisca, sei piccolo. E poi concludendo, io non mi sognerei mai di fare del male a tua sorella, lei è tutta la mia vita. Sarei un masochista, un folle a volere ciò.”
“Micheal, hai esagerato, chiedi scusa a Thom.” La voce della mamma risuona in tutta a stanza. Mio fratello si è fato piccolo piccolo dalla vergogna. Thom gli ha dato una bella lezione, non si hanno pregiudizi nei riguardi di qualcun altro.
“No no Anna, va bene così, volevo solo fargli capire le mie intenzioni. Comunque tu resta pure comoda, ci pensiamo io e Beatrice.”
“Ma sei l’ospite, non preoccuparti.”
“No, mi fa piacere.”
Laviamo i piatti in silenzio. Salgo su e prendo l’occorrente per due giorni. Giù sento Micheal che si sta scusando.
Finalmente esco da quell’inferno, saluto tutti e montiamo in macchina.
“Ti vedevo pensierosa, che c’è?”
“Ho pensato ai 6 anni peggiori della mia vita, prima che ci conoscessimo. Ogni parola mi faceva venire in mente il mio malessere.”
“Noi lo abbiamo superato, amore e se si dovrebbe ripresentare farò in modo che neanche un momento tu pianga, diventerò un pagliaccio a costo di farti ridere.”
“E’ per questo che ti amo.”
“Anche io.”
Il primo bacio della serata, un bacio appassionante fermi ad un semaforo rosso. Andrà nella collezione dei baci rubati.
 
Sono le due di notte, Thomas dorme da un pezzo ed io cullata tra le sue braccia ancora non prendo sonno.
Così mi sento al sicuro, come se potessimo schivare ogni pericolo solamente stando tra le sue braccia.
Non riesco a dormire per la cena, ripensare a quei momenti atroci mi ferisce ancora.
Forse è meglio chiudere gli occhi, vediamo cosa la mia mente mi consiglia di sognare.
È il nostro quarto appuntamento. Eravamo in un locale dove nessuno ci conosceva. Non dovevamo dare nell’occhio proprio come ora.
Io indossavo jeans stretti che evidenziavano il mio fisico magro, i tacchi piuttosto bassi per non sembrare altissima ed una maglietta semplice con una piccola scollatura.
Lui aveva una camicia bianca leggermente trasparente alla quale si intravedevano i tatuaggi e un jeans non troppo stretto ne troppo largo. I suoi occhi marroni spiccavano tra gli altri mille. Portava la cresta come sempre ed io avevo lasciato i miei capelli mossi al naturale.
Non ero al massimo dello splendore, ero sciupata e portavo così tanti bracciali! Erano troppi e Thomas se ne accorse.
Prendemmo un tavolo vicino alla finestra per stare più freschi.
Ormai ci conoscevamo da mezzo mese ed eravamo diventati amici. Sapevamo l’uno abbastanza cose dell’altro e per il momento ci bastava. A me non bastava io ero innamorata e penso che lui lo fosse più di me. Era quasi come un amore tra due estranei perché lui non era consapevole del disastro che ero.
Iniziammo a parlare del più e del meno ridendo alle nostre battute. Poi d’un tratto divenne serio.
“Bea che ne dici di iniziare a curare quelle ferite? Che ne dici di togliere quei bracciali?”
Cos’era quello? Un invito ad aiutarmi? Una proposta per diventare più intimi? Qualsiasi cosa fosse parlò prima il mio istinto senza neanche darmi il tempo di ragionare.
“Si, lo vorrei. Ma…non ne sono capace.”
Ecco mi ero mostrata per la ragazza ferita che ero veramente.
“Che ne dici di raccontarmi veramente tu chi sei? Raccontami tutto, ti aiuterò a superarlo.”
Presi un grosso respiro avevo tremendamente paura che dopo questo incontro non mi avrebbe più parlato. Mi stavo mostrando davvero per quella che ero veramente?
“E’ iniziato tutta una notte di quando avevo 12 anni, mio padre morì per colpa di un pirata della strada. Da lì la mia vita non aveva più senso. I miei mici da dopo il funerale si erano allontanati da me forse per paura che io fossi diversa, non l’ho mai saputo. Non avevo più nessuno su cui contare e così ho deciso che alle superiori non sarei rimasta nella parte di Milano dove abito altrimenti non avrei mai trovato un amico. Cambia posto ma le cose rimasero invariate. La fama mi precedeva e non trovavo un amico neanche a pagarlo. In quegli anni ci andavo piano, cioè, mi facevo male con gli elastici o con le mie unghie niente di straordinario. Poi un giorno di seconda superiore Marta mi ha iniziato a parlare, siamo diventate amiche, molto amiche, io credevo in quell’amicizia ma qualche giorno fa se ne è andato tutto a puttane. Robert, il suo ragazzo, mi ha detto che era iniziato tutto per uno stupidissimo scherzo, per una scommessa. E qualche giorno fa mi sono fatta questi tagli. Non sopportavo il dolore. Lei è stata l’unica persona che mi è stata vicina, anche se ora non credo che esistesse davvero quest’amicizia. Lei era la mia migliore amica e non so se riuscirò a perdonarla.”
Feci una pausa, aspettavo una sua risposta, ma lui guardava il mio polso destro, guardava i cerotti al di sotto dei quali stavano i miei tagli come se avesse la vista a raggi X.
“Lo so sono un disastro e un casino.”
“Ma che disastro, io ti giuro ti aiuterò. Curerò le tue ferite una ad una. Io ci sono ora e fino a quando vuoi tu. Io ti romperò sempre finché non mi dirai basta.”
Sorrisi e per la prima volta mi sentii bene veramente.
La mia mente non mi offre un ottimo scenario per addormentarmi, ma dovrò accontentarmi.
Ribadisco, oggi non è giornata.
 











Note d'Autrice
Ciao a tutti! Come va la vita? Mi scuso per il ritardo nell'aggiornamento della storia, ma ho avuto un contrattempo. Allora... questo è un capitolo un po' contorto, perché si mischiano presente e passato... boh spero possiate averlo apprezzato in un qualche modo, anche se non è uno dei miei preferiti; se volete scrivermi una recensione io non mi offendo, eh! Baci a tutti, buon agosto, godetevi st'ultimo mese di vacanze, ciao <3
   
 
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