Capitolo 4.
Merce di
scambio
Camminai a
testa bassa, ma a passo veloce nonostante la mia
debolezza, mi sentivo impotente
e non sapevo cosa mi
sarebbe successo fuori di lì. Avevo la bocca arida, non
bevevo da ore e in più
la tensione mi faceva stare ancora più male.
Per tutto il
tempo del tragitto nessuno osò aprir bocca,
fino a quando non ci trovammo fuori da quell’edificio, quando
mi girai mi
accorsi che era più grande del previsto, sembrava una
fortezza medioevale…
rimasi ferma a guardare per lo stupore.
«Vuoi
muoverti?» il ragazzo dai capelli rossi mi afferrò
il
braccio e iniziò a trascinarmi, per un attimo sentii lo
stomaco ingrovigliarsi
per il nervosismo.
«Lasciami.»
dissi nervosa, ma lui non rispose, «Lasciami
ho detto.» agitai il braccio fino a
quando non lasciò la presa. Mi
guardò infuriato, ma l’uomo con la maschera lo
fermò prima che potesse fare
qualcosa.
«E’
solo una mocciosa.» gli disse in modo troppo tranquillo
«e poi la vogliono viva, non morta.».
Ecco, queste parole mi incutero terrore, ma soprattutto “la
vogliono” mi fece
preoccupare di più.
«E
va bene…» rispose il ragazzo fissandomi con odio.
Io cercai di
stare tranquilla pensando ad altro, ma era
molto difficile - Facciamo un resoconto
della situazione… 1. non so dove mi trovo, 2. sono stata
catturata da dei tipi
poco raccomandabili, 3. adesso non so dove mi portano. Che allegria! – pensai ancora
nervosa, quando spostai lo sguardo
notai che il ragazzo biondo, probabilmente quello più
giovane, aveva uscito da
una sacca dell’argilla bianca. –Argilla?
- lo fissai, fino a quando non mi accorsi che c’era qualcosa
che non andava,
improvvisamente l’argilla scomparve dentro una fessura che
sembrava trovarsi
proprio sulle mani… o almeno era quello che pensavo io,
infatti dopo un po’ mi
accorsi che da quella “fessura” uscì,
oltre a una strana statuetta simile ad un
pennuto, una viscidissima lingua, mi accorsi anche della presenza di
una dentatura.
Sgranai gli occhi stupita, non avevo mai visto niente del genere prima
d’ora. Per
un attimo il biondino, soddisfatto della mia reazione, mi
guardò dicendomi «ammira
l’arte, mocciosetta.».
Dopo che la
strana creatura uscita dalla sua mano prese il
volo il ragazzo farfugliò qualcosa di incomprensibile,
stranamente l’animaletto
si trasformò in un enorme pennuto, rimasi nuovamente a bocca
aperta - No… Non ci posso
credere… - .
«Non
mi pare proprio il momento di far vedere quanto sei
“bravo”, Deidara.»
Il ragazzo
sbuffò offeso, poi salì sullo strano animale con
un agile salto.
«Sali.»
mi ordinò il tizio con la maschera.
«…
eh? … dovrei salire su quel coso?» farfugliai
perplessa
guardandolo confusa.
«Ma
da che pianeta viene questa qui?!» esclamò il
biondino
offeso, probabilmente mi aveva sentita, «questa è
arte!».
«Non
ci riesci?» mi domandò il tizio con la maschera
con un
tono convincente e gentile.
«…
ehm…posso provarci…» mi aggrappai ad un
ala e
faticosamente riuscii a salire sul volatile, sentivo
l’umidità dell’argilla
sulle mani. Era una strana sensazione, davvero strana, eppure a scuola
avevo
lavorato con questo materiale e non avevo mai provato niente del
genere. Mi
sedetti il più lontano possibile da lui, ovvero vicino alla
coda dell’animale.
Il biondino mi
guardò male, «Ehi! Ehi! Attenta a dove metti
le mani, non rovinare la mia arte.»
-Arte?
Questo pennuto
sarebbe arte? Caro, fumi troppo.- pensai guardandolo con la
coda
dell’occhio. «Scusa.» dissi sottovoce e
imbronciata.
«Trattatela
bene. La vogliono viva.», l’uomo con la
maschera si intromise indifferente e con un tono piuttosto severo, come
se
stesse rimproverando dei bambini.
-“La
vogliono
viva”, “la vogliono
viva”…si,
ma chi? Chi mi vuole?!- fissai pensierosa le mani ancora
appiccicose per colpa
dell’argilla.
«Bah,
Deidara può cavarsela benissimo da solo.» il rosso
mi
guardò ostile «infondo è una missione
perfetta per lui.»
«Cosa
stai volendo insinuare?»
«Che
è un lavoretto perfetto per un moccioso come te.»
«Finitela.
Sasori, tu andrai comunque, non sappiamo se
possiamo fidarci o no di loro.»
«…
e va bene.» con un balzo salì sul pennuto.
In quel
momento mi sentii un’incapace e stringendo i denti
per la gelosia mi dissi -Maledetti.-
Il pennuto
iniziò a muovere le ali, in pochi istanti eravamo
già ad alta quota. Continuai a guardare giù, e
per quanto mi facesse
impressione quell’altezza non riuscivo a staccare gli occhi
da quel panorama, lo
fissavo come una bambina che guarda un enorme barattolo di caramelle e
cioccolatini. La sensazione di volare era talmente forte e terrificante
che
allo stesso tempo mi affascinava. Mi sentii per un attimo libera...
già, per un
attimo… fino a quando spostando lo sguardo non vidi quei due
ragazzi d’avanti a
me, che però, grazie al cielo, guardavano altrove in
silenzio. Alzai gli occhi,
più ci allontanavamo da quel luogo e più sopra di
noi si faceva di un azzurro
sempre più intenso. –Che
bello…-
pensai come ipnotizzata, avevo dimenticato quasi del tutto la mia
strana
situazione. –Possibile che tutto
questo è
un sogno? Forse se mi butto mi risveglierò… ma
sfortunatamente la mia curiosità
mi impone di rimanere vedere come va a finire. Se tutto questo
è un sogno
allora da una parte mi sentirei davvero delusa… -
Il viaggio
sembrava non finire mai, le forze mi stavano
anche abbandonando e in più la sete si faceva sentire.
Mentre mi lamentavo
mentalmente mi accorsi che i due farfugliavano qualcosa. Non riuscii a
sentirli, ma sembravano molto seri e tesi, o almeno il biondino, dato
che
l’altro sembrava non avere sentimenti. Ecco, rimasi a
fissarlo per almeno
cinque minuti cercando di studiarlo… -Si,
ad una prima impressione sembra davvero il tipo che si crede
“bello e dannato”…
ha uno sguardo da assonnato nonostante sembri piuttosto
sveglio… sarà
sicuramente uno di quelli dal passato triste e burrascoso…
genitori morti e
infanzia difficile? Un classico… che culo. –
… poi si girò verso di me
guardandomi, io intimorita e imbronciata spostai lo sguardo altrove.
«È
questo il luogo dell’incontro?» disse il biondo al
rosso
mentre il volatile scendeva di quota.
«Si…»
«Bene.»
Il pennuto
atterrò con cautela sul terreno soffice di una
verde distesa d’erba, il forte vento continuava a spostare i
miei capelli
fastidiosamente sul viso impedendomi di vedere chiaramente dove mi
trovavo. Intanto
scesi scivolando lungo l’umida pelle della strana creatura,
arrivai
perfettamente in piedi senza perdere l’equilibrio, cadere
goffamente a terra in
quel momento così teso sarebbe stata più che una
figura di merda. Senza
accorgemene scesi prima dei due, infatti sentii addosso i loro sguardi
a dir
poco furiosi e contrariati.
«Non…Non
scappo…» gli dissi cercando di mantenere la
situazione stabile –Questa si
può
chiamare già figura di merda? … che ho fatto di
male stavolta? – mentre
pensavo questo involontariamente spostai lo sguardo dietro di me.
Sgranai gli
occhi per lo stupore. All’orizzonte un intero esercito
vestito di nero si stava
avvicinando impetuoso, qualcosa mi diceva che erano venuti per me.
Fermarono la
loro marcia
«Abbiamo
portato il Jinchuuriki come avevamo promesso. La
ragazza è questa?» domandò un uomo
robusto dalla folta barba brizzolata
squadrandomi dalla testa ai piedi.
«Si.
Prima il Jinchuuriki, poi la ragazza.» rispose il
ragazzo dai capelli rossi.
«Non
è meglio contemporaneamente?» disse gentilmente
l’uomo
con un sorrisetto molto cordiale.
«E
sia…»
Il biondino mi
diede uno spintone a tradimento facendomi
avanzare verso quello strano esercito, contemporaneamente un uomo
piuttosto
forzuto trascinò verso di loro una gabbia con dentro una
strana bestia.
Avanzai
terrorizzata e incredula, mentre accanto a me
passava quell’essere in gabbia. Per lui provai pena e
compassione, continuava a
dimenarsi rabbiosamente dentro la cella come se sapesse che gli sarebbe
successo
qualcosa di terribile. Ci scambiammo un occhiata triste a vicenda, in
quel
momento notai una piccola lacrima sul suo viso. Merce
di scambio, per loro eravamo questo.
Quel tratto di
strada sembrava interminabile… sentivo come
se fosse stato meglio restare e sopportare il digiuno da quei ragazzi
che
andare da questi… una brutta sensazione prese il
sopravvento, facendomi sentire
sempre più vulnerabile. Diamine che brutta
situazione…
Una volta
arrivata vicino a quei sconosciuti esitai a
camminare, mi fermai e guardai intimorita quell’uomo che
stava avanzando verso
di me con passo lento e deciso. Spostai un attimo lo sguardo per non
incrociare
il suo, ma continuai a restare vigile fissandolo con la coda
dell’occhio. Quando
fu abbastanza vicino sentii un forte dolore alla nuca, qualcosa di
molto
pesante mi aveva colpito in pieno senza che me ne fossi accorta. Per
l’ennesima
volta caddi a terra, ma non persi subito i sensi, perché,
sinceramente, ormai
ero stufa di essere trattata come qualcosa di inutile. Mentre cercavo
di
rimanere cosciente vidi, ma molto sfocato, l’uomo che con
facilità mi posò
rozzamente sulla sua spalla come se fossi un sacco di farina o di
patate. In
quel momento l’esercito si aprì in due formando un
varco che permise all’uomo
di passare avanti. Probabilmente era un loro superiore, in effetti si
capiva
anche dal suo aspetto più “raffinato”,
ma i suoi modi sicuramente non erano
degni di un nobile.
Intanto
riuscii a vedere quei due ragazzi andarsene, mentre
quel volatile portava nel becco quella belva stranamente priva di
sensi. Senza
volere mi scappò un debole e soffocato «no…».
Ciò
che vidi al mio risveglio non fu affatto piacevole…
***
Inizia
Settembre,
inizia la scuola e come consolazione continuano le Fanfiction.
Grazie per
aver letto
e spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Alla prossima!
p.s.:
perdonate gli
errori, al più presto li correggerò