Siria
Prese timidamente la mano di Paola mentre camminavano sulla stradina buia, dirette alla fermata del bus. Avevano da poco salutato Giulia e Valeria, ed ora stava pensando al film appena visto.
“È stata proprio una bella serata, vero?”
Paola annuì, sorridendole. Si fermò trattenendola, e lei si girò con sguardo stupito.
“Cosa c’è?”
“Non ti capita mai di pensare ancora a Valeria?”
“Dovrei?” Il tono di Paola era sinceramente sorpreso.
“Non lo so…” Abbassò il viso guardando per terra e strusciando i piedi sulla terra battuta. Ma Paola le prese il volto fra le mani perché la guardasse. Poi avvicinò le sue labbra alle proprie e la baciò, dolcemente, senza fretta, per poi sfociare in una quieta passione. Quando si staccarono Siria, senza respiro, già sapeva cosa Paola le stava dicendo attraverso quelle parole.
“No, non mi è mai più capitato di pensare a lei da quando sono con te. Rimane una mia cara amica e lo sai bene, non te l’ho mai nascosto, ma ho smesso da tempo di vederla in altro modo.”
La abbracciò nascondendo il proprio viso nella sua giacca, e sentì Paola carezzarle i capelli. Ma quel momento malinconico durò poco, si riprese presto. La prese nuovamente per mano e ripartirono, contente.
Giulia
“Sono stanchissima…” Scalciò via le scarpe senza badare troppo a dove finivano, lasciò cadere la giacca a terra e si gettò sul divano mandando a finire sul tappeto un paio di cuscini. I vantaggi dell’avere un proprio appartamento, nessuno reclamava per un eventuale disordine o per comportamenti poco civili. Guardò Valeria svestirsi a sua volta ed avvicinarsi a lei per poi sedersi ai suoi piedi sul divano.
“Vuoi andare subito a letto?”
“Non ti dispiace?”
Valeria scosse il capo. Tenendosi sotto braccio come due vecchiette, fra le risate, si diressero verso la camera da letto. Giulia lanciò una maglietta a Valeria e si cambiò a sua volta mettendosene un’altra. Quando furono pronte si rimirano a vicenda per farsi un’altra risata: Giulia aveva una maglietta bianca con la testa di un’anatra multicolore davanti e la relativa coda dietro, Valeria invece si era ritrovata con il disegno di Brontolo, uno dei sette nani di Biancaneve. Si spostarono in bagno per lavarsi e finalmente prepararono le coperte. Profumavano di buono, erano state cambiate proprio quel giorno.
“Vuoi mettere un po’ di musica?”
“Perché no!” Valeria le sorrise annuendo. Giulia inserì un CD nello stereo e lo accese, lasciando il volume basso, perché le note potessero cullare dolcemente il loro sonno. Si infilarono nel grande letto al centro della camera e Giulia attirò a sé Valeria abbracciandola.
“Buonanotte topina mia!” Valeria rise.
“Buonanotte gattina, dolci sogni.” Si addormentarono presto, sulle note di una lieve nenia celtica.
Si svegliò di soprassalto, nel cuore della notte. Trovandosi nel silenzio del buio impiegò qualche istante a capire cosa l’aveva destata dal suo sonno. Poi ricordò il sogno. Valeria in una camera bianca, asettica. Un letto dalle sbarre metalliche. Suoni strani. Una sedia di plastica traballante, sulla quale era seduta. Lacrime. Era stato un incidente? Di che tipo? Si sforzò di ricordare lo sfondo dell’incubo, ma senza successo. Ricordava solo l’angoscia provata nel vedere la ragazza che amava inerte, fra le lenzuola pallide come la morte. Si alzò, piano per non svegliare Valeria, uscì dalla camera accendendo la luce nel salotto dopo aver chiuso la porta. Si coprì d’istinto gli occhi con le mani, momentaneamente accecata dal ritorno dei colori dopo la scura penombra. Il sonno ancora irrigidiva il suo corpo, ma arrivò fino al frigorifero e lo aprì alla ricerca del latte. Se ne preparò una tazza dopo averlo riscaldato, e sedendosi al tavolo bevve a piccoli sorsi. Tanti pensieri l’attraversavano, eppure era come se non stesse pensando a nulla.
Tornata in camera dopo qualche tempo fece ripartire il CD terminato da tempo e si infilò nuovamente sotto le coperte. Si avvicinò a Valeria, che dormiva su di un fianco rivolta verso di lei. Le sollevò un braccio e vi si rannicchiò sotto, accoccolandosi accanto a lei quanto più vicina poteva senza disturbare il suo sonno. Questa volta non sognò più, riposando tranquillamente mentre la dolce melodia riempiva la camera.
Moanee doo, moanee doo,
Ushag veg ruy ny moanee doo,
C'raad chaddil oo riyr 'syn oie?
Giada
Non poteva credere a quel che stava facendo. Era sempre stata una persona onesta, semplice, senza troppe pretese. Non si era mai sognata di muoversi in certi modi. Ed ora si ritrovava a fare questo. Vide Siria uscire di casa. Quel giorno a scuola, durante le lezioni del mercoledì mattina, grazie a delle domande studiate le aveva detto senza pensarci che quella sera l’avrebbe visto. Si asciugò velocemente le lacrime che contro la sua volontà erano scese lungo le guance. Non poté fare a meno di pensare a quanto fosse carina. Indossava una gonna corta di jeans e una giacchetta nella medesima foggia, mentre sotto portava una maglia bianca e delle ghette colorate. Aveva i capelli acconciati in un modo bizzarro, con una ciocca di capelli raccolti da un lato da una molletta particolare e multicolore. Sentendosi una persona ignobile la seguì, incapace di fermare i propri passi.
Camminava. Lentamente, a distanza. Nascondendosi dietro i muri con aria indifferente. Doveva essere un ragazzo molto bello, lo immaginò coi capelli scuri, corti, acconciati grazie a del gel. Gli occhi verdi e luminosi, divertiti ma anche gentili. Siria non avrebbe potuto scegliere un ragazzo diverso. Allo stesso tempo però gli dava un animo supponente, arrogante, tipico di chi con mille moine ammalia la propria preda traendola in inganno. Ed era alto, sicuramente, per proteggerla. Avrebbe voluto essere al suo posto. Impiegò qualche tempo a capire.
Vide Siria illuminarsi mentre iniziava a correre. Vide una figura appoggiata ad un albero del parco giochi in cui erano arrivate. Proprio lì Siria si stava dirigendo, non c’era nessun altro nei dintorni. La vide abbracciare questa persona, salutarla dolcemente. La vide ricambiare un bacio, leggero. Conosceva quella persona, l’aveva intravista un paio di volte, l’aveva vista fra le foto degli amici di Siria. Era Paola. Era una ragazza.
Credits: lo spezzone di ninnananna celtica fa parte del brano "Little Red Bird" di Emma Christian