Serie TV > Teen Wolf
Segui la storia  |       
Autore: Pentesilea_    18/08/2014    17 recensioni
«Dunque ti sei sposato?» domandò timidamente Stiles sperando che la sfumatura d'amaro nella sua voce fosse solo frutto della sua immaginazione
«Sì» confermò Derek in un sospiro lento e caldo che raccontava di un sentimento che Stiles era certo di non aver mai letto negli occhi del "suo" Sourwolf e che lo ferì più di quanto potesse permettersi di ammettere, anche a se stesso.
Sconfitto, pur senza aver mai realmente lottato, chinò il capo e prima che un silenzio imbarazzante raccontasse ogni dettaglio della sua delusione, indossò la sua luminosa armatura di sarcasmo e ridacchiò.
«Che c’è?» si stupì l'alfa
«Niente - mentì Stiles - è che non pensavo esistesse qualcuno così masochista da sopportarti» lo prese in giro, e avrebbe di certo funzionato meglio se solo i suoi dannati occhi nel frattempo non stessero gridando «Eccolo, ce l'hai davanti a te!».
«Infatti non mi sopporta affatto - ammise Derek ridendo di sé - però mi ama» aggiunse accarezzando con inusuale dolcezza il filo di platino che cingeva il suo dito.
Fu allora che Stiles capì di averlo perso.
Se mai fosse possibile perdere qualcuno che in realtà non si è mai avuto.
Qualcuno che neppure sapeva di desiderare.
Genere: Fluff, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Lydia Martin, Nuovo personaggio, Sceriffo Stilinski, Stiles Stilinski
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Sterek

Rieccomi! *abbraccia disperatamente chiunque sia ancora qui ad aspettarla*

Mi scuso per il ritardo di questo aggiornamento ma, come ho scritto qui, ho avuto un po' di problemini per cui non ho avuto modo né tempo di revisionare il capitolo e non ho voluto pubblicare qualcosa di approssimativo che non avesse ricevuto la giusta cura e attenzione che credo di dovere agli Sterek, già fin troppo bistrattati altrove, a tutti voi che seguite questa storia con una passione che mi travolge, e anche a me stessa. Pur non avendo scelta, mi è dispiaciuto tanto soprattutto perché così ho prolungato l'agonia dopo la mazzata finale del capitolo precedente.  :'(

Ora, non so se per farmi perdonare o odiare ulteriormente, ma:
1. l'estensione del capitolo è inversamente proporzionale al mio amore per Jeff Davis, perciò io avrei seriamente PAURA
2. alla fine della lettura credo che mi "odierete" comunque, ma per motivi diametralmente opposti al capitolo precedente (if you know what i mean...♥)

Armatevi dunque di tutto il masochismo necessario per leggerlo e attenzione ai seguenti avvisi:
a) - questo capitolo sarà finalmente illuminante su cosa sia vero e cosa no, e definirà i piani temporali
b) - una delle parole chiave di questa storia è "adorabile" e una delle sue componenti più invasive è il fluff: qui si incontreranno e sarà l'inizio del disastro, diabeticamente parlando ç__ç
c) - per chi fosse particolarmente sensibile alle dinamiche padre/figlio (e non solo): teniamoci stretti, possiamo farcela! (io no ç___ç)
d) - per chi fosse intollerante al glucosio: in bocca al lupo (e speriamo che sia Derek)!
e) - ho delle scommesse in atto con alcuni di voi, ma ne parleremo nelle note finali...
f) - qualcuno prima o poi dovrebbe modellare una statua di marmo per Lydia e una di diamanti purissimi per lo Sceriffo, l'eroe sempre e comunque ♥
g) - nota tecnica: ho inserito delle note per spiegare delle cose che trovate a pie' di pagina, ma per leggerne subito il contenuto senza andare alla fine del capitolo, è sufficiente passare sopra i numeretti con il mouse e apparirà il testo e, se indicato da me, cliccarci sopra per accedere ad eventuali ulteriori informazioni.

Questo capitolo è dedicato a marla_alien, 24maggio2011, stellina4ever, marticriss, silvia_princess, eos_92, louehsmjle, MariannaTulli, Lex_in_Wonderlend, Mrs LeeHae, emsugar, Miss_Obrien, give_me_love, Horses94 e mikygleek91, ovvero le persone adorabili che mi hanno restituito il respiro dopo aver pubblicato il capitolo precedente: non so se vi rendete conto di quanto abbiate significato per me e la mia sanità mentale quando avete deciso di scrivere le vostre recensioni ma, giusto per darvi un'idea, sappiate che se avessi dovuto scegliere tra poter abbracciare voi o mettere le mie manine su Tyler Hoechlin, avrei scelto voi, non so se mi spiego... O.o  Grazie! ♥ 

Un enorme grazie anche a tutte le persone che mi hanno scritto in privato qui e su tumblr: siete dei tesori e vi risponderò appena possibile. :***

Buona lettura!

 - Nota per the criminal mind of Jeff Davis, tutta la crew autoriale, MTV o chi per loro: io non possiedo Teen Wolf, né le sue storylines, né StilesDerek, e neppure il mio mito personale, il coach Finstock (♥_♥), ma sinceramente mai come ora sono felice che non mi appartenga. Ho trascorso le ultime due ore a trovare qualcosa da scrivere che non fossero solo insulti, e non sono certa di esserci riuscita, però voglio cercare di essere obiettiva e riconoscere un grande merito al criminal mind:  se c'è una cosa che apprezzo, sempre, è quando un autore rivendica la libertà della sua ispirazione e  non cede a nessun tipo di ricatto pur di salvaguardare la sua integrità creativa. Il fandom pretende che Tizio stia con Caio altrimenti minaccia di abbandonare la serie: Sticazzi? Il mio processo creativo non è ricattabile! Fino a questo punto eri il mio eroe, poi sono subentrati i primi problemi... Anni di studi di fisica hanno contribuito a dare una definizione univoca della scansione del tempo: Sticazzi? Il mio processo creativo non può essere limitato! Tomi e tomi di pubblicazioni di studi di psicologia, biologia, pedagogia e antropologia hanno definito gli stadi dello sviluppo cognitivo e socio-affettivo del bambino, anche in condizioni di antropoidi parlanti: Sticazzi? (Jeff tra sé: Cosa diavolo sono gli antropoidi parlanti? *agevola uno specchio*). E poi tutto è finito, e a questo punto ti chiedo: in che modo i fan che guardano la serie (e che sono gli unici a cui devi dire grazie), sono una massa di ignoranti che attentano al tuo estro creativo, ma le ingerenze della rete sono invece un valido e nobilissimo motivo per asservire l'intero show alle loro esigenze? Lo so già qual è la tua risposta: Sticazzi? Alla fine, come vedi, io non ti ho insultato, e sarebbe stato bello poter dire anche viceversa insieme al resto del fandom.
P.S. Mi dispiace per i toni forse poco ironici e più amari stavolta,  ma mi è stato portato via il piacere di guardare una serie che adoravo sottoponendola a forzature brutali pur di assecondare esigenze tutt'altro che artistiche, e non riesco a perdonarli. Rivoglio indietro il mio Teen Wolf, questo è tutto.
Fine. Sticazzi? (cit.)


*** Sì, è tutto vero ***


Capitolo IV

Così una sera crocifissero il mio dolore. 

Voglio non aver limiti e levarmi verso quell'astro. 
Il mio cuore non deve tacere oggi o domani. 
Deve partecipare di quello che tocca, 
deve essere di metalli, di radici, di ali. 
Non posso essere la pietra che si alza e che non torna, 
non posso essere l'ombra che si disfa e passa. 

No, non può essere, non può essere, non può essere. 
Allora griderei, piangerei, gemerei. 
Non può essere, non può essere. 
Chi voleva rompere questa vibrazione delle mie ali? 
Chi mi voleva sterminare? Che disegno, che parola? 
Non può essere, non può essere. 
Liberami da me. Voglio uscire dalla mia anima. 

Perché tu sei la mia rotta. Ti forgiai nella lotta viva. 
Dalla mia lotta oscura contro me stesso, nascesti. 


(Pablo Neruda, da "Riempiti di me" in Poesie erotiche, VIII)

 

Lo sceriffo non riusciva a staccare gli occhi da suo figlio che si era addormentato sfibrato da un genere di dolore che non aveva nulla a che vedere con la ferita alla testa o con il menisco lesionato: quello che il ragazzo aveva riversato sul suo petto e che poteva ancora sentire intriso nella sua camicia d’ordinanza, era un male più intenso, di quelli per i quali non esistono analgesici efficaci.
 
Aveva stretto il suo bambino tra le braccia finché le lacrime cessarono e sentì il suo respiro farsi nuovamente regolare.
«Va tutto bene?» gli aveva chiesto, incapace di essere più invasivo nonostante desiderasse conoscere i dettagli del rapimento ed avere così più strumenti per difendere suo figlio anche dalla natura di quella sofferenza che era esplosa tra le sue ciglia.
«Andrà bene - lo aveva rassicurato Stiles - Andrà bene» aveva ribadito sorridendogli debolmente prima di abbracciarlo di nuovo.
 
C’erano tante domande che vorticavano nella sua mente, tante paure a preoccuparlo, tante colpe e scuse che gravavano sul suo petto, ma avrebbero potuto aspettare: si sentì infatti sollevato quando Stiles, subito dopo essere stato visitato dall’equipe medica, si abbandonò stremato al sonno. Aveva bisogno di riposo.
Da allora continuava ad osservarlo in silenzio, seduto accanto al letto nella penombra della stanza, cullato dalla corsa lenta e regolare dei respiri del ragazzo che mitigavano il suo cuore ferito di padre.
 
«I dieci minuti sono trascorsi - sussurrò Melissa affacciandosi sulla porta - Hai promesso che saresti andato a casa» gli ricordò avvicinandosi e posando delicatamente una mano sulla sua spalla
«Sembra così sereno ora» sospirò l’uomo
«Si riprenderà completamente, hai sentito i medici? - lo rincuorò - È un miracolo» sorrise visibilmente toccata perché quel ragazzino era una parte importante anche della sua famiglia.
Lo sceriffo ricordava bene cosa avevano detto i medici: Buone notizie. Nessun danno cerebrale. Funzioni vitali perfette. Lieve lesione al menisco mediale e laterale. Prognosi di trenta giorni e assoluto riposo. Ma erano solo parole che descrivevano freddamente l’aspetto fisico delle ferite, ciò che lo impensieriva di più, invece, era l’ombra di dolore e perdita che aveva appannato lo sguardo limpido di suo figlio poco prima che si rompesse tra le sue braccia.
 
«Ha solo bisogno di riposo - continuò Melissa - E anche tu» lo ammonì ancora una volta sperando di essere più persuasiva, ma l’uomo non riusciva a distogliere lo sguardo dal sonno di suo figlio.
«Avevo sottovalutato l’entità del pericolo che corre da quando tutta questa faccenda del sovrannaturale è entrata nella sua vita» sussurrò con un’impronta di biasimo per se stesso che suonò aspra e cupa sulla pelle della donna al suo fianco facendola rabbrividire
«So, cosa intendi - sospirò abbassando lo sguardo - Credo di poterti capire meglio di chiunque altro»
«Già, ma Scott è più forte ora, può guarire se viene ferito, mio figlio invece è sempre lo stesso: è fragile, ma sembra che non se ne renda conto, o che non abbia il senso del pericolo, perciò si butta nelle cose senza pensarci e farebbe qualunque cosa per i suoi amici - esitò appena prima di riprendere a parlare - Tutto questo è…»
«Coraggioso - intervenne Melissa finendo la frase per lui - È questa la parola giusta: Stiles è il più coraggioso tra tutti, ed è anche il più forte, non sottovalutarlo».

Lo sceriffo abbozzò un sorriso scettico e accarezzò di nuovo la fronte imperlata del suo bambino addormentato «A me non sembra così forte» mormorò con dolore
«Però lo è - ribadì la donna - Ripensa a tutto ciò che gli è accaduto finora, a ciò che ha dovuto combattere fuori e dentro di sé, eppure è sempre riuscito a rialzarsi senza rinunciare alla sua umanità, anzi forse ne è venuto fuori proprio grazie ad essa» sottolineò mentre osservava con amara dolcezza dipingersi nitido davanti a lei quell’amore paterno che invece a suo figlio era sempre mancato e una parte di lei non poteva fare a meno di attribuirsi un po’ di colpa per non essere stata capace di garantirglielo.

«Sai, ogni volta che Scott è impegnato in queste sue improvvise missioni in giro per i boschi o chissà dove, o quando so che sta facendo qualcosa di pericoloso, non sono i suoi poteri a farmi stare più tranquilla mentre aspetto che torni a casa sano e salvo, ma il fatto di sapere che Stiles è al suo fianco e che veglierà su di lui - confidò sedendosi accanto allo sceriffo che continuava a sfiorare la pelle pallidissima di suo figlio e a guardarlo come se fosse la cosa più preziosa che avesse mai visto - Stiles è più di un fratello per Scott, ed è anche il cuore del loro branco, la loro guida. È quel genere di persona che, se mai dovessi inciampare, sai che sarà lì a sostenerti o a tentare di farlo, e che non lascerebbe mai un amico da solo o in pericolo. È questa la sua forza: è coraggioso, altruista, leale, ed è la cosa migliore che sia mai successa a mio figlio» concluse esilmente sorridendogli con gratitudine.

«Lo so, sono davvero fiero di lui e forse dovrei dirglielo più spesso - ammise con gli occhi velati d’orgoglio e quel rimpianto tutto paterno di non saper dar voce ai propri sentimenti come ogni figlio vorrebbe - Ma talvolta vorrei soltanto che fosse più egoista e non pensasse sempre a salvare gli altri a scapito di se stesso»
«Non puoi cambiarlo, sei stato tu a crescerlo così, e hai fatto un ottimo lavoro - lo blandì con convinzione sfiorando il dorso della sua mano - E poi credo che aiutare gli altri, anche mettendo in pericolo la propria vita, sia una tara genetica Stilinski, non puoi onestamente rimproverarlo per questo!» gli fece notare, e lo sceriffo ridacchiò con lei stemperando così la tensione.

«Ora però, per favore, dammi ascolto: hai bisogno di riposo: non gli sarai di alcun aiuto se non ti prendi cura di te stesso - lo pregò ancora una volta - Va’ a casa, resterò io con lui» lo invitò dolce ma ferma porgendogli la mano per tirarlo su da quella sedia e accompagnarlo alla porta.
Lo sceriffo si arrese, strinse quella piaccola mano nella sua e la seguì dopo aver dato un’ultima occhiata al suo piccolo Stiles.
 
«Grazie» le sussurrò prima di uscire baciandola sulla guancia e indietreggiando subito nel sentirla irrigidirsi al tocco, evidentemente colta alla sprovvista da un gesto inopportuno.
«Scusami - sibilò subito mentre Melissa continuava a guardarlo con gli occhi sbarrati - Forse era un po’ troppo» farfugliò mortificato grattandosi la nuca
«O forse era troppo poco» mormorò la donna spiazzando entrambi e poi sorridendo di quella goffaggine adolescenziale che colorò lievemente i loro visi come forse non dovrebbe accadere a due persone adulte, ma è risaputo che l’età non abbia il potere di scalfire gli effetti ridicoli dei moti del cuore.

«Magari potremmo parlarne con più calma - propose lo sceriffo sviando il sorriso verso un’espressione più intensa e suadente - Preferibilmente non in ospedale né davanti a mio figlio che dorme, e vorrei aver fatto una doccia prima di iniziare questo genere di discorso» soggiunse ridendo di sé in un modo che non avrebbe dovuto essere seducente, ma la donna davanti a lui sembrava non essere dello stesso avviso a giudicare dal riverbero caldo e morbido nei suoi occhi prima di distogliere lo sguardo e ridacchiare con lui
«Credo anch’io che sarebbe ora di parlarne - gli soffiò sulla guancia prima di restituirgli il saluto - Buon risposo» gli augurò aprendogli la porta per farlo uscire
«A più tardi» le sorrise sgargiante lo sceriffo prima di voltarsi per andarsene, e se i due poliziotti di guardia davanti alla porta gli avessero lanciato uno sguardo d’intesa saturo di sottintesi prima di ridacchiare irriverenti tra loro, ne avrebbero discusso più tardi alla Centrale: aveva giusto dei turni notturni di pattuglia da rifilare a qualcuno nel weekend.



__o_O_o__


Stiles si risvegliò un paio d’ore dopo che suo padre fu convinto a lasciare l’ospedale: Melissa era seduta accanto a lui e leggeva una rivista canticchiando sottovoce mentre si arrotolava tra le dita i ricci che le ricadevano spettinati sul viso.
La rivista era al contrario.
Stiles era tuttavia troppo assonnato e confuso per accorgersi di questi dettagli o dell’espressione un po’ sognante che illuminava lo sguardo della signora McCall.
 
«Papà?» domandò con la voce impastata dal sonno non vedendo l’uomo da nessuna parte
«È andato a casa un paio d’ore fa per fare una doccia e risposare un po’» rispose sorridendo ampiamente
«Grazie» sorrise il ragazzo intuendo che non fosse stata un’impresa facile convincerlo ad allontanarsi da lì.

«Come ti senti?» mormorò Melissa tastandogli il polso e la fronte
«Meglio, credo, a parte il ginocchio e la confusione in testa, ma quella non è una novità per me» osservò sforzandosi di sorridere
«Vuoi che ti dia qualcosa per il dolore?» gli chiese premurosa
«No, vorrei scrollarmi di dosso questa sensazione di torpore e stordimento - mugolò stiracchiandosi - Però vorrei lavarmi, se è possibile»
«Certo, ti aiuto» si offrì prontamente
«Veramente non…» arrossì Stiles a disagio
«Oh - intuì prontamente Melissa - Vado a chiamare un’altra infermiera» gli propose in alternativa, ma l’espressione di Stiles non sembrava particolarmente sollevata
«Meglio un infermiere? - si corresse subito sorridendogli comprensiva e il ragazzo annuì la sua gratitudine - Oppure credo di conoscere qualcuno che sarebbe felice di aiutarti e visto che avete fatto il primo bagnetto insieme a sei ann..»
«Un infermiere andrà benissimo» la interruppe Stiles distogliendo lo sguardo per schermarsi dal giudizio della donna, ma Melissa gli sorrise dolcemente e gli accarezzò il viso
«Stiles, so che non vuoi farti vedere da nessuno ancora - gli sussurrò amorevole - Ma tu troppo importante per tante persone, tesoro, e hanno bisogno di te, ora più che mai».

Stiles si accigliò in un’espressione molto scettica al riguardo che Melissa spazzò via sedendosi sul letto e, con il tatto e la cura necessari, lo invitò a non dubitare mai di quanto la sua vita fosse preziosa per suo padre, per i suoi amici, per Scott.
«Non tenere lontane le persone che ti vogliono bene, non fa bene a loro, e soprattutto non fa bene a te - soggiunse con quell’apprensione gentile di mamma che a Stiles mancava come l’aria - Hanno davvero bisogno di starti vicino e tu di averli intorno, e poi dubito che i due agenti di guardia qui fuori o le minacce di tuo padre e mie riusciranno a tenerli lontani ancora a lungo» concluse incoraggiandolo con lo sguardo.

«Io sarei riuscito ad entrare comunque» confessò il ragazzo illuminandosi di un sorriso finalmente limpido e incontaminato
«Non ho alcun dubbio» rise la donna alleggerita nel vedere davanti a sé il ragazzo coraggioso che conosceva rimettersi di nuovo in piedi
«Magari, dopo la doccia … - esitò un attimo Stiles prima di sciogliersi in un sorriso ancora più marcato - puoi chiamare Scott per dirgli di venire e di portare anche Lydia, se vuole vedermi, ovviamente» aggiunse giocherellando nervosamente con l’orlo del lenzuolo
«Credo che farei prima ad uscire da quella porta e dirglielo di persona» gli rivelò compiaciuta e felice di ritrovare anche nei gesti quella frenesia incontrollabile che era Stiles
«È qui?» sussultò il ragazzo
«Sì, e c’è anche Lydia: sono qui da stamattina, come ogni mattina da quando sei arrivato - rispose Melissa - Ma ora vado a chiamare quell’infermiere perché mio figlio mi ucciderebbe se sapesse che ho ritardato il vostro incontro anche solo di un minuto» lo avvisò mentre si avvicinava alla porta.

«Aspetta! - la fermò Stiles colto dalla smania di riabbracciare il suo branco - La doccia non è così urgente… voglio dire, non credo di puzzare. Puzzo? Perché forse allora sarebbe meglio farla ora, insomma non vorrei che…»
«Stiles - lo interruppe ridacchiando - Li faccio entrare?»
«Sì, subito! - fremette il ragazzo - Per favore» aggiunse con più educazione sorridendole supplichevole e Melissa rise alzando gli occhi al cielo, poi corse ad avvisare suo figlio.



__o_O_o__


Due minuti più tardi, Stiles respirava a fatica travolto dall’abbraccio di Scott.

«Ehi Scotty, io sarei convalescente e tu sei pesante, perciò…» annaspò sotto il peso del ragazzo
«Hai ragione, scusami» convenne Scott senza tuttavia muoversi di un centimetro.
Stiles rise e si rassegnò a tenerselo addosso come il gigantesco koala che era il suo migliore amico.

«Ciao» salutò poi Lydia che li osservava raccapricciata ai piedi del letto
«“Ciao”? Questa è la prima cosa che hai da dire? - proruppe sdegnata incrociando le braccia - Perché non inizi con “Mi dispiace, non lo farò mai più”?»
«Non è stata colpa mia» si giustificò Stiles che tuttavia pativa lo sguardo d’accusa della ragazza sentendosi inevitabilmente in colpa
«E allora? - sbuffò la ragazza spostandosi una ciocca di capelli dal viso - Non osare mai più farmi spaventare in quel modo, va bene? Non sono pronta a mettermi a urlare per te prima di almeno altri novant’anni, chiaro?» stabilì senza appello mentre i suoi occhi raccontavano morbidi tutta l’ansia e l’affetto vibrante che la legava al ragazzo
«Chiarissimo» sussurrò Stiles sorridendole grato
«Perfetto. Allora, come stai?» gli chiese avvicinandosi e piantando le unghie perfettamente laccate sulla spalla di Scott per aiutare Stiles a liberarsi dalla morsa letale del giovane lupo che si scostò finalmente
«Bene, stordito, ma bene» rispose riprendendo a respirare.

«Ricordi cosa è successo?» domandò Scott rassegnandosi a sciogliersi dall’abbraccio e sedersi sul letto accanto al suo migliore amico
«Sì, sono stato rapito» sospirò il ragazzo
«Già, ma come è successo?» chiese Lydia sedendosi con grazia sulla sedia accanto al letto e guardandolo con apprensione
«Ero nel bosco - iniziò a raccontare Stiles - vicino a casa Hale»
«Cosa ci facevi nel bosco vicino a casa Hale?» si stupì Scott
«Ogni tanto vado lì quando ho bisogno di silenzio, mi aiuta a pensare»
«E tu riesci a pensare meglio in un rudere dove sono state bruciate vive delle persone?» domandò con raccapriccio la ragazza alzando un sopracciglio perfettamente delineato
«In effetti è strano» considerò il giovane lupo fissando stranito l’amico
«Oh sentite, non starò qui a farmi dare dello “strano” da un lupo mannaro e una banshee! - protestò Stiles imbronciato - Comunque, ero lì e camminavo tranquillo. Poi ho sentito un dolore forte alla testa: qualcuno deve avermi colpito e sono svenuto, perché mi sono risvegliato in una sorta di magazzino umido e avevo addosso uno strano profumo»
«Artemisia» intervenne Lydia
«Come?» mormorò confuso Stiles
«Il profumo che hai sentito era di artemisia» rispose la ragazza
«Ti abbiamo cercato ovunque e abbiamo ritrovato la tua jeep, ma il tuo profumo era sparito coperto dall’odore di questa pianta - spiegò Scott e nei suoi occhi si poteva percepire tutta la paura di quei momenti - Era ovunque nel bosco e Deaton ha detto che si trattava di artemisia: è una pianta dedicata a Venere, ma nella cultura nordica era consacrata ad una dea»
«Morrigan - specificò Lydia - È una dea celtica che, tra le altre cose, si occupava di magia e aveva il dono della profezia. Pare che questa pianta venisse usata dai druidi nei rituali di divinazione e credevano che dormire su un guanciale di artemisia inducesse sogni profetici1».

Il respiro di Stiles rimase bloccato da qualche parte tra le parole “profezia” e “sogni profetici”, mentre la sua mente tentava frenetica di disegnare uno schema logico in cui inserire quelle informazioni che non riguardasse ciò che aveva visto nel suo sogno perché non poteva permettersi di credere che fosse qualcosa di diverso da un parto crudele del suo beffardo inconscio.

«Va tutto bene?» si agitò la ragazza accorgendosi del suo disagio
«C’era una donna tra i miei carcerieri - ricordò Stiles intravedendo un qualche nesso - Era molto anziana e aveva in mano una sorta di cristallo, ma non ne sono certo perché non l’ho visto da vicino. Tutti continuavano a chiederle se vedesse qualcosa, se stesse arrivando, ma lei rispondeva sempre: “Non ancora”. Si è avvicinata a me solo una volta mentre gli altri erano via: aveva gli occhi velati come da una patina d’argento e ho pensato fosse cieca, ma non lo era perché mi ha guardato dritto in faccia e mi ha detto di stare tranquillo perché “lui” stava arrivando per me. Non so cosa volesse dire, però dal ghigno agghiacciante ho immaginato che non fosse nulla di buono».

«Forse era l’emissario del branco» immaginò Scott
«Era?» si insospettì Stiles
«Già» abbassò lo sguardo il giovane alfa
«Li avete uccisi?»
«No, siamo arrivati troppo tardi, erano già morti» rispose Scott e c’era un’inconfondibile retrogusto di delusione nella sua voce, come se in realtà avrebbe preferito che fossero stati ancora vivi per potervi affondare i suoi artigli e vendicare il dolore inflitto al suo migliore amico.

«Chi li ha uccisi?» domandò disorientato Stiles
«Non ricordi?» sussurrò Lydia
«No - scrollò la testa il ragazzo - L’ultima cosa che ricordo è uno di loro che discuteva al telefono e poi si è avventato su di me: era un licantropo, un alfa, uno di quelli che erano sempre lì con me insieme alla donna anziana e altri due mutaforma che non ho ben capito cosa fossero. Era il più violento e probabilmente mi ha colpito più forte delle altre volte perché devo aver perso i sensi e poi mi sono risvegliato in ospedale» spiegò mentre Scott ringhiava al suo racconto estraendo istintivamente gli artigli
«Shhh, Scotty, va tutto bene ora» gli sussurrò stringendogli delicatamente il polso per lenire la rabbia che si stemperò al suo tocco
«Scusa» gli sorrise riprendendo il controllo del suo lupo.
 
«Sai cosa volevano da te?» chiese Lydia
«Erano a caccia» rispose stringendosi le spalle
«Di cosa?» si incupì Scott
«Derek - annaspò senza voce - Cercavano Derek» ripeté con più tono.
 
Era la prima volta che quel nome raggiungeva le sue labbra da quando si era risvegliato e, benché fosse stato appena un sussurro, risuonò forte dentro di lui, ferendolo.  
 
«Derek…» ripeté lentamente Lydia accigliandosi pensierosa
«E perché diavolo avrebbero dovuto rapire te?» borbottò sempre più perplesso Scott
«Perché avevano perso le sue tracce e credo che, essendo l’unico umano del tuo branco, abbiano pensato che sarebbe stato molto più facile e meno pericoloso per loro estorcere informazioni da me» rispose immediatamente perché, da quando era stato preso in ostaggio, questa era la spiegazione che si era dato ossessivamente in modo da evitarsi anche solo di ipotizzare qualunque altro motivo plausibile per essere stato scelto dai rapitori come tramite privilegiato per raggiungere Sourwolf, e dover poi ammettere con se stesso di sperarlo.
 
«Il lupo avrebbe dovuto capire subito che non sapevi dove fosse Derek e lasciarti andare» obiettò il giovane alfa
«Beh…» farfugliò Stiles sfuggendo colpevole ai loro sguardi
«Tu lo sapevi» scattò Lydia e, benché non fosse una domanda, Stiles annuì
«Eh?» esclamò interdetto Scott
«Sì Scott, lo sapevo» ammise il ragazzo
«E come è possibile visto che non ha detto a nessuno dove era diretto prima di sparire nel nulla?» incalzò la ragazza inchiodandolo con uno sguardo ermetico
«Beh, se uno non vuole farsi trovare non usa le sue carte di credito ovunque vada e per qualunque acquisto» borbottò sulla difensiva
«Hai tracciato la lista dei movimenti delle sue carte di credito?» domandò Lydia lanciandogli un’occhiata sospettosa e ammirata nel contempo
«Ma soprattutto: perché?» fremette il suo migliore amico
«Perché volevo sapere dove fosse - proruppe esasperato - Nel caso tu avessi bisogno di lui» aggiunse immediatamente perché sentiva di doversi difendere dalla verità che gli era sfuggita dalle labbra nell’impeto della risposta.

Scott e Lydia sembravano tuttavia piuttosto scettici.

«Mi piace avere tutta la situazione sotto controllo, va bene?» ritentò Stiles perché anche questa era indubbiamente una verità, e Scott annuì
«A me va benissimo» sorrise invece piuttosto compiaciuta Lydia che aveva l’aria di una gatta che aveva appena scovato la sua preda.

Ignaro dello scambio di guardi tra gli altri due e del disagio improvviso di Stiles che pennellò di un rosa tenute il pallore del suo incarnato, Scott rimuginò quei due minuti necessari per metabolizzare le nuove informazioni, poi riversò un fiotto di incredulo disappunto sull’amico per essere stato completamente folle a farsi torturare e rischiare la vita piuttosto che rivelare dove si trovasse Derek Hale.
«Tu avresti fatto lo stesso» lo zittì Stiles che iniziava ad odiare la piega che stava prendendo la conversazione
«Io no, non sono poi così affezionata al soggetto» sbuffò Lydia, Scott invece non poté dargli torto e questo bastò a Stiles per lasciar cadere la questione.

«Questo è tutto ciò che ricordo prima di perdere conoscenza, raccontatemi voi il resto» li esortò, ma i due ragazzi sembravano entrambi nervosi e scomodi, e si scambiarono uno sguardo di reciproco invito a farsi carico del racconto.

Preoccupato, Stiles tentò di distendere la tensione «Non può essere peggio di ciò ricordo, giusto? - si sforzò di sorridere - Non mi avete ancora detto come siete riusciti a trovarmi» propose convinto che fosse un ottimo punto da cui partire: il salvataggio della damigella in pericolo era sempre stato il momento preferito di ogni storia per Scotty, e pur di metterlo a suo agio, Stiles era disposto anche a mettere da parte l’orgoglio ferito e ascoltare di come il suo cavaliere l’avesse salvato.
«Infatti non ci siamo riusciti» sussurrò abbattuto Scott abbassando lo sguardo.
 
Stiles sapeva che non avrebbe dovuto sperare neppure per un attimo che per una volta la damigella fosse riuscita a salvarsi senza l’aiuto di qualcuno, eppure lo fece: per un breve, meraviglioso istante disse a se stesso di non dover ringraziare nessuno e fu una sensazione magnifica.
 
«È stato Derek a trovarti» rivelò sommesso l’alfa.
Quel breve, meraviglioso istante si sgretolò nel breve spazio di due sillabe: Derek.
 
«Cosa?» proruppe scosso tenendo a freno la mente che premeva per sapere come fosse arrivato lì, e il suo cuore che non osava chiedersi perché.

«Pare che i rapitori l’abbiano contattato con il tuo telefono prima di disfarsene per non essere intercettati» spiegò Lydia intuendo le sue perplessità e forse anche qualcos’altro a giudicare dall’intensità con cui lo scrutava
«Non è possibile - protestò - Lui non risponde mai alle chiamate e ignora anche i messaggi perciò..»
«Forse i tuoi non li ignora» incalzò la ragazza leggendolo dentro.

«Questo è quello che ha detto lui - intervenne Scott - Io so soltanto che mi ha chiamato appena ha capito dove fossi e siamo corsi subito sul posto, ma quando siamo arrivati non c’era più nessuno»
«Nessuno vivo» specificò Lydia
«Li ha uccisi lui» realizzò senza voce e Scott annuì con
ancora davanti agli occhi ogni agghiacciante dettaglio della scena che si offrì ai loro occhi quando entrarono nel magazzino.

«Poi ti ha portato subito in ospedale - continuò Lydia adombrandosi al ricordo - E dopo…» esitò appena torturandosi le labbra, ma tanto bastò a far martellare il cuore di Stiles.

«Dopo?» reclamò senza fiato una risposta
«È andato a cercare il resto del branco» terminò Scott.

Nella giovane vita di Stiles gli accadeva di continuo di avere la netta sensazione che tutto il suo mondo fosse sospeso e che qualunque cosa fosse accaduta non appena avesse ripreso a muoversi, ne avrebbe cambiato il corso.
Gli era successo per anni ogni volta che aveva avuto davanti Lydia Martin, il suo primo struggente amore: sapeva che sarebbe bastato un suo sguardo, una parola, un sorriso per capovolgere il suo mondo.
Succedeva ogni volta che suo padre era di turno e sullo schermo del suo telefono appariva il numero della Centrale di polizia: smetteva di respirare finché non sentiva la voce di suo padre e si riprometteva da allora in poi di abbracciarlo di più e dirgli più spesso quanto gli volesse bene, perché negli attimi di paura irrazionale di averlo perso non faceva che torturatarsi al pensiero che potesse essersene andato senza sapere quanto profondamente lo amasse.
Stavolta invece non era sicuro di volere che il suo mondo riprendesse a muoversi: restare sospeso aveva improvvisamente un’irresistibile attrattiva.

Eppure qualcosa di più forte lo pervase sottopelle, una rabbia sottile che prese il sopravvento prima che potesse capirne la fonte e la ragione.
«E voi l’avete lasciato andare da solo contro un branco di assassini che lo volevano morto?» inveì contro i suoi amici lasciando il suo mondo e il suo cuore sospesi su quell’ultima parola
«No, siamo andati con lui - si difese Scott - Ormai la cosa riguardava tutti noi. Ed era personale» aggiunse con gli occhi screziati di rosso e affetto vero, sfumando così la rabbia di Stiles.

«Li avete trovati?» domandò esitante
«Sì»
«Li avete uccisi?»
«Gli Argent si sono occupati di loro» rispose ancora il giovane lupo
«Quindi è andato tutto bene, vero?» gli tremò in gola perché, sebbene avesse deciso di restare sospeso e non chiedere apertamente cosa fosse successo all’uomo che l’aveva salvato, aveva bisogno di respirare di nuovo
«Sì, nessuno si è fatto male» chiarì Lydia accarezzandolo con lo sguardo mentre il mondo di Stiles riprendeva a muoversi e l’aria ad inondare i suoi polmoni.

«Li hanno presi tutti, tranne il capobranco» soggiunse Scott incupendosi
«È riuscito a scappare?» si allarmò Stiles. 
«No» scrollò la testa Scott abbassando lo sguardo, poi si rivolse a Lydia che si sentì investita del dovere di continuare lei da lì in poi.

La ragazza inspirò profondamente e buttò fuori l’aria in un unico soffio «È Jackson».

Il mondo di Stiles si era capovolto di nuovo.

«No» annaspò
«Sì, invece, c’è lui dietro tutto questo» mormorò Lydia schermandosi dietro un’aura algida che tuttavia traballava nel suo sguardo squarciandola e lasciando filtrare il suo dolore muto da ogni crepa.

«Ha messo su un branco di…» tentò di spiegare Scott
«Rinnegati?» indovinò Stiles raggelandosi
«Già - annuì il ragazzo - Sembra che volesse vendicarsi di coloro che gli hanno rovinato la vita, e Derek…»
«Era il primo della lista» lo anticipò ancora Stiles scrutando il vuoto davanti a sé con occhi vitrei
«Esatto - confermò Scott che era abituato all’intuito fenomenale del suo miglior amico, per cui non si stupì d fronte a quella per per lui era solo un
ulteriore prova del suo talento - Questo è tutto ciò che sappiamo perché, dopo averlo catturato, Derek l’ha portato via con sé e non lo sentiamo da allora» finì di raccontare posando una mano sulla spalla dell’amico che sembrava pietrificato.

«Stiles?» si preoccupò Scott allertando si suoi sensi che furono investiti dall’onda di panico acre e crudo che trasudava dal suo migliore amico
«Ehi Stiles - lo scosse delicatamente distogliendolo dal vuoto che aveva risucchiato tutti i suoi pensieri - Stai bene?» domandò allarmato
«Sì» mentì
«Forse dovresti riposare, sei pallidissimo» suggerì apprensiva Lydia che aveva ascoltato in silenzio e con il lutto nel cuore
«No, sto bene. Grazie di avermi raccontato tutto» abbozzò un sorriso esile cercando di arginare il frastuono di sconcerto e ipotesi che gli riecheggiava dentro, ma non era impresa facile soprattutto quando il viso scolorito di Lydia sfuggiva mortificato al suo sguardo costringendolo a rompere il silenzio che era calato tra loro.

«Pensate che l’abbia ucciso?» trovò il coraggio di sussurrare
«Non lo so - rispose Scott - Abbiamo provato a contattarlo, ma non risponde. So che ha parlato con tuo padre e..»
«Mio padre?» sussultò
«Sì, tuo padre sa tutto - lo avvisò - Gli abbiamo raccontato quello che abbiamo visto e ci ha detto che ieri ha parlato anche con Derek».

«Io credo che sia vivo» sibilò pianissimo Lydia riemergendo dall’ombra dei fantasmi del suo passato
«Lo penso anche io - concordò il giovane lupo - Jackson è un alfa potente ora, non credo sia così facile ucciderlo»
«Anche Derek è un alfa» sottolineò Stiles che iniziava a chiedersi se quel nome nella sua bocca avrebbe smesso di ferirlo prima o poi 
«No, è un beta» lo corresse l’amico
«Non è possibile: vi ho detto che uno di quelli del magazzino era un alfa, perciò se è stato Derek  ad ucciderli, dovrebbe essere un alfa ora, no?» cercò di razionalizzare mentre ormai si rassegnava a patire gli effetti del suono di quel nome probabilmente per il resto della sua vita
«Non lo so, ma ti assicuro che è un beta - chiuse il discorso Scott - i suoi occhi sono..»
«Blu» lo anticipò Stiles, esattamente come quelli terrorizzati ma splendidi che aveva creduto di sognare risvegliandosi dal coma.

Si strinse le tempie quasi volesse impedire al suo cervello di deflagrare nel vano tentativo di trovare un nesso logico nella confusione incoerente che era diventata la sua vita, in cui ancora faticava a distinguere verità e inganno.

«Ti fa male la testa? - gli chiese Scott - Vuoi che ti porti via il dolore?»
«No - rifiutò deciso - Ma forse avete ragione, sono stanco»
«Dovresti riposare - assentì Lydia raddolcendosi - magari torn..»
 
 
«Buone notizie figliolo - annunciò eccitato lo sceriffo entrando nella stanza - Ciao ragazzi, che ci fate qui?»
«Mi stavano raccontando quello che è successo» rispose Stiles
«È ancora troppo debole, vi avevo detto molto chiaramente di stargli alla larga!» li biasimò con un misto di rabbia e delusione che riuscì ad intimidire persino Lydia
«No papà, va tutto bene, sono stato io chiedere di vederli» intervenne Stiles in soccorso degli amici che strisciavano verso la porta
«Stavamo andando via, comunque - si difese Scott - Ci vediamo domani mattina?»
«Sarà dimesso domani mattina - li informò lo sceriffo - Ero venuto a dirti questo» sorrise rivolgendosi a suo figlio
«Davvero?» si illuminò Stiles e l’uomo annuì con affetto ben sapendo quanto suo figlio odiasse gli ospedali, come lui del resto.

«Grande! - esultò Scotty - Allora ti aspetto a casa tua domani» si autoinvitò raggiante guadagnandosi un’occhiata torva dallo sceriffo che lo afferò per il collo della camicia e lo trascinò in disparte per profilargli delle opportune quanto tassative linee-guida sulla cura e la tutela che si aspettava fossero riservate a Stiles da parte sua e del suo branco, o avrebbe schermato la casa dal sovrannaturale finché non fosse guarito o magari per sempre. 

Mentre lo sceriffo terrorizzava l’alfa come solo un padre protettivo sa fare e Stiles cercava di intercedere per l’amico con scarsi risultati, Lydia continuava ad osservare il ragazzo disteso sul letto in cerca di risposte che acquietassero quella sensazione, forte ed insopportabile per lei, che ci fosse dell’altro a tormentarlo oltre ai ricordi di quell’esperienza. Decisa a combattere con lui ogni eventuale ombra, inspirò alzando le spalle e gli si avvicinò.
«Vengo più tardi, così possiamo parlarne» gli sussurrò pianissimo all’orecchio
«Di cosa?» tremò Stiles
«Di qualunque cosa» gli rispose morbida sorridendogli con complicità.

«Okay - capitolò lo sceriffo roteando gli occhi di fronte allo sguardo da cucciolo che Scott non esitò ad usare per muoverlo a pietà - Facciamo che venite entrambi a pranzo da noi domani, se a te va bene» aggiunse rivolgendosi a Stiles per avere il suo benestare
«Va benissimo» sorrise il ragazzo
«A domani allora» gongolò come un bambino Scotty
«A presto» salutò Lydia lanciando uno sguardo d’intesa a Stiles, prima di uscire dalla stanza trascinandosi dietro l’alfa.



Una volta oltre la porta, i due agenti di guardia raddrizzarono la loro postura stanca e, in perfetta sincronia, salutarono sorridenti «Signorina Martin» ignorando completamente Scott che per fortuna non era una persona permalosa.
«Agente Taylor - rispose la ragazza con garbo - Christian2» soggiunse seducente rivolgendosi all’agente più giovane che arrossì, poi si allontanò compiaciuta ondeggiando sui suoi tacchi.
 
«Come sei riuscita a rimorchiare qualcuno anche in questa situazione?» ridacchiò Scott con una certa ammirazione
«Beh, qualcuno doveva pur tentare di corromperli per entrare in quella stanza quando lo sceriffo si è allontanato - spiegò con fare innocente - Purtroppo però non ero il suo tipo»
«Preferisce le more?» ipotizzò divertito
«No, preferisce i ragazzoni tenebrosi con gli occhi verdi e le giacche di pelle» sogghignò, perché Lydia Martin sapeva ammettere le sue sconfitte con eleganza e inoltre vedere quel certo ragazzone sfoderare il suo fascino sul povero agente pur di poter scivolare nella notte dentro quella stanza, era stato deliziosamente illuminante.

«Eh?» esclamò confuso Scott
«Lascia perdere» sviò comprimendo poi le labbra mentre pregustava i possibili sviluppi di quello scenario inedito, ora che aveva visto il convalescente di quella stanza scuotersi al solo pronunciare il nome di quel certo ragazzone.

«Forse avresti dovuto puntare sull’altro» le fece notare il ragazzo riscuotendola dai suoi pensieri
«No, l’altro aveva puntato me» rivelò sistemandosi i capelli sulle spalle
«Meglio! Ti avrebbe facilitato il lavoro»
«Non bisogna mai mischiare il lavoro con il piacere, McCall» sussurrò maliarda e Scott rise mentre la accompagnava fuori dall’ospedale dove invece lui si sarebbe trattenuto ancora un po’ ad attendere la fine del turno di sua madre e quindi rientrare a casa con lei.
 
«Come ti è sembrato Stiles?» le chiese prima di separarsi
«Si riprenderà - affermò decisa - Deve solo trovare la sua strada» aggiunse con una spiccata nota di dolcezza prima di salutarlo e andare via con un sorrisetto indecifrabile.



__o_O_o__


«Quindi sai tutto» mormorò Stiles una volta rimasto solo con il suo papà
«Quello che mi hanno detto i ragazzi e Derek Hale»
«L’hai interrogato?» domandò giocherellando nervosamente con l’orlo dell’orrendo camice che indossava.
Suo padre annuì e si sedette sul letto accanto a lui.

«Quindi sai che è stato Derek a trovarmi e a portarmi qui?» sospirò e in realtà non era una domanda, ma solo il bisogno inconscio di una conferma, o l’occasione per dimostrare a se stesso che poteva pronunciare quel nome senza essere assalito da una strana miscela di nostalgia e qualcos’altro che ancora non riusciva o non voleva inserire nella giusta categoria
«Certo, mi ha chiamato appena ti ha trovato e poi abbiamo parlato la mattina dopo - rispose lo sceriffo studiando l’espressione sul viso di suo figlio - Ha rilasciato una deposizione alla polizia per archiviare il tuo caso»
«Cosa?» sussultò il ragazzo che solo allora realizzò che ciò che gli era successo era di dominio pubblico e avrebbe dovuto dare spiegazioni alle autorità, ovvero mentire per proteggere i suoi amici e quel mondo nascosto in cui era stato catapultato da appena un anno, ma di cui gli sembrava di essere parte da sempre.

«Stiles, era necessario trovare un movente e una versione dei fatti che tutelasse tutti - spiegò suo padre - Quelle persone avevano delle fedine penali che parlavano già da sole: erano ladri, assassini, stupratori, che evidentemente erano in città per mettere a segno il loro prossimo colpo e chiunque si occupi di indagini non faticherebbe a credere che rapire il figlio dello sceriffo possa essere parte del loro piano» continuò con la gola arsa d’amaro perché ripensare al suo bambino in mano a quei delinquenti lo avvelenava dentro.

«E Derek?» soffiò via il ragazzo e stavolta il suono fluì dolce tra le sue labbra, domato nel profondo del suo stomaco dalla sensazione carezzevole che gli procurò il pensiero del lupo e suo padre che concordavano una versione plausibile di ciò che era successo. 

«Derek viaggiava sulla sua auto verso la sua proprietà quando è stato fermato da dei tipi loschi armati che l’hanno costretto a scendere dall’auto che poi hanno rubato e sono corsi via - sorrise brevemente al pensiero dell’insofferenza del giovane Hale a dichiarare di essere stato così vigliaccamente arrendevole - Lui è entrato nel magazzino, ti ha trovato e ha chiamato la polizia, ovvero me. L’auto rubata è stata ritrovata ieri carbonizzata contro un albero lungo la statale con i resti dei tuoi rapitori intrappolati dentro. Caso chiuso» dichiarò con un sospiro sollevato
«E qualcuno se l’è bevuta?» osservò scettico inarcando beffardo un sopracciglio
«Beh, non mi è venuto in mente nient’altro per far sparire i corpi e non dover dare troppe spiegazioni, non sono io il genio del crimine di casa - si giustificò lo sceriffo - E poi in questo modo tu dovrai solo riconoscere i tuoi rapitori dalle foto segnaletiche e sarà tutto finito» aggiunse con affetto, perché in effetti rendere il meno doloroso e lungo possibile il coinvolgimento di suo figlio, era stato l’aspetto decisivo che gli aveva fatto scegliere quella versione dell’accaduto, e per qualche motivo che non ebbe il coraggio di indagare, era stato lo stesso che aveva convinto anche Derek.

«Ti voglio bene» sussurrò Stiles con gli occhi umidi di tenerezza e gratitudine
«Anch’io - sorrise l’uomo stringendolo in un abbraccio deciso - Ma guai a te se mi fai prendere di nuovo uno spavento del genere, perché giuro che ti metto in punizione fino a quando avrai trent’anni» gli intimò tra i capelli prima di baciargli la tempia.
Stiles ridacchiò e si lasciò coccolare mentre rifletteva su quanto aveva appreso.

«Quell’auto incendiata non era davvero quella di Derek, giusto?» si chiese spezzando il silenzio mentre ragionava sulle eventuali falle nel resoconto rilasciato dal lupo alla polizia
«Temo di sì, invece - rivelò lo sceriffo liberandolo dal suo abbraccio - Gli devi un’auto nuova» lo informò serio, benché Derek non avesse battuto ciglio quando glielo aveva proposto.

«Dovresti sacrificare la tua auto - gli aveva detto sapendo di non avere il diritto di chiedergli tanto - Ma è la soluzione migliore per risolvere la questione del ritrovamento dei cadaveri e anche il tuo coinvolgimento»
«Va bene» era stato tutto ciò che Derek Hale aveva risposto prima di correre via a recuperare ciò che restava dei corpi dei rapitori e inscenare l’incidente. 

«Credo di dovergli molto di più» sussurrò Stiles e se un riverbero di vellutata dolcezza fosse trapelato nel suono della sua voce, sperò di essere stato l’unico ad accorgersene. 
«Considerate tutte le volte che l’hai salvato tu, direi che siete pari» lo confortò lo sceriffo con orgoglio.
Stiles sorrise e lasciò cadere la testa sulla spalla di suo padre ancora seduto accanto a lui, chiudendo gli occhi per gustare quel momento mentre la stanchezza iniziava ad avere la meglio su di lui.
 
«Credo sia meglio se tu riposi ora - suggerì suo padre - Io vado in Centrale e poi torno a darti la buonanotte»
«Non è necessario, preferisco che anche tu vada a casa a riposare - lo pregò premuroso - Ci vediamo direttamente domani mattina, va bene?»
«Sei sicuro?»
«Sì, stai tranquillo, io credo che dormirò per le prossime venti ore» sbadigliò stendendosi sul suo adorato cuscino che suo padre pretese che tenesse con sé anche in sala rianimazione
«Va bene, buonanotte allora» gli soffiò sulla fronte prima di baciarla
«Anche a te» sorrise Stiles lambendolo con uno sguardo adorante finché non fu oltre la porta e poté chiudere gli occhi e cedere al sonno avvolto da quella sensazione confortevole di cura e protezione che solo il suo papà avrebbe saputo dargli.
O almeno così credeva.



__o_O_o__


In realtà Stiles non riuscì a dormire quanto aveva previsto: si risvegliò dopo appena qualche ora, ma era riposato e, benché avesse ancora tanti nodi da dipanare nella sua testa e nel suo cuore, si sentiva più leggero.

Come promesso, Melissa fece in modo che un infermiere lo assistesse mentre beneficiava della sua doccia lenitiva e il ragazzo si ripromise di ringraziarla per aver scelto la persona perfetta: un omone gentile e bonario che seppe scacciare via ogni suo imbarazzo immediatamente distraendolo con il racconto del primo compleanno della sua nipotina che sperava di poter viziare e coccolare come non aveva fatto con suo figlio e con la sua ormai ex moglie a causa del suo lavoro e dell’aver dato tutto per scontato.
«Quando si è giovani si pensa di avere davanti tutto il tempo del mondo per dimostrare alle persone che ami quanto siano importanti - gli aveva detto mentre lo aiutava a sistemarsi nel box della doccia - Invece un giorno ti guardi intorno e quelle persone se ne sono andate, hanno la loro vita e qualcun altro ha rimediato ai tuoi errori dando loro l’amore di cui avevano bisogno. E non puoi farci più niente» aveva concluso con un sorriso amaro prima di lasciargli la privacy necessaria per la sua doccia, assicurandogli che sarebbe rimasto oltre la porta se avesse avuto bisogno di lui.

Stiles ringraziò l’uomo e lasciò che l’acqua calda sciogliesse la tensione dai muscoli contratti della sua schiena.
Evitò di chiedersi se un giorno sarebbe diventato uno di quei vecchietti soli che vivono di rimpianti circondati da gatti per non essere stato capace di riconoscere e scegliere in tempo la strada giusta per lui, perché non era ancora pronto a ragionare sul fatto che ora tutto ciò che sentiva giusto per lui erano un marito e tre bambini meravigliosi da amare con tutto se stesso.



__o_O_o__


Il tramonto aveva già iniziato a sfumare nei toni cupi della notte quando Lydia sorrise cordialmente ai due agenti di guardia e bussò alla porta di Stiles.
«Ciao» lo salutò sorridente
«Ciao» rispose Stiles accarezzando lo spazio vuoto accanto a sé per invitarla a sedersi sul letto.
«Allora, di cosa volevi parlarmi?» le chiese mentre la ragazza si sfilava le scarpe per stendere le gambe sulle lenzuola grigiastre dell’ospedale
«Veramente io sono qui per ascoltare» gli notificò sistemando meglio il cuscino alle sue spalle
«Cosa?» iniziò a preoccuparsi
«Qualunque cosa, Stiles»
«Io non ho niente da dire» si divincolò, ma non era così ingenuo da credere che sarebbe stato così facile mentire a Lydia Martin e farla franca
«Non è vero - lo inchiodò infatti la ragazza - E non è necessario avere un Q.I.  come il mio per accorgersene»
«Forse hai ragione - riconobbe non avendo altra scelta che essere sincero - Ma ho bisogno di capire da solo cosa c’è nella mia testa, prima di parlarne con qualcuno»
«Io ho sempre ragione - puntualizzò benché fosse ovvio - E da quando pensi di poter capire meglio da solo cosa c’è nella tua testa?» gli chiese impertinente incrociando le braccia e Stiles incassò quella verità con una risata che stemperò definitivamente ogni residua tensione.

«Senti Stiles, mia madre dice sempre che se vuoi liberarti di un peso, prima devi tirarlo fuori: solo quando ce l’hai davanti puoi prenderlo, buttarlo alle tue spalle e andare avanti più leggero. Se lo tieni dentro, invece, non potrai mai liberartene e lo porterai con te per sempre» cercò di convincerlo, ma fu piuttosto l’evidente preoccupazione sul suo volto a incrinare la riluttanza di Stiles
«Credo che tua madre abbia ragione» sorrise il ragazzo
«È una questione genetica» si pavoneggiò alzando le spalle.

«Lydia, io vorrei liberarmi di questo peso con tutto me stesso e andare avanti, ma non credo che parlarne possa aiutarmi - confessò abbassando lo sguardo - Ci sono troppe cose che non riesco a capire e parlandone mi sentirei ancora più ridicolo del solito, il che dovrebbe farti capire quanto sia grave» ironizzò mestamente
«Niente che abbia messo questo velo di tristezza nei tuoi occhi potrà mai essere ridicolo per me» gli assicurò decisa supportando le sue parole con l’affetto che splendeva nel suo sguardo.
Fu allora che Stiles cedette.
Forse aveva davvero bisogno di parlarne con qualcuno e Lydia era la persona giusta.

«È successo qualcosa poco prima che mi risvegliassi dal coma: credo di aver fatto un sogno o qualcosa del genere perché non avevo mai più fatto sogni così vividi da quando sono stato posseduto - strascicò quella parola tra i denti e respirò a fondo prima di continuare - Ma stavolta era come se vedessi tutto dall’esterno, anche me stesso, però riuscivo anche a sentire tutto ciò che provavo io e anche tutti gli altri, come se fossi dentro la loro testa: conoscevo il loro passato, i loro ricordi, riuscivo a leggere i loro pensieri e a percepire dentro di me ogni sfumatura dei loro sentimenti. Non so come spiegarlo meglio…» si scusò frustrato perché non era facile descrivere come in un sogno fosse stato possibile vivere dentro ogni sguardo e respiro altrui, sentire ogni emozione dentro il suo petto, ogni tocco sulla sua pelle, ogni desiderio nel suo sangue.

«No, credo aver capito - lo soccorse Lydia - È un classico esempio di narratore onnisciente con focalizzazione zero» decretò prontamente
«Stai facendo l’analisi del testo del mio sogno?» si accigliò Stiles
«No, cerco di assicurarmi di aver capito cosa intendi - ribatté senza scomporsi - Quindi? È così?»
«Sì, più o meno, in realtà era molto più intenso e coinvolgente e…» si inceppò perché improvvisamente l’idea di annegare di nuovo dentro quel sogno gli parve ancora più spaventosa.

«Cos’hai visto?» gli chiese Lydia e quando non ebbe alcuna risposta, raggiunse le mani nervose del ragazzo e le strinse tra le sue «Stiles - gli sussurrò incoraggiandolo - cos’hai visto?» ripeté con dolcezza
«Il mio futuro - respirò tra le labbra socchiuse - E anche il mio passato… però in realtà quello era una sorta di viaggio indietro nel tempo perciò non so come…» farfugliò
«Aspetta, fammi indovinare - lo interruppe Lydia alzando gli occhi al cielo - Per caso c’erano anche i tre spiriti del Natale presente, passato e futuro che ti hanno insegnato ad essere più buono con gli altri? Perché in questo caso, il tuo sogno avrebbe violato il copyright del “Canto di Natale” di Dickens, sai?» lo prese in giro e Stiles la ringraziò con lo sguardo per essere sempre capace di indovinare di cosa avesse bisogno, e in quel momento dissipare la tensione era in cima alla lista.

«Non c’erano spiriti e non era Natale - le sorrise - E poi il mio presente era il futuro, cioè tutto è partito da lì… almeno credo… Te l’ho detto che è tutto confuso» sospirò demoralizzato
«Va bene, credo di aver capito - lo rassicurò - Ed era così terribile?» gli chiese accarezzandogli le dita ancora custodite tra le sue
«Cosa?»
«Il tuo futuro»
«Per niente - rispose lasciando cadere ogni difesa - Era perfetto» gli tremò il gola.

«E allora perché sei così triste?» cercò di capire
«Perché non avrò mai quel futuro, Lydia. Mai.» costrinse ogni suono su per la gola svincolandosi dal tocco delle mani della ragazza per stringersi le spalle e difendersi dall’amarezza che riusciva quasi a gustare tra le sue labbra mentre continuava a liberarsi del peso che aveva dentro «Come ti sentiresti se qualcuno ti mostrasse cosa si prova ad avere qualcosa che prima non sapevi neppure di desiderare, anzi era proprio l’ultima cosa che avresti mai potuto pensare che potesse renderti felice in quel modo così…»
«Perfetto?» suggerì Lydia citando le sue parole
«Già. Io non ho mai provato niente del genere in tutta la mia vita - ammise con un fil di voce - Poi però ti svegli e sai che non potrai mai averla ed è come precipitare all’inferno» sibilò esasperato ed era esattamente così che si era sentito quando si era risvegliato accanto a suo padre e aveva realizzato che ciò che aveva visto era perduto per sempre

«Forse il tuo inconscio voleva solo mostrarti la strada per essere felice» ipotizzò Lydia
«Quella strada non esiste - obiettò risoluto perché non poteva permettersi neppure di sperare il contrario - No, il mio inconscio sa essere crudele, ma non fino a questo punto»
«E allora cosa pensi significhi?»
«Non lo so e non lo voglio sapere. Vorrei solo dimenticare tutto il più in fretta possibile e spero che questo basti a cancellare il vuoto che sento adesso» espirò lasciando ricadere la testa all’indietro e serrando gli occhi come quando era piccolo e aveva paura dei mostri: allora buttava fuori tutta l’aria, chiudeva gli occhietti e contava fino a tre prima di riaprirli, e i mostri non c’erano più.
Ma era abbastanza sicuro che stavolta i suoi mostri sarebbero stati ancora lì, dentro di lui.

«Stiles, abbiamo visto avverarsi cose talmente assurde finora che fatico a credere che possa esistere qualcosa di veramente impossibile» rifletté la ragazza
«Oh, ti assicuro che questo lo è!» esclamò ridacchiando istericamente
«Eri una donna di colore eletta presidente degli Stati uniti con il sostegno dei repubblicani? Ecco forse giusto questo potrebbe non accadere mai» considerò sarcastica amplificando la risata di Stiles che finalmente riportò i suoi occhi su di lei prima di richiuderli, respirare a fondo e lasciar uscire il mostro
«Ero sposato».
 
«È questa la cosa impossibile: tu che ti sposi?» sbottò aggrottando le sopracciglia perfette
«Beh forse è già abbastanza assurdo, vero? - rise Stiles - Non ho mai davvero pensato di essere tagliato per il matrimonio, ho sempre immaginato di essere più un tipo alla “Zio Stiles, quello strano, single a vita che bivacca sul divano con una colonia di gatti”, quello che si invita a Natale in famiglia perché i bambini lo adorano e per evitare che si deprima troppo…»
«Stai divagando» lo interruppe roteando gli occhi
«Lo so - sorrise nervosamente - è che se già il pensiero di essere sposato è assurdo, aver visto chi mi ha sposato è completamente inconcepibile»
«E chi sarebbe?» lo pressò, ma Stiles sapeva bene che quel nome non sarebbe mai uscito dalle sue labbra
«Non farmelo dire, ti prego, tutto questo è già troppo umiliante» si scusò sfuggendo allo sguardo di Lydia che non insistette oltre.

«Quindi, ricapitolando: tu hai sognato di essere sposato con qualcuno che non avresti mai pensato di sposare, giusto?»
«Sì - confermò Stiles - Non avrei mai pensato neppure di uscirci insieme» precisò tendendo invece per sé che forse non avrebbe mai pensato neanche di riuscire parlare con lui per più di dieci minuti senza che iniziasse a ringhiargli contro infastidito.
«Perché no?»
«Perché è completamente fuori dalla mia portata».

«Okay, in altre parole: tu trovi assurdo essere sposato con questa persona o anche solo uscirci insieme, soltanto perché pensi che sia fuori dalla tua portata - ragionò Lydia - ma questo non vuol dire che, inconsciamente o meno, tu non abbia accarezzato l’idea, perciò se ti sbagliassi e fosse alla tua portata...»
«Oh no, no, no, so dove vuoi arrivare e NO, non ho mai accarezzato l’idea. Punto. - si affrettò a precisare Stiles - Non ho mai accarezzato un bel niente, va bene?»
«Accidenti! Interessante matrimonio il vostro…» sorrise subdolamente maliziosa
«Per favore, abbi pietà» piagnucolò esasperato
«Scusa - si ricompose con un sorrisetto forzatamente innocente - Comunque era questa persona irraggiungibile a rendere il tuo futuro così perfetto, vero?» intuì ammorbidendo il tono della voce
«Sì - annuì immediatamente - lui e…»
«Lui?» incalzò la ragazza illuminandosi d’un tratto e Stiles maledisse se stesso e la sua lingua senza filtri
«Ecco… sì… può essere che io abbia effettivamente sognato di essere sposato con un uomo…» annaspò tamburellando freneticamente tra loro i polpastrelli delle dita
«Okay» commentò Lydia
«Okay? - sbottò incredulo - È tutto ciò che hai da dire?»
«Okay. Va bene - aggiunse la ragazza - Cos’altro vuoi che dica?»
«Non lo so, ma non sembri minimamente sorpresa» si agitò confuso
«Oh beh - ridacchiò la ragazza - Tu potresti essere sorpreso da quante cose non mi stupiscono affatto di questo tuo “sogno”» sussurrò sotto lo sguardo smarrito di Stiles a cui tuttavia non lasciò il tempo di ribattere
«Stavi dicendo che il tuo futuro perfetto dipendeva da lui e…?» lo invitò a continuare
«I nostri figli» rispose liberando un altro mostro
«Avevi anche dei figli?»
«Tre bambini bellissimi» sussurrò Stiles e stavolta il dolore della perdita riverberò ancora più intenso nei suoi occhi
«Tre figli» ripeté Lydia sorridendogli intenerita
«Sì, tre esserini meravigliosi che però non esisteranno mai, Lydia - esplose acre e ferito - E io non avrei mai voluto conoscerli, perché ora non riesco a togliermi il loro viso dalla testa e ho paura che non sarò capace di dimenticare cosa provavano per me e io per loro, e per lui»
«Stiles…» lo interruppe per evitare che si torturasse oltre, avvolgendo delicatamente le dita intorno al suo braccio
«Va tutto bene - mentì, anche a se stesso - È che tutta questa faccenda è paradossale e mi sento così stupido…» infierì su se stesso sottraendosi allo sguardo della ragazza «Ma mi passerà - continuò dopo aver ripreso fiato - Non preoccuparti, è solo che è ancora un ricordo troppo vivo e mi fa male» la rassicurò.

Lydia gli sorrise e si sistemò più vicino ancora aggrappata al suo braccio, quindi cercò i suoi occhi sollevandogli il mento «Dovresti parlargli di questo sogno» gli suggerì
«A chi?»
«Al tuo marito impossibile» rispose con convinzione e Stiles esplose in una risata travolgente
«Se ti avessi detto chi è, sapresti che questa è istigazione al suicidio! E so che alle volte non sembra così, ma ci tengo alla mia vita» annaspò quando riebbe fiato per parlare
«Non ho bisogno che tu me lo dica per sapere chi è, Stiles» mormorò e i suoi occhi supportavano quella verità in un modo così potente che Stiles smise di respirare per un lungo istante prima che la realizzazione lo colpisse in pieno
«Mi si legge in faccia, vero? - ansimò terrorizzato - Mi si legge in faccia e invece io non me ne sono mai accorto!» biasimò se stesso sentendosi ancora più ridicolo, se mai questo fosse possibile.
«Non te l’ho letto in faccia» lo corresse Lydia
«E allora come fai a saperlo?»
«L’ho letto nella sua» disse pianissimo immergendosi ancora più in profondità degli occhi atterriti di Stiles che la fissava pietrificato.

«Stiles, ero con Scott quando lui ci ha chiamato per dirci che ti aveva trovato. Scott è corso subito sul posto, ma io ho preferito andare ad aspettarti in ospedale» iniziò a raccontare leggendo nelle iridi offuscate del ragazzo le domande che non trovavano suono, strette in gola in un nodo acuminato che sembrava soffocarlo «Ero lì quando siete arrivati, ma non riuscivo a guardarti: eri ricoperto di sangue e così pallido… Sono rimasta lì, immobile, con il terrore di sentire l’urlo risalirmi in gola - le si strozzò tra le labbra mentre la voce le veniva meno - Sarei impazzita se fosse successo: non avrei mai potuto sopportare di perdere anche te» tremò ancorata al bronzo fuso degli occhi di Stiles che intrecciò le dita alle sue e se le portò sul petto.

«Avevo bisogno di concentrarmi su qualcos’altro perciò ho guardato lui - riprese inspirando profondamente - Mi sono focalizzata sul suo viso pensando che sarebbe stato più facile mantenere la calma, ed è stato allora che l’ho letto»
«Lydia, era solo preoccupato» minimizzò Stiles con la voce graffiata da quella consapevolezza, ma Lydia lo interruppe e continuò il suo racconto con davanti agli occhi l’immagine ancora nitida di ciò che aveva visto.

«I paramedici ti hanno letteralmente dovuto strappare via dalle sue braccia quando siete arrivati, e quando ti hanno allontanato da lui, io ho sentito il suo lutto e il bisogno di urlare per lui scorrere nel mio sangue, come se avesse la morte dentro»
«Era solo il senso di colpa - sussurrò Stiles sforzandosi di razionalizzare - Temeva di avere un’altra morte sulla coscienza»
«Non era senso di colpa - contestò decisa - Erano dolore e paura, gli stessi che ho visto riflessi sul tuo viso mentre Scott ti raccontava ciò che è accaduto e tu hai temuto che lui non fosse sopravvissuto» soggiunse disarmandolo.

«Era senso di colpa, anche il mio» si ostinò a ribadire perché quando ci si ritrova completamente indifesi, mentire può sembrare l’unica strada possibile per non essere schiacciati dal peso della verità
«Certo - sospirò per nulla persuasa svincolandosi dalle sue dita - Puoi non riconoscerlo e credere a qualunque altra spiegazione, ma questo non rende ciò che ho visto meno vero»
«Anche se tu avessi ragione, non cambierebbe il fatto che niente di ciò che io ho visto in quel sogno era vero» evidenziò snervato lasciando cadere le mani ora vuote sul grembo
«Forse non ancora» lo corresse fiduciosa
«Lydia, forse non mi sono spiegato bene: è impossibile» sbuffò stanco e provato Stiles
«Per essere un ragazzo così intelligente, come puoi essere così cieco e inconsapevole? - sbottò Lydia spazientita piantandogli addosso uno sguardo arso di disapprovazione - Forse quello che a te sembra impossibile, non lo è, sai? E di certo non lo è ai miei occhi» specificò prima di riversargli addosso il suo appello frustrato perché iniziasse a ragionare, finalmente, su quanto a lei pareva invece così possibile e, in modo sempre più nitido, perfino ovvio.
«Forse quel futuro esisterà, magari non esattamente così come l’hai visto, ma molto probabilmente con quel marito che a quanto pare lo saprà rendere “perfetto” - scandì per bene mentre la frustrazione cedeva il passo alla tenerezza - E forse quei bambini sono davvero da qualche parte che aspettano che i loro papà si decidano a smettere di comportarsi da idioti e avere paura di essere felici, e li mettano al mondo»
«Se sapessi come sono venuti al mondo, non diresti così» sbuffò con una risata morbida per smorzare l’entusiasmo della ragazza che invece inarcò un sopracciglio mentre un bagliore caldo accendeva il suo sguardo
«Vi ho aiutati io, no?» immaginò come se fosse scontato, destabilizzandolo
«Stiles - gli sussurrò sfiorandogli il viso contratto in un’espressione completamente smarrita - Davvero pensi che permetterei ad un’altra di mettere al mondo i tuoi figli?» gli fece presente senza alcuna esitazione racchiudendo in un sorriso splendido anche tutte le altre ragioni che erano sottese a quella sua straordinaria promessa e che scossero il cuore di Stiles liberandolo tra le sue labbra
«Sai che sono stato innamorato di te per gran parte della mia vita?» le disse infatti intrecciando la mano alle sue dita
«Sì, non eri molto sottile» lo prese in giro
«Beh, credo che continuerò ad esserlo per tutta la vita» le dichiarò ed era assolutamente vero
«Cerca di farlo discretamente però, perché non voglio essere sbranata da un marito mannaro possessivo» suggerì dissimulando l’emozione sapida che le spasimava nel petto.

Stiles ridacchiò e le immagini di suo marito gli invasero la mente, ma stavolta lasciarsene sommergere fu inaspettatamente meno doloroso «Lo era davvero, lo sai? - condivise quei ricordi con l’amica - Era molto, molto possessivo e lo ero anch’io»  aggiunse con una punta d’imbarazzo «C’era un legame fortissimo tra noi - continuò a raccontare - Mi mancava letteralmente il respiro quando non era con me, però riuscivo comunque a sentirlo sotto la mia pelle anche quando era lontano, era come se vivesse dentro di me… e per buona parte del tempo lo faceva davvero» rivelò con sorrisetto malizioso che ostentava un certo disinibito orgoglio: peccato che fosse arrossito furiosamente stemperando un po’ l’effetto spregiudicato delle sue intenzioni.
«Bene, immagino che quando parlavi di un sogno molto vivido e intenso, ti riferissi anche a questo, vero?- suppose con un ghigno soddisfatto - Quindi tuo marito era proprio perfetto in tutto, eh?» sorrise maliziosa
«Un gentiluomo sa sempre quando tacere - la ripagò stando al gioco - Dunque non parlerò della mia vita coniugale con te»
«Andiamo! - lo esortò stizzita - Porterò in grembo i vostri figli, dunque non puoi negarmi mai più niente» gli notificò e Stiles iniziò a temere di aver firmato la sua condanna
«Hai intenzione di usare questa cosa per farmi diventare il tuo schiavo?»
«Ovviamente - rimarcò scrollando le spalle - E ora rispondi» gli ordinò categorica
«Non lo so, quella parte non l’ho vista - confessò - Ho visto il prima e il dopo, ma mi manca ciò che è successo in mezzo» le confidò e se ci fosse stata una nota di rammarico nella sua voce, nessuno potrebbe fargliene una colpa: sognare di essere sposati con Derek Hale senza beneficiare di un’anteprima dettagliata delle cose che avrebbe potuto fare al suo corpo, sarebbe bastato di per sé a trasformare qualsiasi sogno in un terribile incubo.

«Cosa? - sbatté le palpebre incredula - Non posso crederci: hai un inconscio puritano!» desunse nauseata roteando gli occhi
«No! - si difese punto nell’orgoglio, perché in Stiles Stilinski c’era poco di “puritano”, e chiunque avesse dato uno sguardo alle sue fantasie, avrebbe potuto confermarlo - Non è che non ho visto proprio niente, qualcosa abbiamo fatto , ma non proprio il... servizio completo… Comunque diciamo che anche se non ho termini di paragone di nessun tipo, lui mi è sembrato molto, molto perfetto da quel punto di vista» farfugliò arrossendo nuovamente.

«Ottimo - si congratulò Lydia - Ora, però, ti prego di darmi retta: rimettiti in forze, ascoltati bene dentro e poi corri a prenderti tutto ciò che renderà il tuo futuro perfetto» gli consigliò fissandogli dietro le orecchie le ciocche di capelli indisciplinate e poi osservando soddisfatta il risultato con fare materno
«Non sono ancora pronto e forse non lo sarò mai, e non solo perché lui non mi vuole, ma anche perché non sono sicuro di volerlo neppure io - ammise con un certa qual tenerezza verso se stesso - Ciò che sento adesso potrebbe essere solo suggestione o la commozione cerebrale, e quando mi passerà prenderò tutto quello che ho visto quella notte per quello che è: un assurdo ma bellissimo sogno» sospirò abbassando lo sguardo e c’era una nuova serenità nella sua voce per cui Lydia sorrise morbida e si risistemò al suo fianco aggrappandosi al suo braccio.

«Ti va di raccontarmelo tutto?» gli chiese posando la testa sulla sua spalla
«Magari un’altra volta, ora sono stanco» rispose Stiles schiudendo le labbra sui suoi capelli in un bacio impercettibile
«Oh, hai ragione, scusami, dovresti riposare - mormorò mortificata alzandosi immediatamente dal letto - Vado via subito» aggiunse mentre si sistemava la gonna lievemente sgualcita e calzava nuovamente le sue scarpe rosso fuoco
«Aspetta - la fermò Stiles costringendola a sedersi nuovamente sul letto - Grazie» sussurrò con un sorriso luminoso che rivelava senza dubbio quanto si sentisse meglio adesso, ed era merito suo, ma Lydia, come accade solo agli amici veri, non aveva bisogno di riconoscimenti: quel sorriso senza ombre era il miglior ringraziamento possibile.

«Cerca di dormire - gli sorrise lambendo il dorso della sua mano con una carezza leggera - E magari potresti sognare cosa c’è tra quel prima e dopo che il tuo inconscio ha censurato» bisbigliò ammiccando
«Non credo che lo farò» rise Stiles fin troppo accaldato anche solo al pensiero: avrebbe aspettato di farlo quando fosse stato nell’intimità della sua stanza, dove avrebbe potuto gestire e risolvere con la dovuta privacy le eventuali conseguenze di quel genere di sogni.  
«Hai ragione: perché sognarlo, quando potresti viverlo molto presto?» osservò con un ghigno beffardo
«Lyd…»
«Shhh, non obiettare - lo interruppe serrandogli la bocca con un dito - Sai qual è stata la cosa più assurda che ho sentito in tutta questa storia?» gli chiese liberandogli la bocca dalla censura del suo indice
«Che io possa avere una vita sessuale?» ironizzò, anche se per lui questo rientrava in effetti nella top five delle assurdità del suo sogno
«No - ridacchiò Lydia - La cosa più assurda è che tu pensi che lui non sia alla tua portata»
«Ma mi hai visto?» si schernì il ragazzo gesticolando freneticamente verso il suo corpo
«Sì, è questo il punto» ribatté senza scomporsi dopo una breve panoramica su ogni angolo del ragazzo che si sentì inevitabilmente a disagio
«Tu non mi hai mai voluto» le fece notare ed era un’ottima argomentazione per confutare la tesi della ragazza
«Perché compenso la mia grande intelligenza con pessime scelte sentimentali - ammise con rassegnata consapevolezza - E poi i fidanzati vanno e vengono, invece io voglio averti nella mia vita più a lungo di qualsiasi altro uomo» mormorò velandosi di un imbarazzo pudico che rendeva quel proposito ancora più vero e radicato.

«Mettere al mondo i miei figli, potrebbe essere un buon modo» le sorrise lusingato
«Già! - cinguettò entusiasta - Però tu e il tuo marito mannaro dovrete decidervi a far nascere quei tre bambini prima che io compia trent’anni e la mia pelle inizi a perdere tono: scusami, ma non ti amo abbastanza per deturpare la perfezione del mio incarnato con delle smagliature» lo informò inorridendo al solo pensiero
«Quindi ho meno di tredici anni di tempo per convincere un sociopatico che vorrebbe strapparmi la gola con i denti ad amarmi in quel modo, sposarmi e mettere su famiglia con me? - ricapitolò sarcastico - Okay, posso farcela!» concluse ridacchiando
«Ottimo atteggiamento, ma credo che te ne basteranno molti, molti di meno - gli garantì alzandosi dal letto - Buonanotte» lo salutò baciandogli la fronte
«Buonanotte» rispose Stiles osservandola incantato scivolare leggera e bellissima oltre la porta.
 
Era davvero troppo stanco per ragionare su ciò che gli aveva raccontato Lydia, perciò decise di rimandare a domani, o a quando avrebbe avuto più chiari i suoi sentimenti al riguardo, quindi probabilmente a mai.
Spense la luce e scivolò dentro le lenzuola con un sorriso soave sul volto, e un attimo dopo era già sprofondato in un lungo sonno senza sogni.



__o_O_o__


Stiles si risvegliò nel cuore della notte con la gola arsa: raccattò a tentoni la bottiglietta d’acqua e bevve avidamente, poi si sistemò nuovamente sul cuscino deciso a rimettersi subito a dormire, ma finì invece per rigirarsi a lungo nel letto.
Quando finalmente stava per ricadere tra le braccia di Morfeo, una risatina soffocata catturò la sua attenzione e si tese in ascolto: c’era qualcuno oltre la sua porta che tentava di parlare con tono sommesso.

«Speravo di rivederti» gli parve di sentire, ma non era una voce che conosceva
«Hai solo mezzora prima che il mio collega ritorni» continuò la stessa voce e la curiosità del ragazzo iniziò a risvegliarsi in tutta la sua prepotenza
«Grazie» rispose secco il suo interlocutore e Stiles avrebbe riconosciuto quel tono burbero ovunque.

Derek Hale era dietro la porta della sua stanza e il suo cuore iniziò a fibrillare.
 
«Sono un poliziotto, siamo sempre disponibili a dare una mano ai cittadini - rispose la prima voce - Per qualsiasi loro esigenza» aggiunse e, per quanto Stiles non fosse ferrato in materia, quello era un tono seducente.

Derek Hale era dietro la porta della sua stanza, un poliziotto flirtava con lui, e il cuore di Stiles non sembrava gradire.
 
«Okay agente» mormorò e forse sorrise?

Derek Hale era dietro la porta della sua stanza, un poliziotto flirtava e lui probabilmente lo incoraggiava, e il cuore di Stiles decisamente non gradiva.
 
«Chiamami Christian, per favore» insistette seducente l’agente che di sicuro era quello nuovo e giovane che aveva visto alla Centrale la settimana prima e probabilmente ci sapeva fare molto più di lui con il flirting. Va bene, chiunque ci sapeva fare molto più di lui quanto a flirting, ma in quel momento Stiles non aveva bisogno di mortificarsi oltre.
«Grazie Christian» sussurrò Derek, e quello era un tono roco o cosa? Dove erano finiti i suoi soliti grugniti e i brontolii che invece sfoderava sempre con lui?

Derek Hale era dietro la porta della sua stanza, un poliziotto flirtava spudoratamente e lui lo incoraggiava esplicitamente, e il cuore di Stiles iniziava a detestare entrambi. 
 
«È il tuo fidanzato?» domandò l’affascinante Christian e il respiro di Stiles si inceppò.
«Cosa? No! - e Stiles non aveva bisogno di essere un lupo mannaro per riuscire a percepire lo stupore e probabilmente anche il disgusto che impregnava quelle parole - È un ragazzino!» aggiunse sbuffando una risata leggera che tuttavia affondò fredda e tagliente nel petto del ragazzo.
«Oh, bene» sospirò sollevato l’agente, ma Stiles non ascoltava più.

Derek Hale era dietro la porta della sua stanza e tutte le insicurezze di Stiles bruciavano ai bordi dei suoi occhi. 
 
 
Ignaro della ricaduta delle sue parole su Stiles, Derek entrò silenziosamente nella sua stanza richiudendo delicatamente la porta dietro di lui. Non appena varcò la soglia fu investito dall’onda aspra di dolore che permeava l’aria rendendola irrespirabile ai suoi sensi e intollerabile al suo lupo in modo così netto da farlo guaire, ma era un genere di reazione sulle cui cause era fortemente deciso a non indagare.
D’istinto corse invece a lenire quella sofferenza, come del resto aveva fatto ogni notte da quando aveva trasportato lì Stiles, intrufolandosi nei corridoi ormai deserti del reparto quando lo sceriffo e il resto dei ragazzi erano andati via e poteva aggirare facilmente il controllo degli agenti di guardia, o almeno di uno di essi. Non era orgoglioso di sé per aver dovuto sfoderare il suo fascino sul giovane agente, ma non era la prima volta e poi, come recita il proverbio, Tutto è lecito in guerra e in... quell’altra cosa lì.
 
Stiles sperò che Derek fosse lì per un rapido controllo e andasse via non appena lo scrupolo di coscienza fosse stato appagato: cercò dunque di stare immobile e sperare che il battito irregolare del suo cuore calpestato non lo tradisse. La mano di Derek era calda e solida, ma inaspettatamente delicata mentre sfiorava la ferita alla nuca e poi intensificava il contatto per assicurarsi un miglior risultato quando avesse iniziato a prendere su di sé parte di quel dolore.
Stiles rabbrividì e dovette soccombere all’evidenza: era un gesto gentile e premuroso, e meritava la sua riconoscenza esplicita e di sapere che non avrebbe dovuto torturarsi oltre perché era fuori pericolo e non aveva più bisogno di queste premure.
Raccolse dunque il suo coraggio e sperò che la voce non lo tradisse.
 
«Puoi smettere di farlo» sussurrò nel silenzio e Derek si staccò dalla sua pelle come se fosse stato bruciato
«Ti sei svegliato» realizzò e Stiles non volle soffermarsi su quanto la sua voce suonasse sollevata e dolce
«Eri qui con me quando è successo, giusto?» gli ricordò anche se non era sicuro di non aver sognato anche questo
«Pensavo…» di averlo sognato risuonò nella sua testa «Non importa - mormorò invece, ritraendosi dentro suoi soliti muri - Come stai?» domandò incerto
«Bene» rispose Stiles accendendo la luce tenue sopra di lui e voltandosi finalmente a guardarlo: sembrava davvero preoccupato, oltre che bellissimo.
«E credo di dover ringraziare te per questo - continuò senza lasciare i suoi occhi - Sai, per avermi trovato in tempo e per questa cosa del dolore» spiegò sorridendogli debolmente perché non poteva avercela con lui solo perché lo vedeva esattamente per quello che era: un ragazzino.

Derek si accigliò in un’espressione scettica, poi fece un ulteriore passo indietro col capo chino: come Stiles aveva facilmente previsto, si riteneva colpevole di ciò che gli era accaduto e, nonostante tutto, il ragazzo non riuscì ad impedirsi di esserne intenerito e di rassicurarlo
«Non è stata colpa tua» affermò deciso
«Certo che è stata colpa mia, cercavano me!» contestò con la voce strozzata dalla rabbia
«Sei stato tu a rapirmi o a farmi questo? - domandò Stiles gesticolando lungo il suo corpo, anche se non erano certo quelle le ferite più profonde - No, allora smettila di colpevolizzarti!» lo scongiurò benché sapesse benissimo di avergli chiesto l’impossibile.
Derek tuttavia non insistette oltre, ma inspirò profondamente e si avvicinò ai piedi del letto.

«Perché non hai detto loro che non sapevi dove fossi sparito?» chiese Derek appoggiando le mani alla sponda del letto come se fosse una barriera a cui ancorarsi
«Perché avrebbero capito che mentivo» rispose Stiles, ed era lo stesso motivo per cui ora gli stava dicendo la verità
«Tu lo sapevi?» domandò incredulo e il tono sembrava decisamente un’accusa
«In una riserva in Alaska?» bisbigliò colpevole Stiles torturandosi le dita e non osando alzare lo sguardo sul lupo
«Non posso crederci! - sbottò artigliando la barra metallica che bordava la sponda del letto - Tu sapevi dove fossi e anziché dirlo e farla finita, ti sei fatto quasi… uccidere?» sputò quell’ultima parola con un lamento basso a lungo trattenuto che artigliò il petto di Stiles.

Non era una domanda, perché sapevano entrambi che era andata esattamente così, ma Stiles annuì comunque, ancora con la testa china e lo stomaco stretto in una morsa dolorosa.
«Dio, come si può essere così stupidi?» tuonò Derek
«Inizio a chiedermelo anch’io!» esplose risentito Stiles alzando finalmente lo sguardo, perché pur avendo una certa vocazione per il martirio, non meritava di essere considerato uno stupido per avergli voluto salvare la vita, e Derek lo sapeva a giudicare dall’espressione mortificata che lampeggiò brevemente sul suo viso prima di incupirsi nuovamente nel suo solito cipiglio.

«Comunque - riprese Stiles recuperando la calma - Anche se avessi dato loro le informazioni che volevano, dubito fortemente che mi avrebbero lasciato andare, anzi forse mi avrebbero ucciso subito dopo perché, non so se te ne sei accorto, non erano esattamente dei modelli di lealtà e rispetto» gli fece notare sarcastico.
Derek annuì in accordo e, per fortuna di Stiles, dimenticò di chiedergli come facesse a sapere dove si trovava visto che era sicuro di non aver informato nessuno.

«A proposito di questo - mormorò Stiles agitandosi - Scott mi ha detto che quando è arrivato in quel magazzino, erano tutti morti… sei stato tu?» chiese esitante.
Derek distolse subito lo sguardo abbassando la testa e restò in silenzio, eppure nessuna risposta avrebbe potuto essere più eloquente.  
«Quindi sei di nuovo un alfa?» domandò per averne conferma
«No» rispose deciso, dunque Scott avrebbe potuto avere ragione ad insistere sul fatto che fosse ancora un beta
«Ma uno di loro era un alfa e se l’hai ucciso ora dovresti esserlo anche tu» cercò di capire il ragazzo, ma Derek sembrava sfuggente sulla questione e anche infastidito
«Come è possibile?» lo pressò Stiles
«Forse lo sono stato - rispose dopo un lungo respiro combattuto - Ma ora non più»
«Hai perso i poteri? Come?» sussultò il ragazzo, ma Derek restò anche stavolta in silenzio e sembrava ancora più a disagio mentre lo implorava con lo sguardo di smettere di fargli domande e fu allora che la realizzazione colpì Stiles come un uragano
«Li hai usati per salvarmi, vero?» annaspò e non era neppure una domanda e forse per questo Derek non rispose
«Hai rinunciato al potere per salvare me?» rabbrividì e anche stavolta non era una domanda, e Derek tacque ancora contraendo la mascella e aggrappandosi più saldamente alla barra del letto che sembrava doversi spezzare da una momento all’altro
«Dio, come si può essere così stupidi?» lo prese in giro Stiles parafrasando le sue parole e gli angoli della bocca di Derek si curvarono leggermente prima di riacquistare la solita plumbea compostezza.

«Non mi interessa il potere, non più - sussurrò serio affondando di nuovo negli occhi del ragazzino che lo scrutavano venati da un calore intenso e accogliente che per qualche ragione lo disturbava - E poi non sono tagliato per essere l’alfa» aggiunse bruscamente svilendosi  
«Ti sbagli» obiettò Stiles senza riflettere, con un sorriso privato mentre ridipingeva il Derek del suo sogno sulle linee dure del Sourwolf che aveva davanti: quando si accorse dell’espressione confusa dell’uomo, era troppo tardi per dissimulare, perciò si tinse d’imbarazzo e iniziò a formulare una spiegazione all’inevitabile domanda che sentiva incombere.
Derek, però, non chiese nulla, anzi sembrava altrettanto in imbarazzo.

«E, comunque, grazie» strascicò tra le labbra Stiles rompendo il silenzio. Non si aspettava certo che accettasse la sua gratitudine, sarebbe stato come affermare implicitamente di esserne meritevole, tuttavia si sentì più leggero dopo averlo detto, anche se forse non era stato questo il prezzo più alto che Derek aveva pagato in questa vicenda, e Stiles era intenzionato a scoprirlo subito.

«E Jackson?» gli domandò attendendo in apnea la risposta
«Non ti farà più del male» rispose bruscamente
«L’hai ucciso?» scandì quasi senza voce
«Non ancora» sibilò tra i denti e Stiles riprese a respirare: se c’era una qualche finalità in quel sogno, a parte quella di fornirgli un paragone inarrivabile con cui misurare il suo reale futuro e così condannarlo all’insoddisfazione perenne, forse era quella di prevenire un errore. Uccidere Jackson sarebbe stato un errore, lo sapeva il Derek futuro, più maturo e consapevole, e forse anche quello presente, anche se non era riuscito ancora a domare l’istinto per leggere attraverso le cose con la giusta chiarezza e quella premurosa cura di sé che non era più stato capace di concedersi da troppo tempo.
Stiles non dovette neppure lottare con se stesso per stabilire se fosse opportuno o meno attribuirsi il diritto di intervenire, perché le parole trovarono la strada da sole, guidate da una necessità pressante che sentiva sgorgare da ogni parte di sé: doveva proteggerlo. Anche da se stesso. Finché non avesse iniziato a volersi abbastanza bene da farlo da sé. 

«Non farlo» lo esortò supplendo con un’insolita sicurezza nello sguardo al tremolio che vibrò nella sua voce
«Perché?» grugnì spazientito
«Perché non sei un assassino» rispose deciso
«È un po’ tardi per pensarci, non credi?» ironizzò
«Beh se ti riferisci a quei quattro che mi tenevano prigioniero, erano assassini, creature malvagie e pericolose, nessuno potrebbe biasimarti per averli eliminati, l’avrei fatto io, se solo avessi potuto»
«Jackson era il loro capo - sottolineò Derek - dunque lui dava loro gli ordini»
«Sì, ma loro non li hanno rispettati - contestò Stiles - Senti, io non sapevo che ci fosse Jackson dietro a tutto ciò, ma ero lì quando questo loro capo li chiamava per dare disposizioni e li sentivo discutere. L’ordine era chiaro: avrebbero dovuto farmi parlare, ma senza farmi del male. Ovviamente loro non erano d’accordo e hanno preso delle iniziative personali» rivelò, ma non si illuse neppure per un istante che Derek avrebbe ceduto.

«Questo non lo solleva dalle sue responsabilità» dichiarò infatti il lupo con palpabile disprezzo
«Non dovresti farlo neanche tu - lo accusò e, di fronte all’espressione confusa di Derek, si spiegò meglio - Intendo: non dovresti sollevarti dalle tue responsabilità»
«Mi sono sempre assunto le mie responsabilità - riaffermò seccato - E ne ho pagato il prezzo»
«Anche Jackson è una tua responsabilità, Derek - osservò Stiles ammorbidendosi - È stato il tuo primo beta e non puoi archiviarlo come un errore a cui rimediare uccidendolo» cercò di farlo ragionare
«Lui mi odia, me lo ha reso molto chiaro, farà di tutto per rendere la vita un infermo a me e a tutte le persone a cui tengo» ringhiò sommesso con gli occhi fiammanti di rabbia blu
«Ti odia perché crede che sia tu il responsabile del fatto che la sua vita ora non è come se l’era immaginata, ma si sbaglia e tu devi spiegargli perché - gli suggerì con tutta la dolcezza di cui era capace - Jackson deve imparare a conoscere e controllare la sua potenza, a domare il suo lupo e spetta a te insegnarglielo. Lui ha bisogno di un alfa e tu sei il suo, lo sarai sempre» gli ricordò sorridendogli e non fu affatto facile concentrarsi su ciò che desiderava dirgli mentre lui lo guardava con un’intensità penetrante che gli svuotava la testa e riempiva altre parti di sé che rischiavano di metterlo in ulteriore imbarazzo molto presto se non avesse distolto lo sguardo: eppure non riuscì a lasciare i suoi occhi e spezzare quel legame che sentiva ricostituito della stessa sostanza del suo sogno.

«Jackson deve sapere che ha un punto di riferimento, un branco, una famiglia su cui poter contare sempre, credo sia ciò di cui ha bisogno, e non solo lui - riprese a parlare e forse la sua voce tentennò qui e là, ma non avrebbe potuto essere più sicuro di  ciò che diceva - Magari non riuscirai a farne un lupo perfetto e probabilmente diventerà un altro Peter psicotico che dovrai tenere sotto controllo, ma devi provarci o sai già che te ne pentirai e ti darai la colpa anche di questo per il resto della tua vita» lo incoraggiò paziente e limpido come la realizzazione che sfavillò negli occhi di Derek nel sentirsi disarmato ed esserne tutt’altro che spaventato.  

«Va bene» soffiò senza voce
«Va bene?» proruppe sgomento Stiles
«Hai ragione» aggiunse Derek e fu sorprendentemente facile ammetterlo
«Cosa? - sgranò gli occhi incredulo - La mia commozione cerebrale è peggiore di quanto dicono i medici: tu hai appena detto a me che ho ragione?» scrollò la testa con enfasi e un sorrisetto beffardo
«Non abituartici» lo avvisò Derek e un certo divertimento ballò sulle sue labbra, qualcosa a cui Stiles avrebbe tanto voluto abituarsi.

«Hai preso la decisione giusta - mormorò soddisfatto - Questo è l’unico modo per assicurarti che Jackson non sarà mai una minaccia per te e la tua famiglia anche in futuro» continuò dando voce ai suoi pensieri e maledicendo la sua patologica assenza di filtri tra bocca e cervello non appena gli occhi di Derek si ampliarono smarriti.

«La mia famiglia in futuro?» ripeté flebilmente
«Beh, quella che avrai se ne vorrai una… O, insomma, non lo so, facevo per dire» arrancò goffamente Stiles
«Stiles…» cercò di frenare quell’inutile sproloquio
«La metà delle cose che dico non ha senso - continuò invece a farfugliare Stiles -  E ora ho anche una ferita alla testa, perciò dovresti dare ancora meno peso a…»
«L’ho visto» buttò fuori in un solo fiato aggrappandosi nuovamente alla sponda del letto
«Cosa?» domandò terrorizzato
«Tutto» annaspò Derek e il mondo di Stiles si capovolse di nuovo.
O forse era appena esploso.

«La notte scorsa ero venuto a vedere come stavi - raccontò con un tono lacerante - Ad un certo punto hai iniziato ad agitarti e ho pensato che ti stessi risvegliando, poi però ho visto che avevi un’espressione sofferente e ho pensato che sentissi dolore perciò mi sono avvicinato per darti sollievo, ma quando ho messo la mano sulla ferita ho sentito una connessione ed è come se fossi entrato nella tua testa, o tu nella mia, non lo so…. So solo che ho visto quello che hai visto tu. Tutto quanto» concluse senza quasi più voce cercando di leggere ogni minima sfumatura sul volto pallidissimo di Stiles che però sembrava pietrificato a differenza del suo cuore che gli deflagrava frenetico in petto.

«Stiles?» si preoccupò avvicinandosi
«Vai via» sussurrò a corto di fiato
«Cosa?»
«Ho detto: vai via. Ora!» gli ordinò con più tono
«Stiles…» sussurrò facendosi ancora più vicino, ma Stiles si ritrasse richiudendo le braccia sul petto per farsene scudo
«No - lo fermò - Vattene subito o mi metto a urlare» gli intimò con gli occhi in fiamme sentendosi morire di imbarazzo e mortificazione
«Stiles, dobbiamo parlarne» insistette Derek visibilmente insofferente alla reazione del ragazzo
«E di cosa? Non abbiamo niente da dirci - si oppose deciso mentre combatteva una feroce battaglia dentro di sé per non crollare - Anzi, ascoltami: io sto bene. Domani mattina sarò dimesso e tornerò a casa, quindi puoi smettere di sentirti in colpa e di preoccuparti per me e tornare in Alaska o dove diavolo preferisci, magari porta Jackson con te, io starò bene»
«Stiles, cerca di essere ragionevole» tentò di dissuaderlo
«Io sono ragionevole - sottolineò con rabbia - infatti non voglio parlare di una cosa che non esiste e che avrebbe dovuto essere privata: avresti dovuto togliere subito quella maledetta mano e andartene, non si violano i sogni altrui» sussurrò odiando come la sua voce si ruppe infierendo anche ai bordi dei suoi occhi.
«Non era un sogno» mormorò Derek
«E che cos’era? La fantasia morbosa di un ragazzino?» gli sputò addosso bilioso
«No, ma…» ansimò mortificato Derek, e Stiles immaginò quanto dovesse essere stato sconcertante per lui vedere se stesso nei panni del marito innamorato e dell’amante impetuoso dei sogni di qualcuno come lui
«Senti, mi dispiace che tu abbia dovuto vedere quello che hai visto, immagino sia stato… - disgustoso tuonava nella sua testa - sconcertante, ma ti assicuro che non so perché era nella mia testa, io.. io non avevo mai sognato niente del genere, e non ho mai voluto niente del genere… perciò ora vai» lo invitò ricacciando indietro le lacrime.

«Stiles…» ritentò ancora Derek, e la sua voce ormai non era che un graffio lamentoso, ma Stiles lo voleva fuori di lì subito.
«Ti diverti ad umiliarmi? - incalzò stremato mentre l’avvilimento e l’umiliazione iniziavano a fluire salati tra le sue ciglia, incapaci di trattenerli oltre - Ti ho chiesto scusa, non posso fare altro. Mi dispiace, va bene? Ora però vai via, ti prego» gli tremò in gola e quelle parole di conficcarono nel petto di Derek: ogni fibra di sé gli impose di assecondarlo, così chinò la testa e uscì con un gemito frustrato. 
 

Non appena Derek fu fuori dalla porta, l’aria divenne più respirabile per Stiles che era ben consapevole di aver esagerato, di essere stato troppo emotivo e patetico, ma era stato colto alla sprovvista: non era ancora pronto ad affondare dentro i significati e i sentimenti coinvolti in ciò che aveva visto quella notte, neppure con se stesso.
Solo qualche ora prima aveva discusso con Lydia circa l’eventualità di raccontare quel sogno a Derek, e forse l’avrebbe fatto, con i suoi tempi e limando opportunamente le parti più imbarazzanti, e invece la sorte subdola aveva deciso per lui e si sentì defraudato dell’intimità dei suoi pensieri, nudo in un senso così profondo da avergli aperto una voragine sotto i piedi e, davanti a quel vuoto, aveva perso l’equilibrio.
Sapeva di essere stato ingiusto con Derek che non aveva alcuna colpa, anzi era stato fin troppo gentile a limitarsi a chiedere spiegazioni pur avendo tutte le ragioni per risentirsi, eppure sul suo viso non aveva letto né scherno né disprezzo né accuse, anzi, ora che riusciva a ragionare più lucidamente, riconobbe solo preoccupazione e una certa inquietudine che era completamente comprensibile e che era anche sua.

Sì, era stato esagerato, ingiusto e immaturo, ma nel silenzio buio del suo letto d’ospedale si disse che il lato positivo di essere considerato un ragazzino, fosse potersi permettere di comportarsi come tale senza deludere nessuno.
 

Stiles si girò e rigirò a lungo nel letto prima che il suo battito di acquietasse e riuscisse a riaddormentarsi.
Quando lo fece non seppe di aver restituito la pace anche a Derek che era salito sul tetto 
dell’ospedale ad attendere col cuore in gola che ritrovasse la serenità che lui gli aveva rubato, ancora una volta. 
Cullato dal ritmo lento del cuore di Stiles, illuminato dal volto materno della luna, Derek avrebbe vegliato su di lui per il resto della notte sdraitato su quel tetto dove aveva trascorso tutte le sue notti da quando quel ragazzino aveva rischiato di morire tra le sue braccia, e lui di impazzire per questo.




__o_O_o_O_o__



Il mattino dopo Stiles fu dimesso con un tutore al ginocchio destro, l’ordine tassativo di riposare e due uomini determinati a ricoprirlo di premure e attenzioni.

Scott era infatti già lì quando arrivarono a casa e per tre giorni si accampò nella sua stanza armato di videogiochi e tutte le intenzioni di viziarlo: Stiles capiva che, al di là dell’affetto che li legava, il suo migliore amico avesse bisogno di rimediare ad un torto che sentiva di avergli fatto non essendo riuscito a proteggerlo prima e a salvarlo poi, come avrebbe dovuto. Il giovane Stilinski si lasciò dunque coccolare e soffocare dalla premura esasperata del ragazzo, finché il bisogno di respirare ebbe la meglio e, con il dovuto tatto, gli chiese una tregua che, ovviamente, Scott non gli concesse costringendolo a buttarlo fuori di casa con la complicità di qualcuno che si sostituì volentieri a lui nell’essere oggetto delle zelanti accortezze e dell’interesse esclusivo e deferente del giovane lupo.

Suo padre lo accompagnò alla Centrale quella sera stessa per la sua deposizione e il riconoscimento dei suoi rapitori. Come aveva sperato, la procedura fu veloce e stramente indolore.
Con l’archiviazione del caso, lo sceriffo si concesse una settimana di ferie per restare al fianco di suo figlio, accudirlo, difenderlo dall’iperprotettività di Scott e del resto del branco, garantirgli la tranquillità perché guarisse dalle sue ferite e braccia pronte a sorreggerlo e ad ascoltarlo, se ne avesse avuto bisogno, ma soprattutto volle essere lì solo per lui giorno e notte per assicurarsi che sapesse sempre di essere la persona più importante della sua vita, il suo più grande amore.

Ognuno con i suoi tempi e i suoi modi, tutti i suoi amici gli fecero visita e così anche i membri del branco.
Tutti tranne Derek, ma non poteva certo fargliene una colpa visto il modo in cui l
’aveva trattato, inoltre forse quella distanza era quanto di meglio potesse augurarsi per andare avanti con la sua vita e lasciarsi alle spalle l’impossibile.


Una volta che Scott fu distratto dalle lusinghe sentimentali di Cupido, Lydia si sostituì a lui come dama di compagnia ufficiale: per qualche ora ogni giorno le sue scarpe italiane restavano ai piedi del letto di Stiles mentre lei si stendeva sopra e leggeva per lui una selezione di romanzi che non pareva affatto casuale, ma entrambi fecero finta di non averlo notato.
Iniziò un pomeriggio con “Le notti bianche” di Dostoevskij3 che fu malinconicamente illuminante, e tentò di finire con “Cime Tempestose” ma Stiles si oppose con determinazione.
«Questo è un colpo basso!» la biasimò strappandole il romanzo dalle mani
«Perché? - si stupì con finta innocenza - Pensavo che gli amori impossibili fossero i tuoi preferiti» rimarcò prendendolo in giro e Stiles la incenerì con lo sguardo.

«E va bene, niente Heathcliff - sbuffò alzando le mani in segno di resa - Che mi dici di “Cuore di tenebra”?» gli propose con un sorrisetto diabolico sfogliando tra le categorie del suo Kindle
«Ti odio» sibilò Stiles
«Lo so, ti odio anch’io» gli sorrise con affetto e iniziò a leggere.




__o_O_o_O_o__



La settimana di ferie era trascorsa velocemente e lo sceriffo avrebbe ripreso servizio nel pomeriggio, eppure scese a fare colazione già con addosso la sua divisa: gli era mancata così come a Stiles che mentre mangiava i suoi pancakes intrisi di sciroppo d’acero masticando poco elegantemente, gli aveva dovuto ripetere più volte di star bene e di essere contento che riprendesse a lavorare.
Per quanto infatti il ragazzo amasse averlo tutto per sé e per una volta essere l’unico centro del suo universo, aveva anche bisogno di stare da solo, di tornare alla sua indipendenza e invisibilità, di godersi un po’ di tempo con se stesso in intimità visto che presto il suo ginocchio sarebbe tornato come prima, ma il resto del suo corpo aveva riacquistato subito tutte le sue funzionalità, soprattutto i suoi ormoni.
 
Quando finirono di mangiare, lo sceriffo aiutò Stiles a risalire in camera sua nonostante le proteste.
«Posso farlo da solo» piagnucolò quando suo padre gli tolse di mano la stampella per ancorarlo invece a sé e trascinarlo al piano di sopra
«Perché usare una stampella quando hai me?»
«Perché non sono più un bambino di cinque anni?» borbottò imbronciandosi
«Tu lo sarai sempre ai miei occhi» e a questo non c’era possibilità di controbattere, così Stiles gli sorrise e si lasciò aiutare dal suo papà posando la testa sulla sua spalla e stringendosi forte forte al suo torace.
 

Quando tornò in cucina, lo sceriffo si versò un’altra tazza di caffè e si avvicinò alla porta vetrata sul retro: c’era una cosa che avrebbe dovuto fare fin dalla prima notte che erano rientrati a casa e qualcosa là fuori aveva attirato la sua attenzione. Aveva rimandato abbastanza, ora era tempo di prendere un bel respiro e affrontare la questione.

Schiuse delicatamente la porta e andò a sedersi sul gradino del piccolo patio di legno che separava la casa dal giardino trascurato circostante: c’erano solo sterpaglie e una siepe irregolare che non era stata potata da anni a ricordare quello che un tempo era l’orgoglio fiorito di sua moglie e che, come tante altre cose, era appassito con la sua morte.

«Caffè?» domandò con tono sostenuto al ragazzo rannicchiato alla sua destra, nascosto dal pilastro che lo sosteneva mentre dormiva.

Il giovane si risvegliò di scatto cadendo scompostamente sui gradini.
«Caffè?» ripeté lo sceriffo porgendo la tazza al ragazzo e cercando di non sorridere all’espressione di orrore e mortificazione che lampeggiava sul suo viso pallidissimo
«Mi dispiace, mi devo essere addormentato» farfugliò imbarazzato con la voce arrochita dal sonno e dall’umidità notturna
«Visto che anziché dormire trascorri tutte le notti a passeggiare nervosamente nel mio giardino, immagino che un colpo di sonno possa capitare» osservò l’uomo con fare paterno
«Mi scusi - sussurrò abbassando lo sguardo - Perché non mi ha mandato via subito?» chiese mentre si sedeva più compostamente e dipanava nervosamente le grinze dei pantaloni con il dorso delle mani
«Perché pensavo ti saresti stancato prima - rispose porgendogli ancora una volta il caffè che il ragazzo strinse tra le mani con un «Grazie» sommesso e l’impronta decisa della colpa sul volto - E poi, dopo quello che è successo, ammetto che mi faceva stare più tranquillo avere un lupo mannaro adulto a proteggere la mia casa e la mia famiglia. Dunque grazie»
«Non deve ringraziarmi, è stata colpa mia, lei aveva ragione» ammise appoggiando i gomiti sulle ginocchia e incurvandosi sotto il peso dei suoi errori
«No, non avevo ragione - obiettò invece lo sceriffo riprendendo fiato prima di rimediare ai suoi torti - Quando l’hai portato in ospedale avrei dovuto ringraziarti e non inveire su di te, ma in quel momento ero fuori di me e ammetto che avrei tanto voluto scaricarti addosso un bel po’ di quei proiettili speciali che mi ha fornito Chris Argent» rivelò ripensando ancora con angoscia a quando Derek Hale irruppe attraverso le porte del Pronto Soccorso con il suo bambino stretto al petto e una furia disperata negli occhi.
 
Mentre i medici cercavano di salvare la vita di suo figlio, aveva strattonato Hale fino al parcheggio per farsi spiegare cosa diavolo fosse successo e, non appena la situazione iniziò a farsi chiara, la rabbia travolse il suo cuore di padre e si riversò feroce e velenosa sul lupo che si lasciò insultare e minacciare senza battere ciglio. Lo sceriffo non aveva dimenticato l’espressione sofferente del suo volto né quanto gli fosse sembrato improvvisamente giovane mentre tremava davanti a lui con lo sguardo fisso sulle sue mani intrise di sangue non suo, prima di voltargli le spalle e trascinarsi via.
«Domani mattina ho bisogno di parlare con te» gli aveva urlato dietro e lo vide annuire prima di serrare i pugni  fino a ferirsi e correre via.
Qualche istante più tardi un lugubre ululato squarciò l’aria e vide Scott e gli altri correre via per rispondere alla chiamata del loro compagno di branco che urlava vendetta.
 
«Perché non l’ha fatto? Spararmi, intendo» domandò Derek e suonava quasi come un rimprovero
«Perché non voglio che mio figlio mi odi» rispose con sincerità osservando attentamente il suo volto per leggervi ogni minima reazione che il lupo controllò come meglio poté, ma non riuscì del tutto a nascondere il disagio che serpeggiò con una fiammata tenue sul profilo cesellato dei suoi zigomi.

Lo sceriffo si conosceva abbastanza per sapere che probabilmente non sarebbe mai stato pronto a venire a patti con la realtà che si delineava con sempre più nitidezza davanti a lui, ma come nella sua natura di uomo di legge e tempra concreta, non era intenzionato ad ignorarla, perciò respirò profondamente e puntò lo sguardo dritto negli occhi di Derek per fare luce definitivamente sui dubbi che l’avevano trascinato su quel gradino.

«Che ci facevi qui stanotte? E tutte le altre notti? E nel tetto dell’ospedale? E prima dentro la sala rianimazione e poi nella sua stanza, quando pensavi non fosse rimasto più nessuno di noi che potesse vederti? - incalzò e ogni domanda colpiva come una fucilata il suo interlocutore in modo talmente evidente che gli parve un ragazzino spaurito da soccorrere, e così fece - A proposito: sai che è un reato corrompere un agente di polizia, non importa quale mezzo si usa?» lo avvisò inarcando un sopracciglio e sforzandosi di non ridacchiare nel vederlo impallidire ulteriormente
«Mi dispiace» biascicò mortificato Derek
«Beh, non è così grave: da quando si è trasferito da noi, non ho mai visto Christian così entusiasta di fare un turno di guardia notturno» sorrise beffardo e, stemperata così la tensione, poté pretendere la sua risposta
«Allora, cosa ci fai sempre intorno a lui, Derek?»
«Non lo so» sussurrò flebile chinando la testa
«È quello che temevo» realizzò lo sceriffo e non appena gli occhi di Derek scattarono sbarrati e colpevoli su di lui, ebbe la sua risposta.

No, non era pronto a venire a patti con questo, ma forse era del tutto normale per un padre avere difficoltà ad accettare che il suo bambino fosse diventato grande e che qualcuno potesse ronzare intorno a lui con interesse: certo, nel suo caso quel qualcuno era un uomo, un lupo mannaro, uno che aveva arrestato lui stesso, perciò riteneva che la sua preoccupazione fosse ulteriormente giustificabile.

Mentre Derek rincorreva i suoi respiri maledicendo la sua incapacità di trovare le parole che negassero in modo convincente qualunque cosa l’uomo temesse, non avendo ancora capito che per riuscire a farlo avrebbe dovuto mentire, lo sceriffo decise di dar voce alle sue ansie di padre.
«Posso farti una domanda? - mormorò rompendo il silenzio e continuando non appena il ragazzo annuì - Avresti fatto lo stesso per lui?»
«Cosa?» sussurrò confuso Derek
«Voglio sapere fino a che punto mio figlio sia un idiota - spiegò con un sospiro stanco - Perciò, per favore, rispondimi: metteresti a rischio la tua vita per lui?» gli chiese secco braccandolo con l’azzurro pallido dei suoi occhi e Derek si arrese, anche a se stesso
«Sì» liberò nell’aria con un soffio tremulo, tenue e appena percettibile, eppure lo sceriffo capì immediatamente che avrebbe cambiato il corso della loro vita con più potenza e intensità di qualunque tempesta.

«Ha solo diciassette anni» gli ricordò con una preghiera inespressa
«Lo so - biasciò sofferente Derek - Non faccio che ripetermelo, ma…»
«Non serve a niente?» intuì lo sceriffo che iniziava a provare una tenerezza tutta paterna per l’evidente struggimento del ragazzone al suo fianco
«No» ammise costernato.

«Cosa vuoi da lui, Derek?» mirò dritto al punto
«Non lo so» sospirò impotente ed era sincero, perché la paura frantumava realmente ogni sua sicurezza impedendogli di vedere ciò che invece appariva limpido e inequivocabile agli occhi di quel padre protettivo che abdicò all’evidenza con un sorriso intenerito
«Beh, bevi quel caffè, schiarisciti le idee e vai a scoprirlo - lo incoraggiò con quella dolcezza misurata che gli ricordava suo padre - Stiles ha appena fatto colazione e credo sia in camera sua a fingere di non leggere “Cime tempestose”» rivelò roteando gli occhi
«Lui non vuole vedermi» si adombrò
«E come fai a saperlo?»
«Me l’ha detto molto chiaramente»
«E tu gli hai creduto? Mio figlio è molto testardo, ma è un pessimo bugiardo! - ridacchiò con garbo - Va’ a parlare con lui» lo esortò alzandosi in piedi e sgranchendosi le gambe
«Io non sono bravo con le parole» si schernì a disagio
«Neppure io, ma ho dovuto imparare quando ho avuto un motivo valido per farlo - gli rese noto con un velo di malinconia - Se tu pensi che non valga la pena sforzarti di farlo, allora vai via ora e non voglio più rivederti intorno a lui» gli intimò fermo e autoritario «In caso contrario, sai già dov’è la sua camera -  seguitò ammorbidendo lo sguardo mentre raggiungeva la porta - E stavolta passa dalla porta» gli ingiunse allusivo voltandosi indietro per lanciargli un’occhiata forzatamente severa che si disciolse in un luccichio divertito nel vederlo arrossire vistosamente mentre si rimetteva in piedi.
«G..grazie» balbettò Derek alle sue spalle prima di muovere un passo malfermo oltre la porta ed entrare in casa anche lui.

Lo sceriffo gli aprì la strada fino alle scale che il ragazzo fissò per un lungo istante prima di decidersi a salirle, quindi raggiunse la sua poltrona e vi trovò conforto e sostegno per le sue ossa e non solo. Mentre Derek raggiungeva il piano di sopra con passi lenti e indecisi, infatti, riusciva quasi a sentire il battito del suo cuore intensificarsi ad ogni gradino e si disse che forse c’era ancora una possibilità che il suo bambino non trovasse un probabile fidanzato quel giorno: il cuore avrebbe potuto schizzare via dal petto di quel primo temibile candidato prima che raggiungesse la porta della sua camera.



__o_O_o__


Derek si fermò davanti alla porta della camera di Stiles: non era sicuro di ciò che gli avrebbe detto, né di cosa volesse, ma era d’accordo con lo sceriffo sul fatto che non l’avrebbe mai scoperto se non avesse trovato il coraggio di entrare lì dentro e correre il rischio di rendersi completamente ridicolo.
Quindi buttò fuori tutta l’aria, chiuse gli occhi e bussò.

«Avanti!» lo invitò ignaro Stiles e Derek entrò.

Stiles era sdraiato sul letto con un cuscino sotto il ginocchio ed evidentemente leggeva un libro che si affrettò a nascondere: sembrava riposato e aveva decisamente un aspetto migliore nonostante il tono dimesso della sua maglia slabbrata e dei pantaloni corti troppo larghi scivolati leggermente sui fianchi così da rivelare il pallore niveo della sua pelle.
«Ciao» salutò impacciato Derek dopo quella rapida scansione del suo corpo che, per qualche strana ragione, accentuò il suo nervosismo
«Cosa fai qui?» sobbalzò Stiles tirandosi su abbastanza da sedersi più compostamente e nel movimento allentando ulteriormente la presa in vita dei suoi pantaloni che, senza accorgersene, scivolarono oltre la curva tonica del suo ventre.
«Mi ha fatto entrare tuo padre - rispose un sempre più nervoso Derek - Sono venuto a vedere come stai» si giustificò
«Sto bene. Ora puoi andare. Ciao» lo informò laconico.

«Dobbiamo parlare» insistette il lupo avvicinandosi
«No, io non ho niente da dirti, dunque…» si oppose indicando la porta
«Io sì, invece» incalzò risoluto prendendo coraggio e sedendosi delicatamente ai piedi del letto: sentì subito come la ridotta distanza tra loro agitasse il sangue di Stiles che pompava veloce dentro e fuori dal suo cuore nonostante si ostinasse a mantenere una parvenza distaccata, e ne fu segretamente confortato. 

«Senti - mormorò Stiles implorando il suo corpo di non tradire quanto fosse stupidamente felice di rivederlo - Mi dispiace se l’ultima volta sono stato scortese e ho esagerato, scusami, ma davvero non c’è molto da dir…»
«Vuoi stare zitto e lasciarmi parlare stavolta? - lo fermò Sourwolf fedele al suo nome - Per favore» aggiunse per ammorbidire l’occhiata torva che lo aveva appena trafitto.

Stiles considerò che in fondo usare le parole era una delle tante competenze di base che Derek Hale non aveva ancora acquisito, insieme alle abilità socio-affettive, la fiducia in se stesso, l’attitudine al comando e la capacità di dosare correttamente la miscela di terrore e fascino che suscitava negli altri, perciò immaginò che la conversazione sarebbe durata meno del tempo che avrebbe impiegato a convincerlo ad andarsene, dunque alzò gli occhi al cielo e annuì.
L’espressione sfiduciata del lupo mentre raccoglieva le idee e cercava disperatamente un modo per iniziare il discorso, confermò a Stiles di aver preso la decisione giusta per farla finita in breve, ma non ebbe il tempo di congratularsi con se stesso, perché d’un tratto qualcosa nello sguardo di Derek si accese e le parole caddero dalle sue labbra agili, libere, vive.
 
«Anzitutto, io non volevo violare l’intimità dei tuoi sogni e mi dispiace se ti sei sentito spiato - chiarì perché quella notte in ospedale aveva sentito quanto profondamente questa errata deduzione avesse ferito il ragazzo - Ma il punto è proprio questo: io non credo che quel sogno fosse tuo» rivelò senza tergiversare
«C..cosa?» balbettò spiazzato Stiles
«Tu non avresti potuto conoscere quei dettagli del mio passato e della storia della mia famiglia - spiegò Derek - Perciò penso di essere stato io a sognare tutto e ad indurlo anche nella tua testa mentre ti portavo via il dolore, anche se non so come perché non mi era mai successo» sussurrò mortificato
«Ma vale lo stesso per me: anche tu non potevi conoscere tante cose di me e della mia vita» si sforzò di essere ragionevole Stiles e soprattutto di impedire alla sua mente di soffermarsi su come fosse possibile che Derek Hale avesse potuto rivendicare la paternità creativa di un sogno in cui era suo marito, il padre dei suoi figli e, in un modo così esplicito, schiavo affamato del suo corpo.

«Sì, ma io sono un lupo, per me è più facile leggere attraverso le persone e i loro ricordi - sottolineò con quell’orgoglio fastidioso che affiorava sempre quando illustrava la meravigliosa superiorità della progenie licantropa - E poi c’erano alcune cose di me delle quali non ho mai parlato con nessuno. Mai» sussurrò vulnerabile e per la prima volta distolse lo sguardo dagli occhi di Stiles che fu costretto a sopprimere il bisogno di saltargli al collo e coccolarlo finché non avesse cancellato quel broncio disarmante, perché, seriamente: cosa c’era di sbagliato in lui?
«Vuoi dire che dovrai uccidermi per non raccontare a tutti del tuo amichetto immaginario dell’asilo?» ironizzò abbozzando un sorriso e non finse neppure a se stesso che anche quello non fosse un modo per coccolarlo e farlo sentire al sicuro
«Forse» rispose risollevando lo sguardo per corrispondergli lo stesso sorriso e forse qualcosa nello stomaco di Stiles sfarfallò, ma era di certo un residuo di fame, cos’altro?

«Sweetie Lee è esistito davvero?» ridacchiò incredulo ignorando il suo stupido corpo e le sue reazioni inadeguate
«Sì, ma si chiamava Dylan - precisò e il sorriso di Stiles scivolò via dalle sue labbra come il tono della voce di Derek mentre rivelava con più chiarezza perché ritenesse di essere stato lui a modellare quel sogno - Non so perché, ma ho sempre amato il suono di quel nome, poi mia madre mi aveva raccontato che in gallese significa letteralmente “grande marea” ed era il nome di una divinità marina che nella mia fantasia era un bellissimo tritone, come il mio amichetto immaginario… beh, ho sempre avuto un debole per le sirene» confessò con le guance spolverate d’imbarazzo, e quel bisogno di coccolarlo riprese a devastare con più furia l’autocontrollo di Stiles.

«Tyler, invece, era il secondo nome di mio padre, e fin da quando riesco a ricordare ho sempre desiderato chiamare così il mio primo figlio maschio - continuò rubando il fiato ad entrambi - Invece Claire non so da dove…»
«Claire Redfield - lo soccorse Stiles incespicando nei suoi respiri - È il nome del mio personaggio preferito di “Resident Evil”… è un videogioco» spiegò arrossendo lievemente
«Hai dato a nostra figlia il nome di un videogioco?» borbottò sgomento
«Tu quello di una sirenetta immaginaria e fai la morale a me?» si difese stizzito «Aspetta… - realizzò accigliandosi - Perché ora sono diventati i “nostri figli”? È solo un sogno» ricordò ad entrambi respirando con affanno
«E se non lo fosse?» domandò Derek, e se ci fosse stata una qualche velatura di speranza nei suoi occhi, Stiles si impose fermamente di ignorarla
«Cos’altro potrebbe essere?» si agitò difendendo ostinatamente le ragioni della logica
«E se fosse davvero un’anteprima di ciò che ci aspetta?» ipotizzò Derek e stavolta la speranza era talmente tangibile che Stiles si sentì soffocare
«NO!» gli si strozzò in gola
«Perché no?» incalzò Derek
«Perché quello che abbiamo visto non esiste e, per quanto ora il desiderio di riaverlo indietro ci fa vedere tutto con occhi diversi, la realtà è che io sono dolorosamente consapevole del fatto che non mi sopporti e tu non sei gay» rilevò ponendo entrambi di fronte alla purezza della verità
«Tu sì invece?» si incuriosì Sourwolf che notava le sfumature molto meglio di quanto lasciasse intendere
«No! - sbottò aggrottando le sopracciglia - Cioè non lo so… Oh senti, posso affrontare un dilemma esistenziale per volta, okay?» sbuffò infastidito massaggiandosi esasperato le tempie.

«Va bene - alzò le mani Derek smorzando con poco successo il sorriso divertito e irriverente che ballava sulle sue labbra - E comunque non è vero che non ti sopporto, è che mi rendi nervoso» confessò con una patina di timidezza nello sguardo di cui però Stiles non si accorse: era troppo occupato a tenere a bada i suoi istinti omicidi e anche qualcos’altro che aggrovigliava caldo il suo stomaco a cui però si rifiutò di dare un nome
«Beh, accidenti! Questo sì che cambia tutto!» replicò sarcastico
«Non intendo in senso negativo» cercò di spiegarsi meglio ed era proprio vero che non era bravo con le parole, perciò pensò di passare a qualcosa su cui si riteneva più ferrato: le dimostrazioni pratiche.

«Tu mi rendi nervoso esattamente come io rendo nervoso te quando mi avvicino un po’ di più -  mormorò mentre scivolava sul letto accorciando le distanze -  o quando ti guardo più intensamente… come ora» sussurrò sporgendosi su di lui e sorridendo compiaciuto non appena i suoi occhi si allargarono, il respiro si intoppò, il cuore fibrillò, esattamente come il suo. 

Ma Stiles non aveva alcuna intenzione di dargliela vinta.

«Togliti quel sorrisetto soddisfatto dalla faccia! - gli ordinò rabbioso recuperando la sua dignità - Questa è solo la reazione del mio corpo: sono un adolescente con degli ormoni e una vita sessuale molto poco soddisfacente, cos’altro puoi aspettarti? È il mio corpo a risponderti, non io, perciò puoi evitare di sprecare il tuo tempo con me e tornare a sfoderare il tuo fascino mannaro con il tuo adorato agente Christian, sono certo che avrai più successo» inveì sputando quel nome come se, fosse veleno
«Sei geloso?» realizzò Derek schiudendo le labbra in un sorriso splendido e non era una domanda
«Cosa? NO!» gracchiò chiazzandosi di un rosso ancora più vivo
«Sei geloso» ribadì allargando il suo sorriso che lambiva anche il suo sguardo arso da un crepitio caldo e selvaggio che amplificava la sua bellezza in modo insopportabilmente doloroso agli occhi di Stiles.

«Vattene!» lo implorò balzando in piedi per raggiungere la porta e buttarlo fuori in un ultimo tentativo di sfuggire alla realtà che si era vanamente ostinato a negare.
Si era però alzato d’istinto dimenticando la lesione al ginocchio che, non appena mise piede sul pavimento, cedette.
Derek scattò immediatamente in avanti per afferrarlo, ma il ragazzo si divincolò sbilanciandolo. Non potendo evitare la caduta, Derek lo strinse al petto trascinandolo su di sé in modo da attutire l’urto.
Così Stiles atterrò sul corpo di Derek, custodito tra le sue braccia, e forse era lo spavento a parlare per lui, ma avrebbe voluto restare così sempre.

«Stai bene?» si preoccupò Derek sotto li lui sollevandogli delicatamente il mento per leggergli la risposta anche sul viso
«Sì» annuì Stiles ed erano così vicini da respirare la stessa aria, scambiarsela tra le labbra mentre sprofondavano l’uno negli occhi dell’altro, distinguendovi sfumature che non avevano mai visto e leggendovi dentro qualcosa che riconobbero entrambi, nello stesso momento, e che riecheggiò nella loro memoria e nel sangue.

«Un giorno inciamperai, cadrai addosso ad una persona che credevi di conoscere e mentre la osservi lì sotto di te, sentirai che è l’amore della tua vita».
 
 
«Cosa succede qui?» domandò lo sceriffo irrompendo nella stanza allarmato dal tonfo e accigliandosi nel vederli avvinghiati sul pavimento.

Prima che Stiles potesse fiatare, Derek balzò in piedi e raggiunse l’uomo sulla porta «Posso chiederle il permesso di uscire con suo figlio?» disse in un sol fiato
«Cosa? NO! - esplose sconcertato Stiles - Non voglio uscire con lui!» sbraitò tentando vanamente di rialzarsi
«Sta mentendo» affermò Derek senza distogliere lo sguardo dallo sceriffo
«Lo so» convenne l’uomo con aria rassegnata
«Ehi!» protestò incredulo il ragazzo che dal pavimento assisteva ammutolito all’inedito feeling tra Sourwolf e suo padre.

«Vogliamo parlarne di sotto?» propose invitando Derek a seguirlo con il gesto della mano
«Non so se ve ne siete accorti, ma sono qui e il Medioevo è finito da un pezzo, perciò sono solo io a decidere con chi uscire o meno, va bene?» gracchiò inviperito Stiles
«Veramente per lo stato della California sei minorenne, perciò legalmente sono io a decidere per te» puntualizzò lo sceriffo con esasperante puntiglio
«Esatto» concordò Derek
«Mi state prendendo in giro? - strepitò basito il ragazzo - Oddio stavolta ho davvero le allucinazioni, questo non può essere vero!» piagnucolò estenuato
«Aiutalo ad alzarsi, io ti aspetto di sotto - comunicò lo sceriffo a Derek - Ho bisogno di bere qualcosa di forte» sussurrò più a se stesso lasciando la camera.

Derek si avvicinò al ragazzo rannicchiato sul pavimento con la testa compressa tra le mani per impedirle di esplodere.
«Non azzardarti a toccarmi! - gli ingiunse minaccioso non appena le dita calde del lupo sfiorarono la sua schiena - Ce la faccio da solo!» sibilò indignato
«Va bene, torno subito» gli promise increspando le labbra in un sorrisetto delizioso e Stiles fece davvero una gran fatica a ricordarsi perché avrebbe dovuto continuare ad odiarlo anziché afferrarlo per il bavero di quella dannata giacca di pelle e baciarlo per il resto del giorno, o di tutta la sua vita.



__o_O_o__


Lo sceriffo attese Derek seduto sulla sua poltrona con una bottiglia di Irish whiskey sul tavolino davanti a lui e due dita del liquido ambrato che oscillavano lentamente sulle sponde del suo bicchiere.

Derek scese le scale piacevolmente leggero perché, nonostante fosse nervoso per la conversazione che lo attendeva, si sentiva pervaso da un’insolita fiducia. Insomma, era reduce da un’impresa epica: aveva superato i suoi limiti riuscendo a dar voce ai suoi pensieri e sentimenti in frasi articolate, e senza ringhiare né minacciare di strappare la gola a qualcuno! Si sentiva quasi invincibile e fiero di sé, e chiunque conoscesse Derek Hale potrebbe facilmente capire come questo fosse un piccolo grande miracolo.

Non appena Derek raggiunse il living, lo sceriffo gli indicò il divano davanti a sé dove il ragazzo si sedette mentre lui continuava a roteare il bicchiere e ad osservare il movimento del liquore respirandone la nota ricca e cremosa di malto e miele.
 
«Quindi alla fine hai deciso cosa vuoi da lui» dedusse lo sceriffo senza preamboli
«Voglio solo conoscerlo meglio» specificò Derek, perché in effetti era questo che gli stava chiedendo: il permesso di frequentare suo figlio e scoprire insieme chi fossero e perché avessero la sensazione di saperlo già. Di averlo sempre saputo.

«Può essere molto fastidioso, lo sai?» lo avvisò e da qualche parte, accampato su un certo pavimento, un ragazzino si ripromise scandalizzato di vendicarsi della pessima propaganda da parte del sangue del suo sangue riducendo la sua dieta a sole verdure per un lungo tempo.
«Lo so, sa essere davvero insopportabile» ridacchiò Derek «È logorroico e crede di avere sempre ragione, e purtroppo è vero quasi sempre, ma è anche molto coraggioso e intelligente, è leale con le persone che ama, è forte e generoso - sussurrò con lo sguardo infiammato d’orgoglio - È goffo e divertente, non ha paura di rendersi ridicolo e quando sorride è… adorabile» ammise anche a se stesso e forse più tardi avrebbe riso di sé per come la voce suonò svenevole, ma ora era troppo occupato a morire d’imbarazzo sotto lo sguardo affilato del padre del ragazzo adorabile che l’aveva ridotto in quello stato.

«Adorabile… - ripeté pensieroso lo sceriffo - Credo che mi servirà qualcosa di più forte» mormorò posando il bicchiere sul tavolo e scrollando la testa sconsolato
«Mi dispiace» sussurrò Derek mortificato.

«Perché me l’hai chiesto? - indagò dopo un lungo respiro - Voglio dire, avresti potuto farlo senza chiedermi il permesso»
«Voglio fare tutto per bene dall’inizio e alla luce del sole» rispose con sincerità
«È un po’ vecchio stile, ma condivido - approvò l’uomo più anziano - Senti Derek, essere diffidente è nella mia natura e forse anche nella tua, invece Stiles è sempre aperto e generoso con gli altri, però sbaglia raramente nel giudicare le persone, ha preso da sua madre in questo, e lui si fida di te perciò, se è la mia benedizione che vuoi, ce l’hai» acconsentì e sorrise internamente nel vedere la tensione scivolare via dal volto del ragazzo e il sollievo ammorbidirne i tratti «Ma non dimenticare che sì, è vero, lui è forte, ma è anche vulnerabile e umano…» sottolineò con apprensione
«È il mio essere per metà lupo a preoccuparla?» intuì Derek
«Dovrebbe?»
«No - rispose sicuro - No, può stare tranquillo, perché a differenza della mia parte umana, il mio lupo non ha alcun dubbio su ciò che prova per lui, l’ha sempre saputo, è l’istinto: tutto ciò che vorrebbe fare è rannicchiarsi ai suoi piedi e proteggerlo» gli confidò rinunciando ad ogni scudo
«Bene, ma lupo o meno, dovrai tenerlo al sicuro, e se lo farai soffrire, ti ucciderò con le mie mani» lo minacciò e non c’era alcuna esitazione nel battito del suo cuore
«Non potrei mai fargli del male intenzionalmente e farò di tutto per tenerlo al sicuro - si impegnò e l’avrebbe fatto davvero, sempre, per il resto della sua vita - Inoltre le prometto che, anche se le cose tra noi dovessero evolversi in senso romantico, non ci sarà nulla di… fisico tra noi finché non sarà maggiorenne» arrancò fissando il pavimento e desiderando lo inghiottisse
«Oddio, non avevo pensato a questo» impallidì lo sceriffo e il bisogno di bere divenne imperativo per cancellare dalla sua mente qualunque riferimento che suo figlio a) potesse avere una qualche vita sessuale b) potesse esplorarla con un uomo per metà lupo «Grazie per avermi fatto invecchiare di almeno vent’anni in meno di un’ora! - sibilò - E forse è meglio se metto via questa» considerò afferrando la bottiglia di Irish whiskey e alzandosi esausto dalla poltrona.

Lo sceriffo ripose la bottiglia sul suo ripiano, poi si voltò verso il ragazzo che sembrava distrutto mentre balbettava le sue scuse con il viso in fiamme.
«Basta - ebbe pietà di lui - E poi che ci fai ancora qui? È lui che devi convincere, perciò vai» lo incoraggiò vinto dal suo istinto paterno
«Hai cinque minuti, ma ho paura che te ne basterà mezzo» presagì alzando gli occhi al cielo, poi si avvicinò e gli tese la mano
«Grazie» gli sorrise emozionato Derek mentre si fondeva alle sue dita in una presa salda e calorosa.

«Ora va’ - lo esortò raddolcito assestandogli una pacca affettuosa sulla spalla che fece traballare in modo meraviglioso il cuore ferito Derek - E lascia la porta aperta» gli intimò con un’occhiata eloquente, e Derek annuì goffamente e sgusciò via prima che l’imbarazzo lo trasformasse nuovamente in un dodicenne alla sua prima cotta oggetto delle prese in giro di tutto il parentado.



__o_O_o__


Quando raggiunse il piano di sopra, la porta della camera di Stiles era aperta e il ragazzo era seduto sul letto con le braccia conserte e un’espressione indecifrabile sul viso.

«Cos’è questa storia che non ci sarà nulla di fisico tra noi fino a quando io sarò maggiorenne?» gli chiese imbronciato
«Hai sentito?» intuì Sherlock Hale
«Ogni parola - confermò Stiles - Davvero pensi che io sia adorabile?» domandò con un sorrisetto impertinente
«Stiles…» sospirò esasperato
«Dunque, fammi capire - continuò subdolo - Sono adorabile, ma non abbastanza da volermi baciare o toccare o…»
«Non ho mai detto che non voglio baciarti o toccarti!» precisò Derek interrompendolo
«Hai detto niente di fisico» ribadì petulante
«Sì, fino a quando compirai diciotto anni, ma intendevo niente di… invasivo» tentò di spiegarsi sperando di non dover scendere ulteriormente nel dettaglio perché per quel giorno sentiva di aver già superato ogni limite consentito di arrossimenti e recrudescenze adolescenziali.

«Vuoi dire che hai intenzione di baciarmi e toccarmi, ma non andare in casa base?»
«Sì»
«Cos’è, una tortura mannara? - sbottò accigliandosi - Hai intenzione di farmi morire di frustrazione sessuale?» lo accusò sdegnato
«Voglio fare tutto per bene, con calma e voglio che sia legale» si giustificò
«Uccidermi non è legale» lo informò guardandolo di sottecchi
«Stiles, per favore, finiscila!» sibilò estenuato.

«Aspetta… - sgranò gli occhi un attimo dopo - Quindi questo significa che vuoi uscire con me?» realizzò
«Mi pare che mio padre mi abbia già venduto per cinquanta cammelli, non credo di avere scelta» sbuffò Stiles
«Hai sempre una scelta, Stiles» gli ricordò con dolcezza
«Anche tu - sussurrò e d’un tratto tutte le sue insicurezze erano nuovamente in superficie - Voglio dire: perché lo fai? È solo per quello che abbiamo visto in ospedale, vero? Tu vuoi che quella famiglia e quel legame prendano vita. Ma potrebbe essere davvero soltanto un frutto crudele della tua fantasia, o più probabilmente della mia pazzia, e non si avvererà mai niente di ciò che abbiamo visto. E poi stare con me potrebbe essere un vero inferno e io non voglio che tu ti aspet…»
«Stare con te sarà un vero inferno, lo so già» lo interruppe Derek inginocchiandosi davanti a lui per guardarlo negli occhi e ridacchiare con lui mentre appoggiava le mani sul bordo del letto accostandole ai suoi fianchi per custodirlo tra le sue braccia pur non sfiorandolo neppure
«E per quanto non sono convinto che quello che abbiamo visto fosse solo un sogno, non è per questo che voglio passare del tempo con te, tanto tempo con te - precisò ancorandosi al suo sguardo - Voglio conoscerti meglio e voglio che tu conosca me e voglio percorrere questa strada insieme a te ovunque ci porterà, perché io credo davvero che tu sia molto coraggioso e intelligente, leale con le persone che ami, forte e generoso e che quando sorridi tu sia dannatamente adorabile…» gli sorrise scrollando la testa incredulo di averglielo detto.
«Oddio, ma sei disgustosamente sdolcinato!» lo prese in giro Stiles che avrebbe voluto pavoneggiarsi per quella che in effetti era stata la prima dichiarazione d’amore che avesse mai ricevuto, per quando molto ermetica in perfetto stile Sourwolf, ma era troppo impegnato a dissolversi in un mucchietto di gelatina colorata di rosso carminio come ogni angolo del suo viso
«Sì, lo sono, tra le altre cose - lo avvisò Derek - Ma sono sincero e penso tutto ciò che ti ho detto. E poi devo capire perché quando ti ho visto in quel magazzino coperto di sangue e non riuscivo a sentire il tuo battito, ho creduto di morire anch’io» gli confessò con la voce strozzata dal dolore che riaffiorava insopportabile al solo ricordo
«Ma sei arrivato in tempo e non mi è successo niente» lo confortò Stiles  che allungò le dita sul suo volto, sopraffatto dal bisogno di cancellare quell’espressione sofferente dal suo splendido viso.
 
«I cinque minuti sono scaduti da un po’!» urlò lo sceriffo dal piano di sotto e Stiles lasciò cadere immediatamente la mano sul suo grembo.

«Allora, vuoi uscire con me domani sera?» gli chiese ufficialmente Derek preparandosi a salutarlo e chiedendosi se sarebbe riuscito a farlo
«Sì - cinguettò Stiles - Chiamami prima, così mi dici se devo indossare qualcosa di elegante o meno, anche se immagino che potrei restare in pigiama: quest’aria emaciata e sfatta credo che contribuisca al mio essere così dannatamente adorabile» lo imitò esplodendo in una risatina convulsa nel vederlo roteare gli occhi
«Oddio, ma in che razza di guaio mi sono cacciato?» mormorò desolato
«Oh, non ne hai idea! - continuò a ridacchiare Stiles - Ma credo che lo scopriremo presto. Insieme» sussurrò quella parola con timidezza e gli occhi pieni di speranza che gonfiarono il petto di Derek di qualcosa che assomigliava terribilmente alla parola felicità.

«A domani Stiles» lo salutò accarezzandolo con lo sguardo
«A domani Sweetwolf» gli scivolò via dalle labbra con naturalezza e fu scosso nel sentire che ora aveva senso.

Guardò Derek smarrito, ma nell’istante in cui lui gli sorrise e gli si avvicinò, una sensazione di calore permeò ogni angolo di sé e il ragazzo capì che era esattamente così che avrebbe dovuto iniziare tra loro: con quel sorriso, con lo sguardo appassionato e fiducioso del suo Sweetwolf che accarezzava il suo viso lievemente arrossito, con quella mano forte che timidamente si intrecciava alle sue dita, con quelle labbra calde e piene sulla sua fronte per regalargli il loro primo bacio.

Non era un bacio bruciante, travolgente, voluttuoso, quello con cui Stiles avrebbe sognato di iniziare un nuovo rapporto: era invece delicato e premuroso, morbido e caldo come lo sono soltanto le cose che ordina il cuore, e prometteva rispetto, pazienza, cura e dedizione.
Era insomma perfetto.
Ed era stupendamente vero.



__o_O_o__


Quando Derek lasciò gli Stilinski era evidentemente troppo distratto per accorgersi che c’era qualcuno in fondo alla strada che si sorreggeva al tronco di un rovere e lo guardava. Era vestito con i colori della notte e del bosco sotto la luna, aveva il volto solcato dal tempo eppure disteso nell’espressione gentile dei suoi occhi chiarissimi, velati da quella patina di malinconia opaca che procura l’età, e stringeva tra le mani un braccialetto di cuoio a cui era legato un pendente d’osso con un nodo celtico impresso sopra.

«Beh, mia cara amica - sussurrò portandosi l’amuleto al petto e accarezzandolo con dolcezza senza distogliere lo sguardo dal ragazzo che raggiungeva la sua auto - È stato molto più difficile di quanto avremmo voluto, ma alla fine ho mantenuto la mia promessa: ora tuo figlio ha trovato la sua strada» sorrise voltandosi verso la casa di Stiles
«Lo renderà più felice di quanto avrebbe mai potuto sognare» predisse con affetto confortato dal braccialetto con la croce di Afsling4 che strinse più forte tra le mani segnate da innumerevoli primavere, e chiudendo gli occhi gli parve di vedere il fuoco vivo degli occhi della sua alfa brillare più intenso e il suo cuore di madre trovare finalmente la pace.
 
Quando riaprì gli occhi, Derek era andato via e così fece lui, con passi lenti, lasciando dietro di sé una scia esile di artemisia mista a note di legno di cedro e pioggia, che rivelavano l’arcana magia druidica che scorreva nelle sue vene, ma anche la solitudine di una vita raccolta e di una pace profonda che scandiva il battito del suo cuore con ritmo lento e delicato.




Note:
1. Artemisia: tutte le informazioni sulla pianta sono tratte da “Il mondo verde celtico. I rimedi naturali dei druidi” di Alfredo Moreschi (click)
2. Christian Taylor: è uno degli autori di Teen Wolf che ha scritto quattro dei miei cinque episodi preferiti dell’intera serie (click) Era un modo per ringraziarlo di esistere e di invitarlo a resistere alle pressioni esterne e al pessimo esempio degli altri della crew.
3. “Le notti Bianche” di Fëdor Dostoevskij: per chi non lo conoscesse, è un romanzo breve che ha per protagonista un sognatore. quotes
4. Croce di Afsling: click.




* NdA *

Va bene, siete sopravvissuti, vero? Fatemi sapere. ç___ç 
Suppongo che ora sia tutto un po' più chiaro e non vedo l'ora di poterne parlare con voi! *-* (Ovvero con quei temerari che vorranno scrivermi nonostante la minaccia di vedersi poi recapitare le mie risposte)
Non voglio trattenervi ancora qui con i miei soliti sproloqui, specie dopo un capitolo come questo che finirei per ricommentare, e quindi riscrivere, dalla pima all'ultima riga, però vi devo giusto qualche utleriore chiarimento, mi dispiace (tenterò di essere breve *partono i coretti di insulti e risate in ogni dove* )

1. Sterek <--  li metto qui in cima perché hanno dovuto faticare per arrivare a quell'appuntamento, dunque meritano il giusto tributo. Sono loro i protagonisti di questa storia: non quelli sposati del futuro, né quelli che fingono di non sopportarsi del passato. La vicenda si colloca durante l'estate del 3^ anno di Stiles & company (ovvero poco dopo gli eventi di questa IV stagione... forse, perché il tempo è un concetto molto astratto in Teen Wolf e nella testa degli autori -.-''''''''), ma visto che la storia è stata scritta mentre andava in onda la 3A e rimessa a posto durante la 3B, non tiene minimamente conto degli eventi di quest'ultima e ancor meno della IV, né dei nuovi personaggi, e spero che nessuno mi faccia pagare una penale per questo *sarcasm* ù.ù

2. Lydia <-- ovvero la prova che se Cupido avesse i capelli rossi avremmo tutti un Derek Hale che ci chiede di uscire con lui perché siamo adorabili. No, eh? Seriamente, so che per molti di voi non è così, ma ai miei occhi l'unico amore possibile tra Stiles e Lydia è quello fraterno, nel senso che sono totalmente convinta che siano stati fratelli in un'altra vita, gemelli più precisamente. Per questo non ho mai visto nulla di romantico in atto tra loro, neppure da parte di Stiles. Credo ci sia un legame molto più profondo ad unirli e qui ho parlato per bocca di Lydia: i fidanzati vanno e vengono, ma Stiles sarà l'unico uomo che non potrà mai essere sostituito nella sua vita. 

3. Lo Sceriffo  <--  si vede che adoro quell'uomo? Non voglio soffermarmi su di lui o su tutte le dinamiche di cui è stato protagonista, voglio sono confessare che le parti di questa storia dedicate al rapporto tra lui è Derek, sono in assoluto tra quelle a cui mi sento più legata. Spero di essere riuscita a farvi arrivare anche solo in minima parte le sfumature di questi due uomini che ritrovano un padre e un figlio nella persona più improbabile, ma il legame tra loro sarà più forte del sangue.

4. La scommessa <--  tra gli Sterek felicemente sposati e padri del futuro e quelli scoppiettanti amici/nemici del passato, riusciranno quei due innamorati imbranati del presente a conquistarsi un posto ancora più speciale nel cuore di chiunque stia leggendo questa storia? Attendo le risposte ora perché quando sarà online il prossimo capitolo la scommessa non è più valida, ve lo dico subito: forse mi sbaglio, ma ho come l'impressione che già dal primo appuntamento ufficiale (Derek ci tiene a precisarlo) di quei due, la concorrenza sarà sbaragliata o, ancora più probabilmente, spazzata via da uno tsunami di fluff. 

4. Prossimo aggiornamento  <-- considerato che ho ancora un po' di problemi e non posso stare davanti al pc troppo a lungo, e che la prossima settimana parto, cercherò di fare il possibile per aggiornare prima della fine di agosto, ma vi potrò dare informazioni più precise a fine settimana, sempre qui: click to my tumbrl.

Grazie a tutti per la pazienza e per l'affetto che mi dimostrate con le vostre recensioni e i messaggi, incoraggiandomi a non darmi per vinta quando, per tanti motivi, mi sento un po' sfiduciata e scrivere diventa complicato. Lascio infine un abbraccio più stretto a Evss
♥ 
Un bacio e a presto, P.

   
 
Leggi le 17 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Teen Wolf / Vai alla pagina dell'autore: Pentesilea_