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Autore: Jales    13/08/2014    1 recensioni
Sbuffai e mi avvicinai all’oblò, affacciandomi.
Mare, mare e ancora mare.
Non c’era altro se non quella stupida ed infinita distesa d’acqua che si estendeva per miglia e miglia in ogni direzione.
Sbuffai ancora e camminai fino alla sedia di fronte alla scrivania dove mi lasciai cadere a peso morto, lasciando andare indietro la testa e chiudendo gli occhi.
{Storia a quattro mani, Madness in me&Jales}
Genere: Avventura, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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BROMPTON COCKTAIL
{Capitolo X}
Un rumore di passi, voci concitate, grida: sembrava che sulla nave stesse succedendo il finimondo ma, non appena scattai a sedere, il silenzio mi avvolse quasi assordante. Rimasi in ascolto, trattenendo il respiro, ma l'unico suono che ora sentivo era il battito del mio cuore nelle orecchie. Scivolai in corridoio, silenziosa, e infilai le scale per il ponte; dato uno sguardo furtivo potei alzarmi, uscendo all'aria aperta, solo per constatare che non c'era nessuno.
La luce della luna illuminava appena la nave, riempiendola di ombre lunghe e scure, ma non poteva certo riempirla di uomini che non c'erano.
Non trattenni una smorfia, sciogliendo la tensione dalle spalle e rilassandole di colpo.
Cominciamo a vedere problemi anche dove non ce ne sono, Alice, come se già non ce ne fossero abbastanza.
Azzardai qualche passo sul ponte, quando una voce mi fece sobbalzare.
“Pensavo che Rev avesse messo solo me di guardia, stanotte.”
Alzai gli occhi al cielo, voltandomi e portandomi una mano al petto.
“Grazie per l'infarto, Shadows.”
Lo vidi sorridere, divertito, per poi inclinare appena il capo.
“Che ci fai sveglia, Alice?”
Alzai le spalle, guardandolo dritto negli occhi per un istante, poi abbozzai un sorriso.
“Pensavo avresti voluto compagnia.” Lui rise e mi sentii in colpa per avergli mentito, soprattutto perchè non lo aveva nemmeno sfiorato il dubbio che io avessi potuto farlo. “Ma se avessi saputo di rischiare la vita non sarei venuta...”
Matt si passò una mano fra i capelli, arricciando il naso.
“Scusa, non volevo spaventarti. Dico davvero.”
Sorrisi, sedendomi sulla cassa accanto a me.
“Ammetto candidamente che sarei morta sotto la tua lama, Shadows. Non sapevo fossi così silenzioso.”
Lui mi strizzò l'occhio.
“Dovresti vedere quanto lo è Johnny: nonostante sia un casinista, come d'altronde tutti su questa nave-” Si interruppe, inarcando un sopracciglio e alzando il mento. “Donzelle comprese, naturalmente... Beh, insomma, è un fantasma. È piccolo e leggero, perciò più veloce di noi, ed è letale se decide di non farsi sentire-”
Ci fu qualcosa, in quella frase, che mi fece scattare. Aggrottai la fronte, mentre Matt si interrompeva per guardarmi perplesso, mentre io sentivo rieccheggiare le sue parole nella mia testa.
Piccolo e leggero. Piccola e leggera...
“Hai un pezzo di carboncino e qualcosa su cui scrivere?”
Dopo qualche minuto ero seduta sul ponte, Matt accucciato davanti a me che seguiva i miei movimenti con quello che sembrava essere un certo timore. Iniziai a tracciare le linee, correggendole di tanto in tanto quando la memoria mi faceva ricordare i dettagli, mentre un rozzo abbozzo andava formandosi sotto il carboncino.
“Ricordi cosa dissi, riguardo all'imbarcazione approdata sulla vostra isola?” Chiesi, mordendomi il labbro mentre cercavo di essere il più precisa possibile.
Matt rispose, esitante, senza riuscire a capire dove volessi andare a parare. “Che era di piccole dimensioni, forse di supporto ad una nave più grande... Ma non abbiamo trovato nessuna traccia della presenza di una nave maggiore, così abbiamo concluso che fosse qualcosa di simile ad un peschereccio-”
“Ma non riuscimmo a rintracciarlo, nemmeno esplorando l'orizzonte, come se si fosse volatilizzato. E questo era impossibile per un peschereccio comune, troppo pesante per essere tanto veloce.” Lo interruppi io, sbrigativa.
Era confuso, lo sentivo dalla sua voce.
“Dove vuoi arrivare?” Disse, piegando la testa per osservare quello che stavo scrivendo dietro al disegno. Mi muovevo rapida, mettendo ogni parola esattamente al suo posto, come le tessere di un mosaico.
“Non era un peschereccio.” Sussurrai, iniziando a incolonnare alcuni numeri.
“Al, cosa-”
Gli feci cenno di tacere, picchiettandomi con un dito sulla fronte; decisi di lasciare perdere, lasciando lo spazio bianco, e misi su carta ogni cosa che ricordavo.
Quando finii, voltai il foglio per mostrarglielo: su una facciata capeggiava ora la bozza di una nave, lunga e sottile, dalla coperta bassa e allungata. Indicai la figura slanciata con il carboncino.
“Questa è la Grace, una delle navi della flotta di Phoenix. Ed è la nave che è approdata sulla vostra isola.”
Matt alzò gli occhi, sgranandoli.
“Come...?”
Non trattenni un moto di impazienza con la mano, e proseguii.
“Unica nel suo genere, si tratta di un prototipo messo a punto tre mesi fa dagli ingegneri del padre di Azriel: è leggera, compatta, e tanto veloce da poter quasi pensare che voli sopra l'acqua invece di navigarci.” Voltai il foglio, mostrandogli le scritte. “La buona notizia è che non permette a più di sette uomini di starci sopra, e uno di questi deve per forza essere uno dei progettisti o comunque qualcuno che conosca la nave meglio del palmo della sua mano: è diversa da qualsiasi altro tipo di imbarcazione della marina, differente da ogni nave che tu possa avere mai visto. È un esperimento... Un esperimento rischioso, ma in fondo non ti sorprenderesti di quanto il padre di Azriel sia disposto a rischiare per ottenere il controllo del mare. E questa ne è la prova.”
Matt scorreva le fitte righe che avevo scritto, saltando le parole quando gli riusciva impossibile l'interpretazione della mia grafia.
“Non dispone di grandi armamenti, non è adatta ad uno scontro diretto e ha bisogno di almeno una nave d'ordinanza come appoggio per il sostentamento, ma è completamente autonoma da essa seppur per brevi periodi. Data la sua rapidità può allontanarsi per grandi distanze, se non minacciata militarmente, e credimi che il re ha suscitato tanta paura attorno a questa nave che nessuno che abbia sentito almeno una storia che gira su di lei si azzarderebbe ad avvicinarsi. L'unica pecca di questa nave sono le armi, ma quelli che sanno della sua esistenza ne hanno tanta paura che non gli salterebbe nemmeno per l'anticamera del cervello di andarci vicino.” Lo guardai. “L'unica arma di quella nave è la paura, e nessuno che sappia che è più inoffensiva di un granchio è mai uscito dal laboratorio dove l'hanno costruita.”
Lo vidi scrutarmi, improvvisamente in allerta.
“E tu come fai a saperlo? Perchè Azriel non lo sa, perchè non ce l'ha detto lei?”
Sorrisi brevemente.
“Az non sa niente di tutto questo, non è mai stato in programma che lei sapesse e tantomeno dovevo saperlo io. Al mio arrivo da Azriel fui lasciata nello studio del suo precettore per qualche minuto di troppo, e sono una persona terribilmente curiosa... Nonchè estremamente portata a vedere o sentire quello che non devo, e a memorizzarlo come null'altro. Sono state le tue parole a farmi scattare il ricordo. Maestro Ludwig stava lavorando ad alcuni calcoli, in riferimento ad un progetto parallelo alla Grace, e questa è la copia del foglio di quel fascicolo.”
Picchiettai sullo spazio bianco, innervosita.
“Se solo riuscissi a ricordare...”
Matt, rimasto qualche istante ad osservare in silenzio il mio lavoro, sembrava assorto.
“Se questa è la nave che stiamo cercando...”
“Non è questa che stiamo cercando. La Grace è avanti a noi ed è più veloce, ma una volta raggiunta la nave di appoggio deve adattarsi alla sua velocità e credimi, è nettamente inferiore alla nostra.”
“Stiamo quindi cercando una nave della marina del padre di Azriel?”
Annuii.
“Esattamente. Ma...”
Alzò gli occhi su di me, attento, in attesa che proseguissi.
“Ma?”
Chiusi gli occhi per un momento.
“Il progetto collegato a questo era di una nave che tentava di unire i vantaggi della Grace a quelli di una nave comune. Maestro Ludwig era impegnato in operazioni di ricontrollo degli ultimi apporti di materiale, pesi e misure che andavano calcolati con precisione millimetrica, ma la costruzione di quella che non dubito diventerà l'ammiraglia di Phoenix era già cominciata.”
“Stai dicendo che...”
“Sì, Matt. Sto dicendo che potremmo trovarci davanti King Phoenix in persona, direttamente dal suo palazzo, pienamente al sicuro sulla sua nave ammiraglia e con il coltello dalla parte del manico.”
Si passò una mano sul volto.
“Non può essere invincibile.”
“Non lo è, ma semplicemente noi non conosciamo il suo punto debole. L'unica nostra possibilità, se davvero dovremo affrontarla, è di essere noi a stabilire il terreno di scontro e di avere abbastanza tempo per rendercelo favorevole.”
“Avremmo comunque un certo margine di anticipo. Non può apparire dal nulla.”
“Se siamo in mare aperto, sì. Ma se la Grace ci attirasse sottocosta non sarebbe così scontata la visibilità, e rischieremmo addirittura di rimanere intrappolati.”
Lo vidi fare una smorfia.
“Non la stai mettendo giù bene, Alice...”
Abbassai lo sguardo sull'abbozzo della Grace.
“Lo so.”
Calò il silenzio e io sembrai esaurire qualsiasi cosa mi avesse spinto a parlare quasi ininterrottamente fino ad allora. Mi sentii prosciugata, come se avessi compiuto uno sforzo immane.
“Vado... a svegliare il capitano. È l'alba, ormai, e vorrà essere messo al corrente della cosa il prima possibile.”
Per un attimo mi sembrò di sentire quasi una nota di allerta nella voce di Matt, che si allontanò scoccandomi un'occhiata. Come se avesse timore di me o, ancora peggio, non avesse creduto ad una sola parola di quello che avevo detto.
Scarabocchiai in fretta qualche cifra a riempire lo spazio vuoto segnandole con un vago punto di domanda, a ricordo che erano incerte. Sentivo che avrei dovuto ricordare altro, che avevo letto altro, ma era come tentare di vedere attraverso una finestra chiusa: imprecai stringendo il carboncino fino a spezzarlo fra le dita e lo mollai sul ponte.
In verità mollai tutto lì, assicurandomi solo che il foglio fosse fermato dal volare via, e sparii in coperta. Sentii le voci di Rev e di Matt avvicinarsi, accompagnati da quella che doveva essere Azriel, e senza pensare mi infilai nella prima porta a caso che trovai trattenendo il respiro.
“Non può essere, Matt.” Sentii ringhiare Azriel, arrabbiata. “Non puoi nemmeno averlo pensato.”
“Sa tantissime cose, talmente specifiche che alcune nemmeno io sono stato in grado di interpretarle. Troppe e troppo precise, per una che dice di aver avuto solo qualche minuto per guardare un plico di fogli evidentemente segreto che guarda caso si trovava nei suoi paraggi mentre era sola... E rimane ancora da spiegare come diamine ci abbiano trovato. Nessuno era mai arrivato alla nostra isola.” Sentii dire Matt, e fu come se un coltello mi venisse infilato nel petto. “Non puoi escludere almeno il sospetto.”
“Matt, cazzo, è Alice!” Sentii Az urlare, fuori di sé.
Una breve pausa, in cui intuii che Rev l'aveva presa per calmarla, e udii la voce bassa e controllata del capitano.
“Limitiamoci a tenerla d'occhio, per ora-” Si interruppe, dicendo qualcosa che non afferrai, e poi riprese. “Non abbiamo nemmeno la certezza che quello che dice è vero.”
“È ALICE!” Scivolai lungo la parete, senza alcun rumore, fino a sedermi a terra, mentre sentivo Azriel gridare. “Come potete anche solo pensare una cosa del genere su di lei? Come se non la conosceste abbastanza da dire che prima di aiutare mio padre preferirebbe tagliarsi la gola di propria mano!”
Non ascoltai altro: mi coprii le orecchie con le mani, chiudendo gli occhi e rifiutandomi di sentire un'altra parola.
Non mi credono.
La cosa peggiore è che anche io avrei dubitato di me, se fossi stata al loro posto. Ma da parte mia sapevo di non aver mentito... Come anche di non avere nessun mezzo per convincerli di quello che dicevo.
Bloccai la porta con un barile, stando attenta a non fare rumore, e mi risedetti a terra appoggiando la testa contro il muro, gli occhi chiusi. Sentii le voci di Gates e Johnny, di nuovo Matt insieme a Vee, ma quelle di Az e Rev non passarono più.
Il dolore al petto sembrava non volersene più andare, avviluppato al mio torace cone una fascia di ferro che andava via via stringendosi, e la stanchezza data dalla notte praticamente insonne non contribuiva a farmi sentire meglio.
Devo trovare una soluzione.
Azriel stava sicuramente male, io lo sapevo, ma non potevo tornare da lei. Non potevo, non allora, neppure sapendo che sia le accuse verso di me che la seppur abbastanza incerta possibilità di ritrovarsi il padre davanti la stessero mettendo a dura prova. Non mi rimaneva che sperare che Rev avesse imparato abbastanza da riuscire dove io stavo fallendo rimanendo chiusa lì dentro.
Ripercorsi ogni lettera, ogni tratto di quel maledetto foglio e degli altri che avevo letto, tentando di ricordare ogni cosa. Doveva esserci, da qualche parte, qualcosa che ci avrebbe aiutato...
A strapparmi bruscamente dai miei pensieri furono le grida che sentii arrivare da sopra di me. Sentii le voci concitate dei ragazzi correre sopra, da uno all'altro, e capii che questa volta non era la mia immaginazione: spinsi il barile via, catapultandomi nel corridoio e rischiando di inciampare mentre salivo di corsa i gradini per uscire sul ponte.
Impallidii quando riconobbi la nave che si stava avvicinando velocemente alla nostra ma non feci in tempo ad aprire bocca che mi sentii sbattere contro l'albero maestro, un braccio premuto sulla gola e il viso di Rev a pochi centimetri dal mio.
Capii che mi avrebbe ucciso, se avesse deciso che era la cosa giusta.
“Da che parte stai?” Lo sentii ringhiare, a bassa voce, tutta la calma di cui aveva fatto sfoggia prima completamente andata in fumo. Sentii Az chiamare il mio nome, ma quando voltai la testa riuscii solo a vedere Gates che mi guardava con un'espressione che non gli avrei mai voluto vedere sul volto. Ignorai il primo richiamo di Rev e la spinta che diede contro il mio collo, rimanendo inchiodata agli occhi di Gates: realizzai che non mi credeva, che pensava fossi qualcuno che aveva mentito per tutto il tempo. Anche lui.
Rev stava perdendo anche l'ultimo briciolo di pazienza, e quando premette tanto forte da bloccarmi il respiro fui costretta a guardarlo.
“Non vi avrei descritto... la Grace, se non stessi con voi.” Rantolai, buttando fuori tutta la voce che avevo. “Girati e guardala tu stesso.”
Rev rimase qualche attimo impassibile, gli occhi azzurri fissi nei miei, poi lasciò che mi accasciassi a terra. Non mi degnò di un altro sguardo, inziando a impartire ordini che i ragazzi schizzarono prontamente ad eseguire; vidi Azriel tentare di avvicinarsi, ma Rev la prese per un braccio e le sussurrò qualcosa all'orecchio.
Non fece un altro passo verso di me e, dopo un momento di incertezza, la vidi dirigersi altrove.
Anche se avessi tentato di aiutarli nessuno mi avrebbe lasciato fare alcunchè e anzi, mi stupivo di non essere ancora legata da qualche parte. Evidentemente non mi ritenevano la maggior minaccia, al momento.
Non ebbi il tempo di fare nulla che la Grace e il suo equipaggio ci furono addosso.
E se era vero che la nave non era armata, i suoi occupanti compensavano abbondantemente.
Afferrai un arpione sciogliendolo dalla rete, rischiando di sbilanciarmi a causa del peso eccessivo. Non ero decisamente abituata a maneggiare nulla del genere, ma era il momento di non andare troppo per il sottile: ostacolai il cammino dell'uomo che stava correndo verso Azriel lanciandogli l'arpione fra le gambe e la vidi lanciarmi un'occhiata, ma non avevo tempo di fermarmi. Mentre lei si difendeva, alternando la fuga all'uso di un coltello che doveva averle dato Rev, mi sporsi dal parapetto della nave per guardare la Grace sotto di me.
“Alice!” Vidi una palla di cannone rotolare verso di me e, istintivamente, la spinsi fuoribordo: il tonfo del suo atterraggio sul legno mi confermò che avevo centrato lo scafo e, gettando un'occhiata, vidi che iniziava a imbarcare acqua ad una velocità consistente.
Rev aveva gettato giù dalla nave il suo aggressore e ora stava correndo in aiuto di Azriel, e mi sentii sollevata di saperla in buone mani. Mi concentrai sul più vicino a me e saltai sulle spalle dell'uomo che stava puntando la lama contro il collo di Johnny, spingendolo via dal ragazzo e allontanando il coltello.
Avevo fatto male i conti, però, e quando mi tirai di nuovo in piedi fui troppo lenta: finii scaraventata con forza contro l'albero della nave, urtandolo violentemente, e l'impatto mi fece crollare a terra dal dolore come un sacco vuoto. Aprivo e chiudevo gli occhi, non vedendo altro che macchie colorate, mentre i suoni si facevano sempre più ovattati.
Arrivai a non sentire più niente e a non distinguere null'altro che il buio, consapevole solo degli spasmi che correvano lungo la spinta dorsale e si irradiavano su tutta la schiena.
Quando ripresi coscienza di quello che mi succedeva intorno sentii la voce di Azriel chiamarmi, lontana, ma non vidi null'altro che la cassa che mi aveva protetto dal caos dello scontro; provai a muovermi, ma fui costretta a rinunciarci in breve.
“Alice!” Distinsi confusamente Gates che si inginocchiava accanto a me, mentre Az ringhiava qualcosa da dietro di lui.
“Le credi, adesso?” La sentii dire a qualcuno, mentre stringevo i denti per non gridare quando Gates mi prese fra le braccia per portarmi poco più in là; sentii chiara, però la risata che si alzò sopra il rumore delle onde.
Uno dei tre superstiti, legato agli altri due e immobilizzato, mi fissava sogghignando. Non lo riconobbi, non sapevo chi era, ma evidentemente lui sapeva benissimo chi invece ero io.
Sentii il tocco leggero di Azriel sul braccio, ma l'unica cosa che sentivo era quella voce bassa e raschiante. La udii come attaccata al mio orecchio sentendola scivolare giù ruvida come sabbia lungo la schiena, unendosi alle fitte che mi avvolgevano il torace.
“L'aveva detto, che avrebbe ceduto. Non sei fatta per stare su una nave, ragazzina, nonostante tu sia figlia di un uomo che il mare ce l'ha nel sangue.”
Sentii la presa di Azriel stringersi alla menzione di mio padre, l'uomo venuto dal mare che aveva costruito il suo impero partendo da una nave sola. Il Re Capitano, lo chiamavano... E l'ironia della sorte mi aveva proprio voluta là, su una nave.
Mi voltai di scatto su un fianco, colta da un accesso di tosse che mi tolse il respiro. Quando guardai la mia mano, togliendola dalla bocca, vidi che era macchiata di sangue.
Sentii l'uomo ridere, Az gridare il mio nome. Chiusi la mano, pensando distrattamente che Azriel aveva paura del sangue e che non doveva vedere, chiusi gli occhi e rimasi immobile.
Il mio sangue.


Note: aggiornamento in ritardissimo, purtroppo avevo la connessione ma non avevo considerato che il mio telefono a fare certe cose non ce la fa -o non vuole farcela cc Da ora in poi gli aggiornamenti dovrebbero tornare regolari.
Le risposte alle recensioni arriveranno presto, as usual, e grazie a chi continua a segurci.
See ya,

Marinaia Al (e capitano Sah).

  
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