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Autore: Jiulia Duchannes    17/08/2014    5 recensioni
PARINGS: LEONETTA-MARCESCA-DIECESCA-NAXI-FEDEMILLA-DIEGHETTA accenni PANGIE
Introduzione modificata.
C'era Diego, che voleva solo l'amore di suo padre e la gloria.
C'era Violetta che si mascherava da puttana, e non lo era.
C'era Leon che aveva gli occhi spenti.
C'era Francesca che con la sua dolcezza si faceva amare da tutti.
C'era Marco che era troppo perfetto.
C'era Maxi che sorrideva per finta.
C'era Ludmilla con le gambe troppo magre.
C'era Federico che faceva lo stronzo.
C'era Nata con le felpe larghe.
C'era Camilla con il rossetto nero.
Una setta di cacciatori di streghe, un padre che non sa amare, un collegio, dieci ragazzi, tre streghe, potere, gloria, onore, amore amicizia, odio, segreti, demoni, occhi spenti, cuori chiusi e sorrisi finti.
WITCHES HUNTER.
Dal testo.
-Non mi importa più, di lui, della setta, della gloria. Siete la mia famiglia, combatterò, con voi-Disse Diego con decisione.
-E lo uccideresti, se fosse necessario?-Chiese sospettosa Camilla, fissandolo negli occhi, che sembravano bruciare di una nuova energia, di un nuovo fuoco, di vendetta.
-Morirei, se fosse necessario-
E tutti lo sapevano in quella stanza, che sarebbe potuto succedere.
Genere: Dark, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 9

Diego era stanco, di tutto. Stanco di se stesso, della magia, della sua famiglia, stanco di essere un bastardo, stanco di Marco, di Francesca, dell’amore, dell’odio, dei sentimenti in generale, che, diamine, lo rendevano il debole di cui suo padre aveva riso per anni e anni.

Avrebbe voluto tornare ad essere indifferente, come prima che incontrasse Fran. Ma ormai lei aveva riportato i colori nella sua grigia vita, come un arcobaleno, per poi coprirlo di nuvole nere e tempestose, più buie e scure dell’indifferenza che gli stava corrodendo l’anima.

Era stanco, Diego, di rimanere passivo, di accettare le storia dell’italiana con il suo compagno di stanza, di accettarla pur sapendo che lei amava anche lui, pur non avendo mai ricevuto una possibilità, di accettarla nonostante dentro stesse praticamente bruciando vivo.

Per questo, il giorno dopo la sua chiacchierata con Violetta, decise che non solo la ragazza doveva avvicinarsi all’amato, ma anche lui. Doveva mettersi in gioco, per davvero questa volta, senza maniere gentili, inutili e dolorose. Doveva farle comprendere ciò che provava, noncurante dei rischi o dell’ennesimo rifiuto.

Entrò di soppiatto della camera di Francesca, sbattendo violentemente la porta.

Lei si voltò, un espressione leggermente intimorita a dipingerle la faccia, sostituita poi dalla curiosità.

“Cosa vuoi?” Avrebbe voluto domandare allo spagnolo, ma non ne ebbe il tempo, che lui s’avventò su di lei come una belva sulla preda, spingendola contro il muro, bloccandola contro la parete fredda a pochi millimetri di distanza dal suo volto.

Avrebbe voluto gridare, Francesca, ma non di paura, di rimorso, perché sentiva dentro di se, che in una situazione del genere avrebbe perso il controllo della sua mente. Diego nonostante tutto rimaneva il suo desiderio proibito, rimaneva una specie di alcol, qualcosa dalla quale stai lontano perché sai che fa male, ma che comunque vorresti provare, una volta, e della quale, dopo averlo provato, diventi dipendente.

Aveva paura Francesca, di diventare dipendente dalla labbra di Dominguez, di deludere Marco, di farlo soffrire, di avere ancora dubbi, di essere ancora divisa, di diventare un’alcolista, come Luca.

Ma ogni cosa, ogni pensiero sconnesso, ogni idea, ogni tentativo di ribellione cessò, quando venne a contatto con l’alcol, con le labbra di Diego. Il mondo sparì in quella frazione di secondo. E c’erano solo loro due.

E Diego la baciava, Diego l’amava,e lei non riusciva a respingerlo. Non voleva.

Domiguez posò le labbra sulle sue in bacio a stampo, dal quale si staccò immediatamente, per avere la sicurezza che non sarebbe stato respinto.
La guardò, con occhi che brillavano d’emozione, con il cuore che palpitava nel petto, le carezzò il volto con mano tremante, ed infine, con un gesto decisamente meno violento del precedente posò nuovamente le labbra sulle sue.

Le loro lingue si muovevano in sincronia, quasi ballassero, gli occhi chiusi, come quando si sogna, perché quello era un sogno che si stava realizzando.

Le mani della Comello che carezzavano il petto di lui, che si insinuavano sotto la maglia,  che salivano il torace, che gli prendevano i fianchi e lo avvicinavano più a se, come a colmare un inesistente distanza, era tutto ciò che Domiguez percepiva.

Le labbra di lui onnipresenti sul collo, sul volto, sul naso, sui capelli di lei.
Ogni parte dei loro corpi fremeva, ogni parte dei loro corpi amava.
Si staccarono dopo quella che era sembrata un eternità.

-Dovevi darla anche a me, una possibilità-Sussurrò Diego, la voce più roca del solito, il sorriso più vero, gli occhi un po’ meno spenti.

-We are like fire and rain, you can drive me insane, but I cant stay mad at you for anything, we are like Venus and Mars, we are like different stars, but you are the harmony to every song I sing, and I wouldn’t change a thing-  Continuò, intonando una canzone che sapeva tanto di loro, di lui, di ciò che sentiva.

Francesca non lo udì, troppo presa ad osservarlo nella sua quasi surreale bellezza, troppo scossa, troppo felice, sorridendo con le labbra che bruciavano.

Posò le mani sul collo di lui, carezzando i capelli alla base del capo, passando poi al viso, alla pelle ancora ruvida per quell’accenno di barba che spesso portava,  che molti avrebbero considerato fastidioso, ma che  per l’italiana  lo faceva sembrare più uomo, più maturo, più spettacolare, più perfettamente imperfetto di quanto già non fosse. Gli regalò un altro bacio a stampo, dolce e delicato, con  spontaneità che della Comello mai aveva fatto parte.

-Ti amo- Bisbigliò Domiguez scostando i capelli dal volto di Fran.

Glielo aveva detta altre volte, quella frase, quelle due parole, ma ora, ora sembravano quasi più vere, quasi più importanti, quasi più incise nel cuore di quanto non lo fossero già.

Ciò che sussurrò dopo la ragazza fu però qualcosa di ancor più sconvolgente, ma altrettanto vero.

-Ti amo- Rispose.

A Diego parve incredibile come due parole potessero valere più di mille baci, di cento lotte, di migliaia di gesti. Due semplici parole e la vita può cambiare, il grigio scomparire, il nero dileguarsi, i colori e la luce tornare a regnare.

Due parole erano tutto ciò che serviva allo spagnolo per incurvare le labbra in un sorriso più vero che mai, di una felicità talmente assoluta da sembrare irreale, di una gioia mai provata.

Quella di sentirsi amato, per una volta in vita sua.



E non potevano sapere che mentre il riso dipingeva i loro giovani visi, un paio d’occhi scuri l’osservavano, e si colmavano di lacrime, di delusione, di odio, e l’amore e la dolcezza andavano a farsi fottere.

Avrebbe voluto reprimerlo, quel grido di frustrazione, Marco, ma non riuscì.

E gridò, liberando tutta la rabbia che provava, tutto il dolore ed il senso d’abbandono che lo divoravano.

Si domandava il perché, perché non le fosse bastato, cosa avesse lui in meno di Dominguez.

Si domandava perché, nonostante fosse sicuro che la risposta non la avesse nemmeno la sua fidanzata.

Perché un motivo non c’era.

Si era semplicemente ritrovato incastrato in una situazione più grande di lui, in un cuore che diviso lo sarebbe sempre stato, che mai sarebbe appartenuto del tutto a lui o del tutto a Diego.

Si voltarono, l’italiana a lo spagnolo, e i loro volti cedettero, e la sorpresa si fece largo in loro, e la tristezza li investì.

Francesca scansò Dominguez con un gesto rapido, eppure talmente delicato da sembrare uno “scusa,  scusa se ti lascio qui per correre dietro al mio ragazzo , ma amo lui tanto quanto amo te”.

Era un gesto che sapeva di rimorso.

Ponce de Leon la udì, singhiozzare, gridare il suo nome, correre con le sue ballerine rosse per cercare di fermarlo, quasi inciampando, seguendolo nel cortile della loro scuola, dove si erano baciati per la prima volta, dove erano stati felici per la prima volta.

La ragazza gli prese un polso e lo fece voltare.

Aveva il trucco colato, e le lacrime nere che scendevano lungo le guance.

E questo non andava assolutamente bene, perché cazzo, avrebbe dovuto essere lui, a piangere, e un po’ si sentiva come se stesse per farlo, ma comunque gliele asciugò con il pollice,  le lacrime, in un gesto dolce dei suoi, perchè infondo non riusciva ad odiarla, non poteva, perché non era colpa sua, ne tanto meno di Dominguez, era colpa del cuore troppo grande e troppo colmo d’amore di Francesca, un cuore che lei non poteva controllare, e vederla piangere faceva male nonostante tutto.

-Mi dispiace- Singhiozzò Comello. “Anche a me” voleva dirle il giovane, ma la voce non usciva, la gola era secca, gli occhi pungevano, il corpo fremeva.

-Non devi dispiacerti-Rispose  infine, senza rendersi conto che le lacrime solcavano ormai anche le sue gote.

E cazzo, stava malissimo, e si sentiva morire, e avrebbe voluto bestemmiare contro un Dio che forse manco esisteva, e prendere a pugni Dominguez, e mandare a fanculo Francesca, a puttane i suoi genitori fissati con la carriera, e fuggire lontano.

Ma Marco era troppo Marco per farlo veramente, quindi, nonostante volesse sfogarsi, sussurrava una mezza verità alla sua ex-forse-ragazza.

-Ti amo ma..-Bisbigliò la mora bloccandosi a metà frase, interrotta dal pianto, dal senso di nausea che le saliva alla gola. Ere difficile pronunciare quelle parole
-Lo so, che mi ami..ma ami anche lui-Continuò il giovane con voce tremante, sforzandosi però di mantenere un tono saldo. Dirlo era così fottutamente odioso e, Dio, faceva più male del tradimento in se, delle mani di Diego sul corpo di Francesca, delle loro labbra unite, più male delle certezze che Marco, seriamente, aveva avuto.

-Mi dispiace-Ripetè l’italiana. E si, avrebbe voluto urlarle contro che, no, non serviva a nulla, dispiacersi. Che le cose non cambiavano.
-Non importa-Replicò Marco tirando su con il naso, per fermare il pianto isterico che sentiva si sarebbe scatenato. Era una bugia, importava, eccome.
-Noi…-Non sapeva che dire Francesca, quindi non terminò, semplicemente si buttò tra le braccia del ragazzo, chiudendo gli occhi e bagnando di lacrime la sua maglia, stringendo le braccia attorno alla vita sottile  e abbracciandolo con quanta più forza possibile.

Non voleva se ne andasse.

E Cristo, Marco avrebbe voluto mandarla via invece, spingerla con tutta la sua forza, avrebbe voluto strapparle il cuore dal petto e calpestarlo, per farle sapere come ci si sentiva, e avrebbe voluto baciarla, per ridarle una sicurezza che ormai nemmeno il  migliore dei baci le avrebbe ridato, e avrebbe voluto non continuare ad amarla, nonostante tutto.

-Non c’è più un noi Fran, non c’è mai stato. E ok, va bene così. Mettiti l’anima in pace, pensaci, ragiona, fa ciò che vuoi. Io mi tiro via, da questo triangolo che fa male a tutti. Non voglio essere una pedina del tuo gioco, non voglio essere uno dei due, non voglio essere l’altro- Le confessò, provando ad usare un tono duro, ma che, a dire la verità sembrava più quello di chi ha appena subito un lutto, ed in effetti Marco si sentiva un po’ così, come se fosse morta una parte di se, o forse era veramente morto il suo cuore, di dolore, o forse era lui che stava per morire.

La Comello lo guardò, staccandosi. Gli occhi lucidi, le labbra rosse, il rossetto
sbavato, il mascara colato, il volto a poca distanza, e, cazzo , era bella anche così, e si, la voglia di baciarla era ancora tanta.

La spinse via, nonostante tutto con delicatezza e rientrò in casa. Si chiuse la porta della sua camera alle spalle. Non gli importava se Diego doveva rientrare, sarebbe rimasto lì in eterno, lui, da solo.




A Camilla faceva strano, o forse più che strano schifo, udire i pensieri di Leon e Violetta, che se ne stavano abbracciati sul divano, con il capo di lei sulla spalla di lui.

Le cose sdolcinate le aveva sempre odiate Cami, anche prima di diventare cattiva, perché la mettevano a disagio, e le toglievano le parole di bocca, e lei non sopportava rimanere senza parole. Perciò odiava il romanticismo, e l’amore, e alla fine ogni genere di sentimento le dava il voltastomaco, e Dio, in momenti come quello che stava vivendo avrebbe voluto avere un interruttore per spegnere i suoi poteri e non essere costretta a sentire i pensieri altrui.

Quelli di Violetta, poi, erano i più fastidiosi, perché erano come un film, bloccato sulla stessa scena, come un disco rotto, che, la Torres, era stanca di udire e vedere.

Nella stanza verde di Leon, Federico tremava, e Vargas si preoccupava, e lo curava, e gli sussurrava che gli voleva bene, e che gli dispiaceva, e così andava avanti da giorni ormai. In quel momento la Castillo se ne stava sull’uscio della porta, con il cuore in gola, ed il respiro mozzato.

Osservò il ragazzo dagli occhi verdi per minuti interi prima che lui s’accorgesse della sua presenza.

Si voltò, e le regalò un sorriso, che, a dirla tutta, di felice aveva ben poco.

-Ciao-La salutò.

-Devo parlarti-Esclamò diretta la ragazza, giocherellando con le mani nervosamente.
Ludmilla che era seduta accanto al giovane annuì, come ad accordargli il permesso d’andare, assicurandogli che sarebbe rimasta lei, con l’italiano.

Così uscirono, nel cortile della scuola. Violetta aveva la pelle d'oca, perchè nonostante fossero i primi di novembre indossava ancora gli shorts, come quelli che indossava il pirmo giorno che Leon la vide, ed era uguale a quel giorno in tutto e per tutto la giovane, se non fosse stato per le punte sbiadite, che scandivano il passare del tempo, velcoe eppure lento.

-Non me ne frega più un cavolo, del perché te ne sei andato intendo,quella sera, e del perché hai quegli incubi e del perché sussulti ad ogni tocco femminile e del perché hai gli occhi così dannatamente belli eppure estremamente spenti. So solo che non amo Diego, come lui non ama me, che eravamo una specie di scopa-amici e che, cazzo, si, mi sono messa con lui solo per vendicarmi di te, perché tu mi piaci Leon, forse troppo, e mi manda in bestia la distanza che c’è tra noi, e sento che se ci dessimo una possibilità staremo tutti molto meglio..quindi si, tu mi piaci Vargas, e si, te lo domando io. Vuoi essere il mio ragazzo? -Confessò la ragazza dai capelli blu, tutto d’un fiato.

Leon aprì la bocca in segno di shock, perché, no, non se l’aspettava, non da lei, non così, non in quel momento.
Eppure era perfetto, quel momento, quel posto, il clima, lei, lui, i loro cuori che battevano in sincronia.

Violetta gli si avvicinò gli occhi socchiusi, il cuore palpitante e Leon capì che quello era il suo momento, per sconfiggere il passato, sua madre, le sue paure, i suoi demoni.

E così, nonostante dentro si stesse cagando in mano dalla paura, le prese la nuca e la face avvicinare a se, e poi finalmente quel contatto tanto desiderato.

La baciò.

Non fu un bacio lungo di quelli da film, perché Leon tremava e non certo d’emozione, e durò poco, veramente poco, e sembrava quasi che lui stesse combattendo con un mostro più che baciare la sua ragazza, ma forse, infondo era così. Ma fu perfetto, comunque.

Per Camilla i pensieri di Leon erano invece più deprimenti ed incasinati, e le facevano venire un gran mal di testa, perché lui pensava veramente troppo, in poco tempo.

In un secondo la sua mente spaziava da Federico, la sua crisi d’astinenza, la paura di perderlo e il rammarico per non essersi accorto prima della sua dipendenza, all’amicizia che stava nascendo con Ludmilla, al bacio con Violetta, a quanto l’amasse lui, Violetta, sul serio, a sua madre, all’odore di fumo che aveva sulla pelle, e le mani callose di chi lavorava, nelle sue intimità, e la sua voce irritante che sussurrava parole perverse, e, Dio, la Torres non sopportava di più, di ascoltare i suoi pensieri, perché erano veramente tristi, e in un certo senso la toccavano, la scalfivano anche se minimamente.




Ludmilla entrò nel salone, una mano tra i boccoli d’oro, l’aria stanca, afflitta e
preoccupata, le occhiaie ben visibili e le labbra incurvate in un espressione più triste del solito, che a verderla quasi faceva star male la Castillo.

-Non le supererà mai così…Dobbiamo lasciare che prende una dose e..trovare un modo, per farlo smettere…insomma non così, è completamente a pezzi e lo sono anche io-Disse, sedendosi sul divano accanto alla coppia, che la scrutava.

-Vuoi dargli della morfina?-Chiese Violetta incredula prendendo le mani candide della bionda per confortarla.
-Si, se Leon è d’accordo-Rispose, voltandosi verso il ragazzo, che annuì, accennando un piccolo sorriso, contento del fatto che Ludmilla l’avesse interpellato.

Era bello, sentire che per lei importava del suo parere, che sapeva che Federico era suo fratello, non di sangue certo, ma pur sempre un fratello, e che come tale anche lui doveva accettare quello che avevano deciso.

Si diressero verso la camera dalle mura verdi, dove Federico se ne stava sdraiato a letto, il volto pallido e smunto, grondante di sudore eppure tramante di brividi.

Il giovane sorrise, anche se quello che aveva donato loro non risultava essere nemmeno l’ombra di quel leggendario sorriso capace di rallegrare la giornata,  successivamente sgranò gli occhi nel vedere  cosa tenesse tra le mani leggermente tremanti, la sua ragazza.

Stringeva forte  una scatola di morfina con tanta intensità piegare il cartone.
Avrebbe dovuto dargliela, lo sapeva bene Ludmilla, ma improvvisamente le mani non volevano lasciare la scatola.

Eppure lo fece, gliela mise con cura tra le mani calde, carezzandogli il dorso della mano, e regalndo un sorriso di incoraggiamento, per rassicurarlo che quella non era una prova, era solo una cura alla malattia, ma non certo alla dipendenza.

Federico s’alzò dal letto, incerto, debole, e traballante e si diresse in bagno, come se avesse avuto bisogno di privacy per ingerire una pasticca, e forse era veramente così, forse non voleva che lo vedessero, perciò lo lasciarono fare, con il dobbio di aver sbagliato, a dargli quella roba.

Dopo poco un tonfo sordo, e poi silenzio.


Allora corsero tutti, veloci, impauriti.



Leon aprì la porta a calci, perché sinceramente non gliene fregava un cazzo di doverla ripagare in quel momento, perché, ciò che vide fu così  incredibilmente atroce ed assolutamente inaspettato, che non s’impietrì e non riuscì a muovere un passo in più, perché, Dio,era troppo sconvolto.


E si sentiva ghiacciato Vargas, perché, no, non poteva essere  vero.

Ma c’era il suo corpo a terra, ed era già immobile, ed era già morto. E c’era il pacchetto che gli avevano dato, ancora stretto tra le mani, completamente vuoto.
E Leon lo sapeva, che non era la prima  volta che Federico andava in overdose, ma adesso non c’era nulla da fare, perché aveva ancora gli occhi spalancati il suo amico, a fissare un vuoto eterno.

Si chiese se avesse sofferto, mentre un lacrima gli rigava una guancia, e i singhiozzi scuotevano il corpo, e la consapevolezza che la colpa era anche sua, che lui aveva ucciso suo fratello, si insinuava nella sua mente e lo trafiggeva, cento, mille volte, di un dolore assoluto.


Cadde a terra con un tonfo sordo,  anche lui, scosso dai singhiozzi, e non gliene
fregava nulla di nessuno, e non sentiva nulla, e non vedeva altro che quel corpo, morto, pallido, freddo.



Ludmilla gridò quando lo vide a terra, e gli si buttò accanto, e lo scosse, lo chiamò, ma lui era già inerme, freddo, vuoto.

Continuò a gridare, e piangere.

Lo baciò, sulla fronte, sul viso, in bocca, e gli sussurrò qualche ti amo, come se lui potesse sentirla, e decidere di tornare indietro. Ma la Ferro, infondo, lo sapeva che i morti sono morti, non sentono, ne vedono, e non possono tornare da noi, per quanto disperatamente possiamo desiderarlo.


La bionda si sentiva un po’ come se le avessero tolto l’ossigeno, e il cuore le fosse stato trappato dal petto, e il cervello avesse smesso di ragionare, mentre stringeva a se il suo ragazzo, morto.


Amava gli occhi di Pasquarelli, li aveva sempre amati, nonostante non lo sapesse, li aveva amati dal primo istante,quegli occhi, che nonostante non fossero chiari, erano tutti particolari, perché dentro ci si poteva annegare, per quanto erano profondi, e potevi capire ogni sentimento da quegli occhi, e Dio, erano una di quelle cose tanto belle da  far schifo. Ludmilla lo capì solo allora, osservando gli occhi di Federico puntati nell’indefinito, che ciò che li rendeva speciali non erano loro stessi, ma lo sguardo che riuscivano a lanciare, e senza quello sguardo, senza quella vita, quelli non erano altro che anonimi occhi di un morto.

E faceva male pensare ciò, perché la ragazza non osservava bene quegli occhi da più di una settimana, non ci si perdeva dentro da altrettanto tempo, ed era veramente troppo, e l’idea che si sarebbe prolungato all’infinito le faceva malissimo.




Violetta s’avvicinò quasi timidamente, con le mani strette sul lembo della gonna corta, e il trucco colato.

Piangeva, anche lei, ma, nonostante lo smarrimento iniziale, sapeva come aggiustare tutto, e benedì quella santa di Cordelia di essere arrivata la settimana precedente per rivelarle i suoi poteri, con i quali poteva fare qualcosa di assolutamente giusto, e buono, qualche cosa che avrebbe fatto stare bene se stessa, Leon,  Ludmilla e Federico, perché lei lo avrebbe riportato in vita quel ragazzo.
 


Maxi diceva sempre che il parco era il loro posto, e per Nata non c’era cosa migliore che avere un posto suo e del ragazzo, perché un nostro, comprendeva un noi, ed un noi le dava tante speranze.

Maxi le parlava, ma Natalia non riusciva a comprenderlo, troppo presa a ascoltare il suono melodioso della sua voce, calda, e la sensazione delle sue mani delicate giocherellare con i ricci.

-Devo farti una domanda seria-Le disse il ragazzo, destandola dalla sua trans.

La Navarro annuì-Dimmi-

-Perché ti tagliavi? Cioè lo so che forse non dovrei chiedertelo solo..io ti ho raccontato di me e..- Balbettò in imbarazzo Ponte.

-Tranquillo sono pronta a raccontarlo, ormai è una cosa vecchia quella-Rispose la spagnola sorridendo.

Giocò nervosamente con il lembo della maglietta per calmarsi, poi iniziò a parlare.

-Sono sempre stata estremamente timida, e debole. Mi prendevano tutti in giro, sempre, e la mia unica ancora di salvataggio era mio padre, lui era il idolo, il mio eroe, l’unico che pensavo non mi avrebbe mai tradita.
Non avevamo molti soldi, e perciò non molte cose firmate, di quelle che se non hai sei una sfigata, ma a me stava bene così, perché finchè c’era il mio papà andava tutto ok. Poi però, un giorno, mia madre scoprì che aveva una relazione con una ragazzina, di 21 o 22 anni, e che l’aveva messa incinta. Lui se ne andò, senza nemmeno chiedermi di portarmi con se, semplicemente sparì di punto in bianco, limitandosi a mandarci dei soldi di tanto in tanto. Smisi di credere nella bontà, e nel genere umano in generale, divenni pessimista, e depressa, e iniziai a tagliarmi. Smisi quando un giorno mi tagliai per sbaglio una vena e rischiai di morire, in ospedale conobbi Ludmilla e mi ricredetti sull’uomo. Mi ha salvata- Raccontò la ragazza, senza accorgersi di aver cominciato a piangere.

Maximiliano la strinse a se.

-Ci sono io. Sempre-Le sussurrò. E a Nata andava bene così, perché Maxi la abbracciava, e la prometteva un sempre, e stava bene, ora che c’era lui.

-Ti amo-Bisbigliò di getto, senza pensare.

-Che hai detto?-Chiese il rapper, che non aveva ben udito.

-Nulla- S’affrettò a rispondere la riccia, scuotendo il capo.

Angolo autrice
Inizio con lo scusarmi per il linguaggio un po' colorito, in alcune parti, di questo capitolo, non so ma lo trovavo necessario.
Inizio con l'implorare perdono alle fan della marcesca, scusate, ma vi prego non smettete di seguirmi per un bacio, perchjè come dice anche Marco, fracesca ama entrambi.
Diego bacia fran, che risponde, ma Marco li vede, e si incavola non poco, nonostante ciò tiene la rabbia dentro e qui bhe forse ho esagerato con le parolaccie, ma bho, secondome ci stavano, io, quando è successo a me ne ho sparate il doppio Anyway, Federico muore, e,Dio, sto ancora piangendo per questo, per fortuna c'è Violetta, che lo potrà salvare
. Maxi e Nata sono bellissimi li amo, ma chissa che Maxi non abbia invece fatto finta di non sentire? Chi lo sa!*__________* e anche leon e vilu. sono stupendi, chissa se leon le dirà di sua madre o no.
VI prometto che nel òrossimo capitolo metterò i Pangie, e scusatemi sequesto di Capitolo è un po' più breva, ma sono successe molte cose e aggiungerne altre in questo capitlo mi sembrava solo un inutile ammasso. Ora vi saluto, ma prima spero abbiate notato la nuova introduzione e il nuovo banner.Che ne pensate?.
Baci a tutti.
  
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