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Autore: FairyCleo    11/08/2014    1 recensioni
"Lo aveva visto giocare con suo figlio, lo aveva sentito ridere con i suoi amici di sempre, ma nei suoi occhi aveva letto un dolore profondo e un senso di mancanza che solo lui sembrava in grado di comprendere. Per tutti gli altri non c’era niente di diverso o di strano in quella serata trascorsa alla Capsule Corporation. Gli amici di una vita avevano continuato a fare ciò che avevano sempre fatto senza capire, o peggio ancora fingendo di non capire che Trunks avrebbe voluto trovarsi altrove. E questo, non era un pensiero che stava toccando solo lui".
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Goku, Goten, Trunks, Un po' tutti, Vegeta
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Parte XV
 
Se non li avesse avuti davanti agli occhi, se non avesse sentito le loro voci, visto i loro movimenti, condiviso le loro emozioni, forse non sarebbe riuscito a credere che loro fossero lì, davanti a lui, in quel preciso istante. Era stato proprio lui a crearli, a forgiare quei corpi perfetti, ad alimentare quelle menti sorprendenti, ma mai non avrebbe potuto credere che un giorno tutto quello per cui aveva lottato sarebbe diventato realtà.
Li aveva sognati tanto a lungo, con tanto ardore, da credere che sarebbe morto di gioia da un momento all’altro. Dopo tutto quel tempo trascorso nella più totale, completa solitudine, finalmente aveva accanto la sua famiglia. Finalmente, aveva accanto i suoi amati fratelli. Finalmente, non era più solo.
Li guardava come se al mondo non esistesse altro. E per lui era così. Per Alpha, quelle tre creature erano più importanti della sua stessa vita, vita che avrebbe vissuto accanto a loro fino a quando il fato glielo avrebbe concesso.
I suoi fratelli erano meravigliosi quanto lui, forse di più. E, tra i tre, Kaharot era il più magnifico di tutti. Alpha sapeva che non era colpa né di Nappa né di Radish, ma non aveva potuto fare a meno di notare quella differenza. Il più giovane tra loro, l’ultimo unitosi a quella nuova famiglia, era l’unico, oltre a lui, ad essersi ricongiunto all’essere da cui era stato creato. Gli altri due non erano stati graziati dalla sorte come era capitato a loro. Quando aveva recuperato i geni per iniziare il processo di clonazione, aveva tenuto in considerazione l’eventualità che potesse non riuscire a combinare il loro incontro definitivo, e così era stato. Purtroppo, Nappa e Radish, i rozzi saiyan che avevano permesso ai suoi fratelli di venire al mondo, erano stati eliminati prima che potessero essere raggiunti, e questo aveva impedito il compimento della loro missione. Non avrebbe mai potuto dimenticare il dolore che aveva letto negli occhi dei suoi adorati fratelli. Loro, i primi che avrebbero potuto completare il processo di assimilazione, erano stati definitivamente privati di quell’immensa gioia. Era stato allora che entrambi avevano scelto di farsi chiamare come i due saiyan originari. Era stato allora che avevano cominciato a farsi chiamare Nappa e Radish.
Dalle sue labbra non erano mai sfuggite parole rispetto al suo operato. Era stato cauto, attento a non farsi sorprendere da loro fino al giorno in cui non aveva rinunciato, ma aveva cercato con tutte le sue forze un modo per riportare in vita i due saiyan. Un giorno, durante una breve sosta su di un pianeta lontano, aveva sentito gli abitanti del posto riferirsi alle “potenti sfere” forgiate dal popolo dei namecciani come a degli oggetti in grado di esaudire i desideri. Inizialmente, non vi aveva dato peso, men che meno aveva creduto ad una simile diceria. Non credeva in quell’assurdità, in quella sciocchezza che in tanti chiamavano magia. Era un uomo di scienze, lui, una creatura perfettamente in grado di generare una vita, curare gravi ferite, correggere ogni tipo di difetto grazie all’ausilio delle sue conoscenze e delle apparecchiature che aveva forgiato con le sue stesse mani. Ma, suo malgrado, le sue conoscenze non gli avevano permesso di rendere completi e finalmente felici i suoi fratelli. Perché non aveva nessuna informazione in merito a queste sfere magiche? Perché non sapeva neppure dove fosse ubicato il pianeta dei namecciani? Era stato allora che un dubbio tremendo lo aveva assalito, dubbio diventato certezza in brevissimo tempo. Il Professore aveva omesso di proposito quelle che al momento erano diventate delle informazioni a dir poco vitali per sé e per i suoi cari. Quell’essere che un tempo aveva considerato alle stregue di un padre gli aveva impedito di conoscere la realtà dei fatti, e questo poteva avere solo una spiegazione: questo poteva essere accaduto solo perché il Professore aveva temuto il potere che avrebbero potuto conferirgli quelle misteriose sfere. Voleva tenerlo in pugno, sotto scacco, illudendolo di avergli conferito tutta la conoscenza disponibile per poi far sì che si rendesse conto all’improvviso di aver vissuto in una menzogna. E non in una qualsiasi, ma nella peggiore.
Quel giorno, aveva faticato a mantenere i nervi saldi. Mostrarsi perfetto diventava complicato quando aveva a che fare con sentimenti come l’odio, il disprezzo e il rancore, ma sapeva che sfogarsi sarebbe servito a poco, in quella circostanza. Era liberatorio lasciar affiorare il suo istinto saiyan, ma aveva già ucciso la causa primaria della sua sofferenza, e per quanto lo desiderasse, non poteva uccidere chi era già morto.
La soluzione era semplice e perfettamente attuabile: bastava solo concentrarsi sul suo intento e raccogliere il maggior numero di informazioni possibili sul pianeta Namecc. Se le sfere potevano realmente esaudire i desideri, forse, avrebbe donato ai suoi fratelli la gioia di sentirsi completi.
Trovare la rotta del pianeta non era stato difficile, così come non era stato difficile sapere di più di questi misteriosi manufatti. Le sue infinite capacità gli permettevano di poter leggere nel pensiero di chi gli stava accanto con un semplice tocco delle dita. Ad Alpha bastava solo sfiorare il passante di turno per sapere cosa pensava, cosa provava. Un metodo tanto veloce per recuperare informazioni quanto inutile. Le sfere avrebbero anche potuto permettere a Nappa e a Radish di tornare in vita, ma la loro morte perpetrata per mano di un familiare, di un proprio simile, aveva spezzato il legame che li teneva congiunti a loro insaputa ai fratelli di Alpha, rendendo vano ogni più disperato tentativo di riparare a quell’abominio. Vegeta aveva ucciso Nappa con le sue stesse mani, mentre Goku aveva contribuito in prima persona alla morte dell’unico membro della sua famiglia d’origine. Quella crudeltà, quel gesto contro natura, aveva procurato quella che agli occhi di quelle straordinarie creature era un’autentica catastrofe. Solo per questa ragione Alpha era stato costretto a rinunciare al suo proposito, e mai avrebbe ringraziato abbastanza il suo intelletto e la sua sensibilità per avergli consigliato di non rivelare in anticipo i propri piani. Cosa avrebbe fatto se ciò fosse capitato a lui? Se lo stesso destino, la stessa sorte, gli fosse stata riservata da un fato sin troppo crudele?
Oh, non che non fosse stato anche lui vittima del più acuto tra i dolori, in effetti. Quando Vegeta era stato abbattuto, privato della sua vita per mano del mostro chiamato Freezer, aveva sentito il cuore fermarsi insieme al suo. Il respiro gli era mancato, così come il controllo del suo corpo morente. Era durato tutto mendo di un battito di ciglia, ma era stato sufficiente da fargli desiderare di non tornare indietro. Era stato come se gli avessero strappato le interiora, come se lo avessero privato di tutto quello che era, rendendo la sua esistenza nulla. Era crollato tra le braccia di suo fratello Nappa senza poterlo evitare, piegato in due da un dolore inaspettato e viscerale. E, in quell’occasione, per la prima volta in vita sua, aveva pianto lacrime di sofferenza.
Ma, così come era venuto il dolore, era venuta subito la gioia. Perché, anche se in un primo istante non aveva saputo spiegarne la ragione, aveva nuovamente sentito il contatto precedentemente reciso senza preavviso. Vegeta era tornato. Il principe dei saiyan era riuscito a tornare indietro dal regno dei morti, e Alpha sapeva che era solo merito delle tanto chiacchierate sfere del drago.
Erano stati quei sette oggetti magici a permettergli di riavere Vegeta, ed erano state sempre loro a permettergli di avere anche Kaharot, il suo Kaharot.
Sapeva di sbagliare, sapeva di essere ingiusto, ma, allo stesso tempo, non sapeva spiegare il perché di quella sensazione che puntualmente lo portava a desiderare di avere accanto l’ultimo saiyan purosangue scampato alla grande epurazione perpetrata da Freezer. Forse, perché Vegeta, il principe dei saiyan, aveva sempre saputo che lui, un miserabile membro della terza classe, uno degli ultimi, fosse l’unico in grado di poterlo superare e che, suo malgrado, alla fine c’era realmente riuscito, portandolo ad odiarlo e ad ammirarlo profondamente allo stesso tempo. L’essere da cui erano stati prelevati i geni con cui era stato creato aveva sempre avuto un bizzarro rapporto con quello che solo teoricamente poteva definirsi un suo sottoposto, un rapporto che lo aveva condotto sull’orlo del baratro, sul bordo di quella sottile linea che separa la ragione dalla pura follia, un rapporto che lo avevano portato ad amarlo come il preferito tra i suoi fratelli e allo stesso tempo a detestarlo come il suo peggior nemico.
Ma non era solo per quello che Alpha desiderava tanto la sua presenza, non era solo per un mero e poco invidiabile riflesso. C’era qualcosa che non riusciva a spiegare completamente, qualcosa che inesorabilmente lo aveva portato a desiderare di averlo accanto, di potersi confrontare con lui fisicamente ed intellettualmente senza nessun ostacolo plausibile. Forse, ciò era dovuto alla completezza che entrambi erano stati in grado di raggiungere, ma non avrebbe saputo dire se ciò sarebbe effettivamente bastato o meno. Forse, più semplicemente, non c’erano spiegazioni. Forse, si doveva tutto a quelle che venivano definite “affinità”. Ma, se inizialmente quella confusione lo aveva destabilizzato, con il passare dei minuti era finita del più totale dimenticatoio. Era come se Kaharot ci fosse sempre stato, come se lui lo avesse avuto al suo fianco sin dal primo giorno. La solitudine era davvero esistita, o era stata solo una sua fantasia? Ormai non lo sapeva più. Sapeva solo che non avrebbe abbandonato la sua famiglia per niente al mondo, e che non avrebbe mai ringraziato abbastanza i suoi fratelli per aver mantenuto i loro nomi originari, i nomi con cui li aveva conosciuti. In caso contrario, era comunque certo che li avrebbe amati lo stesso.
“Non avrei potuto fare di meglio” – aveva esclamato Kaharot, osservando il riflesso del suo fisico statuario – “Quanta maestria… Hai studiato a lungo per raggiungere questo livello… Forse anche troppo a lungo. Non sono sicuro che sarei capace di realizzare qualcosa del genere, sai?”.
“Non ne sei sicuro? Oh, fratello, così getti fango sul mio operato e offendi te stesso e la tua intelligenza. Non è stato facile creare un perfetto te adulto, lo ammetto, ma non vedo perché tu non dovresti essere capace di fare lo stesso”.
Aveva risposto senza alcuna fatica o esitazione, gioendo per l’esplicito complimento e per la totale indipendenza dalla volontà del principe, segno di una sua totale soggezione. Mai e poi mai l’orgoglioso Vegeta avrebbe incoraggiato in quel modo il suo più acerrimo rivale, mai, per nessuna ragione al mondo, e questa non era che un’ulteriore conferma del successo della sua operazione.
“Sorridi, fratello?” – Kaharot gli aveva rivolto un sorriso più che mai furbo e consapevole. Ma che male c’era a stuzzicarlo un po’?
“Come potrei fare il contrario? Finalmente conosco il vero significato della parola gioia…Questo giorno è per me indimenticabile”.
Se ne stava seduto sulla sua poltrona bianca, completamente abbandonato a quella sensazione che non aveva mai realmente provato prima di allora. Era felice, era davvero felice. E non gli importava se suo fratello aveva voglia di prenderlo un po’ in giro. Niente avrebbe potuto infrangere quella sensazione di pura pace che avvertiva, niente. Finalmente era in pace con l’universo intero, e il suo unico e solo pensiero era quello di vivere la vita che aveva sempre sognato.
“Dove sono i nostri fratelli?” – gli aveva chiesto mentre si sfilava dalla testa la casacca bianca che gli era stata donata, lasciando poi scorrere lo sguardo lungo l’esiguo che gli era stato messo a disposizione.
“Nappa e Radish hanno deciso di perlustrare per l’ultima volta questo pianeta prima di salpare. Come sai, qui abbondano alcuni minerali piuttosto interessanti, e conoscendoli sono certo che hanno deciso di non perdere l’occasione di studiarli”.
“Certo…” – aveva distrattamente risposto lui, evidentemente contrariato da quello che si trovava davanti – “I minerali” – e senza mascherare un’espressione più che mai disgustata aveva finito con l’indossare una casacca identica a quella tolta in precedenza, ma rossa.
Ad Alpha non era sfuggito il tono assunto dal fratello, ma aveva preferito sorvolare. Kaharot era nuovo a tutto quell’ambiente, e per quanto lo conoscesse grazie al suo operato, viverlo significava tutt’altro. Se non gli andavano bene gli abiti che aveva scelto per lui bastava semplicemente lasciargliene scegliere degli altri.
“Vorresti raggiungerli?” – gli aveva poi domandato, sorridendo speranzoso. Sarebbe stata la prima cosa che avrebbero fatto tutti e quattro insieme, sarebbe stata la prima cosa che avrebbe fatto con la sua famiglia, e il solo pensare a quella parola gli provocava un’emozione incontrollabile.
“Raggiungere chi?” – era stata la domanda posta a sua volta da un Kaharot decisamente più intento a rimirare la sua immagine nello specchio.
Il silenzio che aveva seguito quella che a onor del vero avrebbe dovuto essere una domanda era stato a dir poco glaciale. Alpha lo aveva fissato con insistenza per un lungo istante prima di catturare quello sguardo perso nel riflesso che aveva davanti. Ma non era lo sguardo di chi era arrabbiato per non essere stato ascoltato, no. Il suo era lo sguardo di chi era stato ferito.
“Fratello…” – la voce e gli occhi di Kaharot avevano assunto un tono più dolce, quasi addolorato, mentre percorreva a grandi falcate la distanza che li separava per poi inginocchiarsi al suo cospetto. Adesso, i loro visi erano alla stessa altezza, visi così simili, eppure, allo stesso tempo, così diversi – “Mi dispiace, non volevo essere scortese” – aveva ammesso lui, mettendogli entrambe le mani sulle possenti spalle – “E’ che è tutto così nuovo, così meraviglioso. Le sensazioni che avverto sono talmente intense e contrastanti che mi sembra di scoppiare. Puoi perdonarmi per essere stato così distratto?”. E il sorriso di lì a poco affiorato sulle labbra di Alpha era stato la testimonianza più vivida che sì, era stato perdonato. “Vuoi raggiungere Nappa e Radish, hai detto? Bene, allora andiamo… Ci hanno atteso fin troppo”.
Ed era vero, aveva constato Alpha, mentre seguiva l’ultimo membro della sua meravigliosa famiglia: avevano aspettato fin troppo. Ma dubitava che Kaharot potesse sospettare che stesse pensando a quanto avesse atteso proprio lui.

 
Fine parte XV
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PERDONO, PERDONO, PERDONO.
Sì, lo so, ormai ci avete fatto l’abitudine, ma credo di non aver MAI fatto un simile ritardo in vita mia. Non voglio neanche sapere quand’è stata l’ultima volta che ho aggiornato perché è vergognoso e potrei decidere di scappare in Congo e non fare più ritorno. U.U
Ragazzi, che volete che vi dica? Fra viaggio a Roma, concerto stramegagalattico, una settimana per riprendermi dallo stress e una settimana di mare, ho trovato solo ora il tempo per terminare di scrivere il capitolo che avevo abbozzato la scorsa settimana.
Capitolo di passaggio, ma NECESSARIO. E chi vuole capire ha capito. ;)
I personaggi di Alpha e Kaharot si stanno delineando ogni istante sempre più, e presto accadrà lo stesso con il resto della famigliola felice. Certo che ce li vedo
Red-Nappa e Red-Radish in giro per Neo-Namecc a raccogliere minerali! XD Ma anche questo ha un senso, fidatevi. XD
Orbene, dopo tutto questo inutile sproloquio, io direi che vado a studiare! Con questo caldo non so bene cosa potrò combinare, ma non posso proprio non farlo!
A presto (spero) e buon proseguimento di vacanze a voi tutti!
Un bacione
Cleo

 
   
 
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