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Autore: Akune_Niives    10/08/2014    2 recensioni
Sogni. Raven ne ha fatti molti, nella sua vita. Ma mai come questo. Il sogno che le cambierà la vita, che le farà veramente scoprire chi è. Che le farà scoprire chi è Lui. Il giovane che sogna ogni notte. Un'illusione? O un avvertimento del destino?
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il silenzio che si era creato, però, mi fece tornare in me.

-Beccata? Perché, ci conosciamo?- chiesi, cercando di non cedere di nuovo a quello sguardo.

-E’ il tipo che hai sognato, sciocca ragazzina.- mormorò Arthur, mentre si avvicinava a mia madre.

La strinse in un grande e caloroso abbraccio e iniziò a sussurrarle qualcosa all’orecchio. Lei rispondeva solo con cenni della testa.
Mi voltai a guardare lo sconosciuto e inarcai il sopracciglio.

-Quello è vivo o impagliato?- domandò lui, indicando Max con lo sguardo.

Max era ancora fermo ed immobile sul divano, come se fosse una statua di cera.
Guardai male il tipo e con qualche falcata raggiunsi il mio migliore amico.

-Max, basta! Riprenditi un po’.. Sembri un soprammobile.. Allora?!- gli gridai e lui, scosso da un tremito, riprese colore e mi fissò.

-Sì, ci sono.. Tutto passato.- mormorò, quasi incerto.

Sospirai e tornai a guardare il resto della combriccola.

-Comunque.. No, io non ho sognato questa specie di emo ammuffito.. Mi spiace, ma avete preso un granchio..-

-Non sapevo avessimo comprato un granchio, Artie.. Lo sai che il pesce non mi piace!- rispose il tipo, fraintendendo assolutamente il senso della frase.

Arthur sollevò gli occhi al cielo.

-Tu fai silenzio, non intrometterti e non chiamarmi Artie.- sibilò al giovane e poi si voltò verso di me -Sì che hai sognato lui.. Tatuaggio, aria cupa, occhi stanchi, pelle bianca e sguardo da pazzo.. Eccolo!- continuò, indicandolo.

-Hai appena descritto il 90% dei ragazzi di questi tempi, Arthur..- sospirò mia madre.

Di scatto, tornai verso di loro e Max, pensando che avrei potuto sbottare di nuovo, mi seguì preoccupato.

-Il tatuaggio, appunto! Non è lo stesso.. Guarda ques.. HEY!- iniziai a dire, mentre cercavo di spostare un lato della camicia dal suo collo, ma il tipo mi prese di scatto entrambi i polsi con una mano sola e mi tenne ferma.

-Non toccare il mio tatuaggio- esclamò, tranquillo.

-Sì, ecco! Non toccare il suo tatuaggio..- fece eco Max, che spuntò tra noi due e cercò di mettersi nel mezzo..

Osservai stranita entrambi per un paio di secondi e poi ricominciai..

-E i capelli? Lui li ha neri, il tipo nel sogno li aveva biondi.. Anche gli occhi.. Il biondino li aveva rossi mentre lui li ha.. verdi? Ma esiste questo colore così acceso o sono lenti a contatto?- chiesi, cercando di avvicinarmi, ma Max stava piantato nel mezzo con le mani sui fianchi e la testa alta, come se stesse guardando sopra la mia testa.

Feci per sviarlo un paio di volte, ma era irremovibile.. Così mi arresi.
Lo sconosciuto aveva iniziato a ridacchiare.

-Il tatuaggio.. Ricordi com’era?- mi chiese Arthur, divertito anche lui da quella scenetta.
-Rose rosse?-

-Me lo stai chiedendo o è la tua risposta?-

-Credo.. Credo fossero rose rosse, ma potrei sbagliarmi..-

Lo sconosciuto ridacchiò ancora.

-Se quelle che hai sognato erano rose rosse, allora quello era mio padre..-

Io e Max inarcammo il sopracciglio quasi simultaneamente, mia madre spalancò gli occhi e Arthur iniziò a camminare intorno al tavolino, borbottando qualcosa che non riuscivo a capire.
Dopo quasi un minuto si fermò di colpo, si voltò verso mia madre e le chiese se poteva usare il nostro telefono. Lei annuì e gli passò il cordless.
Compose velocemente un numero e attese. Dopo qualche squillo sentimmo una voce rispondere.

-Sei in ufficio?- chiese DuMondray.

La persona dall’altra parte dell’apparecchio sembrò infervorarsi e io riuscii a sentire distintamente le parole “ufficio”, “esplosione” e “bomba atomica”.
Arthur, d’altrocanto, ascoltava tenendo alzati gli occhi al cielo e la cornetta a quasi 10 centimetri staccata dall’orecchio.
Quando la voce si calmò, lui ripeté la domanda e sentimmo un lapidario “Da” provenire dal telefono.

-Bene, arrivo con degli ospiti. Metti in ordine.- ordinò e, appena la voce ricominciò a strillare, riattaccò e rese il telefono a mia madre.

-Marianne cara, posso rubarti Raven per il resto della giornata? Ti prometto che sarà di nuovo a casa prima dell’ora di cena.. Domani ti chiamerò e ti spiegherò tutto..- chiese a mia madre, che non si era ancora mossa di un millimetro.

Lei, con gli occhi ancora spalancati, si voltò e annuì con un cenno della testa.

Così Arthur uscì di casa, sorridendo, e lo sconosciuto lo seguì, regalando un sorriso a mia madre e rimettendosi gli occhiali da sole.
Io guardai Max, che fece spallucce, prese entrambi i nostri zaini e mi fece cenno di seguirli.
Salutammo mia madre con la mano e seguimmo i due, che salirono entrambi su un auto nera all’apparenza molto costosa.
Lo sconosciuto prese posto alla guida e Arthur accanto a lui, sicché io e Max ci accomodammo sui sedili posteriori.
Il tipo mi sorrise, ma fece una smorfia quando notò Max accanto a me.

-Ci portiamo dietro anche l’occhialuto? Fantastico.- sussurrò e accese la macchina.

Il viaggio fu silenzioso e durò quasi una ventina di minuti.
Arrivammo davanti ad un palazzo stretto e lungo, in un quartiere di periferia, con mattoni rossi e con così tante finestre che mi ritrovai a pensare dove diamine fosse finita la privacy dei condòmini.
Arthur, senza parlare, ci fece cenno di seguirlo. Lo vidi aprire il portone e iniziare a salire le scale.

-Quinto piano. Niente ascensore, spiacente.- lo sentii gridare dall’alto.

-Non so quanti anni abbia, ma è più agile di me..- mormorò Max, fissando lo scrittore.

Lo sconosciuto ci passò accanto e sentì la nostra discussione.

-Prova ad indovinare quanti ne ho io..- mormorò ridacchiando, iniziando a salire i gradini a coppie di due.

-Ma va’! Non avrai nemmeno trent’anni..- rispose Max stizzito e imitò lo straniero.

Feci spallucce e iniziai a salire le scale come ogni altro essere umano comune.
Al quarto piano trovai Max che riprendeva fiato. Lo presi sottospalla e me lo trascinai dietro.

-Forza.. Almeno ci hai provato..- mormorai.

Lui cercò di dire qualcosa, ma dalle sue labbra uscì un rantolo soffocato.
Alzai gli occhi al cielo.

-Alla faccia dell’atleta.- sibilai.

Arrivati al quinto piano, lo straniero aspettava davanti ad una porta aperta. Fece per aprire bocca, ma riuscii a zittirlo con un’occhiataccia.

-Silenzio. Infantili.- mormorai, lasciando cadere Max a terra.

Entrai nella stanza e capii il perché delle grida di disappunto di chi era al telefono con Arthur.
L’intero appartamento era pieno di libri, fogli, scartoffie, mappe e ogni altra cosa cartacea esistente, di cui la maggiorparte si trovava distesa a terra.
Arthur mi passò davanti velocemente come se stesse cercando qualcosa, seguito da una giovane ragazza che stava urlando non so cosa in una lingua che mi era sembrata russo. E, a dire dalla sua faccia, sicuramente non erano complimenti.
Lui le rispose usando la stessa lingua.
Rimasi ferma sulla porta a guardarli litigare, quando il tipo si avvicinò a me.

-Si stanno offendendo, ma con rispetto.. Alla tipa non piace come lui tiene l’appartamento e lui le sta rispondendo che potrebbe anche mettere in ordine lei, visto che è una sua dipendente.- mi spiegò, senza guardarmi.

Io non risposi e continuai a guardare accigliata i due davanti a me che continuavano a discutere in russo.
Max riemerse dallo stato comatoso ed entrò anche lui nell’appartamento.

-Che stiamo facendo?- chiese, con ancora un po’ di fiatone.

I due litiganti passarono nuovamente davanti a noi e sia io sia il tipo strano li indicammo con l’indice.

-Capisco.. credo..- mormorò, ironico.

-Io no..- rispose lo strano tipo, alzando le spalle.

-Adesso BASTA!- gridai, ed entrambi si voltarono verso di me, zittendosi. -Professore, io spero che non ci abbia portati qui per assistere a tutto questo- esclamai, indicando prima loro due e poi la casa.

-Non indicare casa mia in quel modo, McCay.- rispose lui seccato, sparendo di nuovo.

La ragazza lo fissò assottigliando lo sguardo e poi si voltò verso di me.

-Sono Anya, Anya Ninovic, l’assistente di Arthur e sinceramente dispiaciuta che dobbiate vedere tutto questo.- disse con forte in accento russo, porgendomi la mano.

Gliela strinsi forse con troppa forza, ma lei cercò di non farmelo notare e semplicemente aggrottò le sopracciglia per il fastidio.
Poi voltò lo sguardo, esaminò Max per qualche secondo, gli sorrise e si soffermò sullo sconosciuto.

-Shadow Shinobu, lieto di conoscerla..- disse lui, sfoderando un sorriso abbagliante al quale lei, però, non cedette.

-Conosco il tuo Casato e come voglio star lontana da loro, così farò con te.- mormorò seria.

Poi ci fece cenno di seguirla e ci fece accomodare nell’unica stanza in ordine: era anche questa piena di libri ma tutti erano messi in ordine nelle librerie presenti, aveva un grande tavolo ovale al centro e un piccolo frigo vicino alla vetrata che dava sulla strada.
Ci accomodammo e lei ci servì delle bevande gassate, mentre a Max porse una bottiglia di Gatorade e, quando lui la fissò curioso, lei gli sorrise ancora.

-Dopo una sfida del genere contro un vampiro, serve per riprendere energie.. Da?- disse tranquilla.
Lui annuì e poi si bloccò.

-Vampiro? Ma che..?- cercò di dire, guardandosi attorno per poi fermarsi su Shadow, che lo salutò ironico con la mano e si tolse gli occhiali.

-Dici che li porto bene i miei 147 anni?- chiese come se fosse una cosa naturale.

A sentire quel numero, quasi mi strozzai con la Pepsi, mentre Max non riuscì a trattenersi e fece uscire la bevanda dalla bocca e qualche goccia anche dal naso.
In quel momento rientrò Arthur e lo fulminò con lo sguardo.

-Pulisci. Subito.- sibilò, ma Max sembrò non sentirlo.

-Non dire cazzate, tipo.. Tu non.. AAARGH!!- iniziò a dire, ma il grido gli sfuggì quando Shadow fece scattare in fuori canini appuntiti come rasoi, lunghi diversi centimetri.

Io mi limitai a spalancare gli occhi, mentre Arthur e Anya nemmeno lo guardarono.

-Shadow, se hai finito di giocare, puoi spiegarmi perché tuo padre morto dovrebbe apparire in sogno ad una ragazzina?- sbottò DuMondray.

Lui, per tutta risposta, fece rientrare le zanne e scosse le spalle.

-E io che ne so? Lei ha sognato mio padre, io ho sognato lei. Dovresti essere tu quello che da le risposte, vecchio.- disse lui.

Mi appoggiai allo schienale della sedia e li osservai entrambi.

-Deve esserci per forza un nesso logico, no? Perché a me servirebbe un attimo fare il punto della situazione..- mormorai, portandomi una mano alla testa.

Mi voltai di poco e vidi Anya che stava porgendo un fazzoletto a Max, mentre lui insisteva per pulire a terra il danno che aveva fatto.

-Sì, la bimba ha ragione..- rispose Shadow, guardando Arthur.

Gli lanciai un’occhiataccia ma DuMondray prese la parola.

-Se contiamo che tu sei il figlio di Lucas e lei la presunta reincarnazione di Iris, tecnicamente abbiamo risolto il nesso logico..- mormorò, guardando per un secondo fuori dalla finestra.

-Giusto..- mormorò Shadow.

-Che cosa?- chiesi io, spalancando gli occhi.

Shadow e Arthur si guardarono per un secondo e il vecchio si voltò verso Anya, ancora impegnata a civettare con un Max rosso in faccia che gongolava alle sue attenzioni.

-Lascialo stare, non ha tre anni. Volume trentasette, 1150-1213. Adesso. Non abbiamo tutto il giorno.- ordinò sibilando.

Anya lo guardò assottigliando lo sguardo e sparì nella stanza accanto.

-Ehm-ehm..- Shadow si schiarì la voce. -Sembra che tu sia uno degli ultimi discendenti della Principessa Iris di Norvegia, che fu morsa da un Lupo Mannaro quando era incinta e stava per diventare Regina. E’ lei che ha partorito il primo Lycan esistente.- spiegò, sorridendo di tanto in tanto.

-Qualcuno ha fatto i compiti a casa, vedo.- sibilò Anya, rientrando in stanza con il tomo richiesto in mano.

Lui le sorrise, ma lei sbuffò e tese il volume ad Arthur, rimanendo al suo fianco.

-La Principessa, non volendo essere un Lupo Mannaro e volendo evitare lo stesso destino al bambino che portava in grembo, cercò una cura abbastanza forte da poter salvare entrambi. Ed ecco che entra in gioco un giovane Lucas Shinobu, ancora libero e single.- mormorò Arthur, sfogliando il libro, con una punta di sarcasmo che andò a marcare sulla parola “single”.
-Al tempo, Lucas non voleva essere un vampiro e suggerì ad Iris di creare un antidoto utilizzando il loro sangue. Non sappiamo bene come fecero, le scritte sono sbiadite e ci sono alcune pagine strappate. Sappiamo solo che la Principessa usò il suo antidoto su di lei e Lucas era deciso a portare il suo via con se’. Ma poi trovò la madre di Shadow, la sposò e divenne il capo del suo Clan.
Quando incontrò di nuovo Iris, il bambino era già nato, aveva circa una decina d’anni e non aveva subìto trasformazioni. Decisero di nascondere le formule con l’antidoto di Lucas e considerarono il caso risolto.- continuò tranquillo.

-Fammi indovinare..- mormorai -Il figlio della Principessa iniziò a trasformarsi anni dopo e lei voleva riavere le formule per creare un nuovo antidoto per lui..- continuai, poggiando un braccio sul tavolo.

-Perspicace..- mormorò Arthur, inclinando la testa. -Ma per accedere agli antidoti serviva un piccolo tributo di sangue da parte di chi aveva creato il sigillo che proteggeva il nascondiglio.. E lei non aveva la più pallida idea di dove avrebbe potuto trovare Lucas. Il bambino, o meglio, ragazzo continuava a trasformarsi e a distruggere raccolti, uccideva il bestiame e faceva infuriare i contadini.
Iris non sapeva più come nasconderlo e, essendo nel tempo diventata una Regina vedova, non sapeva come aiutare il suo popolo che le chiedeva aiuto.
Iniziarono così ad arrivare cacciatori da tutte le parti finché, disperata, la Regina fece fuggire il figlio lontano dalla Norvegia. Lo stupido, crescendo, non si trattenne e divenne un vero Casanova, "figliando" con chiunque e facendo nascere una vera e propria stirpe di Lycan.- concluse, chiudendo il grande tomo e ricominciando a camminare da una parte all'altra con Anya che lo seguiva.

-Aspetta.. Manca un pezzo importante del puzzle..- esclamai io, dopo qualche secondo di silenzio.

Arthur si bloccò e Anya andò a sbattergli contro. I due, insieme a Shadow e Max, si voltarono a guardarmi in attesa di una spiegazione.

-Tutto questo cosa c’entra con me? Cioè.. Cosa vi aspettate che io faccia?- chiesi, guardandoli uno per uno negli occhi.

-Se.. Se tu sei la pseudo-reincarnazione di questa Regina.. E se per trovare questi.. cosi.. serve un tributo di sangue.. Magari il tuo potrebbe andar bene..- mormorò Max, incerto.

Mi voltai a guardarlo, sorpresa. Credevo fosse ancora impegnato a sbavare dietro la russa.

-E’ intelligente davvero, a quanto pare..- sussurrò Shadow, mettendosi una mano davanti per non essere sentito.

Lo ignorai e osservai Arthur.

-Ha ragione?- chiesi, indicando Max.

Lui annuì lentamente e Max iniziò a gongolare timidamente sulla sedia, sistemandosi gli occhiali.
Sbattei le mani sulle gambe e mi alzai dalla sedia.

-Allora no, grazie.- sbottai, con un sorriso tirato.

-No.. grazie?- mi fece eco Shadow.

-Esatto.. Me ne vado. Non mi interessa..- mormorai, facendo spallucce.

-Siamo riusciti a rintracciare un ipotetico luogo dove potrebbero essere nascosti questi famosi antidoti.. Potremmo salvare migliaia, forse milioni, di nostri simili da persone come lui..- rispose Shadow, leggermente alterato, indicando Arthur -e tu dici “No grazie”..?? Ma mi prendi per il culo?-

-Io adesso che c’entro? I miei scopi sono puramente accademici..- cercò di giustificarsi l’altro, ma fu zittito da una gomitata di Anya.

-Io sono una persona normale, che vive una vita normale con persone normali. Non osare tirarmi in mezzo a certe cose.- sibilai, puntandogli il dito contro.

-Hai già avuto la prima trasformazione?- chiese, diventando improvvisamente serio.

-No, non ancora- rispose Arthur per me.

-Ecco perché parla così..- mormorò Shadow, accennando un sorriso.

-Io sono una persona normale.- sibilai, scandendo le parole.

-Una persona normale che discende da Lycans del Nord, dotata di una notevole forza che presto, a causa dei suoi attacchi di rabbia dovuti all'istinto animalesco represso, si trasformerà in un enorme lupo. Che ne pensi?- disse nuovamente Shadow, con uno sguardo che sembrava lanciasse sfide da tutti i pori.

-Raven. Ascolta..- mi sussurrò Max, avvicinandosi. -Se tutta questa storia è vera ed esistono davvero degli antidoti, potresti aiutarli con la ricerca e poi, una volta trovati, potresti usarne uno per essere davvero una persona normale.. No?- chiese, alzando un sopracciglio e accennando un sorriso.

Lo guardai e centinaia di pensieri mi balenarono in mente.

-Sì, sei davvero il secchione più intelligente che io conosca.-
   
 
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