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Autore: notmoose    11/08/2014    1 recensioni
Duncan era solo un ragazzino di 14 anni, completamente innocuo, ma cambiò tutto dopo quella notte infernale. Era troppo giovane per quello "spettacolo" macabro, orribile. Lui non aveva paura, ma quella notte vide la morte in faccia, tutta la sua vita passargli davanti in pochi secondi.
Sperava che era solo un incubo, ma le le sue preghiere non le ascoltava più nessuno.
Genere: Dark, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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I Capitolo



  fanfic miki Dopo quattro anni di distanza da quella notte, così intensa e così orribile, che lo aveva segnato non solo mentalmente, ma anche fisicamente, Duncan si rese conto di quanto fosse cambiato e non solo fisicamente.
Non ricordava molto di quella sera, solo le cose che lo avevano sconvolto di più. La cicatrice enorme, un segno indelebile, che si ritrovava sulla pelle candida del suo petto era una di quelle. Insieme ai ricordi, quella era la cosa che si portava dietro da quella notte.
Ogni sera si posizionava davanti allo specchio e fissava la sua immagine riflessa su di esso. I capelli, leggermente lunghi da quattordic'enne erano stati rimpiazzati da un taglio molto corto ed erano stati lasciati del colore naturale: un castano talmente chiaro da sembrare biondo. Tyler lo aveva convinto a non tingerli più e che sarebbe stato meglio se li avesse lasciati del suo colore naturale, e così fece. I suoi occhi azzurri erano rimasti gli stessi, sempre di ghiaccio e talmente azzurri da far sembrare che ci stessi affogando dentro, ma lo sguardo era più spento; a lato del suo labbro inferiore c'era un piccolo piercing ad anello, così da mettere in risalto le sue labbra carnose. Le braccia erano contornate di tatuaggi, uno più dell'altro.
E poi arrivava lì, alla parte del corpo che più detestava di se stesso. Il suo petto, con al centro l'enorme cicatrice che gli portava alla mente gli avvenimenti di quella sera. La odiava proprio per questo motivo. Avrebbe voluto dimenticare tutto, di quella notte che lo aveva cambiato, rendendolo ancora più chiuso in se stesso di quanto non fosse già, più aggressivo e diffidente. In più, quasi ogni notte prima di Halloween faceva un sogno ricorrente, che lo turbava e lo lasciava sempre abbastanza confuso. Tutto ciò che vedeva nel sogno era una stanza buia con un trono al centro, poco illuminato, con un uomo, all'apparenza abbastanza giovane, seduto sopra e una ragazza in piedi al suo fianco che appariva poco dopo. Le due figure erano sfocate. Lui aveva i capelli corvini e abbastanza lunghi, i suoi occhi erano dello stesso colore, la pelle era bianca, aveva diversi piercing sul labbro inferiore ed era vestito completamente di nero. La ragazza, invece, aveva i capelli per metà neri e per metà rosso acceso. I suoi occhi erano dorati e, insieme a quella poca illuminazione che metteva inrisalto la figura dell'uomo e della ragazza, erano l'unica fonte di luce della stanza. Le sue labbra erano carnose e aveva un fisico snello e con le curve ai punti giusti, il che la rendeva una bellissima ragazza agli occhi di Duncan. Infine tutto ciò che sentiva in quel sogno erano due nomi: Aamon e Lilith. Ma ancora non capiva perchè continuasse a fare questo sogno, o incubo come lo definiva lui, da quattro anni. Di questo non ne aveva mai parlato con nessuno se non con il suo migliore amico Tyler, che cercava in tutti i modi di aiutarlo, per quel poco che poteva fare.
Si avvicinava il periodo di Halloween, dove i più piccoli si mascherano con costumi spaventosi e vanno a fare "dolcetto o scherzetto" insieme agli amici, così da riuscire a raccimolare più caramelle possibili.
In questo periodo, Duncan era più annoiato del solito, non solo perchè rimaneva a casa a non fare niente tutto il giorno, ma anche perchè lui non sopportava questo periodo dell'anno. Passava la maggior parte del tempo da solo a casa in quei pochi giorni di vacanza concessi dalla scuola per questa festività, oppure ogni tanto si incontrava con Tyler. Duncan adorava stare con lui, era l'unica persona che riuscisse a capirlo pienamente e che riusciva ad aiutarlo e vice versa.
Proprio in quel momento, il telefono squillò, così da interrompere il flusso di pensieri di Duncan, che, si alzò con lentezza dal letto della sua stanza per prendere il cellulare che stava sulla scrivania. - Duncan, stasera c'è una festa a casa di Jennifer, la bionda. Non possiamo non mancare - Disse Tyler dall'altro capo del telefono. Il moro alzò gli occhi al cielo, abbastanza scocciato e rispose: - Ty, lo sai che non sono un da feste, specialmente in questo periodo dell'anno - Accentuò le ultime parole, come per fargli capire quello che intendeva. - Capisco, ma non posso andare da solo, ho bisogno che venga anche tu! Magari incontri qualche bella ragazza e ti lasci andare per una volta! - Esclamò il castano, cercsndo in tutti i modi di convincerlo. Duncan sospirò esasperato e si prese pochi istanti per pensare che non sarebbe stata una cattiva idea andare ad una festa e lasciarsi andare per una volta, dopo tanto tempo. - Uhm, a che ora dovremo essere lì? - Chiese leggermente titubante. - Appena sei pronto possiamo andare, ma non prima delle dieci - Rispose calmo Tyler. - Okay, ci sarò - Mormorò Duncan con voce più roca del solito , che pensò subito che se ne sarebbe pentito amaramente appena fosse ritornato a casa. - Perfetto! Passo io a da te, a tra poco - Disse Tyler con un tono vittorioso, chiudendo subito dopo la chiamata, prima che Duncan potesse dargli una risposta.
Sarà una lunga notte, pensò.
Con tutta calma, il ragazzo si diresse verso l'armadio e prese le prime cose che gli capitarono in mano: una maglietta nera, un paio di pantaloni neri aderenti e indossò i suoi amati anfibi e giacca di pelle. Ci mise esattamente dieci minuti per prepararsi, e mancava ancora un po' prima delle dieci, quindi, per quel poco di tempo che rimaneva, si distese nuovamente sul suo letto e cominciò a pensare se andare alla festa in quel preciso giorno fosse stata la cosa migliore, ma ormai era troppo tardi per ritirarsi.
Dopo una mezz'oretta buona, Duncan sentì suonare il campanello della propria abitazione e si precipitò davanti alla porta d'entrata, aprendola al suo amico. - Hey, pronto per andare? - Chiese Tyler, facendo uno dei suoi soliti sorrisetti. Il moro gli rivolse un lieve sorriso ed annuì, mentre si infilava il cellulare nella tasca posteriore dei suoi pantaloni, per poi uscire di casa, chiudendosi la porta alle spalle e incamminandosi insieme all'amico.
Tyler non era cambiato molto in questi quattro anni. Era più alto, ma non quanto Duncan. Portava i capelli abbatanza corti ed erano rimasti sempre dello stesso castano scuro. Aveva tolto i piercing da labbro inferiore e anche lui aveva dei tatuaggi, ma molti di più rispetto a quelli di Duncan.
- Allora, come mai volevi tanto andare a questa festa? - Esordì Duncan senza esitazione, che manteneva l'ombra di un sorriso sulle labbra carnose, mentre fissava il castano accanto a sè. - Non posso aver voglia di far festa? - Rispose Tyler, rivolgendogli un sorriso sghembo e abbastanza divertito. Il moro scosse la testa accennando una leggera risata.- Mh, okay, chiedevo e basta - Alzò le mani come in segno di resa, continuando a ridere e pensando che, sicuramente, Tyler voleva andare alla festa per riuscire a conquistare ragazze che gli daranno sempre un due di picche o un cinque ben piazzato sulla faccia a seconda delle proposte che faceva loro.
Dopo alcuni minuti di camminata arrivarono alla casa di Jennifer, da cui proveniva musica da discoteca e le luci colorate all'interno dell'abitazione, illuminavano la strada più buia del solito. La porta si aprì, rivelando una Jennifer abbastanza ubriaca, rigorosamente vestita di rosa e con dei tacchi talmente alti da alzarla di circa venti sentimetri dalla sua altezza naturale, che li salutò entrambi, invitandoli ad entrare.
La musica assordante penetrò nelle orecchie dei due ragazzi e ci vollero alcuni secondi per riuscire ad abituarsi a quel volume alto, cominciarono poi ad addentrarsi in mezzo alla marea di persone che ballavano praticamente appiccicate a ritmo di musica nel soggiorno enorme della casa.Tyler si disperse tra la folla e, appena Duncan girò lo sguardo, lo trovò mentre ballava insieme ad una ragazza di cui non ricordava il nome, così decise di cercare qualcosa da bere. Si diresse verso la cucina, dove trovò un secchio enorme, pieno di ghiaccio con alcolici sfusi al suo interno. Lui prese una bottiglia di birra, la stappò e cominciò a sorseggiarne il liquido ghiacciato, che, per un istante, gli diede un senso di benessere, per poi cominciare ad incamminarsi all'interno dell'abitazione, così da sapersi orientare meglio. Notò che era abbastanza grande da contenere ancora più persone di quante non ce ne fossero già. Andò successivamente verso le scale, salendo ai piani superiori, dove si trovava un corridoio, pieno di coppiette che si sbaciucchiavano, che portava alle camere da letto. Pensò che sarebbe stato meglio tornare al piano di sotto invece di disturbare tutte quelle coppie e decise di scendere le scale.
Ma proprio in quel momento, mentre si trovava a metà della scalinata, accadde una cosa che nemmeno lui pensò che potesse accadere. La vide. Era certo che fosse lei, non poteva essere altri se non lei. La ragazza in quel momento stava salendo le scale e si fermò a fissarlo, proprio nell'istante in cui lui si fermò per fissare lei. Rimasero in silenzio per dei secondi che sembravano interminabili a scrutarsi da capo a piedi. Duncan in quel momento era incapace di proferire parola, era troppo occupato a pensare se la ragazza davanti a sè fosse reale o se si trovava in uno dei suoi sogni. Ma, appena lui aveva trovato il coraggio per cominciare a parlare, lei lo precedette. - Scusa, cercavo il bagno - Disse lei quasi in un sussurro, mentre i suoi occhi dorati si incastonavano con quelli azzurri del ragazzo. - Penso sia di sotto - Rispose lui con voce roca, senza mai distogliere lo sguardo da quella ragazza bellissima. - Uhm, grazie - Sussurrò lei, voltandogli le spalle e scendendo successivamente le scale, mentre lui rimaneva fermo, ancora incapace di credere a ciò che aveva visto.
Era lei, pensò ancora, la ragazza che sognava ogni notte, da quattro anni. La ragazza dagli occhi dorati.
   
 
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