Anime & Manga > Pokemon
Segui la storia  |       
Autore: Impossible Prince    12/08/2014    3 recensioni
«Il vuoto è misterioso. Se tu guardi dentro il vuoto, il vuoto poi guarda dentro di te e ti consuma»
Dream è un giovane di venticinque anni con una grandissima carriera di allenatore alle spalle e un presente da giornalista per il più importante quotidiano nazionale.
Sfiduciato e poco stimolato dal mondo degli allenatori, Dream si ritrova in poco tempo, senza opporre resistenza, in balia di party aristocratici, Campioni incompetenti e amici incapaci di stimolare e risollevare la sua vita dalla noia, che ormai è diventata le fondamenta su cui si basa la sua esistenza.
Il ragazzo dovrà destreggiarsi così in un contesto politico precario, dove il Presidente del Consiglio Giovanni porta avanti politiche sempre più autoritarie e liberticide e ricordi di un passato apparentemente invalicabili che costituiscono una pesante ombra sul suo futuro.
Tutti i capitoli sono stati oggetto di una profonda riscrittura.
Genere: Commedia, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Giovanni, N, Nuovo personaggio, Red, Team Rocket, Vera
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime, Videogioco
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 09 - Mewtwo
 
Brezza estiva leggera e fresca, cielo azzurro e senza alcuna nuvola, un prato immenso e Dream sdraiato con una spiga di grano in bocca. I suoi occhi erano chiusi e il volto riverso verso l’oceano celeste che gli si stagliava sopra.
Era curiosamente l’unico esser umano nei paragi. Le colline che si estendevano tra Fiordoropoli e le Rovine D’Alfa erano la meta ideale per coloro che volevano riposarsi, svagarsi e rilassarsi. Da quella zona era possibile godersi l’impressionante skyline della Capitale, con i suoi imponenti palazzi che occupavano importanti porzioni di cielo, e dalla parte opposta, il sito archeologico casa degli Unown, i pokémon la cui forma ricordava chiaramente le lettere dell’alfabeto e che l’allenatore passò molto tempo a studiare e catalogare quando era più giovane. Come ogni luogo dalla visuale impressionante, le colline erano solitamente visitate da moltissimi individui.
«Sono fortunato», pensò tra sé e sé. Per quanto ostentasse tranquillità e pacatezza, al suo interno covava e ribolliva di rabbia feroce. Non avrebbe tollerato alla lunga la presenza di persone che parlavano, ma anche semplicemente intente a camminare o passare per un tempo breve nei suoi paragi. Era ormai quasi una settimana che bramava la solitudine, tanto da chiedere di lavorare da casa pur di ridurre al minimo i contatti umani. Una richiesta insolita, inusuale ma considerando che Dream era il membro della redazione più eccentrico, irriverente ed incontrollabile, Elvira fu ben lieta di concedere tale permesso. Non aveva neanche fatto molte domande la donna, intuendo una situazione di tensione all’interno della voce di Dream, ma mai avrebbe anche solo pensato che il ragazzo stesse contenendo una furia quasi omicida.
Aveva sempre mal sopportato le domande e le curiosità di persone che oltrepassassero i limiti da lui imposti tacitamente. Considerava che ci doveva esser un limite entro cui muoversi e che le persone dotate di una minima maturità avrebbero dovuto comprendere; quando capitava che questo limite venisse superato, Dream aveva sempre tagliato corto con risposte pungenti e sarcastiche. Ma il superare di margine il confine era un fattore che poteva anche tollerare stringendo i denti, ma mai gli era mai capitato che qualcuno potesse indagare con tale violenza su di lui. Fu proprio per questo motivo che decise di interrompere i rapporti con Vera la sera stessa dell’ipnosi quando, chiamando Salamence, era volato via da Hoenn diretto a Fiordoropoli. Una sorte leggermente differente era invece toccata a Giuly e Rosso: con loro le comunicazioni erano ridotte al minimo indispensabile dopo che Dream gli ruggì contro dicendosi piuttosto deluso dal non averli visti intervenire e proteggerlo dall’ossessione del gossip di Vera.Sosteneva che fosse un modo per sindacare e emttere in discussione la sua scelta di abbandonare la carriera di allenaore. Tutto ciò che riguardava Umbreon non era più affare di nessuno. A nulla valsero i tentativi dei due amici di spiegare che ci fu un malfunzionamento della tecnica usata da Vera, questo non fece altro che peggiorare la situazione. Esser usato come cavia di un esperimento, non solo malriuscito, ma che permetteva di mostrare una parte di lui che voleva celare a chiunque, portò la sua rabbia a livelli così elevati che lo fece propendere per intraprendere uno stato di eremita. Giusto qualche settimana, per far sbollire il tutto.
Nonostante alle recite della Scuola per Allenatori avesse sempre ricevuto moltissimi complimenti, non era mai stato capace di celare la rabbia nella vita di tutti giorni. Non avrebbe sopportato una serie di domande e considerazioni sulla sua mascella serrata, indice più chiaro che l’ira era ai massimi livelli. E soprattutto, che cosa avrebbe dovuto rispondere? «Gente che non si fa gli affari propri»? Oppure: «Soggetti che fanno domande su cose che non gli riguardano»? No, assolutamente. Qualsiasi risposta avrebbe dato avrebbe generato ulteriori domande e solo una risposta gridata avrebbe fermato quell’insaziabile voglia di sapere che le persone avevano, salvo poi far iniziare commenti acidi sulla facile irritabilità del carattere di Dream.
La sua mente vagava e rifletteva su tutti questi aspetti, arrivando saltuariamente a lambire le materie lavorative, argomento che gli donava dei tiepidi ma pur sempre sinceri sorrisi. I suoi ultimi due articoli, inviati durante la vacanza, avevano sollevato polveroni mediatico-politici che gli causarono anche una querela. Il capogruppo della maggioranza, Milas, non aveva apprezzato l’ironia, il sarcasmo e la satira fatta da Dream in merito alla sua ospitata ad uno dei talk show serali, commentata dapprima il programma tramite il suo account Twitter e poi la mattina dopo con un editoriale intitolato “Milas, il capogruppo rampante ”. Al centro dell’articolo c’erano gli strambi metodi comunicativi dell’uomo, tanto strambi da «portarmi a credere, ad un certo momento della trasmissione, che quello non fosse davvero il presidente dei parlamentari del partito di maggioranza, ma una simpatica parodia di un comico sconosciuto. Ho seriamente temuto (o sperato, chissà) che quelle mani si staccassero da un momento all’altro. La forza con cui le agitava non era umana. No, signori, ne sono certo, quelle mani hanno vita proprio all’interno del suo corpo. Siamo davanti ad un parassita... alla fine il suo look era molto simile a quello di un qualsiasi Parasect. Non tanto per la capigliatura (fonti mi dicono che abbia lo stesso parrucchiere di Maria Antonietta), ma per gli strambi occhiali che indossava per darsi un tono. Secondo me li ha rubati dal set di un qualche Harry Potter.
Io vorrei conoscerlo il suo addetto alla comunicazione, dico davvero. Gli stringerei la mano e gli direi un sincero “grazie”. Un grazie per le grosse risate che mi ha donato! E non sarebbe neanche l’unica persona che ringrazierei, assolutamente. Un grazie va al nostro grandissimo, illustrissimo, potentissimo e democratissimo  Presidente del Consiglio, che lo ha scelto come presidente dei suoi parlamentari». Un’indiscrezione fatta uscire da una non ben chiara fonte vicina al politico disse che la mattina della pubblicazione chiamò il suo avvocato chiedendogli, con forza, che l’annuncio del provvedimento legale nei confronti del Campione fosse annunciato da tutti i quotidiani e che avrebbe sporto querela anche verso i direttori che non pubblicassero tale comunicato. Negli stessi giorni, approfittando della tempesta sollevata contro Dream, Alexei Know chiese pubblicamente l’arresto dell’ex allenatore e la sua condanna ai lavori forzati; richiesta che fece scatenare Dream e lo portò a rispondere in maniera tutt’altro  che seria con una lettera contenente un “Atto di Dolore” con tutti i peccati di cui diceva di pentirsi, la maggior parte dei quali il soggetto era proprio il Campione di Johto che il giornalista aveva fatto sprofondare nella vergogna.
 
Erano ormai ore che Dream si trovava in balia dei suoi pensieri. Feraligatr, poco distante da lui, era impegnato a rincorrere i banchi di hoppip che si sollevavano per aria quando una leggera brezza d'aria fresca li sfiorava.
Fu proprio una folata di vento leggermente più intensa ad alzare bruscamente il cappellino di Dream, posato sul volto per evitare che la luce solare gli desse fastidio agli occhi. Il copricapo cadde prima a terra e poi cominciò a rotolare allontanandosi sempre di più dal proprietario.
Dream si alzò in piedi e cominciò a rincorrerlo, chiamando il pokémon d’Acqua e chiedendogli di fare la stessa cosa.
Curiosamente, nonostante la folata di vento si fosse fermata, il cappello era ancora in movimento, continuando la sua corsa verso l’ignoto.
Il pokémon Mascellone superò in breve tempo Dream e aprì la mascella pronto ad afferrare con i denti il berretto quando questo, improvvisamente, cominciò a fluttuare per aria, come in preda ad un incantesimo. Volava con una traiettoria non ben definita, compiendo notevoli acrobazie per poi cominciare a ripetere un movimento rendendo chiaro che stava disegnando qualcosa di preciso.
«Un cuore?» chiese Dream allibito, eppure aveva visto talmente tante cose da non doversi più sorprendere di nulla.
Fu proprio dopo la domanda che l’oggetto si mosse in direzione del proprietario volandogli attorno in maniera irregolare. Quando questo gli passò vicino, Dream alzò il braccio per acciuffarlo e un verso a lui noto lo fece ridere di gusto.
«Mew!» ripeté il pokémon, comparendo con indosso il cappellino.
«Mew! Sei tu allora!» disse il ragazzo, non trattenendo una nota di contentezza. Il pokémon annuì divertito.
«Ti sta davvero bene il cappellino al contrario, lo sai?» continuò lui divertito e la stessa espressione assunse il pokémon Psico inclinando la testa.
 
Era l’Epoca dello Smeraldo quando Dream acquistò, per pochi spiccioli, una vecchia mappa al mercato di Porto Selcepoli. La carta era ingiallita e rovinata sui bordi. Sembrava fosse stata esposta sia a dell’acqua sia ad una fonte di calore che ne aveva bruciato alcune parti. Sul retro era presente una scritta illeggibile, di cui era possibile solo intuire una lettera del firmatario, una “J” all’interno del nome.
Il venditore gli disse che gli era stata regalata da uno strano soggetto incontrato su una nave presso l’Isola Cannella: si trattava di un ragazzo piuttosto preoccupato e agitato, che sembrava volersi sbarazzare di quelle mappe più di ogni altra cosa al mondo.
Non fece mai caso a quello che la vecchia mappa indicasse, continuò a raccontare il commerciante, soprattutto dopo che venne a scoprire durante il viaggio che il ragazzo aveva truffato una coppia di anziani con il gioco dei dadi.
Sulla mappa era presente una grossa X su un’isola posta a sud della comunità di Orocea, una conformazione che solitamente non veniva raffigurata nelle varie mappe che illustravano i dintorni di Hoenn.
Spinto dalla curiosità del misterioso tesoro, Dream volò immediatamente nella zona e qualche minuto dopo aver messo piede nella misteriosa terra, intravide un piccolo pokémon rosa volare e nascondersi tra gli alberi.
Non ci fu alcuna battaglia: Mew rubò una delle pokeball di Dream dopo che i due ebbero giocato a nascondino tutto il giorno. Ma, come accadde con tutti gli altri leggendari catturati, chiese loro di essergli fedele ma di rimanere liberi per il mondo, poiché la loro potenza era troppa per esser concentrata nelle mani di un unico uomo.
Capitava spesso, quindi, che Mew andasse a trovare Dream quando questi si incamminava nei vari percorsi.
 
«Allora, Mew, che cosa mi racconti?» domandò l’allenatore sedendosi a terra, osservando incuriosito il pokémon Novaspecie, fece lo stesso Feraligatr, che lo guardava a bocca aperta.
Mew cominciò a fluttuare in aria muovendo le zampine superiori e raccontando una storia tramite i suoi versi. Grazie ai poteri psichici del pokémon, il ragazzo riceveva una sorta di traduzione simultanea di quello che stava ascoltando. Erano sempre storie simpatiche, buffe, frammenti di vita quotidiana che andavano dall’incontrare un qualche pokémon, all’aver causato involontariamente la caduta di qualche albero o al litigio con qualche altro pokémon catturato da Dream.
«Sì, trovo anche io che Heatran sia molto difficile, mi chiedo per quale motivo insisti nel voler giocare con lui!»
Mew si bussò sulla testa con la zampa destra e poi indicò il ragazzo.
«Io non ho la testa dura, Mew!»
Feraligatr annuì e lo stesso fece il piccolo leggendario che nel frattempo strabuzzò gli occhi, come se si fosse ricordato un qualcosa di importante.
«No, vi sbagliate. Io non sono una testa dura. Al massimo qualche mio pokémon lo è, ma non io... ed è una caratteristica che certamente non hanno ereditato dal sottoscritto... Piuttosto Mew, qualcosa mi dice che tu sia tornato a frequentarle... certe teste dure.».
Il pokémon Psico scosse la testa e poi prese a volare attorno al proprio allenatore roteando sulla sua testa ed emanando quella che sembrava essere polvere dai molti colori. Il terreno perse consistenza e il cielo diventò grigio. Sentì una serie di tentacoli afferrargli la testa e le caviglie, provando la sensazione di esser strizzato, in maniera indolore, da quelle braccia invisibili. Si stavano teletrasportando.
Dentro di sé, Dream, sapeva chi avrebbe incontrato. Esisteva un solo pokémon definito “testa dura”, l’unico con cui l’allenatore ebbe grosse e notevoli discussioni in passato. Litigate che una volta han visto Dream chiamare al suo fianco Darkrai per contrastarlo. Capì immediatamente che Mew, quella volta, non lo aveva raggiunto per caso, aveva un compito speciale, portarlo al suo cospetto, perché lui non si sarebbe mai abbassato a tanto.
Era forse l’unico pokémon a metterlo in soggezione, probabilmente perché era quello che nonostante la cattura obbediva meno, dimostrandosi aggressivo anche nei confronti del suo allenatore. Ma mostrarsi teso, in dubbio e incerto sul da farsi avrebbe peggiorato la situazione, rendendola ancora più esplosiva di quanto sarebbe stata già in partenza.
 
Dream si materializzò in un ambiente scuro, tetro, cupo e freddo.
Diede uno sguardo al soffitto, grandi arcate da cui partivano delle catene nere a cui erano appese delle basi di ferro con appoggiate sopra moltissime candele, accese. L’odore di incenso era forte, come se fosse stato bruciato di recente. Le mura erano di color marroncino chiaro, colore della pietra utilizzata nella costruzione, mentre le vetrate erano decorate con immagini colorati che raffiguravano vari simboli religiosi.
Si trovava all’interno di una chiesa, la grande Cattedrale di Cuoripoli. Costruita sul finire del XIX Secolo, era la sede della cattedra del Arcivescovo della Repubblica. La chiesa, il più importante luogo di culto per la chiesa Cattolica nella Repubblica, era dedicata a Santa Margaret da Sinnoh, donna vissuta nella regione nel Medioevo e beatificata e santificata dal Vaticano a metà ‘900.
Dream si trovava in piedi al centro del corridoio, dietro di lui il portone di pietra color smeraldo, con incisioni in lingua latina, davanti a lui l’altare con di fronte un essere. Era in piedi, eretto su quelle che a prima vista sembravano gambe umane, ma che poi, osservando con più attenzione, prendevano la forma di zampe possenti e muscolose. Il suo corpo era di color violaceo e tra i due arti inferiori era presente una lunga coda, di colore viola scuro, che veniva sbattuta con forza sul pavimento. La vita aveva una circonferenza piccola, mentre, parallelo al collo, era presente una sorta di tubo che collegava le spalle al cranio, che vedeva due piccole protuberanze che sembravano delle piccole corna.
«Allenatore, non ti avvicini?», pronunciò una voce profonda, rimbombava in tutta la cattedrale. Aveva la caratteristica di riuscire a comunicare senza utilizzare la bocca. La sua voce veniva emanata nello spazio circostante tramite l’ausilio dei suoi poteri psichici.
Il ragazzo tentennò per un momento, guardandosi attorno per assicurarsi che Mew e Feraligatr non lo avevano seguito. Cominciò ad avanzare verso di lui, percorrendo silenziosamente la navata, tastando, con i polpastrelli della mano sinistra, le panche di legno presenti lungo tutto il corridoio e utilizzate dai fedeli per sedersi e inginocchiarsi.
Il cuore palpitava ben sapendo che doveva esser pronto a tutto da quel momento in avanti.
Dream si fermò a pochi metri da lui, che si girò. Si sentì trafitto dai grandi e minacciosi occhi viola che ora lo stavano scrutando attentamente.
«Cuoripoli, giusto Mewtwo?» chiese Dream ricominciando a guardarsi attorno.
Mewtwo, il pokémon creato in laboratorio adoperando il DNA di Mew, era stato catturato da Dream durante il primo viaggio nella regione di Kanto, dove era stato rinchiuso nella Grotta Ignota, una caverna situata nella zona nord-occidentale della città di Celestopoli.
«Esattamente, allenatore. Trovo che sia un posto magnifico per pensare, riflettere e capire».
«La Vetta Lancia, la Cattedrale di Cuoripoli... e poi dicono che i pokémon siano senza gusto... Quelli degli altri, forse. Ma tu hai un senso scenografico da far impallidire i neo-registi» disse Dream con un pizzico di sarcasmo nella voce.
«Allenatore, non parlarmi con questo tono» lo rimproverò lui, stringendo leggermente gli occhi, facendogli assumere un’aria ancora più minacciosa.
«Sentiamo, Mewtwo – disse Dream infilandosi le mani in tasca – volevi vedermi?».
«E’ corretto. Ho mandato Mew a chiamarti perché… perché ho un dubbio...», Dream aggrottò le sopracciglia.
«Allenatore… - continuò il pokémon abbassando lo sguardo – Io chi sono?
 Perché sono in vita?
Qual è il mio scopo?
Mi sono sempre posto queste domande, lo sai. Ho ricercato come una sorta di ossessione una risposta, l’ho cercata nella profondità della miseria umana e nella povertà di spirito di quegli esseri che si chiamano pokémon. Ma posso dirlo: finalmente ho trovato qualcosa».
Il pokémon Psico non era nuovo a questo genere di pensieri e più di una volta, infatti, aveva posto a Dream domande simili. Domande a cui il ragazzo aveva provato a dare risposte che non vennero mai ritenute soddisfacenti o veritiere. Il fatto di essere un pokémon creato dal nulla e di esser stato un esperimento aveva creato una sorta di interrogazione continua e perpetua su quale fosse il suo reale obiettivo nella vita, «Perché quando si viene creati per uno scopo preciso e questo scopo viene meno, il tuo obiettivo nella vita diventa trovarne un altro» aveva dichiarato una volta il pokémon Genetico.
«E che cosa hai trovato, Mewtwo?» chiese Dream sedendosi su una delle panche di legno, incrociando le braccia.
«Il vuoto».
Fu come se una freccia si fosse infilata nel petto di Dream colpendogli il cuore.
Inaspettata. Precisa. Spietata.
«Il vuoto?».
«Lo hai mai visto il vuoto allenatore?! Lo hai mai sentito?!» gli occhi di Mewtwo fissavano in maniera gelida ma al contempo pieni di ira il ragazzo.
«Io credo che…», ma Dream venne bruscamente interrotto dal pokémon.
«Il vuoto è misterioso. Se tu guardi dentro il vuoto, il vuoto poi guarda dentro di te e ti consuma. Ti assorbe la linfa vitale, ti indebolisce, ti mangia. Ti distrugge».
«Mewtwo… il vuoto non è uno scopo, il vuoto è uno... status».
«E allora ho trovato cosa sono! – gridò il pokémon aprendo le zampe superiori, attorno alle quali si formò un alone azzurro chiaro – Io sono convinto di non esistere più. Io chi sono, allenatore?!».
Dream si alzò e cominciò ad avvicinarsi al suo pokémon, ma ogni passo in avanti richiedeva sempre più sforza fisico, Mewtwo stava ergendo una barriera psichica attorno a lui.
«Mewtwo, ti ordino di finirla» gridò Dream con voce sicura, abbassando leggermente la testa e assumendo un’espressione severa e al contempo arrabbiata.
«Tu non puoi ordinarmi nulla. Io non sono nulla! Come puoi comandare il nulla, allenatore!» esclamò spezzante il pokémon.
Dream indietreggiò indietro, spinto da un potente vento che il Pokémon Genetico stava generando: «Mewtwo, sono il tuo allenatore e ti ordino di fermarti ora. E’ un ordine!» gridò con tutta la forza che aveva in corpo.
«No!» e dalla zampa sinistra di Mewtwo si formò un raggio dai molti colori che colpì in pieno Dream facendolo sbalzare al centro della navata della Cattedrale.
Dream pose le mani a terra, affianco alla nuca e spingendosi con le braccia, saltò in piedi. Il colpo non era forte, lo Psicoraggio era al minimo della sua potenza, ma nonostante doveva dare una lezione al pokémon. Il ragazzo cominciò a correre verso il pokémon psico tenendo in aria il braccio destro, che cominciò a colorarsi di nero e venir circondato da un’aspirale di color rosso e bianco.
Si fermò proprio davanti a lui, dove nasceva la sua barriera.
«Mewtwo, sai che non ho paura a chiamare Darkrai, quindi ti ordino di smetterla immediatamente» disse freddamente Dream.
Il pokémon abbassò le zampe e cominciò ad osservare l’allenatore con uno sguardo perso; Dream abbassò la mano, facendo tornare normale il suo braccio.
«Sentirsi persi, Mewtwo, è normale, ma bisogna avere il coraggio di andare avanti, di continuare. Tu non ti sei perso, sai chi sei, sai per cosa sei stato creato ma sai anche che non è più quello il tuo scopo. Il passato è il passato, devi vivere il presente e guardare al futuro, solo in questo modo potrai andare avanti».
Mewtwo puntò nuovamente la zampa sinistra verso Dream e lo guardò con fare minaccioso: «Con che coraggio tu dici certe cose, allenatore.
Sei proprio come tutti gli altri, tutti pronti a dire che bisogna guardare avanti e superare i drammi, ma sei il primo che non va avanti. Sei il primo che non supera i problemi. Tu... tu sei ipocrita. Ti descrivi come sincero e onesto, ma sei peggio di tutti gli altri, allenatore. Vattene via, vai a casa. Non mi serve la gente vuota come te».
«Ipocrita? Io?» chiese incredulo Dream, con un sorriso beffardo.
«Da quando è morto Umbreon hai perso te stesso. Non mi puoi dare lezioni, nessuno può darmene. La società è corrotta, la società è vuota, la società è il vuoto… Ho cercato disperatamente di avere un posto, un ruolo, ma come fai ad avere un ruolo quando tutto ciò che ti circonda è rappresentato dalle macerie?».
Umbreon. Un nome che fu come un pugno ricevuto in pieno stomaco. Le viscere cominciarono a contorcersi, mentre sentì il cuore spezzarsi e frantumarsi. Il dolore portato alla luce, come se il tempo non fosse mai passato da quell’evento. Il coltello aveva riaperto prepotentemente una ferita che non aveva neanche cominciato a cicatrizzarsi.
Mewtwo lesse all’interno della testa di Dream, in preda alla più totale confusione. Non c’erano le risposte che lui cercava. Scosse la testa, sconsolato, furente e deluso. Dream venne spinto indietro da una forza misteriosa; gli mancò il respiro, la vista si fece annebbiata e gli occhi si chiusero automaticamente, quando li riaprì era sul prato disteso, Feraligatr seduto al suo fianco affianco e Mew che volteggiava in aria, allegro e spensierato. Il sole scaldava la sua pelle, mentre la brezza estiva muoveva e spostava i capelli e i fili d’erba presenti a milioni e milioni su tutte le colline della zona. Uno stormo di Pidgey passò sopra la sua testa, oscurando leggermente il sole per qualche istante e riempiendo il silenzio del loro canto. Nonostante l’atmosfera serena e di assoluta pace che lo circondava, Dream era profondamente scosso al suo interno: nessuno lo aveva mai chiamato ipocrita. Osservò attentamente Feraligatr tornare a giocare con gli Hoppip e Mew continuare a volare.
Un vortice di domande prese piede all’interno della sua testa: se Mewtwo avesse ragione? Se anche lui era esattamente come tutti gli altri?
E soprattutto, se Dream avesse davvero interiorizzato il vuoto?

 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Pokemon / Vai alla pagina dell'autore: Impossible Prince