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Autore: WickedSwan    13/08/2014    3 recensioni
Ciao a tutti, questa è la mia prima fanfiction, leggete e commentate quanto volete, non può farmi altro che piacere! Ho deciso di riprendere i personaggi del mio libro preferito ed adattare la loro celebre storia al mondo attuale. Spero che vi piaccia, buona lettura (:
DAL TESTO
"Vorrei che ammettessi che ti manca.”
A questo punto non ho altre carte da giocare, dato che come sempre Jane ci ha azzeccato in pieno. Ma ciò non vuol dire che lo ammetterò. Ho una reputazione da difendere. E non importa se in fondo è vero che Will mi manca da morire, non importa se quando ripenso alle nostre conversazioni così semplici eppure così intime mi viene da piangere, non importa che, se non fosse per il mio orgoglio, adesso sarei ancora in quel pub a bere la birra che mi avrebbe volentieri offerto, non importa se ogni volta che lo vedo vorrei dimenticare tutto quello che è successo tra noi e ricominciare. Non si può dimenticare il passato e certamente non posso abbandonarmi alle mie debolezze, sarebbe un passo indietro e da adesso in poi voglio solo andare avanti.
AU.
Genere: Angst, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elizabeth Bennet, Fitzwilliam Darcy, George Wickham, Jane Bennet, Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 3 - Sia quel che Sia

George. Dolce, gentile, simpatico George. Stiamo insieme da quattro mesi e finalmente sono di nuovo serena. All'inizio non è stato facile, non riuscivo a lasciarmi andare, ma con il tempo ed una grande quantità di pazienza da parte sua, adesso ha conquistato la mia fiducia.

Ci avviciniamo velocemente e lui si abbassa per un bacio veloce ma tenero. Ci abbracciamo, dato che sono due settimane che non ci vediamo e quando ci stacchiamo il suo braccio rimane intorno alle mie spalle, in un gesto intimo ed abituale.

“Ehi George!” si avvicina allora Jane, “Bentornato in città!” esclama con il suo solito dolcissimo sorriso.

“Ciao Bambi!” Risponde ridendo lui, utilizzando il braccio con cui non mi cinge le spalle per tirarle un leggero buffetto.

“Jane, vieni dentro con noi a bere qualcosa?” Le chiedo. Mi dispiace lasciarla; da quando lei e Charlie si sono lasciati la nostra amicizia è diventata ancora più forte e, nonostante lei continui a ripetere di stare bene so quanto sia ancora dura per lei. Non vorrei mai lasciarla sola e cerco sempre di coinvolgerla in ogni tipo di attività e svago. Io e George avremo tempo di stare da soli in questa settimana, sono sicura che il mio ragazzo capirà.

“Oh no Lizzie!” si schernisce allora Jane, prendendomi in contropiede, “E' meglio che io mi avvii verso casa. Tanto domani siamo a pranzo da Charlotte, ricordi? Adesso devo proprio andare, è meglio che passiate un po' di tempo da soli voi due!” Ride infine, mentre un leggero rossore le pervade le guance.

Sto per rinnovare la mia offerta, dicendole che non è un problema se vuole rimanere ma George mi precede:

“Ok Jane, a costo di sembrare insistente ti chiedo anch'io di rimanere qui con noi. Non vorrei che tu dovessi andare a casa da sola.” Lo guardo sorridendo, fiera che sia il mio ragazzo. So che qualcun'altro non avrebbe esitato a spedire Jane a casa.

“Non preoccuparti George. Papà è già dietro l'angolo; è passato a prendere Mary ad una festa di compleanno ed ha deciso di aspettare anche me.” Risponde subito Jane. Mary è la sorella minore della mia amica; è così timida e insicura che mi risulta difficile credere che sia ad una festa. Decido comunque di credere a Jane e la lascio andare via.

“Dai Lizzie ci vediamo domani. Ciao George!” Aggiunge, abbracciandomi velocemente e schioccando ad emtrambi un sorriso a trentadue denti. A questo punto io e George desistiamo dal fermarla e la guardiamo allontanarsi con il suo passo leggero ed elegante.

“Allora Kitten, finalmente soli..” Inizia George, stringendomi le spalle per avvicinare il suo viso al mio. “Mi sei mancata.” Sussurra, guardandomi negli occhi.

“Anche tu.” Rispondo subito, quasi automaticamente, guardandolo di sfuggita. Sono improvvisamente imbarazzata, non riesco a guardarlo negli occhi. Mi sembra di essere tornata al nostro primo appuntamento, quello a cui ero quasi stata costretta ad andare.

In realtà aveva fatto tutto lui. Mi aveva cercata, mi aveva corteggiata e dopo un paio di settimane di insistenza ero capitolata ed avevo accettato il suo invito.

George è un tipo simpatico e gentile, durante il nostro appuntamento riuscì a farmi ridere per la prima volta da quando.. No, non è il momento di pensare a lui. Stasera mi ha già rovinato l'umore una volta e non accadrà di nuovo.

“Dai, andiamo dentro a scaldarci” Gli dico sorridendo. Lo prendo per mano e lo guido all'interno del locale, dove ci sediamo ad un tavolo ordinando un paio di Drink. O meglio, lui ordina uno di quei cosi colorati pieni di alcool e succhi non ben identificati mentre io mi prendo la solita birra scura, il mio tratto distintivo. Preferisco il sapore deciso della birra a quello dolciastro di quegli affari, ma se a lui piacciono non posso certo fargli cambiare idea.

Lui si guarda in giro, mentre aspettiamo le ordinazioni ed io mi soffermo ad osservare lui.

Nella luce soffusa del locale i suoi occhi marroni assumono una sfumatura molto intensa, diventando quasi neri. Sono sempre molto brillanti e ironici, con una scintilla di malizia che non so ancora se mi piaccia o meno.

In realtà durante quel famoso primo appuntamento furono soprattutto quelli ad attirare la mia attenzione. Quelli e la sua incredibile capacità di parlare più di me. Non avevo mai trovato qualcuno che riuscisse a farmi stare zitta per così tanto tempo. In quell'ora e mezzo riuscì a raccontarmi la maggior parte della sua vita ed alla fine dell'appuntamento sapevo ormai quasi tutto di lui.
Parlandone con Jane capimmo che poteva essere una piacevole novità uscire con qualcuno che riusciva a tenere banco tranquillamente con i suoi aneddoti e le sue battute.
Da allora le cose non sono cambiate poi molto. I nostri appuntamenti sono pieni dei suoi racconti e delle mie risate, mentre io non devo impegnarmi ogni volta per tenere aperta la conversazione come invece mi succedeva sempre con lui.

In generale sono una persona a cui piace parlare molto, adoro intavolare discussioni su qualsiasi cosa e dico sempre la mia, cercando sempre il confronto. Mi piace guardare le persone negli occhi quando ci parlo e cerco sempre di capire quello che pensano realmente, lasciando sempre che rispondano alle mie provocazioni il più liberamente possibile.

Con lui non era mai stato semplice farlo. Il suo contegno sempre molto diffidente aveva reso difficile, specialmente all'inizio, riuscire a provocarlo abbastanza per iniziare un interessante scambio di opinioni. Ma da quando era accaduto la prima volta, gli “scambi di opinioni”, altrimenti dette “litigi” erano diventati il nostro pane quotidiano. Ed era stressante ed interessante allo stesso tempo. C'era chi si teneva attivo il cervello con i cruciverba; io lo facevo con William Darcy.

Ecco, la mia mente è di nuovo andata in luoghi proibiti. Mi risveglio dai pensieri proprio quando ci servono le ordinazioni. Prendo subito un sorso dalla mia birra e mi sforzo di ascoltare George mentre mi racconta di nuovo del suo amato lavoro. La famiglia di George ha un'azienda di Thè piuttosto famosa, anche se artigianale. Come suo nonno e suo padre prima di lui anche il mio ragazzo ha una forte passione per la produzione del Thè e spesso si perde nelle descrizioni e nei racconti di tutti i processi di produzione.

Appena inizia a parlare di Thè il suo sguardo si illumina e un sorriso orgoglioso gli si apre sul volto, come se stesse rivelando un grande segreto.
E' per il suo lavoro che ci vediamo poco. Da circa un anno lui e suo padre hanno deciso di aprire una succursale in Francia e George passa lì circa due settimane ogni mese, insegnando ai nuovi dipendenti l'arte della produzione del Thè.

“Devi capire Lizzie che è tutta questione di passione” ricomincia lui dopo un breve sorso dal suo intruglio “Io lo vedo, Jacques non ha la determinazione e la passione giusta per questo mestiere. Poverino, ci mette impegno ma molto spesso devo rifare tutto il suo lavoro da capo e questo mi rende molto nervoso. Non può semplicemente fare come vuole, ci sono tempistiche, passaggi e colori da rispettare.
Il Thè è una cosa importante e lui non lo sta prendendo abbastanza sul serio. Tanto il nome sulla facciata dei negozi non è mica il suo, lui è solo un apprendista. Ma noi ci giochiamo la nostra buona reputazione ogni giorno e non ho più intenzione di andare avanti così. Ho deciso di licenziarlo.”

“Licenziarlo?” Mi risveglio io di soprassalto. Ho conosciuto Jacques circa due mesi fa, quando venne a Rose Hill con George dalla Bretagna e mi è subito piaciuto come ragazzo. Uno dei pochi francesi che effettivamente mi siano mai stati simpatici. Sorriso aperto, belle mani, sguardo azzurrissimo e schietto, ho capito subito che è un grande lavoratore e che si sta impegnando per imparare il mestiere.

“Non puoi licenziarlo così George. Sono solo sei mesi che lavora con voi..tu ci hai messo quanto? Vent'anni per arrivare al tuo livello? Dagli un'altra possibilità, so che di passione e di determinazione ne ha tanta. Solo che è diciamo, difficile lavorare con te..” Quest'ultima parte non volevo dirla ad alta voce ma ormai mi è sfuggita e vedo subito George farsi più attento. Lui odia essere ripreso dagli altri. Quando si sente colto in fallo diventa una sorta di ragazzina isterica, di solito cerco di evitarlo ma ormai il danno è fatto.

“Che vuoi dire Lizzie? Io non sono un tipo difficile. Anzi sono piuttosto affabile e aperto. Cerco di mettere sempre tutti a loro agio e lo sai benissimo. Guarda noi per esempio, se non fosse stato per me quel primo appuntamento sarebbe stato disastroso, con i tuoi continui silenzi.” Mi risponde piccato.

“Che cosa?” Chiedo, meravigliata. Lui monopolizza le ore intere con i suoi racconti e io sono la musona che non parla mai? Ma non capisce che non me ne dà neanche il tempo?

“Senti Lizzie, non mi va di discutere stasera. Sono appena tornato dalla Francia lo sai e sono stanco morto. Me ne sarei andato volentieri a letto ma mi mancavi troppo così ho scelto di vederti. Quindi perfavore vediamo di passare una bella serata, ho bisogno di te Lizzie.” George mi guarda molto intensamente, sfoderando uno dei suoi perfetti e bianchissimi sorrisi ed io..mi sciolgo.

Perchè sarà anche un po' capriccioso e vanesio, ma quando siamo insieme mi fa sentire una principessa, riempiendomi di attenzioni e facendomi divertire e non posso che essergli grata per questo. In più forse ha ragione a ricordarmi molto silenziosa al nostro primo appuntamento.
Era il mio momento “Odiotuttigliuomini” derivato dalla storiaccia con Charles e William e, conoscendomi, non devo essere stata molto sottile e carina nei suoi confronti. Ma lui non si è mai arreso con me, restituendomi un po' di fiducia nel genere maschile, dopo che quei due imbecilli l'avevano completamente distrutta e frantumata.

Ricambio il suo sorriso e mi sposto per sedermi più vicina a lui. Prendo il suo viso fra le mani, accarezzando la barbetta di qualche giorno e gli schiocco un sonoro bacio a stampo, siglando la nostra riappacificazione.

Quando mi allontano lui sorride avvicinando poi la sua bocca al mio orecchio: “Ti va di andare a fare un giro in macchina, Kitten?” mi sussurra. Lo guardo per qualche secondo per capire le sue intenzioni e poi annuisco soddisfatta nel vederlo finalmente contento.

Lui si alza per pagare il conto ed io lo guardo mentre si avvicina al bancone.E' alto, molto alto, e quando siamo uno accanto all'altra mi sovrasta completamente. I suoi capelli sono sempre una massa ben poco definita che, a quanto dice, è lui stesso a creare con gel e phon. In effetti è proprio un bel ragazzo, con tutte le cosine al punto giusto e mi rendo conto che spesso, quando camminiamo in città, gli occhi delle ragazze sono puntati su di lui. Ha un sorriso piuttosto attraente e dei lineamenti che lo rendono particolarmente amabile e gradevole. In più riesce ad entrare in confidenza con chiunque in pochi minuti e non riesco a trovare nessuno che possa dire qualcosa di male riguardo a lui.

No, in effetti qualcuno c'è, ma quella persona non ha alcun potere sui miei pensieri e sulle mie decisioni. O almeno non più.

Quando usciamo dal locale una ventata di vento gelido ci assale. In effetti mancano quindici giorni a Natale ed il clima non fa altro che ricordarcelo. Stanamente però quest'anno non ha ancora nevicato ed io inizio a preoccuparmi che di neve ne vedremo poca quest'inverno. Peccato, io amo la neve.

“Se c'è una cosa di cui sono contento, oltre al fatto di avere tu qui con me” inizia George “E' che quest'anno non sia ancora nevicato. Ti rendi conto quanto tempo in più ci metterei a fare in su e in giù da Parigi se ci fosse tempaccio? E poi diciamoci la verità, la neve è bella in montagna, mica nelle città. Crea solo disagi e un sacco di disturbo a tutti.” Afferma convinto, con uno sguardo dritto e sicuro, di chi non accetta repliche. Io sospiro, rendendomi conto di quanto spesso le nostre idee divergano completamente.

Vorrei spiegargli il motivo per cui molte persone amano la neve anche in città o quale sia il grande mistero che si cela dietro una nevicata notturna; magari potrebbe iniziare ad amarla anche lui, così lo fermo, lo giro verso di me e lo guardo intensamente.

“Non è la neve in sé che le persone amano, ma l'atmosfera che crea. Tutto diventa più..semplice. I rumori sono attutiti, i colori più tenui e le persone spesso iniziano a vedersi sul serio per la prima volta. Quando tutto è bianco intorno a te, la tua attenzione si concentra su chi hai accanto ed inizi a scoprirne i veri colori e le vere sfumature. L'altra persona diventa l'unico soggetto su una tela completamente nuda, capisci?” Lo guardo con un sorriso accennato, sperando di aver reso l'idea.

“Sì, ci sono. Quindi ti piace la neve perchè è..bianca? Insomma, noiosa?” Mi guarda scettico, come se non avesse mai sentito stupidaggine più grande in vita sua. “Sei proprio strana Lizzie, lasciatelo dire. Ma è per questo che mi piaci.” Aggiunge, dandomi un buffetto. Oddio, lui e i suoi buffetti, che accoppiata divertente.

Beh, direi che ha capito perfettamente quello che volevo dirgli, come sempre.
No, non devo essere troppo dura con lui. In fin dei conti lo so da sola che sono un po' strana e nonostante questo non mi ha mai fatto pesare i miei cambiamenti d'umore improvvisi, il fatto che io canticchi continuamente o la mia ossessione per le fiabe.

Riprendiamo a camminare e dopo pochi minuti arriviamo alla macchina, o meglio, Jeep, ed entriamo.
Come sempre mi chiede se ho voglia di guidarla ma sinceramente non mi sento adatta a questo tipo di macchina. O almeno, non ancora.

Ognuno si siede quindi al proprio posto ma, mentre sta per mettere in moto, George sembra ricordarsi improvvisamente di qualcosa.

“Che idiota!” Esclama, “Dovevo passare a prendere le sigarette per mio fratello. E' fermo a casa per via della gamba rotta e mi ha chiesto di fargli incetta di Winston.” Conclude, guardandomi.

“Ok, ti aspetto in macchina, fai presto!” Gli rispondo con un sorriso rilassato.

“Non mi accompagni?” Mi chiede lui, cercando di fare gli occhi dolci. Io scoppio a ridere e sfodero la mia espressione più lamentosa.

“Stai scherzando? Fa un freddo pazzesco, preferisco stare al calduccio in macchina che rifarmi tutta la via a piedi per raggiungere il tabacchino! Dai, sono solo dieci minuti se fai in fretta..” Aggiungo, cercando di diventare accattivante.

“Va bene, va bene, mi hai convinto. Ma mi aspetto una ricompensa!” Risponde lui, con un ghigno malizioso.

Scende dalla macchina dopo essersi infilato il portafoglio nella tasca posteriore dei Jeans e lo vedo allontanarsi sotto le lucine luminose che già popolano tutta la città.

Accendo la radio e mi rilasso, accompagnata da una delle mie canzoni preferite del momento, “Photograph” di Ed Sheeran. In realtà le sue canzoni mi piacciono tutte e credo che sia un artista di grande talento, infatti non vedo l'ora di poterlo vedere dal vivo.
Con Jane ovviamente, dato che George non ascolta propriamente questo genere di musica. Ma almeno ci compensiamo ed ogni volta abbiamo nuove canzoni da farci ascoltare a vicenda. Di sicuro non ci annoiamo mai.

Mentre i miei occhi vagano attraverso le lucine colorate delle decorazioni qualcosa inizia a vibrare alla mia destra. Sposto gli occhi nella direzione del rumore e mi rendo conto che George ha dimenticato il cellulare in macchina. Poco male, tanto fra poco torna.
Decido di lasciar perdere e torno ad osservare fuori, ma il rumore torna subito dopo, più fastidioso di prima. A questo punto afferro il cellulare, magari è qualcuno che conosco e posso dirgli di richiamare più tardi.

Non riconosco il nome sullo schermo e proprio in quel momento gli squilli si bloccano di nuovo. Due chiamate perse da una certa “Amelie”. Sarà una nuova dipendente della Francia, penso. Forse ha qualche richiesta urgente per George, appena torna in macchina devo dirgli che l'hanno cercato.

Sto riponendo il cellulare nella sua custodia quando arriva un messaggio.
Non vorrei leggerlo ma sono una persona molto curiosa. E' uno dei pochi tratti che ho in comune con mia madre, anche se nessuno può essere impiccione e curioso come lei.
Insomma, ho già resistito troppo e alla fine
decido di aprire il messaggio. Sicuramente sarà in francese e dovrò decifrarlo, quindi apro tutti i cassettini della memoria, cercando di ricordarmi le lezioni di francese del liceo ed inizio a leggere.
Purtroppo mi rendo subito conto che, per capire cosa dica il messaggio, non ho neanche bisogno di ricorrere al mio francese maccheronico.

“George, mon tresor, tu me manques déjà. Le lit est trop froid et vide sans toi. Je t'en prie, retourne bientôt, Amé. ”

Rileggo il messaggio circa dieci volte, sperando che il mio francese sia peggiore di quanto io ricordi. Magari ho travisato, magari è un gioco tra colleghi, magari..
Arriva un secondo messaggio, che mi libera da ogni dubbio rimasto:

“Rappelle que Je t'aime. A.”

Resto immobile a fissare il cellulare, non so come reagire. Dovrei essere ferita e amareggiata ma l'unica cosa che provo è una profonda rabbia. Sono arrabbiata e delusa e non ho assolutamente voglia di restare per aspettare le spiegazioni di George.

Abbandono il cellulare sul sedile, scendo d'impulso e mi allontano dalla macchina.

Inizio a correre, non voglio vedere George in questo momento. So che dovrò affrontarlo prima o poi, ma ho bisogno di schiarirmi le idee adesso. Parlerò con lui solo quando sarò pronta.

C'è solo una cosa di cui adesso sono certa: tra noi è appena finita.


Eccolaaaaaaaaa
Scusate scusate scusate tutti per la tremenda attesa!
Non sono ancora abituata al fatto che qualcuno aspetti di leggere le mie storie ed in più..
purtroppo questo weekend sono stata ricoverata per un'operazione urgente.
Comunque è andato tutto bene ed ora sono ancora più forte di prima! (:

Ma passiamo alla storia..faccio alcune precisazioni:
-Non sono molto convinta del capitolo..purtroppo George mi sta antipatico ed anche Lizzie quando è con lui diventa una scemotta.
Ma come ha fatto a sopportarlo fino ad ora? Non preoccupatevi tutto troverà risposta nei prossimi capitoli..
-Ho deciso di rinviare l'esilarante confronto fra Lizzie ed il cretino alla fine della storia, dopo che lei avrà chiarito i suoi sentimenti e avrà capito chi ama davvero..Spero che qualcuno rompa il naso a George nel frattempo (Spoiler???)
-Ogni volta che Lizzie pensa a William in questo capitolo ho utilizzato il corsivo (Lui, Qualcun'altro..ecc)
-Mi sono resa conto che il George che ho descritto è un inquietante mix fra Wickham e Collins, veramente veramente pessimo ragazzi!

Ringrazio tutti per le recensioni e non stancatevi mai di farmi sapere il vostro giudizio. Prometto che i prossimi capitoli saranno tutti incentrati su Lizzie e Will e credo proprio che riuscirò a postarne uno già da domani sera.
Un bacio grosso,

-Bea

 
   
 
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