Anime & Manga > Il grande sogno di Maya
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Autore: FiammaBlu    13/08/2014    2 recensioni
I desideri del cuore sono quelli che maggiormente influiscono sulle nostre decisioni, spesso portandoci in direzione completamente opposta proprio per non veder sparire quel sogno.
Seguite Maya e Masumi in questo 'finale' immaginario del manga ancora incompiuto!
Ultima REVISIONE Luglio 2016.
Una nuova Dea Scarlatta sarebbe sorta dalle ceneri di quella di Chigusa Tsukikage come una fenice, che avrebbe ereditato i diritti di quell'opera meravigliosa e imparato da lei tutte quelle nozioni per portarla in scena nella prima del due gennaio.
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Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4



Masumi era rimasto immobile osservando Hijiri che avanzava e quando sollevò lo sguardo gli lasciò intendere che aveva visto ogni cosa e voleva delle spiegazioni.

- Signore, ho consegnato il pacchetto e il messaggio - riferì l’ovvio sperando che quello sguardo non significasse un terzo grado.

- Ho visto - rispose glaciale il suo capo. Hijiri espirò e si rassegnò ai brutti cinque minuti che sarebbe stato costretto ad affrontare.

- Signor Masumi, Maya Kitajima è spontanea, è fatta così e lei dovrebbe saperlo meglio di chiunque altro - gli spiegò prevenendolo.

- È solo questo? - lo interrogò fissandolo.

- Sì, signore -

- E non c’entra niente quello che mi hai detto a Izu? - la sua voce era bassa e terrificante. Hijiri sostenne il suo sguardo, poi sorrise.

- Quello è stato solo un espediente, l’unica cosa che mi interessa è la sua felicità - gli confidò addolcendo lo sguardo. Anche se avesse provato qualcosa per Maya non l’avrebbe mai ammesso davanti a lui.

- Se fosse diversamente, me lo diresti? -

- Sì, signore - mentì Hijiri celando i suoi veri sentimenti dietro quella maschera di indifferenza che aveva imparato da lui.

Masumi si voltò e scomparve nelle tenebre della notte. Hijiri espirò tutto il fiato e tornò alla sua auto. Maya Kitajima era solo un miraggio per lui e ne era consapevole. E poi lei amava Masumi.



Maya raggiunse Rei al bar dove lavorava. Quando l’amica la vide entrare le andò subito incontro.

- Maya, perché sei qui? - le chiese facendola sedere ad un tavolo e portando un caffè per entrambe.

- Guarda, Rei! - e posò sul tavolo la scatola chiusa con un nastro purpureo, il volto raggiante e felice.

- Lo hai incontrato? - ma Maya scosse la testa.

- Ha mandato un suo collaboratore, come sempre, ma mi ha riferito che ci incontreremo sabato prossimo! - era evidente che fosse fuori di sé dalla gioia.

- Lo hai aperto? - Maya scosse di nuovo la testa arrossendo - Se vuoi vado via e ti lascio da sola… - disse Rei facendo per alzarsi.

- No! Ti prego! Mi fa piacere se ci sei anche tu! - arrossì di nuovo e iniziò a sciogliere il fiocco mentre Rei tornava a sedersi. Sollevò il coperchio e i suoi occhi si spalancarono per la meraviglia.

- Oh mamma… - sussurrò Rei scrutando l’interno.

Una rosa scarlatta era posata, insieme ad un biglietto, su un abito nero all’apparenza molto elegante. Maya sollevò la rosa e il biglietto e lo aprì. Rei distolse lo sguardo imbarazzata e si alzò per prendere due fette di torta.

“Sono felice di poterla ospitare nella mia casa sulla scogliera e le chiedo di indossare l’abito per festeggiare questo importante evento. Il suo ammiratore”

Maya cacciò un gridolino e strinse a sé biglietto e rosa. Guardò davanti dove era seduta Rei, ma lei non c’era, spostò lo sguardo e la vide arrivare con due fette di torta.

- Avanti, non vuoi vedere com’è? - la incitò Rei, lei annuì, posò rosa e biglietto sul tavolo e si alzò prendendo l’abito per le spalline.

- Oh… sarò ridicola… non posso indossarlo! - Maya sbiancò mentre Rei si illuminò meravigliata.

- Maya, che dici, è bellissimo! -

Era un abito da sera nero e morbido, lungo, con le spalline sottili di pietre luminose come stelle. Maya si accasciò sulla sedia.

- Deve avermi scambiato per qualcun’altra in questi anni… - sospirò triste.

- Non dire stupidaggini, ti servono solo le scarpe giuste e l’acconciatura. Sarai bella come una principessa! - la redarguì Rei col solito modo di fare pratico.

- Sarò ridicola… lui è alto e io piccolina - si lamentò Maya abbassando lo sguardo.

- Sarai bellissima e non mi aspettavo niente di meno da Masumi Hayami - e le strizzò l’occhio.

- Rei! - la riprese Maya arrossendo. Strinse l’abito a sé e posò lo sguardo sul biglietto.

- Gli dirai che conoscevi la sua identità? - indagò Rei guardandola di sottecchi.

- Non lo so Rei… non credo ancora che stia avvenendo davvero, non so cosa accadrà… sono spaventata in realtà… - ripose l’abito nella scatola insieme alla rosa e al biglietto e affondò la disperazione nella torta.

- Ah! Non dimentichiamoci la biancheria intima! - picchiò un pugno nell’altra mano.

- Rei! - e Maya tossì quando la torta le andò di traverso.

- Cosa? Non dirmi che ci vuoi andare nuda sotto?! - la canzonò lei ridacchiando.

- Ma no! Che dici! - Maya era viola per la vergogna.

- Non dirmi che non ci avevi pensato! E la biancheria comunque serve. È un abito troppo bello per portare sotto le solite robette… - insisté Rei guardandola di traverso.

- Pensato a cosa?! - Maya tossì di nuovo con gli occhi che le uscivano dalle orbite.

Rei le strizzò l’occhio e Maya si tappò la bocca con una mano.

- No! - sibilò scandalizzata facendo voltare altri avventori del bar.

- Non ci credo! È un uomo troppo bello per non averci pensato neanche una volta - e ridacchiò - Chissà com’è… - mise le mani sotto il mento e sollevò gli occhi al cielo sognante - I suoi occhi blu come il mare, mani grandi e forti, un petto ampio, capelli come il grano… così rari nei giapponesi… chissà come sarebbe passarci le dita in mezzo… -

- Rei! Smettila! - Maya era sprofondata nella sedia con un colore che andava dal rosso porpora al viola.

- Perché? È vietato anche sognare? - la fissò con sguardo meravigliato.

- No… ma… - abbassò lo sguardo e bevve il caffè.

- Ma, cosa? È un uomo… mica un alieno… e tu sei una donna… non capisco dove sia il problema… - Rei incrociò le braccia al petto aggrottando le sopracciglia.

Maya ripensò alle volte in cui si era trovata fra le sue braccia, la sensazione di essere al sicuro, protetta, e il timbro della sua voce, profondo, pacato e riflessivo, tranne quando la prendeva in giro, lì allora si faceva vibrante.

- Quanto sarà alto, secondo te? - sussurrò Rei osservandola mentre arrossiva, chissà a cosa stava pensando…

- Non lo so… - mormorò in risposta, le labbra vicine alla tazza del caffè.

- Forse sul metro e ottantacinque. Magari non è completamente giapponese… biondo, occhi azzurri.. insomma è davvero raro… -

- Non lo so… - sussurrò ancora Maya distratta.

- Quanti anni ha? - non ne era sicura, ma non era più un ragazzo…

- Non lo so… - ripeté ancora.

- Come non lo sai?! - Rei picchiò una mano sul tavolo e Maya trasalì.

- Ah cioè… sì… dieci o undici anni più di me… trentuno… - e arrossì di nuovo.

- Aveva ventiquattro anni quando vi siete incontrati… - calcolò Rei sempre con sguardo sognante.

- Eh già… - Maya finì il caffè e la torta cercando di non pensare alle sue braccia che la cingevano sul ponte dell’Astoria.

- Ha camuffato ciò che provava per te dietro le rose scarlatte - sospirò romanticamente Rei battendo le mani insieme - Non pensi che potrebbe venirne fuori una bellissima sceneggiatura? -

Maya picchiò il cucchiaino nel piatto e la guardò con occhi roventi.

- Rei, ricordati che non è detto che a Izu accada qualcosa… poi magari ha accettato di vedermi per dirmi che si sposerà e non potrà più essere il mio ammiratore… - quando Maya si rese conto di ciò che stava dicendo si rabbuiò e fissò gli occhi sul piatto vuoto.

- Stasera noto una vena autodistruttiva - sibilò Rei - Perché devi rovinare tutto? -

- Perché io non ho mai avuto niente e… mi sembra davvero troppo per una come me. Rei, ma l’hai visto? Sai chi è? - la sua voce si abbassò in un sussurro - È Masumi Hayami, Presidente della Daito Art Production, bello, ricco, famoso, potente! E io chi sono? Nessuno! In più sono una ragazzina che non sa niente del mondo né di altre cose! - sembrava disperata e afflitta.

- Non ho mai sentito tante sciocchezze tutte insieme! Tranne la parte di quando lo descrivi, quella va bene… - puntualizzò Rei puntando un dito.

- Rei! - la richiamò Maya stringendo i pugni con occhi che scagliavano fulmini.

- Hai già dimenticato ciò che dice Akoya? Età, aspetto, rango, non contano quando due anime gemelle si ritrovano! - le afferrò le mani stringendole con forza - Ti ama, Maya, è evidente. Sono sette anni che ti sostiene restando all’ombra scarlatta delle sue rose! Non è un comportamento qualsiasi, è innamorato e probabilmente teme più di te questo confronto! Pensaci, Maya… tu sei libera di amarlo, puoi scegliere! Lui invece è un uomo, suo padre lo sta obbligando a sposare una donna che non vuole, ha delle responsabilità senza contare che probabilmente con il tuo carattere lo hai… scombussolato - e ridacchiò.

- Perché? - veramente quella che si sentiva scombussolata era lei ogni volta che lui la guardava…

- Maya, tu non ti rendi conto dell’effetto che fai sulle persone. Sei spontanea e genuina, quando reciti ti trasformi! Devi averlo proprio disorientato! Inoltre credo tu sia l’unica al mondo che riesca a tenergli testa senza tremare ogni volta che apre bocca! - e rise di gusto.

Maya arrossì, ma rifletté sulle parole di Rei.

- Dai, lasciami sistemare il bar e andiamo a casa - si alzò e raggiunse il proprietario dietro il bancone. Maya la seguì con lo sguardo appuntandosi di ringraziarla quanto prima per tutto il sostegno che le dava.

Eppure io ho una sensazione negativa…

Immancabili le rimbombarono in testa le parole rincuoranti della signora Tsukikage. La connessione fra due anime gemelle era così stretta che se una soffriva era così anche per l’altra, se si era felici, lo era anche l’altra. Si sentiva pronta ad affrontare la Dea Scarlatta e si sentiva pronta ad affrontare lui. Sapeva che tutta quella determinazione sarebbe svanita nell’istante esatto in cui avrebbe varcato la soglia di quella casa o messo piede sul palcoscenico, ma fino ad allora avrebbe dormito più serenamente.



Il Presidente del gruppo Takatsu osservava la nipote ancora sotto shock che fissava l’aria davanti a sé. Tornò in salotto per accogliere Masumi Hayami che come ogni giorno era venuto a trovarla. Appena lo vide si accorse che c’era qualcosa di diverso.

- Buongiorno - Masumi fece un lieve inchino.

- Buongiorno Masumi - il nonno di Shiori si sedette stancamente continuando a fissarlo.

- Qual è in questo momento il desiderio più grande del suo cuore, Presidente? - gli domandò Masumi a bruciapelo, sedendosi. L’anziano presidente alzò le sopracciglia.

- Che mia nipote Shiori riacquisti la sua vitalità - gli rispose senza esitare.

- Allora mi lasci fare a modo mio - Masumi attirò la sua attenzione completamente - Per un attimo dimentichi il matrimonio e gli affari con mio padre e si concentri su sua nipote -

- Cosa vorresti fare? - aggrottò le sopracciglia pensieroso.

- Shiori necessita di assistenza diversa da quella che le state dando, mi permetta di cambiare questo stato di cose - gli suggerì pacatamente, lasciandogli il tempo per riflettere.

Il vecchio Takamiya espirò, si alzò e si versò un liquore facendo cenno a Masumi che declinò.

- Non mi pare ci sia niente da perdere, quindi hai il mio permesso - acconsentì alla fine - Quando vorresti… - ma Masumi lo interruppe.

- Adesso - Masumi si alzò e il vecchio annuì lentamente.

Era ora che quella situazione cambiasse, si era stancato di andare ogni giorno in quella casa e di non vedere alcun cambiamento. Raggiunse la camera di Shiori, buia e silenziosa come sempre, dove aleggiava un inquietante odore di rose putrefatte. C’era un’infermiera che alzò la testa quando lui entrò. Sentì dei passi alle sue spalle e voltandosi vide la tata di Shiori.

- Buongiorno signor Hayami - e la donna fece un lieve inchino.

- Buongiorno, dobbiamo apportare delle modifiche - la informò e si diresse alle tende che oscuravano la stanza. Le tirò e la luce del sole inondò ogni cosa. Shiori rimase apparentemente immobile, ma l’infermiera sussultò.

- Chiami qualcuno e faccia pulire questa stanza! - ordinò Masumi - Basta rose e follia, da oggi le cose cambiano - la tata fissò quello sguardo gelido e non poté far altro che obbedire.

Spalancò le doppie porte che davano sul giardino interno e l’aria fresca entrò irrompendo nella stanza. Shiori sollevò lo sguardo e finalmente iniziò a urlare. Meglio del silenzio assoluto. L’infermiera cercò di calmarla, ma Masumi l’allontanò e prese Shiori in braccio contrastando i suoi movimenti.

- Adesso noi prendiamo un po’ d’aria, Shiori - le sussurrò dolcemente, ma fu come se lei non l’avesse sentito. Si divincolava, ma lui la tenne stretta.

- Mi porti del tè per favore - disse rivolgendosi all’infermiera che lo seguiva con apprensione. La donna annuì e tornò in casa mentre lui si sedeva su una grande poltrona di vimini accanto ad un tavolo tondo basso.

Costrinse Shiori fra le sue braccia e fece in modo che si sedesse sulle sue ginocchia. Non sapeva se avrebbe funzionato, ma almeno avrebbe passato il tempo a lottare con lei anziché restare tre ore immobile nella sua stanza a guardarla.

Shiori scalciava, urlava, si dimenava e pronunciava frasi sconnesse sempre relative alle rose, ma lui la tenne stretta a sé impedendole di gettarsi a terra. Il suo sguardo era vuoto e le occhiaie profonde imbruttivano il suo viso.

Le portò una mano alla testa e la premette contro di sé. Shiori cercava di coprirsi gli occhi come se la luce le desse fastidio, ma lui impedì anche quel movimento. Notò suo nonno sul limitare della camera da letto della nipote che osservava la scena trattenendo a stento la rabbia. La tata posò il vassoio sul tavolo basso e guardò con pietà quella donna bellissima ridotta ad una Nu Gui, il demone delle leggende cinesi.

- Mi serve anche della musica e mi porti un libro - la tata annuì e fece cenno anche all’infermiera. Il vecchio Takamiya si avvicinò.

- Da oggi niente più rose, altrimenti questa follia non terminerà più! Deve tornare in contatto con la realtà! - Shiori si dimenava, ma Masumi continuava a tenerla stretta a sé.

- Soffre… - mormorò il nonno con apprensione in una posa rigida.

- Sì, poi migliorerà. Se invece non dovesse funzionare, potrà sempre tornare a riempirle la stanza di rose scarlatte… -

- Perché queste rose, Masumi? - quando gliel’aveva chiesto lui aveva negato di sapere come mai Shiori non le sopportasse, ma sapeva che stava mentendo.

- Ci ho riflettuto - iniziò Masumi serrandole un polso prima che riuscisse a graffiarlo - Tempo fa eravamo da un fioraio, vide quelle rose e mi chiese di comprargliele. Io le dissi di no perché… perché sono legate ad un mio vecchio ricordo e le regalai delle orchidee. Probabilmente lei deve aver immaginato qualcosa di negativo legato alle rose e io non mi sono accorto dei suoi dubbi perché troppo occupato col lavoro... - gli confessò Masumi con sguardo vacuo.

La tata tornò con una radio e la posò sul tavolo.

- Musica classica, grazie - le disse Masumi e notò che Shiori si stava tranquillizzando. La tata eseguì e l’infermiera appoggiò un libro accanto alla radio: “Il tempio dell’alba” di Yukio Mishima.

- Non è necessario che restiate qui - li avvisò Masumi. Le due donne si congedarono e il vecchio Takamiya le seguì qualche minuto dopo.

- Adesso a noi, Shiori… - mormorò alzandosi e facendola sedere sulla grande poltrona. Valutò la situazione: fissava il nulla davanti a sé e non lo vedeva affatto. Si sedette a gambe incrociate sull’erba fresca e iniziò a leggere mentre le note della musica gagaku si disperdevano nell’aria intorno a loro.


   
 
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