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Autore: Fabio93    15/08/2014    1 recensioni
In una terra d'Oriente ricca di misteri e forze oscure, sotto le ceneri lasciate dalla guerra civile, ardono ancora i fuochi della ribellione. Danzo, l'usurpatore, ha ottenuto il potere su Nisora pagandolo col sangue dei suoi nemici, ma si sussurra che l'antico ordine dei samurai che lui stesso aveva cercato di sterminare si stia preparando ad insorgere. Da oltre le montagne, la nazione di Long Yu osserva e si prepara all'invasione per approfittare della debolezza del nemico ed unificare gli imperi.
La guerra è alle porte: chi ne uscirà vittorioso?
[la storia è frutto della collaborazione con un secondo autore, Mist Guardian!]
Genere: Avventura, Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mist Guardian

 

La corte oltre le montagne

 

L’imponente drago rosso serpeggiava e si scuoteva, le sue fauci spalancate, come stessero per divorare una preda. La folla si raccoglieva ai lati delle vie della città per lasciarne passare il corpo di seta e nastrini, ammirando la sua sinuosa forma avanzare sorretta da un corteo di uomini preceduto da monaci che ne accompagnavano l’avanzare con dei flauti.

Era la vigilia di una delle festività più importanti del Paese, il giorno in cui le possenti Rivelazioni erano scese dai cieli a debellare l’oscura magia che contaminava il mondo, e, nella Città di Giada, capitale santa, questo giorno era celebrato maestosamente. Quella sera tutti erano in festa: chi assisteva ammirato alla parata del drago nella via principale, tempestata di colori, voci e lanterne; chi girava tra le bancarelle poste nelle vie principali in un vorticoso mescolarsi di spezie e stoffe pregiate e manufatti sacri e cibi tradizionali; chi andava a porgere omaggio nella maestosa pagoda Yu Ta, sede del culto e dalla quale l’intera città aveva preso il nome; e chi invece preferiva passare la sera circondato dai propri cari celebrando il lieto giorno con più intimità.

Dall’alto della residenza imperiale tuttavia, a guardare lo spettacolo da una delle innumerevoli balconate in legno rosso, Mei-Hua non si sentiva minimamente partecipe di tutta quella gioia. Tutta Yu Ta era in festa e lei lì, appoggiata tristemente al legno della balconata, a sospirare e a farsi accarezzare il viso dalla brezza della sera. Avrebbe davvero voluto trovarsi laggiù, in mezzo alle persone, a vivere. Ma la prima cortigiana dell’Imperatore non può mai lasciare il palazzo senza permesso: e quella sera, le era stato proibito.

Era stata portata nel quartiere del piacere all’età di dieci anni, e da allora non era mai stata libera. Sempre vincolata dall’umore di altre persone, dai loro capricci, perché in fondo anche se formalmente era una donna libera, si era sempre sentita una schiava. Nessuno l’aveva mai trattata come una persona, era sempre e solo stata un oggetto: utile e grazioso a vedersi, certo, ma di cui non si sentiva la mancanza una volta distolto lo sguardo. A quei pensieri, una lacrima le scese sulla guancia e il suo tocco freddo quasi la sorprese, come se fosse venuta fuori per conto suo.

Un rumore di passi fuori dalla sua stanza la distolse dai suoi pensieri malinconici. Doveva ricomporsi: si asciugò la lacrima con la manica della veste e cercò di assumere un’aria impassibile.

La porta di legno scorrevole si scostò e senza troppi complimenti un soldato in armatura leggera e armato di lancia decorata con pendenti nastri rossi entrò nelle sue stanze.

-Nessuno ti ha mai insegnato un minimo di gentilezza?- disse lei voltandosi verso lo sgradito ospite, lasciando frusciare per terra le sete crude e stinte delle quali era vestita.

-Bada a come parli donna! Non è certo a te che devo il mio rispetto. Sono venuto qui solo per informarti che l’Altissimo ti attende nelle sue stanze, vedi di essere pronta ad essere ricevuta.-

La donna dovette trattenere un sospiro rassegnato.

-Ti ha detto anche per cosa sono richiesta?-

Al sentire quelle parole sul volto del soldato si dipinse un sorriso malizioso

–E cosa potrebbe mai volere il nostro Imperatore da te?- si lasciò scappare una risatina beffarda –Proprio non ne ho idea...!-

Mei-Hua si sentì avvampare. Avrebbe volentieri preso a schiaffi quel sorriso compiaciuto, tuttavia non poteva lasciarsi andare e cercò di nascondere la rabbia dietro il solito sorriso di cortesia.

–Sarò subito da lui, lasciami il tempo di vestirmi in maniera più consona.- allargò le braccia per mettere in mostra le vesti umili che indossava.

Il sorrisetto malizioso sparì dal volto della guardia, delusa dalla scarsa reazione alle sue provocazioni.

-Bene.- sì limitò ad aggiungere, rivolgendole un ultimo sguardo dall'alto in basso prima di uscire dalla stanza.

Appena fu nuovamente sola, Mei-Hua trasse un lungo sospiro di sconforto e rassegnazione. Quella era la sua vita. Non importava quanto tempo lei spendesse ad osservare la gioia e le luci oltre le mura del palazzo, e quanto ad immaginarsi un'altra persona: lei era la prima cortigiana dell’Imperatore, una bambola al suo servizio.

Si diresse verso uno scomparto della parete dove teneva tutti i suoi abiti: optò per uno yukata rosso ornato di camelie, dal tipico gusto Nisoriano: forse l’Imperatore avrebbe apprezzato un richiamo alla terra dei suoi antenati, pensò. Finito di indossarlo, si spostò verso uno specchio dalla cornice decorata di kirin danzanti, per truccarsi. Il riflesso continuava a mostrarle quel volto impassibile, il volto di una donna ormai rassegnata.

Quel soldato era come tutti gli altri. Il suo stato di donna di piacere non faceva che seguirla ovunque andasse, qualunque cosa facesse, come un fantasma, una malattia, un marchio.

Finì di truccarsi e di acconciarsi i capelli, guardò la sua immagine nello specchio controllando ogni dettaglio. Compiaciuta del risultato aggiunse l’ultimo tocco: frugò in una piccola scatolina piena dei suoi gioielli e prese un bellissimo fermacapelli a forma di giglio, un ricordo della sua defunta madre e unico frammento rimastole della sua vita passata: ricordi felici ai quali spesso si aggrappava nei momenti di maggior sconforto, per trovare pace.

Controllò di non aver tralasciato nulla, sorrise soddisfatta e si bagnò il collo con un essenza profumata al gelsomino. Infine, ormai pronta, si incamminò, celando e sue emozioni dietro una maschera sorridente e spensierata.

 

 

Aprì gli occhi ancora assonnati, rigirandosi nel letto: non riusciva a prendere sonno.

Domani sarebbe stata celebrato l’avvento delle Rivelazioni nella piazza centrale davanti alla Pagoda, il che comprendeva un sontuoso banchetto nel palazzo imperiale con i nobili più importanti dell’impero.

Ma domani non sarebbe stata una celebrazione come tutte le altre. L’Imperatore quella notte non aveva solo voluto il suo corpo, avevano bensì parlato a lungo di cosa sarebbe avvenuto: le cose che dovevano essere dette, le decisioni che dovevano essere prese...e il solo pensarci le faceva venire un groppo allo stomaco. Si girò e intravide la sagoma dell’Imperatore accanto a lei, la sua schiena ancora imperlata di sudore, i lunghi capelli neri che vi ricadevano in maniera disordinata. Indugiò qualche secondo su di lui con lo sguardo. Il momento era vicino.

 

 

Gli abitanti si erano riuniti a gran numero quel giorno. L’immensa piazza davanti alla Pagoda era gremita di gente: persone appartenenti a tutte le classi sociali, dai nobili ai poveri, dai mercanti agli schiavi, tutti loro riuniti nella celebrazione.

Come prima cortigiana, Mei-Hua era ammessa al padiglione riservato alla nobiltà: un enorme tendone di tessuto rosso e bordi dorati con uno scranno per l’Imperatore e comodi cuscini per permettere ai nobili, consiglieri e a lei di assistere agevolmente alla cerimonia. Una fila di soldati armati di lancia li separavano dalle altre classi sociali, mentre loro erano a pochi metri dalla maestosa gradinata dorata che portava alla Pagoda di Giada, svettante nella sua magnificenza. Era un’immensa costruzione scolpita nella giada più pregiata e levigata, scintillante alla luce del sole. I suoi quattro piani, tanti quante erano le Rivelazioni, erano ognuno contraddistinto da un ampio tetto di tegole dorate, e ad ogni angolo di questi, statue di leoni ruggenti anch’essi di giada. Il pinnacolo finale, altissimo, era un opera d’arte magnifica anch’esso: un drago dello stesso materiale della costruzione vi si avvinghiava attorno per tutta la sua lunghezza, e il suo volto feroce era rivolto ai fedeli nella piazza.

Tutti erano lì, in attesa dell’uscita dei quattro sacerdoti. Mei-Hua cercò di carpire qualche rumore proveniente dalla pagoda, ma il vociare dei cittadini copriva ogni altro suono. Nell’attesa, la mente le tornò agli eventi pianificati e una forte agitazione riprese possesso di lei.

Si voltò verso l’Altissimo: il suo viso era inespressivo, la sua figura austera nelle vesti verdi e dorate, ricamate col drago che si morde la coda, lo stemma imperiale. Era ancora giovane, aveva da poco compiuto trent'anni, eppure nessuno a corte si sognava di prenderlo alla leggera: era inflessibile e determinato, dentro di sé aveva un fuoco che non attendeva altro che il soffio giusto per poter divampare. Non doveva aver notato che lei lo stava fissando, in quanto non spostò lo sguardo dall’edificio per tutta la durata dell’attesa. Solo le Rivelazioni sapevano a cosa stesse pensando, ma anche lei aveva le sue idee a riguardo.

D’un tratto, il suono di un gong interruppe il vociare di tutti, spostando l’attenzione dell’intera piazza verso i gradini dorati. Quattro figure anziane uscirono a passi lenti dal portone dell’edificio, tutte in sontuosissime vesti verdi e oro, e sul petto lo stemma del culto raffigurato: il fiore di loto a quattro petali.

Si sistemarono in fila sul gradino più alto, rivolti ai fedeli.

Mei-Hua non aveva particolare fede nel culto, ma per lei era un'ottima occasione per distrarsi e dimenticare un po' le sue preoccupazioni. Si sentiva a suo agio in quei momenti: se pensava che in quella piazza non era più solo la prima cortigiana imperiale, bensì anche Mei-Hua, una donna e una fedele, le sembrava sentirsi un po’ più libera del marchio che portava sempre con sé.

D’un tratto uno dei quattro anziani si fece avanti per prendere la parola: era un ometto gracile, calvo e con una lunga barba grigia che gli scendeva fino alle ginocchia. Eppure, nonostante paresse che sotto quelle vesti sgargianti non ci fosse altro che un mucchio d'ossa tremanti, la sua voce risuonò con sorprendente chiarezza e vigore nella piazza.

-O beneamati fedeli, celebriamo questo momento di immensa gioia! Celebriamo la luce di Kariobinia che squarciò il velo di tenebre che chiudeva gli occhi ai nostri antenati, mostrando loro la gloria! Celebriamo Tenseiku e Viruparia, discesi a cacciare gli idoli pagani con la loro furia! Celebriamo Mahamayuri che con la sua immensa ferocia e giustizia ha liberato le nostre anime dal giogo di questi falsi dei, prendendole sotto la sua custodia! - prese fiato, ed aprì le braccia come ad accogliere tutte le persone riunite ai suoi piedi -Noi tutti viviamo della prosperità e della pace che le Rivelazioni ci hanno donato, costruendo l'Impero di Long Yu: il più potente e glorioso di tutti i regni. Accogliamo ancora una volta la loro luce nei nostri animi, e che essa possa risplendere, in tutta la sua sfavillante potenza, ad illuminare la via del nostro Imperatore: lode alle Rivelazioni!-

Dette quelle parole, tornò in mezzo agli altri tre, che con un gesto della mano fecero passare dei giovani monaci tra la folla con delle incensiere, sprigionanti un forte odore di fiori.

Successivamente ci fu un secondo suono di gong, uno dei quattro si schiarì, la voce e annunciò: -Si proceda col rituale! Nobili Rivelazioni, accogliete questo nostro pegno e rinnovate la vostra protezione su di noi!-

Era giunto il momento dell’ospite d’onore.

All'interno di una piccola gabbia di ferro sorretta da due giovani adepti, un'animale scrutava i presenti con due occhi gialli pieni di paura, cercando di ritrarsi il più possibile per quanto permettesse la sua angusta prigione. La volpe era l’emblema della magia oscura, in quanto una delle icone più antiche della religione pagana che il culto delle Rivelazioni aveva soppiantato, perlomeno a Long Yu. Per celebrare la purificazione da questa magia quindi, l'animale andava sacrificato.

La gabbia venne portata davanti all'imperatore, che pronunciò una breve preghiera rituale, con tono meccanico e distaccato, in segno di preparazione alla purgazione.

Quando l'animale venne allontanato dal cospetto dell'Altissimo, Mei-Hua ne incrociò lo sguardo e, nonostante il torpore in cui i suoi sensi erano parzialmente sprofondati a causa dell’incenso, non poté non provare compassione per quella volpe: anche lei si sentiva intrappolata da invisibili sbarre di ferro, costretta ad interpretare un ruolo che non le apparteneva. Negli occhi della volpe vide la stessa paura, la stessa rabbiosa confusione che lei teneva nascosta nell'animo.

Mentre veniva portata al cospetto dei sacerdoti l'animale tentò di rigirarsi all'interno della gabbia, rizzando i peli e digrignando i denti, terrorizzata. Non vide però uno degli anziani estrarre un coltello finemente decorato. La lama, guidata da mani esperte, penetrò in fretta fra il pelo e i muscoli della volpe, recidendone la gola; il corpo dell'animale fu scosso da un brivido violento, ci fu un debole guaito, poi più nulla. Solo sangue sul pelo della volpe, sul ferro delle sbarre e sulle mani dei sacerdoti.

Il sacrificio ghermì l’attenzione della folla, scuotendola con un tremito di soddisfazione; lei, al contrario, si sentiva solo nauseata.

L’uomo con la mano insanguinata si fece avanti invocando nuovamente la benedizione divina.

-Vi prego o gentile Kariobinia, o augusto Tenseiku, o possente Viruparia e o feroce Mahamayuri, accettate in sacrificio questa empia creatura! Liberateci dalla sua corruzione!-

Estrasse dalla manica una piccola fialetta dorata, come in un abile gioco di prestigio, versandone il contenuto sulla gabbia e sulla carcassa della volpe: un liquido oleoso e di colore scuro. Un valletto accorse a porgergli una fiaccola appena accesa, che quello sollevò al di sopra della propria testa, come a voler illuminare la piazza gremita.

-Che la luce delle Rivelazioni consumi l'empio e illumini il giusto! Sia lode alle Rivelazioni!-

Il sacerdote lasciò cadere la torcia. A contatto col fluido nerastro, il fuoco prese vita e avvolse il corpo dell'animale in una crisalide di fiamme colorate, come lunghi drappi di seta al vento. Il cadavere si consumò in fretta, senza fumo e senza rumore, se non un lieve sfrigolio, divorato da quel fuoco sgargiante eppure famelico. La folla rimase a guardare, completamente assorta dal gioco di colori e dal suo oscuro fascino.

Mei-Hua sapeva che la sostanza che alimentava le fiamme era ben più di uno spettacolo per i fedeli: adeguatamente corretta era un'arma potente, che aveva deciso le sorti di numerose battaglie.

La formula era un segreto custodito gelosamente dal clero, per la cui benedizione molti nobili erano disposti a pagare profumatamente.

Dopo quello spettacolo tutti i fedeli si inchinarono recitando un sutra. Anche Mei-Hua si unì al coro, sussurrando la preghiera con voce meccanica e assente: aveva pronunciato quelle parole centinaia di volte, e non una sola volta le avevano dato conforto. E poi, non riusciva a smettere di pensare alla volpe: per un momento, seppur brevissimo, si era sentita veramente vicina a quella creatura e ne aveva sentito la paura come fosse stata la sua. Forse quegli animali avevano davvero qualcosa di speciale, in fondo.

 

 

Dopo qualche ora la cerimonia era finita e con un'ultima benedizione i sacerdoti rientrarono in silenzio nella Pagoda. I fedeli iniziarono lentamente a disperdersi e lei cercò di riprendere padronanza dei sensi ancora leggermente intontiti dagli incensi. Doveva dirigersi insieme all’ Imperatore e ai nobili verso il palazzo, per il banchetto. Come prima cortigiana avrebbe dovuto intrattenere le persone giuste, carpire frasi e intenzioni, dire solo quello che doveva senza lasciarsi andare. Tutt'altro che un pranzo spensierato.

Percorsero la via principale di Yu Ta, da ogni lato la gente per le strade si inchinava al loro passaggio. Dovette ammettere che la cosa non le spiaceva, anche se solo per la luce riflessa del suo protettore, era bello sentirsi importanti, almeno un po'.

Giunsero finalmente alla residenza imperiale lì a Yu Ta. Una enorme costruzione in legno laccato di rosso e avorio, praticamente una città nella città: tra ponti sospesi, terrazzamenti, giardini e tempietti non era affatto difficile perdersi in quell’enormità. La facciata principale lasciava a bocca aperta chiunque la vedesse: statue guardiane a ogni angolo del tetto, bassorilievi e incisioni tra le pareti, eleganti lanterne e stendardi col drago. Perfino lei, dopo tutti quegli anni, non riusciva a non rimanerne incantata ogni volta “non avrei potuto chiedere gabbia più sontuosa” pensò fra sé mentre entravano, lasciandosi scappare un sorriso malinconico.

 

-La vostra bellezza è ogni anno più abbagliante mia signora.- la elogiò un grasso nobile del sud mentre metteva in bocca un delicato abalone.

Si girò subito verso di lui, coprendosi la bocca con la lunga manica mentre masticava il più in fretta possibile, sorridendogli con lo sguardo.

–Siete troppo gentile nobile Yi-Huo- si affrettò a dire non appena ebbe deglutito –ma dovreste dedicare le vostre attenzioni a donne più meritevoli, dopotutto sono solo una dama di compagnia.-

-A mio giudizio siete la migliore di tutte, la vostra bellezza farebbe impallidire qualsiasi imperatrice!-

A quelle parole non poté fare a meno di arrossire, sapeva fin troppo bene dove voleva andare a parare con tutte quelle lusinghe, ma accettare qualche complimento non avrebbe fatto male, dopotutto.

-L'Altissimo è un uomo davvero fortunato: darei metà di tutte le merci stipate nel mio porto, giù a Tien-Zhao per godere della vostra compagnia anche solo una notte...- il nobile allungò una mano grassoccia e unta per sfiorare la sua, fissandola con quei suoi occhi piccoli e scuri.

-Meglio di no: non ve ne rimarrebbero abbastanza per pagare Lan-Liu, mio signore.- rispose con una leggera risatina.

Yi-Huo scoppiò in una fragorosa risata che quasi si perse, tuttavia, nel baccano generale.

-Quella serpe di tesoriere, che sia maledetto!- l'uomo staccò la mano da quella di Mei-Hua per posarsela sul petto, come a voler contenere la minaccia di un nuovo eccesso di ilarità.

Una serva, in abiti colorati e stretti, posò vicino a loro un vassoio colmo di carne di maiale agrodolce, cosa che parve attirare l'attenzione di Yi-Huo, almeno per il momento.

Mei-Hua bevve un piccolo sorso di Huangjiu tiepido dalla propria ciotola, il liquido le scaldò piacevolmente il petto mentre scendeva giù per la gola e il suo sapore forte le riempì il palato, una volta deglutito ispirò a fondo il profumo del liquore, grata della piccola pausa nella conversazione.

La sala dell'Airone era piena di odori di spezie e di decine di voci che si sovrapponevano: si sentiva come seduta al centro di uno sciame di mosche fastidiose e non vedeva l'ora che tutto fosse finito. Non era nemmeno riuscita a cogliere molte informazioni interessanti, la maggior parte dei nobili invitati si dilungava in ciance inutili, qualcuno discuteva sui costi sostenuti per radunare le truppe. I più furbi, infine, aprivano la bocca solo per assaggiare le prelibatezze servite a tavola, aspettando che fosse Noburu a prendere la parola, cosa che certamente avrebbe fatto prima della fine del banchetto.

Cercò con lo sguardo lo scranno dorato dell'Imperatore. Noburu sorseggiava la sua ciotola di Huangjiu con aria assorta, fissando un punto imprecisato davanti a sé. Accanto a lui aveva voluto i generali più importanti di Long Yu, che sembravano invece immersi in discorsi concitati. Alla destra dell'Imperatore sedeva Shou-Sun, suo zio e confidente. Nonostante l'età era ancora un bell'uomo, il cui fisico possente era in esatto contrasto col suo portamento delicato, e i capelli grigi tagliati corti gli davano un certo fascino: chissà come sarebbe stato essere la sua dama di compagnia, invece che del nipote. Come se avesse avvertito gli occhi di Mei-Hua su di sé, Shou-Sun si girò ad incontrarne lo sguardo, con un lieve sorriso sul volto. Non sarebbe stato affatto male, credeva.

Shou-Sun tornò a girarsi verso Noburu e lo scosse con delicatezza per la spalla, strappandolo ai suoi pensieri. Si sporse a sussurrargli qualcosa, Mei-Hua vide l'Imperatore annuire con aria decisa, e seppe che il momento cruciale era arrivato.

L'Altissimo si alzò in piedi, la sua figura resa ancora più imponente dalle vesti sontuose che indossava, scrutando i commensali come un marinaio che cerchi nell'orizzonte i segni della tempesta.

-Miei gentili ospiti.- parlò con voce chiara e forte, poi attese che ogni chiacchiericcio si placasse -Abbiamo mangiato e celebrato insieme questo lieto giorno, ma, come penso tutti voi avrete ormai capito, non è solo per rendere omaggio alle Rivelazioni che vi ho voluti qui, oggi.-

Nel parlare spostava lo sguardo da un nobile all'altro, tenendo i pugni saldamente piantati sul tavolo imbandito: appariva senz'altro autoritario, quasi minaccioso, ma la sua rigidità tradiva un'inquietudine profonda.

-Non faccio segreto del mio sangue nisoriano. Il fratello di mia madre, il Mikado di Nisora, è stato spodestato e brutalmente assassinato e il carnefice siede ora sul suo trono! Danzo non è che un traditore, appropriatosi con l'inganno di qualcosa che non gli appartiene e che mai potrà appartenergli.- sollevò il mento, mentre le sue parole aleggiavano in quella pausa studiata e piena di tensione -Il mio sangue reclama vendetta! Sono giovane, e per molti di voi ancora inesperto, ma so cosa è giusto fare: noi marceremo contro Danzo e lo annienteremo. Io sono l'ultimo discendente della dinastia del vero Mikado e sotto di me Long Yu e Nisora saranno riuniti in un unico, vasto e potente impero! Questo è quello che faremo, quello che è giusto fare, e non ci sarà spazio per la codardia.-

Il vociare dei nobili si alzò all'improvviso come uno stormo di uccelli spaventati, fino a riempire l'intera sala in una cacofonia incomprensibile e concitata. Chi protestava, chi esibiva il proprio consenso, chi ancora si inchinava all'Imperatore blaterando parole incomprensibili.

Un giovane nobile sì alzò di scatto, con un’espressione entusiasta in volto –O nobile Imperatore, è da tempo che sostengo che voi dobbiate riprendervi il trono di Nisora, vostro di diritto! Mi avrete sempre dalla vostra parte, o Altissimo, in questa causa più che giusta!-

Per un poco le voci di assenso si fecero più forti, provenienti soprattutto dai nobili più giovani o meno influenti, notò Mei-Hua, ansiosi di guadagnarsi il favore dell'Imperatore. Noburu parve rasserenato da quel sostegno, tanto da concedersi un accenno di sorriso soddisfatto.

Ad un certo punto una figura in abiti color giada, probabilmente un esponente del clero, si alzò in piedi con espressione contrariata.

-Vi prego di riconsiderare la questione, o Altissimo. Dare inizio a un massacro in nome di un vecchio torto non è qualcosa che Kariobinia guarderebbe con favore...e non è mai saggio privarsi del favore delle Rivelazioni...-

Il viso di Noburu si adombrò, il sorriso scomparve come un'orma sulla sabbia, cancellata dal mare.

-E come vede Kariobinia il tradimento, invece?- lo attaccò, fulminandolo con lo sguardo.

-Non fraintendete le mie parole, Imperatore. Dico solo che...-

-Quello che il ciarlatano vuole dire, Altissimo, è che la Pagoda non muoverà un dito se non pagata profumatamente.-

Era stato un uomo alla destra di Noburu a parlare, mentre giocherellava con un osso di anatra nel piatto da portata, quasi che la conversazione non lo interessasse granché.

L’uomo in verde si voltò verso di lui con sguardo indignato.

-Come osate…possa Mahamayuri avere pietà della vostra anima!-

-Che venga a prendersela.-

-Silenzio!- tuonò l’Imperatore, e subito i due litiganti si ammutolirono -Non intendo sottostare a vili ricatti, nobile Xin-Hu. La vostra lealtà mi è dovuta, soprattutto in una causa come questa! In caso contrario, sapete bene come è punito il tradimento nel mio Impero .-

Il volto dell’uomo in verde sbiancò di colpo, cercò di ribattere, ma parve non trovare le parole per farlo e si rimise lentamente a sedere, lo sguardo basso e meditabondo, ancora leggermente tremante.

-Non è cosa insensata, tuttavia, parlare di denaro.- intervenne Chen-Ou-Yang, lisciandosi con fare pensoso la lunga barba nera -Una guerra contro Nisora non farà bene ai commerci, e rischia di ridurci sul lastrico.-

Chen-Ou-Yang era a capo di un feudo prospero e ricco di risorse, nonché uno dei generali più importanti di Long Yu. Tutto questo potere, però, non lo rendeva un individuo facile da sottomettere.

-I costi della guerra saranno ripagati dalla conquista, mio caro Cheng-Ou-Yang.-

Fu-Gao era un altro tassello fondamentale della corte di Noburu e Mei-Hua lo aveva sentito nominare più di una volta dall'Imperatore. Era un uomo enorme, con una cicatrice pallida sulla mascella: il ricordo di una delle tante battaglie da cui era uscito vittorioso. Come shì di Xuejing, a occidente, passava gran parte della primavera a respingere le tribù barbare che attraversavano i passi montani al primo disgelo.

-Ma dobbiamo essere sicuri di conquistarla.- continuò – Nisora è un impero vasto e potente e in sedici anni Danzo ha avuto tutto il tempo di rimettere insieme la nazione. Non sarà come andare in guerra contro qualche barbaro indisciplinato, cosa in cui ho una certa dimestichezza, ma anzi potremmo avere guai seri anche solo a valicare il confine.-

-Vi credevo un guerriero valoroso e leale, Fu-Gao.- rispose l’imperatore, seccato di quelle continue risposte negative e di tutti i dubbi e le insicurezze che stavano portando a galla.

-Voi avete il mio appoggio per questa guerra, Altissimo, ma il mio compito consiste anche nel mettervi al corrente dei rischi.-

Mei-Hua stava osservando assorta la scena, seduta al suo posto. Si aspettava sarebbe finita così. L’Altissimo era ancora giovane e desideroso di gloria e onori, non aveva minimamente preso in considerazione tutte quelle sfaccettature negative, o almeno così le era parso quando era stata messa al corrente del piano, ma la sua espressione durante la discussione con i nobili le aveva dato ragione.

-Trascurate una cosa, tuttavia.- Shou-Sun li interruppe, con un sorriso cordiale e pacificatore.

-E quale, se posso chiedere?-

-Nisora è una nazione potente, ma tutt'ora divisa. Diversi feudi attendono solo l'occasione giusta per rovesciare Danzo e noi gliene daremo una più che buona.-

A quelle parole il volto di Noburu parve illuminarsi: finalmente una buona notizia. Shou-Sun era sempre stato il sostegno del quale l’imperatore aveva sempre avuto bisogno: una figura paterna, un consigliere capace, un amico. Era molto affezionato a Noburu, e le sue abilità da capace stratega si stavano nuovamente rendendo indispensabili.

-Spiegatevi meglio- riprese Fu-Gao, scettico ma allo stesso tempo curioso.

Shou-Sun sorrise a quelle parole, come si trovasse davanti un ragazzino sciocco –L’omicidio di un Mikado e di una stirpe non tende a portarsi dietro molta benevolenza, mio nobile generale. Aggiungiamo anche che Danzo ha estirpato l'intera organizzazione dei samurai, che pure era molto influente e stimata dal popolo. Nisora pur se esteriormente salda e potente è all’interno un formicaio di malcontenti, e non tutti i membri della famiglia imperiale sono stati massacrati: il possente feudo di Mizumori ha nelle vene lo stesso sangue della defunta Imperatrice di Nisora ed ho i miei seri dubbi che in tutti questi anni se ne stiano stati completamente buoni e abbiano dimenticato quel massacro- concluse soddisfatto, lanciando un’occhiata vittoriosa a Fu-Gao, che pur se con aria titubante non poté fare a meno di riconoscere la rilevanza delle sue parole.

I nobili iniziarono a mostrarsi molto meno agitati, e tutti spostarono il loro sguardo dall’ Imperatore a Shou-Sun, Noburu stesso pendeva dalle sue labbra mentre continuava il suo discorso su come portare a loro favore il malcontento dell’Impero confinante, un discorso che doveva per certo essersi preparato per l'occasione, ma che suonava perfettamente naturale e coinvolgente.

Mei-Hua l’aveva sempre pensato: sarebbe dovuto essere Shou-Sun a regnare. Era più portato e più esperto del nipote. Era benvoluto da tutti, e pareva anche un abile stratega, eppure aveva sempre sostenuto che non era il trono ad interessargli: era legato a Noburu da un affetto sincero e non avrebbe mai cospirato alle sue spalle, inoltre sosteneva che la guida di un Impero fosse più un fardello che un dono o una conquista.

Vedere tutti quei nobili pendere dalle sue labbra ignorando l'Altissimo, tuttavia, rafforzava in lei quell'idea. Aveva portato un raggio di accecante luce solare nella notte del piano avventato dell’Imperatore: l’uno aveva lanciato l’dea, ma era stato l’altro a organizzare tutti i preparativi. Comunque non si poteva mai dire: gli Imperatori, per quanto potenti, non sono diversi dai loro sudditi davanti alla morte. Oltre le montagne, un'intera dinastia imperiale era stata decimata, dopotutto, e non era affatto detto che Noburu sarebbe durato ancora a lungo, soprattutto non senza il sostegno del suo nobile zio.

“Dove sarebbe questo impero senza di voi o nobile Shou-Sun…”

 

 

 

Rullo di tamburi, ecco qua il mio primo capitolo! Sì esisto veramente e non sono solo l'amico immaginario del mio collaboratore, cosa che so tutti avrete pensato...in ogni modo! Capitolo tutt'altro che facile e che su alcuni punti non mi lascia pienamente soddisfatto, ma non sapevo come fare altrimenti D: siate clementi...è il mio primo capitolo su efp XD (ma detto questo consigli e critiche ovviamente più che bene accetti!) dulcis in fundo un grazie di cuore al mio sopracitato collaboratore! senza la sua mano sempre vigile questo capitolo non sarebbe mai venuto alla luce...grazie! ho finito con la solfa...detto questo spero il capitolo vi sia piaciuto! e per il prossimo tornerete nelle abili mani di Fabio93 non temete XD

 

   
 
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