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Autore: allison742    15/08/2014    2 recensioni
Un omicidio sbagliato. Una Detective con un passato che sembra non finire mai. Un assassino che uccide vittime troppo vicine. Un amore che verrà finalmente esplorato. Un pericolo per tutti. Chi sarà il prossimo?
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Aria Miller, la miglior Detective di tutta Los Angeles, viene svegliata bruscamente dal suono del suo cellulare: un cadavere è stato trovato in obitorio. Nulla di strano, se non fosse per il fatto che la vittima è l'anatomopatologa.
Aiutata dalla sua squadra, da uno strambo consulente e dalla sua migliore amica, cerca di risolvere il caso.
Nessun indizio rilevante, nessuna pista, nessun testimone. Solo un inquietante biglietto scritto a mano, lasciato dall'assassino.
Mentre tutto diventa sempre più strano, si verrà a sapere che sono le ultime parole di un personaggio famoso.
Ma cosa c'entrano con l'omicidio?
Tra dubbi e incertezze arriva un secondo cadavere: stesso modus operandi.
La faccenda si fa pericolosa per la squadra e, mentre Aria riscopre l'amore, il suo passato minaccia di tornare a galla...
Genere: Romantico, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 18
 


La soluzione di tutto


 
 
 
«Signore… posso?»
In un primo momento la Green si asciugò gli occhi e cercò di nascondersi, ma poi capì che era inutile mantenere quello sguardo severo e cattivo che la contraddistingueva.
Soffiò il naso e fece accomodare la Detective.
«Mi dispiace.» cominciò Aria prendendole la mano.
Jasmine tese involontariamente i muscoli sotto il suo tocco; non era abituata a quel genere di rapporto con i suoi sottoposti.
«Grazie…» riuscì a mormorare.
«Mi scusi, ma devo sapere cosa è successo stamattina.»
«Dovevo raggiungere il mio veterinario per le cinque. Lo faccio sempre quando il mio gatto viene operato… è più calmo se ci sono io. Stamattina sono scesa in garage e ho visto che l’auto non partiva. Ho chiamato mio marito ma non c’è stato verso di metterla in moto. Così ho deciso di avvisare la clinica, ma non mi ha risposto nessuno. Ho pensato che in ogni caso l’avrebbe operato da solo, e sono tornata in casa… poi, mezz’ora fa, dalle indagini di Renard ed Evans scopro che il gatto infetto era il mio. Io avrei dovuto tirarlo fuori dalla gabbia, io sarei dovuta morire! IO!» era al limite, le guance le divennero rosse, e gli occhi ancor più lucidi.
«No, non secondo la nostra teoria. Lo vede? Lei ha paura, è terrorizzata. Ed è proprio questo quello a cui voleva arrivare il killer. Si è servito di una vittima per seminare il panico nelle nostre vite.»
«Lei questo non lo sa per certo. Se la mia macchina fosse partita adesso non sarei qui!»
Aria non poté fare altro che annuire. D’altronde, come biasimarla?
Certo, era possibile che la macchina fosse stata sabotata dal killer; e che lo stesso fosse stato fatto con gli altri membri della squadra, impedendogli di arrivare nel luogo del delitto ed, in quel modo, salvarsi.
Ma non aveva la prove. E, nel suo campo, significava non avere niente se non una stramba teoria.
«Siamo una squadra, ok? E come una squadra andremo avanti insieme. Stia tranquilla, tutto andrà per il meglio.» Cercò di confortarla.
«Grazie Detective… grazie davvero.» Rispose il capitano alzandosi e, inaspettatamente, abbracciandola.
Aria rispose all’abbraccio e sorrise. Era forse l’inizio di un’amicizia? La Green interruppe il contatto, congedandola.
Una volta rimasta sola aprì i fascicoli e cominciò a leggere, con una forza e sicurezza che prima non aveva.
 
Verso le sette di sera, dopo aver salutato i Detective, Aria tornò a casa Collins.
«Ehi… e sarebbe questo il tuo concetto di “Ci metterò pochissimo”
«Scusa, hai ragione; ma c’è stato un altro omicidio.»
«E non mi hai chiamato?»
«Speravo venissi tu a trovarmi al distretto…»
«Lo so, mi dispiace. Avrei dovuto fare un giro, ma stavo facendo ricerche per le parole famose e ho perso la cognizione del tempo.»
«Non preoccuparti.» Sorrise e le si avvicinò, cingendole la vita.
«Allora, chi è la vittima? Quella ideale, intendo.»
«Il capitano Green. Sta completando la lista, Mason! Se fai due conti, rimaniamo fuori solo io e te! E se decidesse all’improvviso di ucciderci sul serio?»
«Non glielo permetterai, ti conosco. Sei troppo determinata, lo troverai prima.»
«Speriamo… Tu? Trovato niente con le parole famose?»
«Nah… non riesco a trovare nessun collegamento.» rispose frustato, facendo qualche passo.
«Beh, in ogni caso aggiungici questa.» Disse allungandogli la fotocopia del foglietto.
Lui la portò nello studio, per poi accompagnare Aria in cucina.
La luce calda e soffusa rendeva il tutto molto romantico, se non fosse per quel costante terrore che occupava le loro menti.
«Sei dolce.» mormorò lei.
Collins sorrise e le servì il piatto. Parlarono del più e del meno per tutta la durata della cena, cercando inutilmente di distrarsi e pensare ad altro.
Aria gli raccontò, infine, tutti gli svolgimenti del caso e dello strambo colloquio con il capitano.
«Ti sono mancato oggi vero?» disse lui avvolgendola nel suo abbraccio mentre erano accomodati sul divano in pelle.
«Molto… Charlotte mi ha anche chiesto di te.»
«E tu cosa gli hai detto?» chiese allarmato.
«Ho detto che mi avevi chiamato dicendo di non star bene. Perché, avevi paura gli dicessi di noi?»
«Non esattamente paura… solo voglio tenere questa cosa ancora un po’ solo per noi due.»
«Capisco.» rispose sorridendo.
Si sentì posare un bacio sui capelli e delle carezze sulla schiena.
«Sai, tutto questo…» confessò stringendosi nel suo abbraccio «…è molto confortante. Mi fai sentire al sicuro.»
«Non sai quanto mi piacerebbe potertelo anche dire… Ma ce la caveremo, vedrai. Prima o poi tutto questo finirà, e sarà il nostro momento.» sussurrò.
«Lo spero, Mason… lo spero.» rispose alzando il volto, per permettergli di baciarla.
«Aria?» farfugliò lui sulle sue labbra, mentre con una mano cominciò a sfiorarle il ventre.
«Dimmi.»
«Lo so che ci conosciamo da otto anni, ma siamo insieme da un giorno solo… non ti sembra eccessivo avere già le nostre iniziali sulla pancia?» chiese scherzando, mentre le dita continuavano a disegnare cerchi concentrici intorno al piccolo tatuaggio.
Lei scoppiò a ridere: «Mi sembrava logico!» rispose stando al gioco.
Collins conosceva a grandi linee la storia della sorella… ma ci sarebbe stato tempo per raccontargli tutto. E quello non era decisamente il momento ideale.
Lui spalancò gli occhi e si alzò di colpo.
«Ehi, che ti prende?»
«Ti sembrava logico… logico… UNO SCHEMA LOGICO!» urlò precipitandosi nel suo studio.
Aria si alzò esterrefatta dal divano, seguendolo e spalancando le braccia.
Arrivò allo stipite della porta e lo trovò in piedi, piegato sulla scrivania, che disegnava freneticamente su un foglio.
«Mi vuoi dire che ti succede?»
«È uno schema logico… come ho fatto a non capirlo prima?!»
«Si può sapere di cosa stai parlando?»
«Ma certo, è sempre stato sotto i miei occhi!» continuò lui, imperterrito.
«COLLINS!»
«Sì, scusa… l’ho trovata Aria, L’HO TROVATA!»
«Cosa?» chiese esasperata per l’ennesima volta.
«La soluzione di tutto.» rispose. Poi riguardò gli appunti e un’ ombra di terrore e paura si impadronì dei suoi occhi.
Aveva trovato la chiave, sì, ma questo aveva rivelato qualcosa di peggiore.





 
   
 
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