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Autore: remsaverem    15/09/2008    1 recensioni
Il padre di Reid torna misteriosamente nella vita del figlio.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jason Gideon, Spencer Reid
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Washington

Washington

“Qualche novità da tua madre?”

Reid scosse la testa leggermente sconfortato “niente, non capisco se non voglia o…” si strinse nelle spalle “chissà…forse non se lo ricorda nemmeno” finì spostando una pedina due caselle in avanti.

“Pensi che potrebbe nasconderti qualcosa?” riprese Gideon facendo arretrare il suo alfiere.

“Non lo so…” rispose Reid ponderando attentamente la sua prossima mossa.

“E tuo padre? Non si è più fatto sentire?”

N-no…dopo quella giornata non mi ha più cercato” e questo,soprattutto, lo insospettiva. Si era aspettato che lo attendesse nuovamente fuori dall’ufficio o che lo seguisse fino a casa per un ulteriore colloquio, ma niente. Cinque giorni di assoluto silenzio.

“Forse sta cercando…un altro approccio” disse Gideon muovendo il cavallo.

“Può darsi, ma ah…” si era accorto troppo tardi di aver perso la partita“ e ad ogni modo a te non resta che attendere giusto?”.

Due giorni dopo ad aspettarlo all’entrata dell’edificio dell’FBI trovò una figura che ormai avrebbe identificato immediatamente tra la folla.

Non poteva far finta di non averlo visto, così si fermò, imponendosi di non farsi distrarre da lui e di non arrivare in ritardo.

Non gli avrebbe permesso di interferire con la sua vita.

“Allora cosa c’è questa volta? Vuoi solo rivangare il passato o hai…” cominciò con aria palesemente scocciata.

“No niente di tutto questo Spencer, io…non possiamo andare a parlare da un’altra parte?” fece guardandosi intorno un po’ teso.

“No, devo andare al lavoro…non posso arrivare in ritardo…e insomma cosa vuoi?”.

Lo osservò meglio, profonde occhiaie, spettinato, vestito in modo disordinato, lui che non lo ricordava in altro modo che in completo. C’era qualcosa che non andava.

“Io…andiamocene da qui” esclamò afferrandogli un braccio.

Reid si divincolò “ti ho detto che non posso, tu piombi qui nella tua vita pretendendo…ahhhh maledizione!”.

“Spencer, tu non sai…”

“Cosa? Perché ti fai vivo solo ora, non capisco…” stava davvero per perdere la pazienza.

“Io…io ti ho visto in televisione e così…”.

Nonostante le sue lauree, i suoi dottorati e il suo alto quoziente intellettivo impiegò qualche secondo a processare quell’informazione.

L’aveva visto in televisione… suo padre gli stava dicendo, come se niente fosse, che l’aveva contattato solo per uno stupido programma in Tv.

La sua prima reazione fu di andarsene, di filare dritto nell’edificio, senza voltarsi. Si mosse per farlo, ma in quel momento William Reid lo afferrò per un braccio.

“Per piacere …”.

“Tutto bene Reid?” esclamò una voce famigliare: Morgan.

Reid annuì “ci stavamo giusto salutando, andiamo”.

Si avviò con Morgan su per gli scalini, non senza che il collega avesse gettato un’occhiata sospettosa al tizio che li osservava allontanarsi.

“Chi era quel tizio Reid?”.

“Oh nessuno in particolare” rispose lui con una scrollatina di spalle “solo mio padre”.

“Allora è tornato”

Reid annuì piano, concentrandosi sulla scacchiera davanti a lui “non so che cosa voglia, ma non ho nessuna intenzione di parlare di nuovo con lui…qualsiasi cosa...insomma…” esitò e aggiunse con una scrollatina di spalle “è acqua passata”.

muovendo distrattamente l’alfiere Gideon buttò lì un “sicuro?”

Reid sembrò scocciato “sì...insomma…è meglio così…per me e mia madre”.

Il giovane mosse un pedone, dopo un’attenta riflessione.

“Scacco!” esclamò Gideon poco dopo“non sei curioso?” aggiunse sorseggiando il suo thé.

“Uhm…no, ci cosa dovrei esserlo?” aggiunse Reid scrutando attentamente la scacchiera.

“Non so, di come ha vissuto, di cosa ha fatto…del perché se n’è andato…”lasciò che l’eco delle sue ultime parole si diffondesse per la stanza, scrutando attentamente la reazione di Reid.

“Io non..ah” fece Reid accorgendosi di aver fatto cadere una delle pedine. “non voglio più saperne di lui” esclamò alzandosi.

Gideon annuì piano“un altro po’ di thé?”.

E invece non aveva resistito. O meglio, non aveva saputo resistere, se così si può definire il fortissimo desiderio di sapere che cosa era successo, che cosa l’aveva spinto, dopo tanti anni a cercarlo.

E così aveva guidato l’auto fino a Bray, aveva parcheggiato in un bel vialetto circondato da villette famigliari con giardino e garage, poco distante dall’abitazione che gli interessava osservare.

Solo due minuti si era detto, solo per capire, solo per avere un qualche tipo di certezza da quel tipo sfuggente che diceva di essere suo padre.

Ma già dopo qualche istante di permanenza si pentiva di quella scelta.

Gideon gli ricordava sempre che prima di agire bisognava riflettere per bene, ma in quel caso la soluzione ai suoi interrogativi gli era parsa lampante.

E così era saltato sulla sua vecchia auto eredità dell’uomo che si accingeva a spiare pur di avere un brandello di verità e aveva guidato fino a lì.

Curiosamente, ora che la guardava meglio, la casetta bianca dal tetto spiovente, somigliava vagamente a quella che avevano avuto in George street a Las Vegas.

Reid continuava a trovare incredibile quanto poco ricordasse della sua infanzia, prima che lui se ne andasse. Ad ogni modo non era il passato a turbarlo, ma tutta quella situazione. Tra le varie circostanze che si aspettava di affrontare quella era la meno probabile.

E poi lo vide uscire, in completo blu e con una 24 ore in mano. Sembrava teso. Entrò subito in macchina e avviò il motore.

Per qualche strana ragione Reid non lo seguì. Sarebbe stato facile, ma qualcosa lo tratteneva in quel luogo.

Non sapeva bene cos’avrebbe fatto, ma avvertiva che il suo posto non era dietro l’auto di William, ma lì in Crandal Avenue.

Così, senza quasi accorgersene, scese dalla sua auto e si appoggiò sul cofano, occhiali scuri e braccia conserte. Buffamente, pensò che, in quella posa, somigliava davvero a un agente dell’FBI, almeno molto di più di quanto lo sembrasse abitualmente.

“Dottor Reid” Gideon ci teneva molto che lo chiamassero così, di sicuro molto più di Reid stesso. Quando aveva chiesto a Hotch la precisazione di quell’appellativo che inizialmente lo metteva un po’ a disagio aveva capito. E adesso, anche lui si presentava come il Dottor Reid.

“Sei un poliziotto?”.

Reid sobbalzò sentendosi tirare i pantaloni da qualcuno. Abbassò lo sguardo e vide un bambino dai capelli biondi e dagli enormi occhiali cerchiati di verde che lo scrutava dal basso.

Sorrise, suo malgrado. Colto in flagrante da un bambino, questo sì che era degno di un vero agente dell’FBI.

“Che cosa te lo fa pensare?”

, è da un po’ che te ne stai qui fermo e…”

Sveglio il ragazzino pensò distrattamente Reid…e, se se n’era accorto lui, certamente l’aveva fatto anche qualcun altro. Forse era ora di levare le tende. In quel momento però qualcuno uscì dalla porta delle casetta verde.

Un bambino, press’appoco della stessa età di quello che gli stava vicino, insieme a una donna.

Era abbastanza.

“Ehi, dove te ne vai?” domandò il ragazzino vedendolo schizzare in auto alla velocità della luce.

Sarai contento adesso vero? Si diceva mentre guidava a una velocità di molto superiore a quella comunemente consentita a una strada statale extraurbana.

“Quel bastardo…” sussurrò tra i denti pigiando sull’ accelleratore.

Tutte quelle visite, quelle recriminazioni, le cose non dette…e poi aveva volutamente tralasciato una delle cose più importanti.

Come avrebbe potuto credergli? Come avrebbe potuto credergli anche solo un altro istante.

Di qualunque cosa avesse avuto bisogno non sarebbe stato lui ad aiutarlo.

No.

Prese il primo volo per Las Vegas.

C’era una persona che doveva vedere assolutamente.

Arrivò che era già molto tardi e dovette pregare l’infermiera di turno per poter entrare.

L’ora delle visite era passata da un pezzo, ma sua madre sedeva ancora al tavolo di mogano in fondo alla stanza, vicino alla finestra. Fuori imbruniva.

Lui si accomodò vicino alla donna che guardava fuori. Non si era accorta che era lì.

Ma lui si era abituato ai suoi silenzi, di ore, mentre lei vagava persa nel suo mondo, per poi riscuotersi improvvisamente e chiedergli qualcosa.

Aveva dovuto imparare tante cose restando accanto a lei tutti quegli anni, cose che altri non avrebbero imparato nemmeno in tutta una vita.

E tra queste, c’era la fine arte dell’attesa.

Dopo un po’ Diana si voltò lentamente verso di lui “sei qui”.

Reid annuì.

“Non trovi che questo sia il momento più bello di tutta la giornata?”. Il tramonto, già…chissà quanti ne aveva visti rimanendo lì seduta alla finestra.

Per un attimo Reid si chiese se fosse consapevole di dove si trovasse e da quanto. Poi l’urgenza delle sue domande prevalse.

“C’è una cosa che vorrei…”.

“io trovo che sia magnifico” fece la donna dandogli le spalle.

“Mamma ascolta…”sussurrò il giovane.

“Non sei d’accordo?”.

“Mamma ascolta.”

Era tutto inutile. E lui lo sapeva ed era questa consapevolezza ad atterrirlo. Da sempre.

C’erano tante cose che avrebbe voluto dirle, raccontarle.

Decise che l’avrebbe fatto comunque, che lei capisse o meno.

“Ho…ho incontrato papà” quella parola gli suonava così strana tra le sue labbra, soprattutto riferita a se stesso” I-io l’ho visto, lui vive vicino a Washington e…” esitò. Quella era una realtà difficile da accettare persino per lui, figuriamoci per sua madre, che era stata abbandonata da quell’uomo quando più aveva bisogno di lui.

Era crudele, e Reid lo sapeva, ma non poteva fare ameno di andare avanti.

Doveva parlarne con qualcuno e lei aveva il diritto di saperlo.

Si fece forza.

“Lui…lui non è cambiato. E’ sempre lo stesso, adesso vive con una donna e …”la voce gli tremò. Dal momento in cui l’avesse detto sarebbe diventato vero. Si era detto che non si sarebbe lasciato coinvolgere da quell’uomo, che gli sarebbe stato lontano, che non gli importava nulla di lui, ma non era vero.

Posò delicatamente una mano su quella della madre.

Diana Reid si voltò verso di lui.

“Lo so”.

Reid ritrasse involontariamente la mano e si allontanò da lei “lo sapevi??”.

Diana annuì.

Reid la fissò stupito “ e come diavolo…aspetta no… fammi capire” nel frattempo si era alzato e stava arretrando “tu sapevi che lui..che lui…e non mi hai detto niente??!”.

L’entità di quello che gli aveva nascosto andava facendosi strada nella sua testa.

“Spencer io no…” incespicò Diana.

“Da quanto lo sai?” lo accusò lui tagliente, ignorando le sue proteste “Da quanto?”.

Non si era accorto di aver alzato il tono della voce “Da quanto?” gridò.

E lei sobbalzò “ viene qui da un po’..lui…lui è stato gentile, mi ha raccontato tutto, ha detto...ha detto che voleva incontrarti e così gli ho detto dove trovarti…”
Reid scuoteva la testa incredulo.

“Ascolta Spencer, lui è cambiato…lui vuole davvero…”.

Sbattè contro la parete alle sue spalle e infilò la porta, prima che la madre potesse raggiungerlo.

  
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