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Autore: wilderthanthewind    16/08/2014    1 recensioni
Tra i banchi della Edgemont High School tante sono le cotte che sbocciano, i sogni che si distruggono, le passioni che si coltivano, le storie che iniziano e che finiscono.
Una storia di certo inizia.
È quella di Denise McCoy, una ragazza muta, e Ashton Irwin, il ragazzo che ritroverà tutte le sue parole.
La loro storia è scritta su pezzi di carta, ma chi non sa del resto che la carta è così fragile?
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 2


 

5 settembre 2013, 9.23

Caro diario,

io non sono normale.

Non appartengo a questo mondo, né merito di farne parte.

Paulo Coelho dice che quando desideri qualcosa, l'intero universo trama affinché possa realizzarlo. E se così fosse, allora perché io non posso sparire?



 

Nella Edgemont High School risuonò la campanella tra i corridoi, squillante più che mai, ad avvisare i giovani impazienti che era arrivata l'ora di pranzo. Denise McCoy ripose il proprio diario, dopodiché afferrò annoiata la propria borsa e ne estrasse un contenitore che aprì con cura, rivelando una mela tonda e invitante, succulenta all'apparenza.

Da quando, alle scuole elementari, aveva scoperto di preferire di gran lunga pranzare in solitudine, non aveva più perso quest'abitudine. I primi giorni alla Edgemont i nuovi compagni, incuriositi dalla sua stramba persona, l'avevano invitata ripetutamente a prendere posto accanto a loro nella mensa scolastica: tutti volevano conoscere la ragazza anormale. Più Denise si nascondeva, più la guardavano; più taceva, più le domandavano. Era perennemente sotto l'attenzione di tutti, e ogni istante trascorso la voglia di sparire si rafforzava in lei.

Superati i primi tempi, la classe aveva compreso che non esisteva alcun modo per avvicinarsi a lei, e aveva rinunciato nell'intento; Denise se ne compiaceva: il breve periodo di pausa era l'unico momento in cui nessuno le ronzava attorno.

Non pose attenzione agli ultimi ragazzi che uscirono dall'aula, i soliti ritardatari che finivano per scavalcare banchi e sedie pur di raggiungere il gruppo ormai lontano. Non si accorse dunque che uno dei “soliti ritardatari” non aveva in realtà alcuna fretta di prendere posto nella mensa.

Ashton Irwin raccolse gli ultimi libri e si mosse più lentamente che poté verso la porta, osservando la ragazza anormale.

Ne era incuriosito esattamente quanto gli altri, forse di meno, forse di più. Guardando gli altri sperimentare metodi sempre nuovi per comunicarvi, aveva compreso che ogni tentativo di udire la sua voce era totalmente inutile, così scartò l'idea di provare a parlarci. In realtà non era sicuro delle proprie intenzioni: nella sua mente le idee non erano molto chiare a riguardo; non sapeva cosa volesse fare, né perché lo volesse. Ad attirarlo probabilmente non era il suo mutismo, a differenza del resto della classe. Quando casualmente, guardandosi intorno in preda alla noia, il suo sguardo si scontrava sulla sua figura chiusa in se stessa, egli si poneva molte domande a riguardo; non poteva negare questo. Eppure c'era qualcos'altro in lei che aveva intenzione di scoprire, sebbene non avesse la minima idea di cosa si trattasse.

Nella prima settimana di scuola aveva notato la sua passione per la scrittura. Non sapeva se qualcun altro se ne fosse accorto, né gli interessava condividere le proprie riflessioni con ragazzi il cui unico scopo probabilmente era raccogliere quante più informazioni possibili per quello che poteva definirsi l'argomento di conversazione più intrigante della scuola: il gossip.

Denise McCoy non parlava mai, ma riempiva quotidianamente quantità spropositate di pagine, compilando fittamente le righe del suo diario, in una grafia ormai più stabile ma non troppo ordinata.

Improvvisamente la ragazza alzò il capo, notando Ashton, il quale, assorto nei propri pensieri, non si era accorto di essersi fermato già da diversi minuti sul ciglio della porta, tenendo lo sguardo poco attento fisso su di lei. Lo guardò impaurita, come un cerbiatto di fronte a un cacciatore; deglutì l'ultimo boccone e posò la mela nel cestino, avvertendo un lieve tremore muoverle le dita. Il ragazzo restò immobile per alcuni istanti che parvero un'eternità ad entrambi, studiando i suoi occhi di un grigio scuro e intenso, immergendosi nelle sue paure. D'un tratto scosse la testa, come destato da un sogno, interrompendo le proprie riflessioni.

Doveva comunicare con lei.

Fece un passo avanti nella sua direzione, incerto, ma Denise spalancò gli occhi e infilò adagio le mani sotto il banco, come se il ragazzo fosse pronto a farle del male nel momento in cui avesse avvertito un suo movimento. Afferrò il proprio diario e lentamente lo portò al petto, stringendolo.

Ashton quasi sussultò alla sua reazione: non era di certo ciò che si aspettava di ottenere. Indietreggiò cauto e si voltò, assicurandosi, alla vista della ragazza che aveva allentato la stretta del diario, che si fosse tranquillizzata. Lasciò l'aula pensieroso, e raggiunse la mensa.



 

«Ehilà Ash! Dov'eri finito?» gridò allegro Hayden Cannon, con un sorriso smagliante stampato sul volto, agitando la mano per attirare l'attenzione del ragazzo che si guardava attorno smarrito, tenendo saldamente un vassoio su cui erano ordinatamente posizionati un piattino di pasta e formaggio e una coppetta di macedonia. Avvicinandosi poté scorgere anche Alicia Jones, Edwin Hunter e Susan Gray ridere e chiacchierare tra di loro.

«Uhm, ew, mi son perso in chiacchiere» disse Ashton col tono più convincente che riuscì a usare, poggiando il vassoio sul tavolo e successivamente sedendosi, portando l'attenzione degli altri ragazzi, che ora lo guardavano curiosi, su di sé. Sistemò la borsa accanto alla sedia affinché non cadesse e si rivolse finalmente ai propri compagni, accennando un sorriso per apparire ancora più sincero.

«Ah sì? Con chi?» domandò Susan lasciandosi sfuggire un'innocua risatina, ricordando al biondiccio uno di quei noiosissimi parenti che indagano sulla tua situazione sentimentale ogni qualvolta t'incontrano.

«Un tipo del decimo anno» buttò Ashton, cercando di non esitare troppo.

«Te la fai con quelli del decimo anno?» intervenne Edwin sporgendosi leggermente in avanti con gli occhi spalancati.

«In realtà no, non lo conosco, no» rispose sommessamente, ricevendo sguardi divertiti e teatrali sospiri di sollievo.

Il tema della conversazione mutò ripetutamente, ma Ashton, fingendosi intento a consumare il proprio pranzo, non prestò realmente attenzione a nessuno di essi. Finché non sentì pronunciare più volte un nome familiare.

«Ma secondo te parlerà mai Denise?» fece Alicia cercando di trattenere le risate.

«Denise? Ah, quella è strana» sostenne Hayden, non sforzandosi nemmeno di celare il riso.

«Ma ha dei problemi?» chiese dunque Susan con tono basso, indicandosi la testa.

«Secondo me grossi» replicò prontamente Edwin scoppiando in una risata fragorosa che contagiò il resto del gruppo, ad eccezione di Ashton.

«Tu che ne pensi Ash?» domandò dunque Alicia, alla quale egli rispose scuotendo la testa.

«Non saprei» mormorò sporgendo il labbro inferiore e scrollando le spalle.

«Come “non saprei”? Andiamo!» lo incitò a gran voce Hayden.

«Beh, non la conosco. Affari suoi, no?» lanciò un'occhiata a ciascuno di essi, cercando approvazione, invano.

Il gruppo lo ignorò, ricominciando a spettegolare.

 

 

 

Devo comunicare con lei.

Ashton era comodamente disteso sul letto; una mano penzolava dal materasso, reggendo una lattina di Pepsi, l'altra – che non molto tempo dopo spostò sul ventre – gli copriva gli occhi.

Osservò la propria stanza: la parete di sinistra, a cui il letto era rasente, era adorna di poster dei Green Day, degli Smiths e dei Nirvana. Aveva gusti molto vari.

Di fronte al letto era posizionato uno scaffale, traboccante di libri (e DVD, a cui tuttavia era dedicata solamente l'ultima mensola) di ogni genere. A destra c'era la scrivania, adiacente all'armadio; ancora dopo la porta, di spalle al letto. La stretta parete di fronte a quest'ultimo era interamente occupata dalla finestra (così come, dal lato opposto, era interamente occupata dalla porta), che illuminava la piccola stanza. In realtà il ragazzo apriva raramente la tenda: preferiva la penombra, lo rilassava. Nonostante le piccole dimensioni della stanza la rendessero scomoda, lui la trovava molto accogliente.

Riportando lo sguardo sul soffitto, la sua mente tornò da Denise, non riuscendo ad allontanarsi dall'immagine dei suoi grandi occhi impauriti. La sua reazione lo aveva turbato alquanto: le iridi grigie erano soltanto una sottile cornice alle pupille evidentemente dilatate, perse nel terrore, come a mostrare il vortice dentro di lei. Gli aveva in un certo senso trasmesso le proprie paure.

Trascorse diverse ore a cercare una spiegazione al comportamento della ragazza.

Perché scriveva così tanto? Cosa scriveva?

Perché era sempre sola?

Perché aveva paura delle persone?

Perché era muta?


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                                                                                                                   Note 



Ciao a tutti!
Cosa pensate di questo capitolo? Vi piace, vi fa schifo, dovrei darmi all'ippica?
Cosa vi aspettate? Cosa vorreste succedesse? Fatemi sapere in una recensione!
Spero davvero che non la troviate noiosa. Sono consapevole del fatto che sono già
al secondo capitolo e non è successo ancora nulla di che, dovete solo aver pazienza
perché arriveranno diverse sorprese. :-)
Quella faccina è inquietante.
Okay, sto andando fuori tema.
Come sempre vi ringrazio per le recensioni, le preferite e le seguite!
Davvero, non vi ringrazierò mai abbastanza.
Ho raggiunto numeri che non ho mai visto prima, ed è tutto merito vostro.
Per ringraziarvi, sto cercando di aggiornare spesso. Sto già scrivendo il terzo capitolo! 
Alla prossima! 

  
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