La mattina
seguente raccontai tutto a Steve, dalla passeggiate nel campeggio di
Andrew ed
Evangeline, alla partita di Ophelia e Dimitri, spiegando anche i nomi
falsi e
lo strano indirizzo che avevo trovato nella cronologia del computer; il
ragazzo
disse che ieri sera ha visto Andrew insieme a Garnet seduti davanti
alla
televisione della sala svago e che sono rimasti lì per quasi
tutta la sera, ma
non erano per nulla interessati ai programmi televisivi, visto che
hanno
parlato tutto il tempo. Verso le undici e mezza, mi disse, si alzarono
e
uscirono dal campeggio; poi non vide più nessuno di loro.
Per quello che gli
riguardava, sembrava avessero trascorso la notte da qualche parte nel
campeggio,
visto che lui è rimasto alla reception fino alla chiusura
della porta e che i
due non sono più rientrati. Ascoltai attentamente il
racconto di Steve senza
interromperlo e, quando ebbe finito, tornai ai miei doveri in cucina,
con la
convinzione che Garnet e Andrew fossero rientrati
nell’ostello, senza farsi
vedere da nessuno, in qualche modo misterioso.
Alle dieci in
punto, uscii dalla cucina e raggiunsi Marion che mi aspettava per
pulire le
camere: “Io faccio il piano superiore dell’ala
ovest, perché c’è poca gente.
Non ti dispiace, vero?” mi chiese sorridendo; da quando
lavoriamo insieme, non
ha fatto che prendersi la parte più facile e più
veloce, ma ormai c’ero
abituata. Raggiunsi il primo piano dell’ala ovest, mentre
Marion proseguì sulle
scale; inserii la tessera magnetica che apriva la porta del corridoio,
poi
quella che apriva la stanza numero 41°. Proseguii
tranquillamente fino alla
47°, dove scoprii, con mia grande sorpresa, che la chiave
magnetica non apriva
la porta, poiché bloccata dall’interno. Provai
più e più volte, finché,
esasperata, non cominciati a picchiare contro la porta; insomma, tutti
i nostri
ospiti sapevano che dovevano lasciare la loro stanza prima delle nove
del
mattino!
Dopo parecchi
colpi, sentii una specie di grugnito nervoso provenire
dall’interno della
stanza e dei passi che si avvicinavano alla porta; vidi la lucina sulla
serratura che diventava verde, in segno che la porta era stata
sbloccata e la
spinsi per entrare.
La piccola
stanza era immersa nel buio, la tapparella completamente calata e impediva al sole del mattino
di diffondere la
sua luce nella camera; sussultai quando vidi l’abat jour che
si accese che si
sollevò, chiaramente sorretta da qualcuno; e qual qualcuno
era Evangeline.
Alla sua vista
persi tutte le forze e rimasi immobile; aveva indosso una specie di
vestaglia
piena di pizzi un po’ ingialliti, come se fosse stata vecchia
di secoli; la
luce della lampada che aveva in mano le illuminava il viso, di un
pallore
mortale, dove spiccava la bocca rosso scarlatto, un rosso ottenuto solo
grazie
all’uso di un rossetto molto forte; ma la cosa che
più mi spaventava era che
quelle labbra non luccicavano con la tonalità tipica dei
rossetti, sembravano
del colore naturale.
I suoi occhi,
circondati dalla occhiaie, erano un po’ arrossati e mi
fissavano severi; sono
in quel momento notai il loro strano colore: intorno alla parte nera vi
era un
cerchio castano chiaro, quasi oro, che si perdeva nel verde del resto
del
cristallino. Avevano un che di affascinante: “Che cosa
vuoi?” sibilò, in
italiano: “Devo pulire. Non le è
arrivata…” “No” disse secca,
come se sapesse
cosa dovevo chiedere. Non sapevo cosa dire, non sapevo cosa fare; lei
non si
muoveva, ma più passava il tempo, più sentivo che
la rabbia la assaliva: “Si
sente bene, signorina?” le chiesi in italiano, ma, prima che
potesse
rispondermi, sentii una mano che mi afferrava violentemente la spalla e
che mi
trascinava fuori dalla stanza. Dimitri, che mi aveva buttata fuori
dalla
camera, mi superò e si avvicinò ad Evangeline,
chiudendosi la porta alle
spalle; all’interno sentii che la lampada cadeva a terra,
fracassandosi in
mille pezzi e Dimitri che diceva qualcosa ad Evangeline, con la sua
voce
profonda e inquietante. Sentii le molle del letto che scricchiolavano,
mentre
il ragazzo continuava a parlare; probabilmente era riuscito a far
sdraiare
Evangeline. Appena cercai di sentire altri rumori, una voce mi
richiamò: “Venga
via” disse; mi voltai e vidi Garnet in cima al corridoio:
“Venga via” ripeté.
Non ebbi il coraggio né di fare domande, né di
oppormi alla sua volontà e mi
allontanai dalla porta della stanza di Evangeline. Avevo quasi
raggiunto la
porta del corridoio, quando sentii una porta sbattere dietro di me e
dei passi
che si avvicinavano; non mi voltai, ma vidi Garnet che si mosse nella
direzione
opposta alla mia, probabilmente per andare incontro a Dimitri.
Scesi le scale
e raggiunsi la saletta da pranzo, dove Marion era già seduta
a chiacchierare
con Steve; appena mi vide, il ragazzo fece per dirmi qualcosa, ma lo
fermai con
un cenno della mano: “Non adesso” dissi:
“Ora ho bisogno di un caffè”.
Mi scuso per
il
ritardo di questo capitolo, volevo cercare di mantenere
l’aggiornamento
giornaliero, ma, causa disordine nel computer non ci sono riuscita =D
Ne
approfitto, inoltre
per ringraziare tutti coloro (specialmente Xara) che seguono questo
racconto o
che semplicemente lo leggono; non è semplicissimo, la trama
di per sé è
piuttosto complessa e confusionaria, lo ammetto. Aggiungo che
l’ho scritto
circa… 5 anni fa, ma non me la sono sentita di sistemarlo o
riadattarlo (anche
se ammetto che in alcuni punti una sistemata ci voleva -.-) altrimenti
temo di
distruggere ciò che era il racconto originario (che
già non ricordo molto^^”).
Detto
questo, grazie
per il vostro sostegno e alla prossima!