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Autore: Mconcy    19/08/2014    6 recensioni
[Extra di "Fragili"]
Raccolta di pochi capitoli, narrati dal punto di vista di Tris, che fanno luce su alcuni avvenimenti della storia raccontata in "Fragili".
Capitoli:
- #1 Tris
"Come ti senti, Tris?"
Faccio il punto della situazione. Mi sono svegliata in un luogo sconosciuto con un ragazzo sconosciuto, ho dolore ovunque e sembra che la testa abbia deciso di esplodere a mia insaputa. E non ho assolutamente idea di cosa sia successo.
"Non molto bene, a dire il vero."

- #2 Aleen
"Non ricordo il momento preciso in cui decisi di fidarmi di lui. Semplicemente l'ho fatto."
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tris
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Fragili'
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Invincibili - Extra di "Fragili"




#1

Tris





(109 giorni dopo)


Ricordo che tanto tempo fa mia madre mi disse che non si può sopravvivere da soli e che, anche se potessimo, non lo vorremmo.
A volte dovremmo ascoltare di più le nostre madri, dar loro retta finché possiamo, perché capiterà spesso che avranno ragione.


Come in questo preciso momento.
In questo preciso momento realizzo che mia madre aveva ragione. Ancora una volta.

È una cosa così brutta la solitudine. Non parlo dello stare da soli, ma dell'essere soli. In mezzo alla gente, fuori dal mondo.

Non so se è questo che mia madre intendeva, ma ho deciso che "solitudine" è l'unica parola che esprima più adeguatamente possibile la mia situazione.
Avvolta in un involucro buio e freddo, in compagnia solamente del silenzio.

È così che ci si sente mentre si muore?
O sono già morta?

Non lo so. Non percepisco nulla, né il mio corpo, né l'ambiente che mi circonda. Sento solo un'enorme e buia solitudine aleggiare intorno a me, pesarmi addosso come un macigno.

Sto per morire, mi dico. Sto guadagnando il mio perdono.
Non è questo che volevo? Non era questo ciò che bisognava fare?
Devo ripetermelo per crederci. Voglio che tutto questo sia servito a qualcosa. Voglio che tutto questo sia valso il mio perdono.

Perdonatemi.

Sembra che questa cosa funzioni. Mentre continuo a farlo, a convincermi, sento la pressione allentarsi. È come se il buio si diradasse, diventasse più... leggero.

Avevo ragione.
Sono sola e tutto sta per finire.
Perdonatemi. Ancora.






"Svegliati..."

Caldo.
Luce.
Bruciore.
Ossigeno.
Dolore.

"Calmati! Stai giù!"

Cosa sta succedendo? Cosa diamine succede?!

"Mi senti? Va tutto bene..."

Sono viva. Ecco il mio primo pensiero.
Non riesco ad aprire gli occhi, bruciano troppo.
Poi comincio a sentire il dolore. Ovunque.

Il respiro è veloce, la testa annebbiata. Sento un peso sulle spalle che mi impedisce di sollevarmi.

Cosa. Diamine. Succede?!

Dovrei essere morta.
Eppure i miei polmoni non dovrebbero funzionare in questo modo, i miei occhi non dovrebbero lottare per aprirsi, la mia gola non dovrebbe somigliare a carta vetrata mentre cerco di deglutire.
E non dovrei sentire voci che mi intimano di stare calma.

"Respira. Così. Non ti agitare."

D'istinto tento ancora una volta di aprire gli occhi. La luce assomiglia più a lame di fuoco. Brucia maledettamente, e fa male.

"Mhm..."
Non mi rendo conto di essere stata io a parlare, fino a quando una fitta lancinante non mi scuote la gola.

Devono avermi immerso nell'acido per farmi sentire così male. O comunque in un qualcosa di altamente corrosivo. La sensazione è quella.
Persino i rumori mi arrivano troppo forti, troppi tutti insieme.
Non passa molto, che cado nuovamente nel buio.



***


Il secondo risveglio è decisamente meno brusco e doloroso.
Percepisco la graduale uscita dal mio stato di incoscienza, e ne apprezzo la lentezza.
Per un istante mi sembra di essere tornata a casa, nella mia stanza, in un giorno qualunque della mia precedente esistenza. Mi svegliavo lentamente, lasciando ai miei occhi il tempo di abituarsi al sole che filtrava dalla finestra.

Mi devo subito ricredere.
L'odore acre che sento non è affatto quello di casa mia, e i rumori che percepisco non hanno niente a che fare con quelli che produceva il vento accarezzando le foglie degli alberi del mio quartiere.

Devo svegliarmi.
Sbatto gli occhi velocemente, e finalmente riesco a tenerli aperti abbastanza a lungo da vedere qualcosa di ciò che mi circonda.
Il soffitto incrostato, una sagoma china su di me, una porta di metallo.
Richiudo gli occhi e mi porto una mano davanti al viso.
Fa ancora molto male.

"Come ti senti?" chiede ancora la voce.
Io non rispondo, ma provo a tirarmi su.
Sento scricchiolare ogni singolo osso del mio corpo mentre mi appoggio con la schiena alla parete accanto a me. Stringo la mascella per sopportare il dolore.
Respiro a fatica e in modo irregolare. Quando espiro mi esce uno strano rumore, come un rantolo o un lamento soffocato.

"Prendi questo, bevi." mi consiglia la voce di prima. Non distinguo bene le parole, più che altro perché sono troppo concentrata sul dolore che mi offusca la mente.

Cerco di ignorare il mio corpo e mi concentro sull'azione di aprire gli occhi.
Sbatto velocemente le palpebre e aggrotto la fronte, ma alla fine, dopo non so quanti minuti, riesco ad abituarmi alla luce.

Il respiro si calma, anche se tremo ancora.
Mi trovo in una stanza abbastanza grande, con le pareti grigie incrostate di sporco e i pavimenti di legno consunto. Sul soffitto c'è una serie di lampade che diffondono una forte luce giallognola, mentre alla mia destra vedo una porta di ferro. Niente finestre. Devo essere seduta su qualcosa di morbido, forse un materasso.
Alzo lo sguardo e finalmente individuo la fonte della voce che ho sentito prima.

La prima cosa che noto sono dei capelli. Sporchi sicuramente, ma di un biondo brillante.
La luce proiettata dalle lampade illumina metà viso della persona di fronte a me. È un ragazzo.

"Bevi." ripete porgendomi qualcosa.
Metto a fuoco l'oggetto che il ragazzo tiene in una mano: un bicchiere di metallo con del liquido dentro. Sembra acqua ma non ne sono sicura al cento per cento.

Alzo il braccio per prendere il bicchiere, ma devo fare molto lentamente perchè mi gira molto forte la testa. Ad ogni minimo movimento delle fitte allucinanti torturano le mie tempie.
Alla fine riesco ad afferrare il bicchiere d'acqua, facendone uscire un po' a causa dei tremori, e lo porto con estrema attenzione alle labbra secche facendo scivolare il liquido tiepido giù per la gola. Brucia da morire.
Cerco di non farci caso e ingurgito più acqua possibile.

Vuoto il bicchiere e mi sistemo meglio contro il muro. Mi sento molto confusa e stanca. Vorrei lasciarmi cadere di nuovo sul materasso e chiudere gli occhi, ma devo capire cosa sta succedendo.

Alzo lo sguardo sulla persona che mi sta davanti, studiandola con diffidenza.
Il ragazzo deve avere sui 25 anni, o poco meno. I capelli biondi sono un po' lunghi, gli arrivano sotto le orecchie. Sono spettinati e sporchi.
Il viso del ragazzo sembra gentile, dalle linee morbide. Mi guarda con comprensione, aspettando saggiamente che io faccia una qualche mossa.

Mi schiarisco la voce e provo a dire qualcosa.
"C-chi sei?"

Gli occhi di un verde chiarissimo del ragazzo mi scrutano attenti.
"Io sono Ethan." dice semplicemente. La sua voce è limpida e calma. Non so perché, ma mi infonde sicurezza. "Tu come ti chiami?"

"Tris." rispondo automaticamente.
Lui annuisce e si siede meglio incrociando le gambe.
"Come ti senti, Tris?"

Faccio il punto della situazione. Mi sono svegliata in un luogo sconosciuto con un ragazzo sconosciuto, ho dolore ovunque e sembra che la testa abbia deciso di esplodere a mia insaputa. E non ho assolutamente idea di cosa sia successo.
"Non molto bene, a dire il vero."

Lui annuisce di nuovo e mi guarda, rimanendo in silenzio. Credo mi voglia dare il tempo di realizzare quello che sta succedendo, ma io sinceramente non trovo nessuna spiegazione logica.
Decido di fare domande.
"Mi sai dire dove siamo?"

"No, non di preciso. Da qualche parte in Periferia, suppongo." dice alzando le spalle.
"Okay, ma... cos'è questo posto? Perché sono qui?" incalzo io.

Ethan sospira e si passa una mano nei capelli.
"In questo momento ti trovi in una cella. E il perché non te lo so dire."

Rimango di sasso.
Una cella? Sono in una sorta di prigione?
Mi guardo intorno con più attenzione. Le pareti sono sporche, così come il pavimento. La porta di metallo che ho notato poco fa è piuttosto grande e dall'aspetto direi molto robusta.
Noto un'altra brandina nella stanza oltre a quella su cui sono seduta io, e anche quella è parecchio malandata.

"Tris, ricordi niente di quello che è successo prima che ti prendessero?"
Non mi sfugge il termine. "Prendessero". Significa che c'è qualcuno dietro a questa follia, qualcuno che mi ha trascinato dentro a questa cella opprimente.
Mi sforzo di ricordare qualcosa, qualsiasi cosa.
Ricordo il Dipartimento. Caleb. Il piano per sabotare David e le sue assurde idee. Il laboratorio e la pistola. Lo sparo. Mia madre.
E poi?
Nulla. Il vuoto totale.

"Io... credo..."

Ethan mi osserva, serio. Non dice niente, nemmeno quando chiudo gli occhi per ripescare dalla memoria le ultime ore che mi ricordo di aver vissuto.
Ho preso il posto di Caleb, ho cancellato la memoria del Dipartimento.

Ho abbandonato Tobias.

Apro gli occhi di scatto, mentre il cuore comincia a martellarmi nel petto.
Tobias.
Il suo piano avrà funzionato?
Avrà saputo di quello che mi è successo -qualsiasi cosa mi sia successa?
Mi starà cercando?

Ethan deve rendersi conto della mia espressione di panico.
"Ti senti bene?"

"Ethan, da quanto tempo mi trovo qui?" chiedo con una nota d'ansia nella voce.
Il ragazzo mi scruta perplesso, poi si avvicina al muro alla mia sinistra e legge qualcosa scritto sulla parete. Noto una specie di griglia irregolare, piena di numeri e puntini. C'è anche qualche scritta all'interno delle caselle, ma non riesco a leggerle da qui.
Realizzo che dev'essere una sorta di calendario.

"Tre mesi e mezzo, più o meno. Potrebbe essere anche di più..."

Tre mesi e mezzo.
Tre dannati mesi.
Mi staranno ancora cercando?

"Com'è possibile? Ho dormito per tutto questo tempo?"
Ethan torna di fronte a me.
"Non esattamente. Ti hanno portato in questa stanza solo oggi..."
Fa una pausa, così aspetto in silenzio che continui a spiegare. Sembra confuso, e dall'espressione capisco che sta pensando a cosa dire. O forse a come dirlo.

"Io ti ho vista, tre mesi fa. Mentre mi portavano nella sala delle torture. Sono sicuro che fossi tu." dice scrutandomi. "Eri in una stanza separata, collegata ad alcuni tubi e a dei monitor." Mi guarda con tristezza. "Credo che tu fossi in coma, Tris."

Rimango con la bocca aperta e lo sguardo fisso nel vuoto.
"Cos-" Mi schiarisco la gola. "Cosa intendi con "sala delle torture"?"

Ethan si muove a disagio, mordendosi le labbra.
"Credo che lo scoprirai presto."

Un rumore improvviso mi fa sussultare. La porta di metallo alla mia destra si spalanca di colpo, lasciando entrare tre figure armate e incappucciate, dai vestiti scuri.

D'istinto provo ad alzarmi in piedi, ma un dolore lancinante e un puntuale capogiro mi fanno gemere, costringendomi ad abbandonarmi alla parete.
Fatico a tenere gli occhi aperti.

"Allontanati!" grida una voce maschile. Il tono è autoritario e non lascia spazio a repliche. Sento Ethan allontanarsi ubbidendo all'uomo. Dopo qualche secondo una mano mi afferra bruscamente il braccio trascinandomi in piedi.

Credo di gridare.
Il dolore è troppo forte, persistente e destabilizzante. Vedo tante luci colorate brillare dietro la mia palpebra chiusa, per poi spegnersi e accendersi di nuovo.
La testa pulsa, gira, non si ferma più.
Mi sento come una barca minuscola nel bel mezzo di una tempesta, ma sopra un mare fatto di acido.

Percepisco ancora la mano sul mio braccio che strattona e tira, incurante dell'urlo di dolore del mio corpo. Perché sono sicura che il mio corpo stia gridando.
Ad un tratto le mani diventano due, tre o forse più.

Mi sento sollevare da terra.
Poi metallo duro.

Vengo buttata su qualcosa che sembra fatto di acciaio, forse un tavolo.
Al momento dell'impatto i miei polmoni si svuotano di tutta l'aria che contenevano, lasciandomi senza respiro dalla sofferenza.
Non sento più le gambe.

Apro gli occhi a fatica, trovando una luce intensa puntata dritta su di me. Non metto a fuoco nulla, vedo solo colori sfocati e tremanti.
Pensare a qualcosa di sensato, ora, è semplicemente impossibile.

Una puntura fastidiosa mi solletica il collo.
Le voci intorno a me rimbombano, diventando echi lontani di una realtà che si spegne poco a poco.

Allora capisco che non sono stata perdonata. Tutto questo è la mia punizione.
Questo non è perdono.
Penso alla morte, e a quanto vorrei che fosse meno dolorosa.

Poi, finalmente, mi spengo.





NOTE FINALI:

Salve! Eccomi di nuovo a stressarvi con il primo extra di Fragili!
Come al solito il capitolo non mi ha soddisfatto al cento per cento... La prima metà mi piaceva come era venuta fuori, ma poi ho avuto come la sensazione di aver rovinato il tutto nella seconda parte -.-
Spero comunque di non avervi deluso. Ho provato ad entrare nella testa di Tris e a cambiare lo stile di scrittura per evidenziare il distacco da Fragili e quindi dal pov Tobias. Missione riuscita? Nah...
Comunque sia... il prossimo extra si intitolerà: #2) Aleen
Chi è Aleen?
Beh, alla prossima per scoprirlo!
Un saluto.

Mconcy


Ps: Ho modificato l'html di tutti i capitoli di Fragili perché mi è stato gentilmente fatto notare che avevano un carattere davvero minuscolo... Ora sono tutti impostati correttamente e secondo una grafica più carina :)


Date un'occhiata alle altre storie sulla mia pagina:
-"And There She Was", one-shot a sé stante su Divergent
-"Fino a dieci", one-shot introspettiva sull'amicizia fatta di dialoghi al telefono

  
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