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Autore: Chesy    17/08/2014    10 recensioni
Ci sono quattro elementi che governano il mondo:
- Acqua;
- Fuoco;
- Terra;
- Aria.
E se ognuno di loro avesse una storia, che cosa racconterebbe?
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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« Itsuka dare mo ga shinjyatte
wasurerareteku nara
ima tashika na mono dake wo shinjiru wa.»
All Alone with You – Egoist

-Hai preso tutto?-

-Sì, papà.-

-Il borsone che era in camera? La felpa?- aggiunge. –Sicura di non esserti scordata nulla?-

-Papà….- Martha sorrise, sbuffando. -Sto andando a badare al piccolo Alexander, non a caccia di demoni.-

-Fidati, i bambini possono essere peggiori dei demoni.-

Magnus sorrise, ma aveva un velo di tristezza il riso che increspò le labbra scure dello Stregone.
La ragazza si avvicinò a lui, posando il grosso borsone a terra, fermandosi ad appena pochi centimetri dall’uomo: nonostante si fosse alzata, nel corso degli anni, a malapena sfiorava un metro e sessanta, il che la raffigurava come una nana vicino ai fratelli e ai genitori.

-Papà.-

Magnus alzò lo sguardo verso di lei, pensieroso: gli occhi della figlia lo contemplavano, la mano di lei si bloccò a mezz’aria, poi abbassandosi, come se le facesse male sfiorarlo. L’uomo aveva i capelli neri in disordine, un paio di jeans scuri e una maglietta slavata, appartenente ad Alec: gli occhi stanchi e cerchiati di nero, i glitter dorati sparpagliati a casaccio un po’ ovunque, sul viso, segno che doveva essersi dimenticato di toglierli, qualche giorno prima.

-Mi devo….- chiese, senza mezzi termini. -Mi devo preoccupare?*-

-Oh tesoro, no.- disse lui, il tono che mirava a tranquillizzarla. -Lo sai che sono cose che capitano, anche meglio di me. Essere Cacciatori significa anche questo.-

“Il bianco per il lutto e per la morte…”

Conosceva la filastrocca, sapeva che ogni Nephilim, da bambino, veniva addestrato a sopportare le perdite: eppure, alcuni non potevano concepire di lasciarsi alle spalle amici e parenti. Martha ancora meno, non dopo aver perso i genitori e la sorella: non avrebbe sopportato anche la perdita dei padri adottivi.

-Sì ma…-

-Lupo.- la chiamava così, un soprannome datole da Magnus tempo addietro. -Tuo padre si riprenderà, non devi stare in ansia: baderò io a lui, come tu farai con i tuoi cugini, va bene? Ora vai, o Zia Isabelle chiamerà per sapere che fine hai fatto.-

La ragazza annuì, poco convinta, ma sapeva che il padre aveva ragione: era inutile stare ferma lì, con le mani in mano, osservando il tempo scorrere senza fare altro che fissare l’orologio. Ora come ora, non c’era altro che potesse fare, se non badare ad Alexander e al resto dei suoi cugini.

-Sì, va bene.-

Magnus schioccò le dita, aprendo un Portale, che come uno specchio dava ad una casa a due piani, con le finestre illuminate nel buio della notte, a Idris: Martha prese il borsone, mettendo la balestra a tracolla. Sua abitudine portarsi le armi dietro, anche quando andava a fare la baby-sitter ai cugini più piccoli: preferiva sempre prevenire, che curare, e Idris, per quanto fosse protetta, non era del tutto sicura dagli attacchi. Sistemò la maglia che indossava, la cui scritta nera risaltava sull’azzurro.

“Figlia del Sommo Stregone di Brooklyn e del più abile con l’arco tra i Cacciatori. Non provocatemi.”*

Così recitava il tratto scuro, e quel capo era tra i preferiti della giovane donna, che oramai contava ventuno anni: Magnus si soffermò a guardarla, giusto un attimo. I capelli ricci arruffati, le forme del corpo muscolose ma fini: sotto jeans e maglietta, la sua figura graziosa veniva mitigata. Proprio come la schiettezza, aveva preso quei tratti dal suo Alexander.

-Chiamami se hai bisogno, okay? Max e Ragnor sono all’Istituto di Roma, ma hanno detto che, se serve, non si fanno problemi a tornare.- affermò, abbozzando un risolino, teso sul volto serio.

-Tranquilla tesoro, ora vai.-

Martha annuì e svanì dietro al portale, che si richiuse dopo il suo passaggio.
Magnus rimase a fissare ancora un attimo il punto, in cui, fino a poco prima c’era la figura di sua figlia: si passò una mano sul volto, sospirando lievemente, girando i tacchi e tornando, a grandi passi, verso la cucina.


[…..]


La neve sfiorava i vetri della camera da letto, soffermandosi sul piccolo davanzale esterno, lasciando che diversi centimetri vi si accumulassero sopra: la notte, priva di stelle, non era fatta d’altro che di tenebre e nuvole scure, che concepivano fiocchi freddi, smossi dal vento, tanto da realizzare anche piccoli mulinelli, che facevano danzare i coriandoli bianchi come ballerine candide e pure.
Seduto alla scrivania, la figura di Alec era intenta a trascrivere qualcosa alla luce della lampada: le spalle, lievemente ingobbite, erano rivestite da una felpa che andava a scaldare la schiena. I torso era rivestito da una delle sue solite magliette, che lasciava scoperte le braccia, in alcuni punti fasciate da bende sfumate dal sangue.
Ad un tratto, una figura lo abbracciò da dietro, posando la testa sulla sua spalla: Alec si fermò, la penna smise di disegnare tratti scuri sulla carta grigiastra. Due tazze si posarono sulla scrivania, emanando profumi ben diversi: una conteneva caffè, l’altra una tisana.

-E’ per me il caffè?-

-Ovviamente no. La tisana è l’unica cosa che puoi concederti.- sussurrò lo Stregone. –Sai che dovresti essere a letto a riposarti?-

Ales fece voltare la sedia, senza alzarsi: fortunatamente, era una delle classiche seggiole munite di rotelle e con il tronco girevole, un po’ ammaccata dopo gli anni passati a fare da giostra per i bambini. Il Cacciatore sorrise, il velo di barba che scuriva il volto, i capelli scompigliati erano stati tirati indietro da un recente colpo di mano, e solo alcune ciocche scomposte incorniciavano il viso pallido e gli occhi blu: prese la mano dell’uomo, osservandola, e l’anello dei Lightwood scintillò a quel tocco, come se, realmente, potesse infiammarsi.

-Mi conosci, sai che non amo passarci troppo tempo.- sbuffò. –Anche quando il demone Abaddon mi ha colpito, non ho retto troppo la convalescenza e ho preso a girare armato di stampelle.-

-Eppure stare a letto con me non mi sembra una così orribile costrizione.-

-Infatti, se ci sei tu, non mi faccio alcun problema a passarci anche delle giornate intere.-

Magnus si abbassò per baciarlo, un tocco lieve delle labbra, delicato, quasi rassegnato: il Cacciatore lo prese per i passanti dei jeans e lo costrinse a sedersi sulle sue gambe, come se fosse un bambino. Si guardarono negli occhi per un momento, mentre lo Stregone faceva scivolare le dita sulla guancia per nulla liscia del suo ragazzo: aveva delle leggere occhiaie, ma nulla di troppo evidente. Non come quelle che ora circondavano gli occhi durati di Magnus, almeno.
L’uomo si allungò verso il taccuino che Alec stava trascrivendo: lo sfogliò, afferrando alcune delle parole che il ragazzo aveva fatto in tempo a segnare prima del suo arrivo. Alzò gli occhi verso di lui, una domanda silente chiese spiegazioni al marito.

-E’….è un diario, per i ragazzi.- balbettò. –Per quando non ci…sì, insomma… Per quando non ci sarò più.-

-Ma tu ci sarai ancora per molto tempo, Alexander.- il tono non ammetteva alcuna replica a riguardo.

-Lo so.- Alec abbassò lo sguardo, il volto teso, la voce seria.- Ma parliamoci chiaro, Magnus: ieri sarei potuto morire, dopo quell’attacco. Se non ci fossi stato tu, sarebbe successo.-

Stava per replicare, ma la mano alzata del Cacciatore lo fermò.

-So che è stata una volta, ma potrà succede ancora: i Nephilim non hanno una vita lunghissima, e lo sai.- cercò i suoi occhi, le iridi che tanto amava. –Per questo voglio scrivere un diario da lasciare ai ragazzi: qualcosa che li aiuti a trovare le risposte che, forse, non farò in tempo a dargli.-

Magnus lo osservò qualche istante, il volto una maschera di sconcerto e comprensione, di rabbia e tristezza, di mille sfaccettature che la componevano: era inutile provare a replicare, perché ogni sua singola parola era vera. Certo, ci sarebbe stato lui, ma a volte i consigli e le parole di Alexander avevano una maggiore efficacia, e un diverso approccio: se da una parte, in certe situazioni, lo Stregone avrebbe usato la magia per chiude una faccenda, dall’altra parte il Cacciatore avrebbe abusato della sua abilità con le sillabe.
Come in ogni coppia, i pareri erano due. E loro erano l’esempio lampante dell’opposto, oltre che rappresentato dai loro tratti, anche dai caratteri che li animavano.
Uno schiocco e la sedia ruotò: l’uomo posò il libro di Alexander sulla scrivania e prese la penna tra le dita. Cercò gli occhi del marito e sorrise lievemente, prima di parlare.

-Allora scriviamolo insieme.-

E iniziarono, parola dopo parola, a comporre un racconto: un racconto fatto di situazioni e sentimenti, ma anche di storie passate e consigli utili per ogni cosa. Se, da una parte, i due avevano dedicato pagine intere su come evitare di venire morsi da un demone, come non cadere nelle trappole delle fate o come affrontare le insidie del Mondo Invisibile, in altre scrivevano come sostenere le prime perdite e i primi amori, e come accettarsi per quello che si è.
Pagine su cuori spezzati, sulla forza racchiusa nell’anima, nel coraggio delle scelte: qualsiasi cosa avrebbero deciso, sarebbero stati orgogliosi di loro. L’unica cosa che desideravano per i loro figli, era la felicità: felicità che risiedeva nell’amare o nel provare affetto, nell’aiutare o nel vivere di piccole gioie quotidiane.
Parlarono a lungo dei Nephilim, del Conclave, di ciò che sarebbe stato giusto per loro, ma sbagliato per gli altri: di Stregoni coraggiosi, Licantropi determinati, Mondani curiosi, Fate doppiogiochiste e Vampiri insidiosi.
Poi presero a raccontare: raccontare di come si erano conosciuti, di come si erano sentiti quando si erano lasciati, di come Alec aveva affrontato i genitori con una runa di Clary e di come si erano fatti avanti, come coppia effettiva, poco prima della Battaglia contro Valentine. Scrissero di come Camille avesse messo zizzania, di come si fossero amati la prima volta, tanto intensamente da lasciare entrambi stupiti: descrissero i loro viaggi, le situazioni più assurde, quelle più divertenti e le più romantiche.
Raccontarono dei loro litigi, del freddo silenzio, delle parole non dette, delle scuse insensate, dei baci cancellati: raccontarono del rapimento di Magnus, della disperazione di Alec, della tristezza che prese ad echeggiare in loro, quando capirono cos’avrebbero potuto perdere. Si soffermarono parecchio sulle loro decisioni, sulla scelta di stare insieme, sull’amore che li univa comunque, anche se era una cosa impossibile: le vittorie, le sconfitte, i primi litigi, le decisioni prese assieme.
Le notti in attesa, i giorni di separazione, i bisbigli velenosi di chi era invidioso di loro e non capiva: ma raccontarono anche della gioia e della scelta di sposarsi, della notte in cui Alec aveva salvato Maxwell e Ragnor, dell’arrivo di Martha, di come la loro vita fosse cambiata.
Scrissero dei momenti di crisi, delle prime litigate, dei pianti e dei lamenti, ma anche dei momenti di gioia, dei primi incantesimi riusciti, dei segreti infantili e delle scelte che spesso si scontravano, tra i due genitori: ricordarono quando Martha li aveva chiamati “papà”, di quando Maxwell aveva – con l’ausilio della magia – fatto crescere una papera, mettendo in fuga Jace o di come Ragnor si era nascosto per sfuggire ad una punizione.

Non era solo una storia, non erano solo consigli: in quel diario, scrissero tutto. Ciò che venne in mente loro, mentre, alla luce della lampada, la neve illuminata continuava a cadere, candida: e più la penna scorreva sui fogli di carta, più sentivano di dover parlare di tutto.
Del loro orgoglio nell’aver avuto dei figli tanto meravigliosi, della loro felicità nel sentirsi chiamare “papà” nonostante tra loro non scorresse lo stesso sangue: della paura che nutrivano quando uscivano di casa, ma di come si sentivano fieri quando tornavano vittoriosi. O si preparavano a consolarli, quando qualcosa non era andato per il meglio.
Era anche grazie a loro, se la vita dei due era stata tanto piena e bella: certo, avrebbero vissuto una pienezza simile stando da soli, ma la gioia e i dolori che avevano arricchito e messo un pizzico in più di pepe nella quotidianità, con l’arrivo di tre figli, era qualcosa d’indescrivibile.
Quando chiusero il libro, era quasi l’alba: Magnus, sempre seduto sulle gambe di Alec, si prese un momento per contemplare ciò che, insieme, avevano creato. Il Cacciatore prese il diario e, aprendo uno dei cassetti della scrivania, lo ripose all’interno: un lieve toc, e quel segreto scomparve nel legno.
Rimasero ancora un secondo in silenzio, poi lo Stregone si alzò, invitando anche l’altro a seguirlo: strinse la mano candida di Alec, e lo trascinò a letto, senza strattonarlo perché, sotto la maglietta che indossava, sapevano esserci ferite ancora fresche, che rune e magia faticavano a chiudere, nonostante ci fosse uno strato di pelle che le cicatrizzava.

-Ora devi riposare e, visto che nel letto ci sono anch’io, non vedo alcun problema all’orizzonte.- sorrise beffardo lo Stregone, gli occhi scintillanti come pietre, alla fioca luce della lampadina ancora accesa.

-Non credo riuscirò a dormire, a questo punto.- ammise, indicando lo schiarirsi del cielo, ancora lontano da un’alba effettiva.

Magnus si adagiò con la schiena alla testiera del letto, Alec lo seguì, posando la testa nell’incavo tra la spalla e il collo: il Presidente si era appallottolato sul fondo del letto e ronfava, come se niente potesse disturbarlo. Neanche la coppia che, con i piedi, sfiorava il suo pelo morbidissimo.
Con un braccio, lo Stregone cinse le spalle del Cacciatore, sfregando leggermente contro la pelle, le dita agili che lo accarezzavano come se fosse qualcosa di delicato: deglutì, pensieroso, come se fosse indeciso se parlare, rompendo il silenzio, o stare lì, semplicemente, a godersi il respiro del marito.

-Mi devi dire qualcosa, vero?- domandò Alec, ad un tratto.

Lo Stregone non sembrò per nulla sorpreso dalla domanda: forse perché, oramai, Alec lo conosceva troppo bene, dopo anni passati fianco a fianco, si sarebbe sorpreso del contrario.

-Forse non ti piacerà.-

-Dimmela ugualmente, Magnus.- alzò lo sguardo su di lui, traendo un lungo respiro.

Magnus parve riflettere qualche istante, ma alla fine decise di sputare il rospo intrappolato in gola: staccò la schiena dalla testiera del letto, facendo attenzione ad Alec, ancora intrappolato nel suo abbraccio. Mise una mano nella tasca dei jeans e trasse un foglio spiegazzato: il Cacciatore si sistemò meglio, prendendo poi il foglio tra le dita, irrigidendo la mascella.
Aveva capito.

-Era tra i libri che i ragazzi mi hanno portato a casa dal Giappone.- iniziò Magnus. -E’ un incantesimo che incatena due anime per la vita: quando uno muore, l’altro è destinato…-

-No.-

-Alexander.- sembrava ferito, quasi spazientito.

Il Cacciatore appallottolò il foglio, posandolo sul letto: tremava lievemente, mentre si mordeva il labbro, passandosi le dita pallide tra i capelli corvini.

-Ti ho detto che non voglio.- il tono era spezzato, gli occhi di un blu intenso. –Non voglio che rinunci alla tua vita, alla tua immortalità, per stare con me. Abbiamo deciso tempo fa, di vivere giorno per giorno, che dopo di me troverai qualcun altro, e tornerai ad amare.-

Il silenzio teso era quasi assordante ma fu lo stesso Alec a spezzarlo.

-E poi non pensi a Ragnor e Max? E a Martha? Avranno bisogno di te.- cercò di sorridere, ma ne uscì una specie di smorfia. –Sei troppo importante per tante persone, Magnus. Non puoi abbandonarle solo per….-

-Te.- finì l’uomo guardandolo negli occhi. –Alexander, io per te non fermerei il tuo tempo, ma quello dell’intero mondo, per consentire a noi due di continuare ad amarci all’infinito…. Volendo, potrei farlo, ma poi ai piani di sopra avrebbero da ridire.-

Alec non sorrise, ma rimase intrappolato negli occhi magnetici dello Stregone, che ora tratteneva tra le dita scure il viso spigoloso dell’uomo. Con i pollici gli accarezzò gli zigomi, senza smettere di fissarlo.

-Fiorellino, meriti di essere protetto, ascoltato e amato più di chiunque altro.- aggiunse. –I nostri figli sono in gamba, e poi hanno Catarina e tutti li altri a sostenerli, in caso di bisogno. E, se veramente non fossi convinto che, dopo di te, non ci sarà nessun’altro, praticherei un tale incantesimo?-

Inarcò un sopracciglio, guardando il suo Alec: il viso, gli occhi, i capelli, i muscoli che si muovevano sotto la pelle tesa. Le varie emozioni che attraversavano il volto sconcertato del ragazzo: tutto, lo guardò come se non ci fosse altro che lui. Un mondo, una vita, una storia.
Alec era questo, e tanto, tanto altro.

-Sono egoista, lo so. Egoista per te e per i nostri figli.- un velo di lacrime appannò la vista dell’uomo, le labbra tremarono lievemente, un’ombra di magone incrinò la voce. –Ma ti amo, Alexander. Non posso pensare di lasciarti da solo, di vivere senza te al mio fianco, di proseguire per un strada che porterà a veder morire prima te, poi nostra figlia e tutti quelli che mi circondano: tu mi daresti il colpo di grazia, se te ne andassi. Le altre perdite non lascerebbero altro che un guscio vuoto e non voglio esserlo, per i nostri figli. Ma non è solo per questo che voglio legarmi a te.-

Rapito, rapito dalle parole, rapito dal tono: il Cacciatore pendeva dalle sue labbra, letteralmente.

-Non sopporto l’idea di non avere nessuno a frenare i miei impulsi, a ridere con me come fai tu: non sopporto l’idea di essere solo, perché sei tu che mi dai la vita. Se tu che me l’hai donata, e ti appartiene. Tu mi appartieni, sei tutto ciò che ho.- lo baciò, un sapore di lacrime salate s’insinuò nelle bocche dei due. –Ti prego, lasciami venire con te.-

Un sussurro a fior di labbra, una preghiera, una supplica: Alec abbracciò lo Stregone, lo strinse forte, adagiando la testa al suo petto. Una parte di lui non voleva che il marito se ne andasse, che rinunciasse a tutto per lui: lui, che altri non era che un semplice Nephilim. Lui, che l’aveva messo in pericolo, che l’aveva tradito, che aveva avuto paura ad amarlo.
Ma conosceva Magnus, sapeva che, quando si metteva in testa una cosa, era difficile fargli cambiare idea: tuttavia, ne aveva parlato con lui, aveva chiesto il permesso, gli aveva aperto il suo cuore, con le paure e timori, la tristezza di una solitudine infinita, come la sua vita.
Oh, Dio, il solo pensiero di lasciarlo gli stringeva il cuore e lo stomaco e lo riempiva di lacrime. Non aveva intenzione di farlo, non voleva allontanarsi: ma gli anni scorrevano, il tempo era infido, e il divario aumentava. Era come afferrare un fiocco di neve e stringerlo: bellissima, da voler sempre accanto, delicata, ma fragile a contatto con il calore e con chi vorrebbe amarla.

-Non voglio che rinunci, per me.- disse, ad un tratto.

Si guardarono, per un lungo istante: il chiarore dell’alba colpì le loro figure e dipinse tracce di luce, come tenui contorni.

-Voglio che tu….che tu sia felice, Magnus.- sospirò. –Non posso chiederti di rinunciare alla tua immortalità per seguirmi: ma so che fermarti è come cercare di bloccare un terremoto con la sola forza delle mani.-

Il tono fece sorridere lievemente lo Stregone, gli occhi brillarono come lune dorate.

-Se dovessi essere egoista, allora sì, vorrei averti con me anche dopo.- ammise, finalmente. –Perché altro non desidero che passare con te anche quello che ci aspetta oltre la vita: che sia all’Inferno o in Paradiso, non m’importa. Mi basta che ci sia tu, al mio fianco. Perché sei il mio elemento, Magnus.-

E lo baciò a lungo, ancora, in maniera quasi febbrile: trovare il vero amore al primo colpo, è fortuna.
Trovare qualcuno che volesse proteggerlo e amarlo, che si spingesse anche a rinunciare alla vita immortale per stare con lui, era una benedizione. Una rarità.
Qualcosa di unico, come Magnus.

-E tu il mio, Fiorellino.- sussurrò. -Allora permettimi di seguirti, perché io lo voglio. E tu?-

-Sì…. sì, lo voglio anch’io.-

Una manciata di scintille, e il foglio spiegazzato tornò come nuovo.



*Questa frase è una mia citazione personale. Riguarda la sottoscritta, che tende a usarla quando qualcuno cerca di occultare qualche brutta informazione.
*Citazione obbligatoria. Come non potevo prendere spunto dalla mia “Stella13” e la sua storia, che è stato lo spunto di partenza per la mia?
(Per chi l'ha letta, ho preso spunto dalle maglie che vuole fabbricare Magnus per il piccolo Chris)


Lo Stregatto Parla.
E’ stata una sfida, finire questa storia. Un po’ perché è stata una settimana di fuoco, piena di lavoro e imprevisti: ma, forse, anche perché mi rendeva triste concludere questa storia. Ho quasi pianto nell’ultima parte (non l’ho fatto solo perché ho gente in casa), e mi si è spezzato il cuore all’idea di aver concluso questa raccolta: è iniziata con un “facciamoli limonare e copulare con tanti feels”, ma si è straformata, ed è diventata un “rendiamo ogni elemento come un punto focale e speciale della loro vita.”
Mi piange il cuore a scrivere la fine: comunque, l’idea di concludere con un incantesimo che li lega, mi ha un po’ turbata, ma mi piaceva l’idea. Non l’ho spiegato, ma dovrebbe funzionare un po’ come se succhiasse l’energia di Magnus, facendolo invecchiare dopo la morte di Alec: CoHF (chi l’ha letto, sa dell’”idratazione”) mi ha ispirata un po’. Lo so, è pura malinconia, ma noi fan dobbiamo affrontare la fine dei Malec, volenti o nolenti *piange*
Per la canzone (citata all'inizio), consiglio l’ascolto: la traduzione la trovate nel blog “J=review Song Request”. Secondo me il testo è perfetto per loro.
Ordunque, ci sono mille cose da dire, ma devo andare a lavoro e i codici di applicano in tre secoli: spero abbiate amato questa raccolta, e vi ringrazio per le recensioni, le parole speciali e tutti i complimenti che mi fate. Grazie di cuore.
Se il progetto va in porto, ho una nuova storia in mente *strizza l’occhio a Stella13* e spero mi seguirete anche in quella. A presto, scusate la poca allegria, ma sono veramente triste per la conclusione della raccolta.
Un grazie di cuore a tutti, per aver letto la mia storia.
Ps. Alle fanciulle che scrivono come pazze e che ancora non ho recensito, lo farò a breve, promesso!
Ps.2. Non l'ho specificato, ma "Alexander" è il figlio di Isabelle (e Simon? Si spera), ma per i cugini, siete libere di dare sfogo all'immaginazione.
  
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