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Autore: Mamoru_Kurosawa    15/09/2008    2 recensioni
Quinto capitolo:
"Fermandomi in mezzo alla strada, mi metto a fissare Ilian, e nei miei occhi è come se mi rispecchiassi io, perchè lui è un mio simile. Un mezzo demone dai capelli corti e rossi, con una fascia smeraldina legata intorno alla testa, che coprendo in parte la fronte, sparisce poi nel folto delle ciocche. I suoi occhi sono azzurri con qualche sfumatura bluastra nell'iride intorno alla pupilla. E' sempre sorridente, anche fuori dalle porte di Eteria ricordo che mi stava sorridendo"
[...]"Non importa se è un essere umano, infondo anch'io per metà del mio essere lo sono! Non è giusto che lei venga posta allo stesso livello di quei soldati, quando in realtà non ha mai fatto nulla per meritarsi tutta la sofferenza che ha passato"
[...]"Dovrei ripensare alla mia vita trascorsa in mezzo a quella gente? Oltre a Lia io non vedo nessun altro. Tra quei soldati però uno mi ha guardato con espressione affranta e dispiaciuta, può essere che questo vecchio signore abbia ragione? Forse durante la mia permanenza a Eteria non mi sono mai guardato intorno seriamente, ma allora chi può avere mai approvato una simile azione?"
Genere: Romantico, Triste, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I capitolo: Regalo
(Scritto da Mamoru Kurosawa)

La mia ombra si proietta su tutta la piazza, è buffa vederla così distorta e allungata, e una volta raggiunte le porte, entro come se nulla fosse nella grande sala.
Sulla mia schiena, vi è in bella mostra, la mia spada dalla lama a filo diritto, perfetta per affondi e tagli diretti, con la punta sottile e la cresta centrale di un azzurro vivo come quello del cielo privo di nubi.  La scanalatura, che con il suo motivo ondulato, percorre il forte della lama, partendo dalla coccia, ricorda molto le estremità delle ali di un angelo, il cui pregio, è quello di rendere il complesso della spada più leggero e flessibile, facilitandone l'estrazione dal corpo del nemico, poichè il sangue non intaccando l'elsa, scorra per i bordi della scanalatura, gocciolando a terra.
Una fedele compagna da cui non mi separo mai, perfino in chiesa sono l'unico a portarla così, senza fodero, mentre camminando per il corridoio centrale, decido di restare in disparte, appoggiandomi con la schiena contro il muro, in un angolo della navata laterale sinistra.
Le colonne che dividono la chiesa in queste tre parti, presentano sulla loro superficie un drago in rilievo senza ali, come fosse un lungo serpente con zampe e artigli. L'espressione della creatura non è feroce ma tranquilla, forse più sul neutro, simile a una vaga forma di meditazione.
Io che non frequento mai luoghi come questi, rimango per certi versi incantato dalla sua architettura, tuttavia continuo a estraniarmi dai lunghi e assonnanti discorsi di quel buon uomo di Rivo, che nonostante cerchi di far pesare sempre meno la sua predicazione, non riesce a catturare il mio interesse in alcun modo.
Le campane riecheggiano ancora una volta nell'imponente struttura, poi di sfuggita noto due guardie osservarmi e aguzzando l'orecchio, riesco a sentirne la conversazione.
- Hei hai visto quello? - Dice il soldato più alto e robusto, dai baffetti neri e le folte sopracciglia.
- Sì ma lascialo perdere - Replica con voce tremolante il suo compagno più basso e grasso, per paura che io possa sentire tutto.
- Come? Ma hai visto cos'ha sulla schiena? Questo è un luogo sacro - Risponde più irritato di prima.
- Lascia stare ti dico! Non è un pericolo, e poi per una volta che ci viene in chiesa... - Conclude infine l'ometto.
Accennando un sorriso riprendo a camminare, stando sempre molto vicino al muro dalle mille candele, fino a trovarmi a pochi metri dalla piccola piattaforma rialzata in legno, che solo per oggi, sostituisce il solito altare di culto. Il caro Rivo potrà far riposare la voce per una volta, e io le orecchie.
Il silenzio domina, le finestre sono state nascoste da lunghe tende rosse dal bordo ricamato in oro, e ora tutti restano in attesa.
Due ragazzi con indosso un'armatura decorativa, da entrambi i lati della piattaforma innalzano le mani al cielo, e sussurrando parole di un'antica lingua morta, combinano i loro poteri fino a creare una sfera bianca dalla luce quasi accecante in un primo momento, ma che si fa più tenue man mano che sale, fino a bloccarsi a circa quattro metri da terra.
- Ma che bravi... - Commento per nulla sorpreso - però non sono venuto per vedere i vostri giochetti scintillanti -
Improvvisamente, l'orchestra colma quel silenzio con la sua melodia, ed eccola fare il suo ingresso. Una fanciulla dai capelli lunghi e neri, legati in una coda da un fermaglio a farfalla rosso, due ciocche libere di incorniciarle il viso un pò in carne, e un abito bianco con piccoli ghirigori scarlatti. Sulle spalle una leggera mantellina nera, e ai lobi degli orecchi, due piccoli orecchini argentati, che a guardarli bene, ricordano tanto le foglie degli alberi di ciliegio.
La sua voce raggiunge note sorprendenti, e anche se non me ne intendo molto di musica, credo che lei abbia davvero un grande dono che l'uomo può solo ammirare dal basso verso l'alto. Non posso fare a meno di contemplare la sua figura, trovandola sempre più vicina al mio cuore, speciale e per me unica al mondo.
Le sue mani sono giunte in forma di preghiera, ma poi eccole allontanarsi e protendersi dinanzi a lei, una piccola ciotola con le dita, per poi avvicinarsi al petto e scivolare infine lungo i fianchi. Le parole della canzone guidano i suoi movimenti.
Quando l'orchestra suona un assolo, la vedo con piacere cercare tra la folla qualcuno con lo sguardo, ma io non sono lì, e quando sento il cuore riempirsi di una strana agitazione, eccola guardare da questa parte. Un sorriso donatomi da quelle labbra rosse e io mi sento perso, e immobile ricambio con un piccolo e tremolante cenno della mano.

Vorrei che tu non smettessi mai di cantare, vorrei che questa sala fosse solo per noi due, tu la mia dea e io il tuo fedele. La tua grazie è tale da renderti irraggiungibile e così mi chiedo come puoi tu aver voluto avvicinarti così tanto a me, io che non sono nè umano nè mostro...

Un bagliore azzurro mi desta da questi pensieri, e vedo piccole scintille volteggiarle intorno, il suo fermaglio svanisce e in quella polvere rossa e azzurra luccicante, raggiunge l'ultimo acuto nel silenzio della sala in adorazione per lei. Gli strumenti tacciono, e dopo il gran finale, gli applausi rendono eterna la sua gloria. Vedo il suo petto fare profondi respiri, tutti ravvicinati uno dall'altro, sei stata magnifica, non ci sono parole, io non so descrivere il sentimento che ora mi sta travolgendo con impeto piacevole e incontrollabile.
Mi cerchi ancora una volta con gli occhi, questa volta più sicura, e poi quando vedi le genti lasciare soddisfatte la chiesa, corri verso di me senza più nulla a trattenerti sul palco.
- Sin! - Mi abbracci all'improvviso, così veloce che non riesco nemmeno a reagire in tempo per accoglierti.
- Hei regina dello spettacolo. Sei stata bravissima - Dico a bassa voce.
- Davvero? Temevo non riuscissi a venire -
- Perchè? - Domando curioso.
- So bene quanto non ami startene fermo qua in chiesa, ho pensato che forse non... - Lentamente tocco le sue labbra con un dito, e rispondo in tono scherzoso.
- Ti conviene non finire la frase -
- Grazie...Sin -
Restiamo così ancora per un pò, io fra le tue braccia, con il tuo capo sul mio petto e le mani strette alla mia schiena. Con lei non ho bisogno di fingere, posso essere me stesso, senza paura di farmi vedere diverso da un essere umano. Chissà se riesce a sentire il battito del mio cuore, spero di no, perchè altrimenti noterebbe subito il mio imbarazzo e l'emozione, che lo stare così vicino a lei, mi suscita. Ancora adesso non so dare spiegazione di questi sentimenti, a volte la vedo come una sorella, e altre volte invece...
come la donna che da tempo bramo con desiderio.
La sento allontanarsi, il calore che mi trasmette si interrompe, e così la seguo, fino alle porte che mi riconducono alla vita di tutti i giorni. Scendiamo i gradini e il mercato riappare dinanzi a me. Con una mano mi cingi il braccio, e passeggiando fianco a fianco, io attendo il momento giusto per farti dono di un oggetto a me caro.
Ti piacciono le farfalle, ormai l'ho capito bene, perchè quando passiamo davanti al signor Furena, che vende sempre graziosi accessori per donne e fanciulle, i tuoi occhi si accendono di una luce rara, e così anche questa volta, non puoi non fermarti qui.
- Guarda questo! Non è bellissimo? - Mi chiedi con un ciondolo in mano.
- Non saprei...Sai che io di queste cose non... - Rispondo incerto, però con la certezza che su di te, sarebbe stato il più bello di tutti.
Delusa mi fai un piccolo broncio, pensi che a me importino solo le spade o le lame in generale,  perciò per farmi perdonare, ti sussurro all'orecchio una frase che sono certo di farà piacere.
- Per proteggere la persona più importante per me, devo pur conoscere i pregi e i difetti della mia compagna d'avventure no? -
- Parli della tua spada come fosse una donna - Vorrei credere che tu sia gelosa.
- Diciamo che siamo molto intimi -
- Ah si? E quanto intimi? -
- Vuoi proprio saperlo? - So quanto t'imbarazzi parlare di argomenti un pò più scottanti.
- No, non fa nulla! -
Rido continuando a seguirti a ruota, a volte farti qualche piccolo dispetto è un segno del mio affetto, senza però esagerare.
- Hei Lia! - Dico richiamando la tua attenzione.
- Sì? -
- Che ne dici di andare al nostro solito posto? -
- Perchè ora? Di solito ci andiamo per ammirare il tramonto -
- Lo so. Ma c'è una cosa di cui vorrei parlarti. E' importante -
- D'accordo. Andiamo -
Mi riprendi il braccio nella mano, e insieme ci avviamo al nostro piccolo angolo di paradiso fuori dalla città.

La parola a Mamoru:
Nulla da dire se non che in questo capitolo mi sono fatto una bella ricerca sui termini specifici in cui è suddivisa la struttura di una spada.
 
  
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