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Autore: notmoose    11/08/2014    1 recensioni
Duncan era solo un ragazzino di 14 anni, completamente innocuo, ma cambiò tutto dopo quella notte infernale. Era troppo giovane per quello "spettacolo" macabro, orribile. Lui non aveva paura, ma quella notte vide la morte in faccia, tutta la sua vita passargli davanti in pochi secondi.
Sperava che era solo un incubo, ma le le sue preghiere non le ascoltava più nessuno.
Genere: Dark, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Premetto dicendo che questa storia non l'ho fatta da sola, ma in compagnia di una ragazza, una bravissima ragazza BeMySuperman ) che non ringrazierò mai abbastanza.
Si tratta di una ff a quattro mani, penso che si era capito.
I personaggi sono stati inventati da noi e abbiamo fatto molte ricerche in modo che la storia potesse essere più "realistica" possibile.
Spero che vi piaccia.

REQUIEM 
I.Prologo.


"Tutti vogliono andare in paradisoMa nessuno vuole morire."

 

Era la notte di Halloween, le strade scure erano solamente illuminate dai lampioni. Zucche arancioni campeggiavano per i vialetti e sui giardini delle case, scheletri, posizionati sui battenti delle porte, con un ghigno maligno e divertito, “fissavano” i movimenti dei bambini che si trovavano sia sule strade, che davanti le case decorate. I sorrisi delle persone in strada si notavano da lontano, mentre il piccolo, grande Duncan Gregory stava con il viso appoggiato sulle braccia che a sua volta si trovavano sul bordo della testata del divano a fissare il mondo, che non fosse play station o fumetti o altro, da una finestra. Con i suoi occhi grandi, di un azzurro quasi glaciale, guardava il paesaggio davanti a lui, sorpreso e abbastanza annoiato visto che non poteva uscire da quelle quattro mura che definiva “casa”. Per essere un 14enne l'aveva combinata grossa l'ultimo giorno di scuola prima delle vacanze di Halloween. Era un ragazzino, diciamo che fare scherzi a scuola era una cosa quasi normale, ma l'ultima volta non si parlava di giochi. Duncan venne preso in giro, si trovava al primo anno di liceo era pur sempre il novellino, il mingherlino ragazzo vestito di nero, l'ultima volta fu la goccia che fece traboccare il vaso, la calma di Duncan si trasformò in ira e si scagliò contro uno di quei ragazzi. Non era stato fatto apposta, ma non solo il ragazzino aveva leggeri problemi di nervosismo, ma i ragazzi più grandi di lui ormai lo avevano preso come un passatempo. La madre ormai sfinita per il comportamento aggressivo del ragazzino lo mise in punizione, l'unica cosa che gli venne concessa fu Tyler. Tyler era il suo migliore amico, forse l'unica persona di cui non poteva fare a meno. Il ragazzo era poco più grande di Duncan, solo di qualche mese ed entrambi si definivano come una “coppia” strana. Andavano in giro sempre insieme, inseparabili. Duncan con lui si confidava su tutto, lo considerava il fratello maggiore, malgrado avessero praticamente la stessa età. Tyler lo aveva aiutato nei suoi problemi e lo stesso faceva Duncan. Era il perfetto migliore amico, quello che tutti cercano. Si credevano entrambi due duri ma non era così, Duncan con i suoi capelli corvini davanti gli occhi azzurri ispirava quasi tenerezza specialmente quando nel suo pallore si notavano le guance paonazze, il suo sorriso abbastanza dolce e il suo menefreghismo, nessuno aveva paura di lui. La sua voce leggermente roca per un ragazzino di soli 14 anni e la sua ossessione della mano tra i capelli lo rendevano solamente più carino, come un cucciolo di cane, invece Tyler faceva ridere, il suo viso leggermente rotondo, incorniciato dai capelli castano scuro, le sue smorfie, le guance rosse, gli occhi grandi e penetranti, era uno di quelli che aveva fatto cazzate fin da piccolo visto che il corvo e il moro si conoscevano già da una tenera età, infatti una delle più grandi cazzate la fece il giorno prima del primo anno di liceo. Due piccoli cerchietti di metallo si trovavano ai lati opposti del labbro inferiore. Era più che convinto che con quei piercing sarebbe stato più figo, invece suscitava calde risate da parte di ragazze più piccole, della stessa età e più grandi di lui. Aveva 14 anni sembrava “un ciccio bello punk” erano state queste le parole di Duncan appena lo vide. Quei pensieri vennero interrotti dalla voce di Tyler che sospirava abbastanza scocciato. «Ti rendi conto che sono qui? La notte di Holloween, la festa migliore di tutte, dentro casa, solo per colpa tua?»
Duncan fece spallucce più volte.  «Ty, se ti scoccia stare qui, puoi anche andare via.» Aveva ruotato il viso verso il moro, fissandolo scettico mentre posò il telecomando del televisore sul tavolino da caffè vicino il divano. 
« Dai Duncan scherzavo, non prendertela a male, sai che mi piace stare con te.»  Aveva sussurrato con una voce più roca del solito, mentre imitava la posizione del corvo, così cominciò pure lui a fissare il paesaggio da dietro la finestra. In quel momento Duncan sentì il campanello suonare più di una volta, così scocciato e senza voglia, aprì la porta, mentre Tyler rimase seduto sul bracciolo del divano. Quando la aprì, un brivido percorse la sua schiena, non sapeva se era o per la paura o per il freddo autunnale che era fuori. Li vide, erano i ragazzi di 18 anni con cui pochi giorni prima aveva fatto a botte, quelli che lo prendevano in giro per tutto. Uno di loro parlò prima che Duncan potesse domandare cosa volevano.
 « Ti abbiamo trovato finalmente.» Aveva un piccolo sorriso sghembo sulle labbra, il ragazzino dai capelli corvini aveva soltanto voglia di tirargli un pugno in quella faccia di idiota, non reggeva quei visi conosciuti. Nello stesso tempo Tyler si diresse verso la porta, Duncan sperava che non lo facesse ma non fu così, appena la figura del moro si posizionò accanto al corvo cominciarono le battutine. “Possibile che state sempre insieme?” “Siete davvero una bella coppia di froci”. La psicologa aveva ripetuto più e più volte a Duncan che se qualcosa lo faceva innervosire doveva contare fino a 10, ci provò ma senza risultati e nello stesso momento uno di quei ragazzi più grossi prese il corvo, dal cappuccio nero della felpa, che cominciò a dimenarsi ma niente, non lo mollava. «Tu verrai con noi, Gregory.» Sussurrava uno dei tanti, all'orecchio di Duncan per poi indicare Tyler, che si stava già scontrando con uno di loro. «Mentre tu Evans rimarrai qui.» Lo spinse velocemente dentro casa per poi sbattere la porta così da chiuderlo dentro. Pugni e calci si sentivano da fuori, Duncan voleva aprirlo ma non solo era bloccato ma in più avevano chiuso il ragazzo da fuori, non poteva fare nulla.  «Dove volete portarmi?» fissò male il ragazzo che si era ritrovato per primo davanti la porta, viso squadrato, capelli biondi, amato da tutti, stupido, idiota e coglione. Il biondo rispose con un piccolo sorriso, maligno secondo Duncan, per poi sussurrare contro il suo orecchio. «In un posto speciale.» il corvo durante quella frase cercò di avvicinarsi più al biondo, per tirargli un pugno o dargli un calcio sulla gamba ma invano, era ancora tenuto in modo saldo dal cappuccio. Cominciarono a trascinare il ragazzo, mentre lui opponeva resistenza, furono 5/10 minuti di strada a piedi, non di più. Più andavano avanti e più le strade si facevano deserte, le luci dei lampioni cominciavano a mancare, o perchè non funzionavano o perchè alcuni erano stati spaccati. Era abbastanza preoccupato, non aveva paura lui non ne aveva mai, voleva solo capire dove lo volevano portare. Solo dopo che il gruppo dei 5 ragazzi si fermò davanti a una casa vecchia lui capì, volevano probabilmente vendicarsi e un groppo si formò nella sua gola. L'erba non era verde ma un giallo paglierino smorto, o perlomeno lo immaginava così visto che era solamente la luce della luna piena ad illuminare il “paesaggio” e, poco più avanti una casa, vecchia, marcia e inquietante. Fu costretto a camminare per primo nel vialetto di erba alta. Nonostante la sua notevole altezza per un ragazzino di 14 anni pure l'erba lo superava e questa cosa lo preoccupava. Veniva spinto, lo costringevano a muoversi contro la sua volontà e poi in quel momento si trovò davanti la piccola veranda della casa e la porta spalancata. All'interno non si vedeva luce ma solo tenebre, lo eccitava e preoccupava a tempo stesso. «Muoviti Gregory, non vogliamo aspettare a causa di una femminuccia che ha paura.» Sbottò uno dei ragazzi. Duncan fece finta di non sentire quelle parole che pian piano lo ferivano dentro, così mise un piede sulla soglia della porta per poi entrare seguito a ruota da tutti gli altri. Il corvo sospirò abbastanza innervosito, mentre fece più e più volte spallucce. «Bene grandissimi idioti e ora che sono qui, cosa dovrei...» Non ebbe tempo per finire la frase che un rumore di unghia si senti contro una delle pareti, sussultò per lo spavento, mentre vedeva i ragazzi guardarsi intorno preoccupati. Poi fu tutto così veloce, sentì un urlo e poi altri affievolirsi, si guardò intorno notando che fosse rimasto solo e poi mentre camminava a tentoni cadde. Inciampò su qualcosa che capì solo quando ebbe il coraggio di prendere il cellulare in modo da illuminare il motivo della sua caduta, che cos'era. Le mani cominciarono a tremare a quella vista mostruosa, cadde nuovamente a terra e il cellulare fece lo stesso, non sapeva cosa fare, urlare, scoppiare in lacrime per il corpo di uno dei ragazzi a terra...per quel morto che aveva davanti a sé con la testa tagliata e la pozza di sangue sotto le proprie ginocchia. Un conato di vomito seguì quei pensieri ma riuscì a resistere. Diede in escandescenze alzandosi di scatto, quasi senza capire cosa fosse successo realmente, si diresse a passo veloce verso la soglia della porta per poi cominciare a correre senza meta cercando di ricordarsi la strada fatta in precedenza. Voleva morire in quel momento, voleva urlare, era impaurito, innervosito e troppo giovane come il ragazzo che era appena morto, per vedere uno spettacolo così macabro e sadico. Non aveva più le forze per continuare a correre ma la paura era più forte e quelle fottute lacrime gli pizzicavano gli occhi. Vide da lontano la propria casa, con le poche forze si trascinò contro il giardino di essa, dove svenì senza rendersi conto dove fosse caduto.


Si risvegliò sul letto, si strofinò più di una volta gli occhi con i palmi delle mani, così da riconoscere la propria stanza, le pareti scure per quel poco che si vedeva a causa dei posters delle band metal. Osservò l'orario per capire se era andato a letto e tutto quello che era successo era stato solo un incubo, ma ci fu un'affermazione o meglio un segno che tolse a Duncan quella che aveva prima in mente. Si alzò di scatto sentendo un bruciore sul petto, dirigendosi così a passo svelto in bagno. Si affacciò a tentoni in modo che la propria figura snella si riflettesse contro lo specchio, la sua pelle bianca era di un rosso scarlatto sul petto, uno squarcio immenso copriva entrambi i lievi pettorali. Si toccò con le dita tremanti la ferita aperta, deglutiva rumorosamente, voleva urlare. Era una cosa abbastanza assurda ma era fermamente convinto che non si trattasse di uno scherzo, sentiva che era tutto vero, una cosa che l'avrebbe traumatizzato a vita.

   
 
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