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Autore: Jiulia Duchannes    11/08/2014    5 recensioni
PARINGS: LEONETTA-MARCESCA-DIECESCA-NAXI-FEDEMILLA-DIEGHETTA accenni PANGIE
Introduzione modificata.
C'era Diego, che voleva solo l'amore di suo padre e la gloria.
C'era Violetta che si mascherava da puttana, e non lo era.
C'era Leon che aveva gli occhi spenti.
C'era Francesca che con la sua dolcezza si faceva amare da tutti.
C'era Marco che era troppo perfetto.
C'era Maxi che sorrideva per finta.
C'era Ludmilla con le gambe troppo magre.
C'era Federico che faceva lo stronzo.
C'era Nata con le felpe larghe.
C'era Camilla con il rossetto nero.
Una setta di cacciatori di streghe, un padre che non sa amare, un collegio, dieci ragazzi, tre streghe, potere, gloria, onore, amore amicizia, odio, segreti, demoni, occhi spenti, cuori chiusi e sorrisi finti.
WITCHES HUNTER.
Dal testo.
-Non mi importa più, di lui, della setta, della gloria. Siete la mia famiglia, combatterò, con voi-Disse Diego con decisione.
-E lo uccideresti, se fosse necessario?-Chiese sospettosa Camilla, fissandolo negli occhi, che sembravano bruciare di una nuova energia, di un nuovo fuoco, di vendetta.
-Morirei, se fosse necessario-
E tutti lo sapevano in quella stanza, che sarebbe potuto succedere.
Genere: Dark, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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< Capitolo 8
Leon rientrò a casa la sera, accompagnato da Diego, dopo un controllo all’ospedale, che aveva rivelato solo qualche ammaccatura. Il dolore fisico che Vargas provava non era minimamente paragonabile a quello interiore, alla rabbia, al fuoco che divampava negli occhi verdi.

Entrò in casa sbattendo la porta, e, dopo aver ringraziato velocemente Diego dell’aiuto, si avviò verso la sua camera.

Aprì la porta di scatto, sbattendola ancor più fortemente di prima, alla vista di Federico, che se ne stava comodamente sdraiato a letto, con le cuffie nelle orecchie

Leon gliele tolse, lo prese per un braccio e lo buttò a terra.
-Che succede?-Domandò l’italiano stupito, massaggiandosi il braccio dolorante per la caduta.
-Prova ad immaginarlo-Rispose irato  il messicano.
-Non lo so dimmelo tu-Replicò Pasquarelli sempre più curioso.
-Dove la tieni?-Lo incalzò Leon.
-Cosa?-Chiese Federico alzandosi da terra.
-Cosa?! La droga! Dove cazzo la tieni dimmelo- Gridò prendendogli le spalle e spingendolo contro il muro verde.

-Come lo hai saputo?-Domandò il maggiore dei due ragazzi, capendo che fingere non sarebbe servito a nulla.  Leon sapeva, sapeva tutto, e forse, era la cosa migliore, forse era quello che Federico aveva sempre voluto.

Aveva bisogno di uscire de quella sua dipendenza, per Ludmilla, e anche per se stesso, ma solo non ce l’avrebbe fatta. Forse per questo aveva raccontato al suo fratellino di quel luogo malfamato dove amava andare. Forse il suo subconscio voleva che lo scoprisse, perché lo sapeva che lui era l’unico che poteva aiutarlo.

-I tuoi amici, i tuoi spacciatori mi hanno picchiato a sangue, e solo dopo avermi fregato il cellulare ed aver visto una nostra foto assieme, mi hanno lasciato andare.

Perché ero amico tuo. Del loro miglior cliente. Il grande Pasquarelli-Spiegò il giovane degli occhi verdi, tendo sempre l’altro inchiodato al muro.

Federico scostò il capo, posando gli occhi sul pavimento, in preda ad uno strano miscuglio di sentimenti, rimasti bloccati nella bocca dello stomaco, che creavano un enorme nodo alla gola, impedendogli di parlare, o di fare qualcosa che non fosse trattenere le lacrime salate, che minacciavano di traboccare dagli occhi scuri da un momento all’altro.

Non voleva piangere Federico, perché piangere era una cosa da deboli, e lui, debole, lo era già stato tante volte, e non voleva più sentirsi tale.
-Dove è?-Ripetè, questa volta con più calma il minore dei due ragazzi.
-Nella fodera del cuscino-Confessò Federico, lasciandosi cadere a terra, scivolando lentamente contro il muro, mentre Leon controllava il cuscino, muovendo freneticamente le mani nella federa imbottita, con il volto contratto in una smorfia di disgusto al contatto con la scatola che il suo amico aveva nascosto accuratamente.
-Morfina?-Domandò interrogativo.
-E’ come una droga, ma costa meno..era l’unica cosa che potevo procurarmi, sai, per sballarmi.-Spiegò l’italiano, la voce incrinata a causa di uno strano dolore che gli lacerava l’anima, che oltrepassava il cuore, che rompeva le costole, toglieva l’aria ai polmoni, e lentamente lo uccideva.

Vargas s’avvicinò al suo amico, che accovacciato, teneva la testa tra le mani, in preda alla vergogna, alla debolezza di un giovane uomo, distrutto dal suo stesso piacere.
Si sedette accanto a lui e lo strinse a se, facendogli posare il capo sulla sua spalla, carezzandogli i capelli corti, mentre i singhiozzi gli scuotevano il corpo.

Alla fine aveva ceduto.

Leon avrebbe dovuto essere  ancora furioso, deluso, ciò che gli aveva tenuto nascosto era imperdonabile, ma non riusciva. La vista di Federico, realmente a pezzi faceva scivolar via ogni altra sensazione che non fosse l’esagerato senso di protezione fraterno che aveva per lui.

Inoltre,  anche Leon stesso aveva un segreto che non era pronto a rivelare, e nonostante ciò Federico gli era rimasto accanto, infondo se il suo fratellino faceva ciò che faceva un motivo ci doveva essere, e Leon non poteva certo abbandonarlo in quel momento di totale difficoltà.

Non voleva. C’era come uno strano filo conduttore tra lui ed il ragazzo che gli era accanto, un legame strano, forte, indissolubile, indistruttibile. Un legame più forte dell’amicizia, un amore, un amore fraterno a cui, nonostante tutto Vargas non era pronto a rinunciare.

-Perché hai cominciato?-Chiese, prendendo un respiro profondo.
Federico scosse la testa, non voleva parlarne.

-Per piacere. Se tu me lo dicessi, sarebbe più facile capirti, perdonarti ed aiutarti Fede. Tu sei mio fratello, e ti amo come tale, voglio solo aiutarti- Lo supplicò Vargas

-Ero un ragazzino idiota, un quindicenne sbandato, con dei genitori particolarmente rompipalle. A loro non piacevano i miei amici, temevano mi portassero sulla cattiva strada, perciò mi vietavano spesso di uscire, ma io ero furbo lo facevo si nascosto. Comunque avrei dovuto dar loro ragione. Era un giorno normale, io e miei amici andammo nella parte povera della città, e comprammo la droga. Non era la prima volta per loro, dicevano che era forte, farsi, così provai. Dall’ora non riuscii a smettere, finchè non andai in overdose, mi salvarono per un pelo. Mio padre mi fece chiudere in un centro per disintossicarmi. Quando uscì mi iscrissi qui- Raccontò con voce tremante Pasquarelli.

Leon rabbrividì e strinse ancor più a se l’amico, che piangeva. Lacrime amare, lacrime di debolezza, di peccato, di dipendenza. Lacrime di rimorso, di cambiamento, di pentimento.

-E hai ricominciato- Concluse Vargas.
­
Federico annuì nascondendo il volto nel petto di Leon, che intanto, se ne stava immobile, gli occhi chiusi, la testa poggiata al muro, la consapevolezza che si insinuava nella sua mente, rendendo finalmente reale ogni sua supposizione precedente. Era difficile da realizzare ora, in un momento in cui la rabbia era sparita, quello che era veramente il suo migliore amico.

Un drogato
 

Camilla corse nella notte buia e fresca, la mantella nera che portava sulle spalle ondeggiava nell’aria.

Il rumore dei suoi passi riecheggiava nel cortile vuoto, rimbombava, e si disperdeva nell’aria, assieme a quello del suo respiro affannoso. Si guardò attorno e poi, dopo aver avuto la certezza che nessuno l’avesse seguita riprese il suo cammino.

Il consiglio delle streghe aveva mandato da lei un controllore, che verificasse il suo operato fino a quel momento, e al quale consegnare la valigetta di Diego, che poi il consiglio avrebbe studiato e utilizzato per creare un piano di difesa in grado di
salvare la comunità magica in caso d’attacco.

Camilla era incredibilmente sicura di se, non aveva paura che qualcuno s’accorgesse che, in realtà, la Torres aveva trovato le streghe, ma che, a causa della sua smania di potere, non aveva detto loro nulla circa i loro poteri.

Si nascose dietro un albero, in attesa, ascoltando con attenzione ogni rumore, e poi, silenziosa e cauta come sempre, la vide.

Una figura, si muoveva nell’ombra con tranquillità, passi lenti, respiro per nulla affannoso, volto rilassato,  illuminata dalla luna che faceva splendere i lunghi capelli biondi, avanzava verso di lei la figlia della Suprema in carica.
-Cordelia-Sussurrò la rossa, con il cuore che batteva in maniera quasi troppo frenetica nel petto, un groppo che si formava in gola, la paura prendeva il sopravvento. La sicurezza aveva abbandonato il suo corpo, lasciandola sola e spaventata.

-Ciao Camilla-La salutò la donna, puntando gli occhi ciechi in un punto indefinito.
Cordelia era una delle poche streghe a possedere il dono della vista superiore, cioè la possibilità di vedere al tocco, ogni segreto dell’oggetto della magia.
-Come procedono le cose?-Domandò Cordelia stringendo al petto la giacchetta di pelle.

-Bene-Mentì Camilla, rispondendo troppo frettolosamente.
-Ti dispiacerebbe darmi la mano-La bionda tese la mano verso la giovane strega, sua allieva per diversi anni, che la afferrò tremante.
Passarono alcuni secondi, in cui la donna tenne gli occhi chiusi, e la ragazza pregò che i suoi poteri non avessero effetto su di lei.

Con uno scatto veloce Cordelia riaprì gli occhi e scostò la mano da quella della rossa.
-Camilla. Portami dalle tue amiche-Le ordinò la donna severamente, con una nota di delusione nella dolce voce, mentre la Torres chinava il capo per la vergogna, e il senso di sconfitta che la pervasero totalmente.
 

Violetta sentì la finestra aprirsi, una folata di vento freddo innalzò le tende blu, e la fece rabbrividire anche sotto le coperte.
Sbattè gli occhi un paio di volte, svegliandosi lentamente dal suo sonno senza sogni.
Si mise a sedere, mentre il cuore accelerava nel notare una donna, una sconosciuta, in piedi nel mezzo della sua camera, assieme a Camilla.

Sembravano visioni celestiali, illuminate dalla luce della luna, piena quella notte.
Si sporse per guardare Francesca, ancora profondamente addormentata. Le sembrò strano che dormisse così, nonostante il vento incessante e i rumori esterni, proprio lei, che aveva sempre avuto un sonno particolarmente leggero.

-Chi sei?-Domandò, facendosi coraggio, stringendo le lenzuola tra le mani per calmarsi.
-Sta tranquilla puttanella. E’ amica mia- Le tranquillizzò Camilla incrociando le braccia al petto.
-Tranquilla Violetta. Sono Cordelia Good Fox, sono qui per aiutarti, per rivelarti la tua vera indole- Spiegò la bionda, con tono dolce, che ricordò alla giovane Castillo quello di sua madre.
-La mia indole?-Chiese la ragazza dai capelli blu, scendendo dal letto con un leggero tonfo, ed avvicinandosi alle figure, per toccarle ed accertarsi che fossero reali.
-Si piccola mia. Devi sapere che ora, sono passati circa 300 anni dai processi alle streghe di Salem; le streghe rimaste sono per lo più estinte e le poche che restano sono in grande pericolo, i cacciatori di streghe. Tu, Vilu, sei una di loro. Una di noi. Sei una strega dotata di enormi poteri.



Una settimana dopo la pioggia scendeva fitta.Il freddo cominciava a farsi sentire.

Violetta teneva in mano una tazza fumante di cioccolata, mentre se ne stava seduta su una delle poltroncine, con le gambe rannicchiate, quasi a toccarle il petto.

Sulla poltroncina di fronte alla sua sedeva Ludmilla  che si torturava le mani in ansia.
Andava avanti così da una settimana oramai, da quando aveva scoperto dei suoi poteri di vedova nera, grazie a Cordelia.

La bionda era chiaramente agitata, non solo per se stessa, per tutte le conseguenze che porta essere una strega per di più con un potere come il suo, ma anche per Federico, che da quando le aveva confessato d’essere un drogato e aveva smesso d’assumere morfina, stava attraversando una crisi d’astinenza addirittura più forte della precedente.

A Ludmi faceva malissimo, vederlo nello stato pietoso in cui era. IL volto pallido, con una sfumatura giallina, magro, caldo, sudato. Gli incubi lo tormentavano di notte a causa della febbre troppo alta, la nausea, il vomito e il mal di testa che di giorni gli impedivano anche di stare un ora in pace.

Inoltre era depresso, e piangeva, sempre, e questo distruggeva Ludmilla più d’gni altra cosa. Cercava di stare con lui più tempo possibile, e quando non poteva o era stanca c’era Leon ad aiutarla.

Le faceva piacere che Federico avesse un amico tanto premuroso, e che, nonostante
tutto, gli rimanesse accanto.

Agli altri coinquilini, e ai professori che gli avevano accordato un permesso per saltare le lezioni ed aiutare Pasquarelli,  sia la bionda che Vargas avevano detto che era una semplice febbre, non volevano certo che additassero Federico per i suoi errori, anche se gravi, o che lo espellessero.
 

–Datti una calmata-Le ordinò la Castillo, volendo utilizzare un tono acido, non riuscendoci però.

La verità è che provava tenerezza per la Ferro, pena per il suo potere, ed ora, sconvolta come era anche lei per quell’assurda scoperta, riusciva anche a provare una certa amicizia, una certa comprensione. Perché in fondo erano uguale lei e la bionda. Perché avevano lo stesso sangue, magico. Lo stesso problema, l’essere delle streghe.

E a differenza di Camilla entrambe odiavano questa faccenda.

Lei era l’unica con cui Violetta potesse sfogarsi e parlare di tutto quell’incredibile presente.

Lei era l’ unica che la comprendesse fino in fondo. L’unica amica che ora poteva considerare tale.

No, Francesca rimaneva sempre  una sua amica, forse l’unica, ma, comunque, non poteva raccontarle nulla. Non condividevano più alcuna cosa, alcun segreto. Non potevano.

Tante cose erano cambiate in una notte, in un minuto, in una frase. Troppe.

La rivelazione di possedere il potere della resurrezione aveva acceso in lei la speranza di poter riportare in vita sua madre, speranza presto appassita quando
Cordelia le aveva spiegato che, essendo stata cremata, non era possibile in alcun modo riportarla alla vita. E da lì la despressione aveva ripreso il sopravvento, come i primi giorni dopo la scomparsa di Maria. Perché per Violetta era stato come averla persa di nuovo.

Non poteva nemmeno fare affidamento su Diego, dal quale si era tenuta a distanza dopo aver scoperto le sue origini, la sua famiglia. Dopo aver scoperto che lui era il suo peggior nemico, che era cacciatore di streghe, che l’avrebbe volentieri  uccisa non appena avesse scoperto dei suoi poteri, fregandosene di tutto quello che c’era stato tra loro.
O almeno questo era ciò che diceva Camilla.

A dir la verità era difficile crederle. Difficile perché lei aveva conosciuto Diego per ciò che era veramente e non la maschera che indossava, perché l’aveva conosciuto per il giovane degli occhi spenti, dall’ego smisurato, il cuore enorme, le labbra saporite, i sentimenti profondi e l’animo tormentato che era.

Eppure s’erano allontanati.
Troppo.
Di una lontananza che faceva male, fottutamente male.

Perché Diego prima di essere il suo ragazzo per gioco, era il suo miglior amico, e Violetta, prima di essere la sua bambolina, era la sua migliore amica. E l’uno necessitava dell’altro.


Ludmilla si stava per scusare, con il solito tono basso e triste che utilizzava da una settimana, quando due mani le toccarono le spalle con delicatezza.

Alzò lo sguardo voltandosi per incontrare gli occhi di Diego Dominguez sorridenti, verso di lei.

Le faceva sempre un certo effetto veder quel ragazzo gentile nei suoi confronti, e non ne capiva il motivo. Le faceva strano, semplicemente abbassare la maschera da duro, per una volta, con qualcuno che non fosse Francesca. E non capiva, non voleva capire, ma le piaceva, essere sua amica, perché infondo aveva imparato a volergli bene.

Perché infondo era un bravo ragazzo Diego.

-ci lasci qualche minuto soli?-Chiese il giovane cordialmente.

La bionda annuì e s’alzò,  abbracciando rapidamente Dominguez, diretta verso la sua camera, con l’ intenzione di chiacchierare un po’ con Nata. Era tanto che non parlavano come si deve, che non si mettevano sul letto a gambe incrociate, con una cipolletta sfatta a legare i capelli, e non si raccontavano ogni singolo dettaglio della loro vita.

Era troppo.

Le sembrava si stessero allontanando, e lei ora, aveva bisogno di qualcuno più che mai.

Con Federico per lo più incosciente non aveva saputo resistere alla tentazione, e aveva ricominciato a vomitare, ogni sera.

Aveva bisogno di un fottuto aiuto, e Fede ora non poteva darglielo.
Aveva già i suoi demoni da combattere lui, non doveva certo preoccuparsi di una debole ragazzina.

-Da quando in qua tu e la Ferro siete così amici?-Chiese Violetta storcendo il naso, in una buffa smorfia.

-Da quando l’ho sentita vomitare in bagno, per tre notti di fila, ed imprecare, e paingere, e ho notato che si è dimagrita ancora. Penso abbia bisogno di qualcuno su cui contare.

Non è cattiva, ne crudele, anzi mi sembra molto debole ultimamente-Spiegò lo spagnolo scuotendo il capo.

La Castillo accennò un sorriso.

-Ti devo parlare-Disse
-Prima io-Impose Diego.
-Tu sai che tengo a te giusto? Spero di si, perché tengo veramente molto a te. Non so cosa ho fatto, non so perché sei così distante ed incredibilmente fredda ultimamente. Non so cosa ti succede e sono preoccupato. In oltre mi manchi. No, non mi manca la mia ragazza, mi manca la mia amica Violetta.
Il problema è che se ti fossi allontanata da me per correre da Leon, cazzo sarei stato felice, ma tu..tu sembri esserti allontanata da tutti- Le confessò

-Ed è vero Diego, che mi sono allontanata da tutti, ma soprattutto da te. Fidati se ti dico che non sono io a volerlo, anche io sto male. Ma diamine mi hanno detto chi sei, cosa sei,chi è tuo padre. So tutto di te e del tuo lavoro, del tuo andare a caccia. So che sei un pericolo per quelle come me. Si, ti sto confessando di essere una strega, e sai è difficile dirlo così, ad alta voce, ma è vero,è ciò che sono. A sai non ho paura stando davanti a te, ora. Perché lo so, che mi ami in qualche strano modo, forse fraterno forse amichevole, non certo come ami Fracesca.  Ma mi ami e non m faresti mai del male- Rispose la ragazza, gesticolando nervosa ed avvicinandosi tanto a Dominguez da poter sentire il suo respiro caldo pizzicarle sulla pelle.

Diego rimase inizialmente scioccato, il volto contratto in una strana espressione, illeggibile per Vilu.

La abbracciò dopo svariati istanti, stringendola a se tanto forte da farle male, ma non era un abbraccio traditore, di chi ti vuole accoltellare alle spalle. Era un abbraccio di quelli veri, un abbraccio pieno di tenerezza.

-Per favore fa finta di non avermi detto nulla. Io non so cosa sei, e tu fai finta di non sapere cosa sono io. Non voglio perderti-La supplicò poi.
Violetta annuì, schiacciata contro il suo petto ascoltando il ritmo costante del suo cuore.

-Va da Leon-Le ordinò staccandosi.

-Cosa?!-Esclamò Violetta, sicura di non aver capito bene.

-Va da lui, digli che lo ami, mettetevi insieme. E’ un modo carino per lasciarti e rimanere amici. Io non ti merito, perché nonostante tu sia una puttanella Vilu, sei sempre una tra le ragazze più speciali che abbia mai conosciuto. Quindi va lui. Ora-

Ripetè Domiguez, sorridendo a Violetta che rispose con un sorriso ancor più largo.


Ludmilla entrò nella sua stanza dove Natalia se ne stava con blocco in mano a disegnare. Era sempre stata brava lei, tanto che i genitori della Ferro le avevano proposto di esporre qualche quadro nelle loro  gallerie. Ma Nata non voleva dipingere, era un hobby il suo, un modo di trasmettere ciò che sentiva. A lei piaceva ballare, ancor di più cantare, ed era nettamente milgiore in entrambe le cose, che nel disegno.

-Hey-La salutò la riccia con un sorriso che da quando la conosceva non le aveva mai visto in volto.

-Hey a cosa dobbiamo quel sorriso?-Chiese la bionda, riacquistando un po’ della spensieratezza persa da anni.

Nata chinò il capo, mordendosi il labbro imbarazzata. Le guance erano colorate di un leggero rosso, rendendo più adorabile il visino tondeggiante.

Ludmi l’abbracciò.

-Penso di aver preso una cotta per  qualcuno-Bisbigliò con vergogna la spagnola.
-Posso indovinare? Maximiliano giusto-Tentò, quasi sicura, la Ferro.
Natalia annuì.
-Non so. In realtà io e lui siamo amici…ma è così carino. Quando parla non posso fare a meno di scrutarlo e senti il cuore accelerare, ogni volta che mi abbraccia o semplicemente mi sfiora. E’ così bello, sentirsi felici, innamorati. Ora ti capisco, perché da quando stai con Fede irradi quella luce assurda che non ti ho mai visto negli occhi-

LUdmilla accennò un sorriso di circostanza. Avrebbe voluto dirle la verità. Che bene lei, non ci stava affatto. Che aveva ricominciato a vomitare, che Federico era un drogato. Che la sua vita stava andando a rotoli e la gioia a farsi fottere.

Avrebbe voluto, si, ma perché rovinare un momento  tanto belle a qualcuno che ha avuto una vita tanto difficile come Nata?

Così la lasciò parlare, annuendo, consigliandola, sorridendole di sorrisi per lo più falsi.

Leon se ne stava seduto, al capezzale di Federico.

S’agitava nel sonno, gridando, sudando, respirando affannosamente.

La febbre non scendeva e Vargas non sapeva più che fare. Avrebbe voluto aiutarlo, ma la situazione sembrava solo peggiorare.

Posò un panno inzuppato d’acqua fredda sulla fronte bollente dell’amico, scostando qualche ciocca di capelli dal volto teso.

Aveva paura Leon, tanta. Paura inspiegabile di perderlo, paura che potesse morire, di febbre, d’astinenza. Morire per colpa sua, per un cambiamento che Fede voleva fare per lui, per Ludmilla. Un cambiamento che, a dir la verità il ragazzo con gli occhi verdi non era più sicuro di volere.

Angolo Autrice.
Amatemi! Sono tornata da nemmeno due giorni ed ecco già il capitolo.
Come avrete notato, o almeno a me sembra così, è un po diverso dagli altri.
mi sono concentrata sulla questione magica, quindi finalmente Vilu e Lud scoprono i loro poteri. Violetta ne parla a Diego il quale fingerà però di non sapere nulla e nel fra tempo la spinage verso Leon, Leon che è preoccupato per un Federico febrile.
Nel fra tempo Ldumilla si rivvicina a nata la quale confessa di avere una cotta per Maxi.
Ludmilla nel fra tempo ricomincia a vomitare, e Diego la scopre, perciò le inizia ad essere amico.
Come avrete notato qui c'è l assenza della Diecesca e della Marcesca, diciamo che essendo loro in ogni capitolo ho deciso di metterli da parte ma tanquilli torneranno nel prossimo.
POi...so che a voi non frega una ceppa ma vorrei chiedervi un consigilio. allora io amo la batteria, da sempre ho provato questa attrazione formidabile per lo strumento, e ora vorrei mettemri a studiarla ed imparare a suonarla ma non avendo esperienza non so se mi converrà spendere soldi per qualche cosa in cui magari poteri fare pure pena. Da una parte però è qualche mese che non riesco a reprimere la voglia incredibile di mettermi una bandana in fronte, sedermi davanti una betteria (magari elettronica e non acustica visto che abito in un condominio) prendere le bacchette e trasformamri nella versione femminile di Ashton Irwin dei 5 secondo of summer. Voi che mi consigliate?
Baci
  
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