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Autore: Defective Queen    15/09/2008    1 recensioni
Due ragazze, con diverse personalità e passato, si incontrano e diventano amiche, anche se sono entrambe due bugiarde e il loro rapporto non è mai quello che sembra.
Kate è straordinariamente bella, viziata, popolare con il sesso opposto e la reginetta (solo apparentemente) superficiale della scuola. Si dimostra gentile e amichevole con tutti, ma in realtà cova dentro di sè rancore verso gran parte delle persone e una glaciale freddezza nei rapporti umani. Roxanne ama disegnare ed essere eccentrica. Imbranata, testarda e sensibile, appena trasferitasi dalla Florida conquista al primo colpo tutti gli amici di Kate, e quest'ultima non può fare a meno di sentirsi minacciata dalla sua crescente popolarità.
Una volta che Roxanne entra nella sua vita, però, Kate cerca più di ogni altra cosa di continuare ad odiarla, ma i suoi sforzi ben presto si rivelano vani.
Questo, e molto altro, è "Beauty is the Beast".
Genere: Drammatico, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2 aprile
 
Rileggendo la pagina di diario precedente sono scoppiata a ridere per la mia stupidità. Ho fatto una tragedia semplicemente perché Roxanne Miller non conosceva il mio nome, che sciocca!
Sono stata tentata di strappare il foglio, ma in fondo un momento di debolezza capita a tutti. Deprimersi per delle simili cazzate non è mai stata mia abitudine, ma fortunatamente so come riprendermi abbastanza in fretta.
Forse dovrei dare un po’ di questo merito anche a Jason, perché è bravissimo a risollevarmi il morale. Ma ora non mi va di parlare di questo: in fondo certe cose è meglio farle che scriverle.
Come promesso, non mi dilungherò di più. Posso solo dire che sono di certo più pimpante, perché ieri ho rivisto la Miller e lei mi ha salutato cortesemente, proprio come fanno tutti gli altri che riconoscono la mia posizione. Io le ho risposto con un semplice cenno del capo e l’ho superata senza sprecarmi in chiacchiere.
A pranzo, accerchiata dalle Gallinelle, ho avuto l’impressione di dominare nuovamente l’intera mensa. Ero consapevole degli sguardi che si alzavano su di me e, persino le mie “compagne” si sono concentrate sulla camicia di seta nera che indossavo, rivolgendomi ogni sorta di complimenti possibili. Stavo indossando un pregevole capo di alta moda che mi è costato una vera fortuna – fortunatamente papà mi ha prestato la sua carta di credito per fare spese -, eppure sapevo che non appena fossi andata via, le Gallinelle avrebbero cercato in tutti i modi di denigrare il mio look, poiché troppo lontano dalle loro possibilità. Dubito, inoltre, sia una faccenda riguardante puramente i soldi, il punto è che la mia stessa camicia non avrebbe fatto lo stesso effetto che aveva su di me, se fosse stata indossata da una di loro. L’abito non fa mai il monaco, cari miei.
Comunque, ritornando al discorso precedente, non mi importava nulla delle critiche che sarebbero seguite, perché sapevo che erano dettate esclusivamente dall’invidia nei miei confronti, e piuttosto mi godevo i complimenti che mi attribuivano in quel momento, come mi godo le carezze e i «Sei bellissima» di Jason quando siamo a letto.
A volte credo di vivere solo per sentirmi dire quelle parole.
Nick (sì, forse non l’ho mai nominato prima, ma è semplicemente un universitario che mi fa una corte serrata),  è un tantino più sofisticato in certi momenti, o quanto meno, è un po’ più originale nelle frasi che mi dedica. Ecco il bigliettino che mi ha fatto arrivare a casa con un mazzo di rose rosse:
 
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“I'll be your dream
I'll be your wish
I'll be your fantasy.
I'll be your hope
I'll be your love
Be everything that you need.
I love you more with every breath
Truly madly deeply do..
I will be strong I will be faithful
'Cos I'm counting on a new beginning.
A reason for living.
A deeper meaning.”

 
Poichè non trovavo le parole, le ho prese in prestito da una canzone, anche se ciò non sminuisce ciò che provo per te, Kate.
Accetta questo omaggio, mia dolce principessa.

 
Per sempre tuo, Nick.”
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Ho letto il tutto con un sorriso, un sorriso amaro.
Una parte di me ha ammonito Nick, dicendogli che è pericoloso regalare il proprio cuore a qualcuno che non si fa scrupoli a manovrarlo a suo piacimento, poi, però, mi sono accorta di essere io stessa quella persona.
Ho sentito un crack all’altezza del petto.
 
 
5 aprile
 
Sabato sono stata ad una festa a casa – per essere più specifici nella mastodontica villa - di Amanda Banks. E’ stato a dir poco uno sballo, ma il giorno seguente, la domenica, mi sono alzata con un mal di testa orribile da post-sbronza.
In più, nonostante mi sforzi di ricordare, ho dei vuoti di memoria abbastanza consistenti su come sia finita la serata. Non ricordo nemmeno chi mi ha riaccompagnata a casa! Fortunatamente mio padre non sa che sono rincasata oltre le 7 di mattina e so come corrompere facilmente mia madre per costringerla al silenzio. D’altronde, cose di questo genere mi capitano spesso.
A parte questo, oggi, ritornando ha scuola, ho scoperto di aver dato fin troppo per scontato il fatto che Roxanne Miller, dopo giovedì, avrebbe assunto una posizione marginale nella mia vita.
Oltre a frequentare con me il corso di francese, oggi ho appreso che la signorina Miller segue i miei stessi corsi di spagnolo, il lunedì, mercoledì e venerdì e di biologia, il martedì e il giovedì.
Insomma, avrei dovuto rassegnarmi al fatto di averla sempre intorno.
Quello che non mi sarei aspettata, però, era quello che sarebbe successo durante la lezione di spagnolo, stamane.
Il professor Gutierez, il mio insegnante di lingua straniera, nato da padre spagnolo e madre americana, eppure totalmente privo di qualsiasi fascino latino, stamattina è entrato in classe con un gran sorrisone e ci ha messi al corrente che gli studenti dello scambio culturale sarebbero arrivati tra appena un mese, a maggio. Ho sentito mormorii diffondersi tra i vari banchi e anche io ho pensato che probabilmente tra gli studenti provenienti dall’estero, avrei potuto trovare qualche tipo di mio gradimento.
Comunque, dietro l’avviso del prof, c’era chiaramente qualcosa di più, perciò, quando quest’ultimo ha visto che i mormorii concitati si erano calmati, ha ripreso a parlare: «Bene, allora, capirete chiaramente che noi, in qualità della scuola più in vista del Midwest, vogliamo accogliere gli studenti stranieri nel modo migliore. Avevamo, perciò, in mente di costituire un comitato di accoglienza che prepari tutto il necessario: visite turistiche nei  luoghi più suggestivi situati qui intorno, progetti per le varie materie, insomma tutti avvenimenti nei quali i nostri ospiti possano divertirsi e familiarizzare con noi. Di certo, chiedere ad uno studente del primo anno di fare un simile lavoro sarebbe impossibile, perciò mi rivolgo a voi del quinto anno, specialmente alla signorina Miller in quanto allieva migliore del mio corso…»
Poi ha indirizzato un sorriso smagliante verso la famosa Roxanne Miller.
Io tremavo di rabbia. Non è possibile! Sono sempre stata io l’allieva migliore del corso e questa tipa qui, un giorno spunta, chissà da dove, e mi frega il posto così, senza nemmeno faticare?
Forse non ho specificato che, sebbene sia una ragazza popolare, anche il mio rendimento scolastico è piuttosto buono. Nel mio caso, la bellezza non è sinonimo di stupidità. Chiunque mi abbia mai sottovalutato ha pagato caro l’affronto.
Fino ad ora, però, non c’è mai stato nessuno con cui competere. Mai.
Se qualcuno mi avesse detto che mi sarei trovata a competere per la popolarità con una ragazzetta insulsa come questa, gli sarei scoppiata a ridere in faccia.
Ditemi solo cosa diamine ci trovate in lei!
Incapace di trattenermi oltre, mi sono alzata, contenendo la mia furia e nascondendola dietro un candido sorriso.
«Professore, non ritiene che per la signorina Miller, in quanto nuova arrivata, questo sia un compito troppo difficile?», ho chiesto, mantenendo un tono accorato. Come se mi interessasse davvero la faccenda.
Gutierezne è rimasto interdetto. Sembrava davvero combattuto, incapace di decidere se rispettare la sua decisione precedente o piegarsi alla mia ragione. Più i secondi passavano, però, più vedevo che il volto dell’uomo sembrava rischiararsi. Stava cadendo inesorabilmente nella mia trappola, lo sapevo, e ne vedevo anche gli effetti.
Ma a quel punto, proprio prima che io potessi continuare con il mio monologo persuasivo, Roxanne Miller si è alzata in piedi, sul suo viso un’espressione preoccupata, ed è intervenuta: «Professore, la signorina Hudson ha ragione» (ma certo, cara, come potevo non avercela?) «Potrei avere delle difficoltà nel portare a termine il progetto, ma le garantisco che farò del mio meglio per non deluderla.»
Il mio sorriso si è incrinato. Gutierez si è illuminato: «Ne sono certo, signorina Miller. Probabilmente ho trovato la giusta soluzione: basterà assegnare lei e la signorina Hudson per svolgere questo compito. Perciò se avrà mai dei problemi potrà chiedere alla sua compagna, non crede che sia un’idea perfetta anche lei, signorina Hudson?»
Io ho annuito mestamente con un sorriso di circostanza, maledicendo incessantemente quell’ometto mezzo americano e mezzo iberico.
Ero fottuta. Mi ero cacciata da sola in quella situazione e per di più avrei dovuto sopportare la compagnia di Roxanne Miller! Ero convinta che nient’altro di peggiore potesse accadermi per oggi, invece mi sbagliavo.
Alla fine della lezione di spagnolo, mentre stavo uscendo dall’aula di lingue, tallonata da Jeff McLee, capitano della squadra di basket, Roxanne Miller mi ha raggiunta in fretta e furia.
Io ho alzato un sopracciglio al suo indirizzo, ma poi l’ho sostituito prontamente con un’espressione più amichevole. Non sia mai che mi comporti da maleducata, anche se ne sentivo l’impellente bisogno, vista la mia interlocutrice. Ho alzato una mano a mo’ di stop, fermando la parlantina di Jeff e ho lasciato che parlasse Roxanne.
«Uhm…ti volevo ringraziare», ha detto con un sorriso timido e ho notato che oggi non aveva gli occhiali, probabilmente portava le lenti, ma i capelli erano sempre raccolti in una ridicola treccia disordinata.
Io sono rimasta stupita: e di cosa voleva ringraziarmi? Del fatto che stavo cercando di screditarla davanti al professore?
«Per prima», ha aggiunto lei, in risposta alla mia occhiata dubbiosa, «Hai cercato di aiutarmi, offrendoti come mia patner per il comitato.»
A quelle parole, ho pensato sul serio che lei avesse frainteso un bel po’ di cose. Io mi sarei offerta? Direi che sono stata praticamente costretta!
«Te ne sono davvero grata! Non avrei saputo come fare senza di te! Spero che da ora in poi potremo lavorare bene insieme noi due!», ha esclamato, stranamente entusiasta, porgendomi la mano.
Io l’ho afferrata automaticamente, rendendomi appena conto di ciò che facevo. Poi se n’è andata, lasciandomi a rimuginare, mentre Jeff riattaccava con i suoi: “Se tu uscissi con me potremmo…”
Ridicolo. Assolutamente ridicolo.
E’ imbarazzante notare quante volte mi sia fatta fregare in una sola giornata, contando il fatto che dovrei essere io quella che frega costantemente gli altri.
Dovrei smettere di scrivere, adesso, ho perso più di un’ora a scarabocchiare su questo dannato coso ed è imbarazzante quanto ne sia diventata dipendente. Per di più, ho già consumato quasi tre pagine e non sopporterei di usarne altre. In tal caso, vorrebbe davvero dire che mi piace avere un diario, proprio come quelle stupide ragazzine che ci scrivono sopra le loro pene d’amore!
Sdolcinatezze simili non fanno proprio per me.
 
 
7 aprile
 
 
Salve. Ma insomma chi sto salutando? Adesso immagino di avere anche un pubblico? No, grazie, basto solo io a leggere queste minchiate.
Mi sento a dir poco distrutta. Non avrei mai immaginato che far parte del comitato di accoglienza fosse così stremante! A dire il vero, prima d’ora, ho partecipato solo al comitato per l’organizzazione del ballo di fine anno e il mio compito era raggruppare l’orchestra, cosa facilissima da fare, visto che erano coloro che volevano esibirsi a venire da me, piuttosto che io andassi da loro. Oppure, semplicemente, delegavo i miei compiti a qualcun altro che non vedeva l’ora di essere ordinato. Lo so bene che il periodo della schiavitù è finito, ma alcune persone hanno una tale, assurda predisposizione a farsi comandare, tanto da essere persino contenti di sbrigare delle faccende per qualcun altro. Come laboriose api operaie attorno all’ape regina. E ovviamente io sono la loro regina.
Essendo finita nel comitato non per mia volontà, non avevo intenzione di far nulla, ma per far questo dovevo trovare qualcun altro che aiutasse me e la Miller nel nostro compito.
Quando le ho proposto di radunare altre persone lei mi è sembrata alquanto interdetta: per quanto possa essere diventata popolare tra gli altri, non è assolutamente avvezza a gestire le cose in grande, né pensa di sfruttare i poteri a sua disposizione per delegare i suoi incarichi. Preferisce fare tutto da sola, manualmente e in modo orribilmente lento.
Tutte cose che mi fanno saltare i nervi.
«Senti, abbiamo poco più di un mese e tantissimo lavoro da fare, visto che possiamo farlo solo durante i momenti liberi dalle lezioni. Se fossimo in più persone potremmo gestire meglio la situazione», ho detto per convincerla.
Lei mi ha guardato rassegnata: «Immagino tu abbia ragione…»
Sono certa che con un po’ di lavoro potrei riuscire a piegare alla mia volontà anche lei. E’ assurdamente obbediente e così educata da essere un soggetto perfetto per le mie manipolazioni. Adesso che ci penso, anche a volerla insultare, ho scritto dei complimenti. Ecco perché tutte le persone parlano così bene di lei. Non puoi darle altri aggettivi.
Quello che non mi immaginavo, però, era che, nonostante mi avesse dato ragione, continuasse a fare di testa tua. Abbiamo radunato appena 4 persone, perché ha raccolto come membri solo il suo gruppo di amichette secchione, e quindi, come conseguenza di ciò, mi sono ritrovata a lavorare per davvero. Nessuno a cui rifilare i miei compiti, perché tutti gli altri erano fin troppo occupati con i propri. Ecco come ho finito per rimanere a scuola fino alle 8 di sera.
Un orario che non si ripeterà mai più, lo giuro sul mio odio per Roxanne Miller.
Adesso vado a letto, sono veramente distrutta. Così distrutta che non ho nemmeno più la forza di pensare che andare a dormire alle 11 sia scandalosamente inappropriato.
Potrebbe farmi anche male alla pelle.
Dio, dovrei smetterla di pensare a queste cose o mi verranno gli incubi!
 
 
8 aprile
 
 
Come previsto, la scorsa notte ho fatto un incubo, ma per mia (s)fortuna non riguardava la pelle del mio viso…anzi, molto peggio! Riguardava Roxanne Miller!
Come sono prevedibile ultimamente, vero?
Nel sogno, Roxanne appariva alquanto inquietante: aveva gli occhi rossi e iniettati di sangue, un frustino simile a quello di Catwoman e supervisionava una cava di raccolta del carbone, punendo senza pietà gli schiavi che trasgredivano le regole di disciplina. Io ero uno di questi (tralasciamo i miseri vestiti che il mio subconscio mi aveva fatto indossare) e per sbaglio, mentre andavo a lasciare in un secchio tutto il carbone che avevo raccolto, inciampavo, lasciando cadere a terra ciò che avevo tra le mani, con conseguenti fruste da parte di Roxanne/Catwoman.
Mi sono risvegliata in preda agli spasmi, completamente terrorizzata, anche se rileggere ciò che ho scritto qui, proprio in questo momento, è un tantino comico.
In ogni caso, per tutta la mattinata ho dovuto sforzarmi incredibilmente di non pensare agli occhi malefici della Roxanne del sogno, così differenti da quelli ingenui e acquosi di quelli della vita reale. Eppure le due immagini così diverse a volte si sovrapponevano, dandomi i brividi.
Comunque, per evitare che la vera Roxanne si intestardisse come aveva fatto ieri, mi sono messa di impegno e ho radunato tutte le persone che volevo, senza chiedere a lei il permesso. Quando ha visto una caterva di persone correre su è giù per la palestra (è dove stiamo allestendo il tutto), correndo di qua e di là con fogli, tempere, sedie e giornali, ne è rimasta stupefatta e dopo un po’ è venuta da me per dirmi: «Avevi ragione. E’ davvero molto meglio con più persone!».
Io le ho sorriso soddisfatta, sentendo un calore insolito al pensiero di vederla soccombere in mio favore, tornando a comandare gli altri nel fare qualcosa al posto mio. Roxanne, in quanto capo del comitato, avrebbe potuto fare lo stesso, ma se n’è tornata al suo lavoro, aiutando anche tutti coloro che sembravano in difficoltà.
C’è stato qualcuno che si è rivolto anche a me, ma io, prontamente, ho indirizzato tutti quanti verso la Miller, per la mia vendetta personale. Speravo di vederla dare i numeri, eppure lei non si è arrabbiata nemmeno una volta, mostrando a tutti la sua più completa disponibilità e mantenendo la incredibile pazienza anche verso coloro che la disturbavano ogni secondo. Dannazione! Per quanto mi sforzi non c’è una volta che abbandoni la sua indole di ragazza perfettina, buona e altruista fino al midollo! E’ estremamente irritante!
Quando poi ho finito di fare ordini non mi è rimasto molto da fare.
Guardavo gli altri, indaffarati, immersi nelle loro faccende, ma sostanzialmente occupati. Qualcuno sorrideva anche, passandosi una mano sulla fronte per raccogliere qualche goccia di sudore. C’era stanchezza, ma anche determinazione. Io, invece, me ne stavo lì, impalata a guardare gli altri e mi sono sentita per un momento così fuori posto che non ho resistito ad avvicinarmi alla Miller e ad unirmi a lei nel suo lavoro appena iniziato, visto che continuavano ancora a disturbarla senza sosta. Stava incollando su un foglio dove erano stati sparsi dei brillantini una serie di foto di alunni della nostra High School che avevano ricevuto dei premi di vario genere. Le ho sfilato il cartoncino dalle mani, continuando quello che lei stava facendo, dandole la possibilità di dedicarsi completamente al suo lavoro di consulenza.
Mi ha ringraziato con un sorriso enorme e io per ricompensa mi sono ritrovata con tutte le mani appiccicose di colla vinilica e brillantini fin dentro le mutande.
Ho fatto proprio un bell’affare, vero? Ovviamente, sono ironica, per intenderci.
Comunque, prima di andarcene (questa volta erano solo le 5 e mezza di pomeriggio, grazie al cielo), sono tornata a dare ordini, istruendo quelli che dovevano pulire. Anche rimettere a posto è un’attività che richiede coordinazione e per lo meno avevo qualcosa da fare. Jeff McLee ha interrotto prima gli allenamenti per venirmi a trovare e io per ringraziarlo del pensiero, l’ho mandato a gettare tutta l’immondizia che avevamo accumulato nei giorni passati.
Non scorderò mai con quale dedizione gettava i rifiuti per farmi contenta!
Poi mi si è avvicinata Patty Mason, una delle amichette inseparabili della Miller (non si conoscono da nemmeno un mese e sono così affiatate! Bah! Almeno le Gallinelle si sono formate da ben più tempo!) e mi ha chiesto: «Sai dov’è andata Anne?»
Non conoscendo nessuna Anne, le ho chiesto chi fosse.
Patty ha riso di gusto, civettuola: «Ma Roxanne, naturalmente! Secondo lei il nome “Roxanne” è troppo pomposo e preferisce farsi chiamare Anne perché è più semplice e immediato.»
«Ah», ho risposto schifata, «capisco. Comunque è andata un secondo ad aiutare quelli della scenografia con la Meyers.»
Mi ha ringraziato con fin troppa enfasi e poi è corsa via verso la sua carissima amica.
Io ho grugnito disgustata. Adesso anche l’unica cosa di lei che trovavo un tantino più particolare, il suo nome per intenderci, veniva rimpiazzato da un banalissimo Anne.
Usare “Roxie” come diminutivo è accettabile (anche se mi pare più un appellativo per cani), ma Anne proprio non lo posso accettare. Mia nonna si chiamava Anne (era il suo nome per davvero, non il soprannome) ma se avesse avuto a disposizione una figata di nome come Roxanne, credete che si sarebbe fatta chiamare semplicemente Anne?!
Assolutamente incredibile! Più conosco questa ragazza e meno la capisco, sul serio!
Jeff ha insistito per riaccompagnarmi a casa, ma quando si è sporto in avanti per darmi un bacio io mi sono ritratta disgustata…odorava ancora di immondizia!
 

Kate

   
 
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