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Autore: Koaluch    19/08/2014    1 recensioni
Tutti potevano ammirare il lato luminoso della Luna, proprio come tutti potevano vedere in Ale la persona brillante che era. Pochissimi esseri umani però erano riusciti a vedere il lato oscuro della Luna, quello nascosto alla Terra.
Così come questo meraviglioso satellite eclissa il suo lato buio, Ale, il nostro protagonista, cela nel suo animo un segreto che lo macchia nel profondo, obbligandolo a nascondere quella parte di sé che l'ha cambiato drasticamente da quando aveva tredici anni.
Il nostro protagonista si ritroverà ad odiarsi, o meglio, odiare ciò che si cela in lui, poiché se stesso è ciò che mette davvero in pericolo la persona che ama.
Ma perché è diventato così? Perché non può avvicinarsi a lei, che subito entra in campo l'istinto di farle del male?
Nessuno sa come e perché quel giorno il fato ha deciso di cambiare la sua vita per sempre.
 
"Perché quella ragazza magnifica non sarebbe mai potuta essere sua. Nemmeno se Ivan non fosse mai esistito. Nemmeno se quell'episodio al mare non fosse accaduto. Nemmeno se lei lo avesse voluto."
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 12
Dario sentì bussare alla porta. Era mattina presto, tantoché lui si era appena svegliato e stava andando in cucina per fare colazione. C’era un silenzio irreale nell’aria, rotto solamente da qualche uccellino che, svegliatosi presto, cantava ininterrottamente. Subito il suo pensiero andò ad Ale, dirigendosi verso la porta di casa. Era tornato finalmente! Non vedeva l’ora di riabbracciarlo. Mentre correva ad aprire alla porta, le sue preoccupazioni svanirono di colpo per lasciare spazio solo alla felicità di rivederlo.
Purtroppo però, si ritrovò deluso quando davanti a sé ritrovò Luna al posto del tanto atteso fratello. La ragazza sembrava a disagio.
“Io... Volevo sapere se Ale è qui.”
Aveva gli occhi stanchi segnati da due occhiaie che non era riuscita a nascondere neanche con il trucco. La maglietta verde che indossava era coperta in parte dalla giacca di jeans che stava sopra, ma si poteva vedere comunque che era spiegazzata e sgualcita. Tutto in lei suggeriva che quella notte l’aveva passata in bianco. Intuendo che lei potesse sapere qualcosa riguardo la misteriosa scomparsa del fratellino disse: “No, ieri sera non è tornato.” per spingerla a parlare.
Luna intanto si contorceva le mani guardandosi intorno, le guance rosee stavano prendendo un colore più accentuato.
“Sai dove può essere?”
“Beh, sai, io pensavo di chiederlo a te.”
Parve inizialmente sorpresa. Lo guardò con aria pensierosa, poi all’improvviso, lo sguardo di Luna divenne deciso, come se di punto in bianco avesse preso un’importante decisione e stesse per esporla.
“Che cosa nasconde?”
“Di che parli?” Dario tentò di fare il finto tonto. Luna sapeva qualcosa, cosa le aveva accennato o fatto capire Ale?
“Avanti, tu lo sai di cosa parlo.”
Dario sospirò. Non poteva nasconderglielo e secondo lui era anche giusto che Luna sapesse, però era una decisione che doveva prendere Ale, non era giusto che lui le rivelasse il segreto al suo posto.
“Se vuoi delle risposte, Luna, solo lui te le può dare. E davvero, non ho idea di dove sia in questo momento.”
Luna notò quanto sembrava stanco e affranto nel dire quelle parole. Ale stava facendo preoccupare tutti. Doveva trovarlo.
“D’accordo, lo troverò.” disse chiedendosi se non fosse meglio raccontare a Dario ciò che era successo il giorno precedente. Il signore che l’aveva salvata però, le aveva assicurato che non gli aveva fatto del male, e lei voleva credergli a tutti i costi.
Mentre se ne andava passò in rassegna con la mente tutti i posti che avevano frequentato insieme. Al primo posto c’era la scuola, che avrebbe aperto nel giro di un’ora, ma se Ale non era tornato a casa quella notte dubitava che sarebbe andato a scuola quella mattina. Poteva provarci, ma avrebbe perso tutta la mattinata. Poi c’era il parco dove studiavano, dove passò velocemente, mentre tornava a casa.  Non trovò nulla, ma non si perse d’animo. Decise quindi di provare con la scuola.
Suonata la campanella si precipitò in classe, che era ancora vuota. Attese in ansia per i prossimi minuti, ma presto fu palese che Ale non si sarebbe presentato quel giorno. Bene, si era incastrata lì dentro senza possibilità di uscire e aveva fallito.
 
Ale si svegliò abbastanza tardi. Era andato a dormire all’alba e aveva sonnecchiato per qualche ora durante la mattina. Non ci aveva proprio pensato ad andare a scuola. Avrebbe significato rivedere Luna, e lui non era ancora pronto per questo. Uscì sul balcone, beandosi della brezza marina che gli accarezzava la pelle. L’oceano era inquieto quel giorno, proprio come il suo animo. Rimase molto tempo a fissare meravigliato le gigantesche onde che sembravano estendersi fino al cielo, per poi infrangersi sulla riva e tornare indietro per ricominciare da capo. Amava quell’oceano. Amava la sua città, ma allo stesso tempo sentiva di doversene andare, di essere solo un peso in quel posto. Ora non aveva nemmeno più Luna, non valeva la pena rimanere lì. Eppure c’era qualcosa che lo attraeva, obbligandolo a restare vicino a quella ragazza. Era come una calamita per lui e ora che doveva scegliere tra il desiderio di soddisfare il suo bisogno di lei e quello di proteggerla da sé stesso, stava male più che mai.
 
Bloccata dentro quella scuola che ora sembrava la sua prigione, Luna stava cercando di riflettere, non prestando minimamente attenzione alla lezione che il professore stava tenendo. Avrebbe recuperato il prima possibile, ma ora aveva qualcosa di più importante a cui pensare. Andare a casa di Ale non era servito a niente ed ora non sapeva più dove cercarlo. C’erano tante cose di lui che non sapeva e se non riuscivano a trovarlo i suoi fratelli perché avrebbe dovuto farlo lei?
Sconfortata si mise a fissare il paesaggio fuori dalla finestra. Era davvero un bel quartiere quello della sua scuola. Di alberi ce n’erano dappertutto nella sua città, ma i dintorni della scuola erano più verdi e rigogliosi del resto. La strada non era molto trafficata, perlomeno a quell’ora e si respirava un'aria fresca. Nel cortile della scuola si riposavano i ragazzi che avevano un’ora di riposo. Alcuni studiavano, altri stavano semplicemente seduti a parlare e poi c’era una ragazza intenta a dare qualche briciola del suo panino ad un gabbiano affamato. Luna lo fissò con ammirazione mentre spiccava il volo dirigendosi verso il mare, accompagnato da altri magnifici volatili. Il mare. Non ci andava da quando aveva conosciuto Ale. No, pensandoci bene ci era stata qualche giorno fa, quando Ale era stato picchiato da Ivan. La casa al mare! Forse Ale avrebbe potuto essere lì! Dove altro avrebbe potuto passare tutta la notte? Si diede della stupida per non averci pensato prima.
Immediatamente finse di stare male davanti agli occhi preoccupati del professore, gli chiese se poteva uscire un momento e, una volta fuori dall’aula, fuggì letteralmente dalla scuola, promettendosi che si sarebbe fatta perdonare. Percorse tutto il cortile con la paura di essere scoperta, ma l’adrenalina la spingeva ad andare avanti. lei, che non avrebbe mai fatto una cosa del genere se non fosse stata davvero necessaria ora stava correndo via verso l’oceano. Corse fino a non avere più fiato, e nemmeno allora si fermò. Continuò a camminare finché non vide la casa che cercava. Era ancora più grande di come la ricordava, compreso il cancello che delimitava il territorio, e  ora che ci si trovava davanti, non sapeva proprio come superarlo. Vi poggiò una mano sopra e con felicissima sorpresa notò che era aperto. Ale doveva per forza essere lì. Con rinnovato entusiasmo si diresse a passi veloci verso le scale che ricordava portassero alla porta di casa. Si stava accingendo a salire la rampa di scale, quando notò che la porta al piano terra era aperta. Da dentro provenivano dei tonfi rimbombanti ai quali non riusciva dare una spiegazione, ma che la incuriosirono, facendola dirigere verso l'entrata.
I suoi piedi calpestarono del morbido tatami da palestra, composto da blocchi rossi e verdi, che ricopriva l’intera pavimentazione dell’ampia stanza.
In un angolo erano accumulate attrezzature da palestra di vario genere e colore. Pesi di diverse dimensioni erano accantonati vicino ad una pila di guantoni, caschi e altre attrezzature. Lungo i muri alcuni sacchi da boxe erano sdraiati a terra sovrastati da oggetti che Luna, essendo stata in palestra sì e no una decina di volte in tutta la sua vita, non riuscì a identificare.
Dal lato opposto a quello dal quale era entrata una grande porta a doppio battente era completamente aperta, garantendo una leggera brezza che rinfrescava l’ambiente, facendo ondeggiare alcuni fogli attaccati al muro.
Appena ispezionata la stanza, Luna trovò l’origine del rumore: Ale era concentrato in un immaginario combattimento contro un sacco da boxe, appeso al soffitto nel centro della stanza. Era talmente assorto che non si accorse del suo arrivo silenzioso e continuò in quello che stava facendo.
Luna rimase affascinata. Era sempre stata contro la violenza, ma Ale sembrava quasi danzare in un susseguirsi di calci in rotazione e pugni in volo con movimenti sempre differenti e imprevedibili. Era la perfetta combinazione tra potenza e grazia.
Ogni tanto barcollava posandosi una mano sul fianco, segno che gli faceva ancora male, ma non abbastanza da fermarlo. Ora che lo conosceva sapeva che nulla avrebbe potuto fermare quel ragazzo quando voleva davvero una cosa.
Più lo osservava, e più la paura l’odio e tutti i sentimenti negativi che aveva provato per lui il giorno precedente sparivano. Continuava a vincere quel senso di bisogno e adorazione verso di lui e a lei stava bene così.
Rimase a guardarlo finché lui, in imbarazzo, non si accorse della sua presenza, fermandosi immediatamente.
 
Ale rimase interdetto e in silenzio qualche secondo, senza sapere cosa dire o fare. Aveva valutato l’idea che Luna avrebbe potuto fargli visita lì, ma il suo pessimismo aveva immediatamente scartato l’opzione, pensando che lei non avrebbe voluto più vederlo. Invece si sbagliava come al solito ed ora era fermo in mezzo alla stanza, senza trovare il coraggio per dirle qualsiasi cosa.
“N-non ti aspettavo.”
Fu l’unica, stupida frase balbettante che riuscì a far uscire dalle sue labbra. Sei uno stupido codardo, si disse, ma non trovava proprio il coraggio di affrontarla!
“Non sapevo che qui avessi una palestra.”
“Cosa?” rimase di sasso a quell’affermazione. Si aspettava una Luna infuriata e piena di rancore e invece lei se ne usciva con frasi del genere! Si riprese subito però, non volendo fare la figura dell’idiota. “Sì, la casa era grande e allora ci ho fatto una palestra...”
“Senti Ale...” si bloccò per un momento.
Ale non voleva affrontare quella conversazione in quel momento. Non aveva avuto nemmeno tempo per prepararsi all’idea. Tempo: ecco di cosa aveva bisogno in quel momento. E di una doccia fredda.
“Luna... Se mi aspetti mentre mi faccio la doccia e dopo andiamo sù, ti dirò tutto quello che vuoi, te lo prometto.”
Luna lo fissò per qualche istante, come alla ricerca della bugia tra le righe di ciò che aveva detto. Ma Ale glielo aveva promesso, quindi si fidò e annuì.
Ale scappò da quella conversazione tesa, rifugiandosi nella doccia del bagno della palestra. Il getto d’acqua gelato lo aiutò a ragionare e a poco a poco trovò il coraggio per affrontare la situazione. Il cuore gli batteva forte e la paura di perdere Luna lo soffocava, ma lei doveva sapere e lui doveva correre quel rischio.
Uscì dal bagno con la mente pronta a ciò che avrebbe dovuto affrontare e i capelli gocciolanti che gli bagnavano la maglietta, lasciandogli una fresca e piacevole sensazione. Luna era seduta per terra appoggiata al muro. Le porse una mano per aiutarla ad alzarsi e lei la accettò senza dire una parola. Era un buon segno?
Si diressero al piano di sopra dove Ale condusse la ragazza sul balcone e le indicò una sedia. In casa si sarebbe sentito troppo soffocato.
Rimasero in silenzio ad ammirare i gabbiani che volavano via verso l’orizzonte, sorvolando l’oceano. Era una bella vista da osservare in compagnia, ma quello non era proprio il momento adatto e Ale si sentì in imbarazzo. Decise quindi di iniziare lui, poiché l’attesa lo stava facendo impazzire.
“Allora... Cosa vuoi sapere?”
Luna sembrò rifletterci su, come per decidere quale era la domanda più importante, poi infine chiese: “Chi sei veramente, Ale? Cosa nascondi? Cos’è successo ieri nella grotta? E quel giorno al mare, invece?”
Ale rimase a riflettere un momento. Non era preparato a quella valanga di domande, ma c’era da aspettarselo.
“Ecco...”
“Scusa, non volevo riempirti di domande.” disse vedendolo in difficoltà “Dimmi prima cos’è successo ieri.” aggiunse dopo qualche secondo.
“Ecco… Quello che è successo ieri… Quello sono io.” disse tutto d’un fiato, sperando che a quel punto lei lo odiasse abbastanza da allontanarsi da lui.
“Sei tu? Cosa intendi?”
“Sono così, Luna. Sono pericoloso.  E tu dovresti starmi lontana o finirò per farti del male.”
Le mani cominciarono a tremargli al ricordo di ciò che era successo nella grotta e le strinse a pugno per non farsi vedere. Voleva apparire più calmo di quello che era.
“Ale, tu non sei quello! Tu sei così! Sei il ragazzo che mi sta parlando ora e che si preoccupa per me! Io non riesco a capire.”
Ale rimase interdetto. Non si aspettava che, dopotutto, Luna ancora vedeva del buono in lui.
Alzò lo sguardo che fino a quel momento era stato fisso sull’oceano in lontananza. Non aveva voglia di guardare Luna, ma si obbligò per dare più enfasi alla frase che seguì.
“Tu non vuoi capire. Stammi lontana, sarà meglio per te.”
Purtroppo per lui però, la sicurezza che voleva donare alla frase venne incrinata dal suo tono di voce insicuro, e la ragazza colse la palla al balzo.
“Spiegami, allora. Io non me ne andrò finché non sarò io a decidere se è il caso o meno!”
Ale rimase sorpreso dalla sua caparbietà. Non aveva nemmeno una punta dell’insicurezza che spesso prendeva il sopravvento in lei. Era arrivata fin lì ed ora meritava una spiegazione dall’inizio. Decise di dargliela.
“Sai Luna, quando non ero ancora nato mio padre se ne andò e non tornò mai. Mia madre non era di certo una donna modello, e così quando mio fratello fu abbastanza grande, andò via anche lei.”
“Mi dispiace.” disse Luna mentre Ale stava facendo una pausa per riorganizzare le idee. Le dispiaceva sul serio, ma non riusciva a capire dove voleva arrivare, così attese.
“Non devi certo dispiacerti, anzi...” la tranquillizzò, mostrando un sorriso amaro, “è stato meglio così, in parte.” disse mentre pensava a tutto quello che gli aveva fatto passare quella donna. Lo aveva sempre odiato, trattato male, sgridato, mentre i suoi fratelli venivano amati e viziati. Ale aveva sempre pensato che cercava di metterlo contro di loro, ma non sapeva il motivo. Lui era uguale a Dario e Marco, perché odiarlo così?
“Ale?” lo esortò a continuare Luna, vedendo che non parlava già da un po’.
“Sì, scusa...“ disse Ale cercando di riordinare le idee. “Ecco... In fin fine la mia vita non mi piaceva, non era come quella degli altri bambini, quindi come uno stupido volevo sentirmi più grande. Iniziai a frequentare un gruppetto di ragazzi più grandi di me. Erano dei piccoli teppistelli, andavano in giro a fare guai e ogni tanto si drogavano abbastanza pesantemente.”
Luna non riuscì a trattenere un’esclamazione di stupore. Non solo era illegale, ma anche dannoso per la salute. Insomma, era una scelta che non capiva e non rispettava proprio.
“Già, non è stato un bel periodo e non ne vado fiero. Comunque, io ero un ragazzino e non avevo mai fatto uso di droghe. Il giorno che doveva accadere per la prima volta ero emozionatissimo, finalmente sarei stato come loro e mi sarei sentito grande. Ero solo uno stupido, ma a quei tempi non ero in grado di decidere per me stesso, capisci?” disse in tono triste.
Si fermò un momento notando l’espressione stranita della ragazza mentre annuiva. Evidentemente non approvava ciò che aveva fatto ma in un modo o nell’altro sembrava comunque capirlo.
“Comunque, se può rassicurarti, non lo feci mai. La siringa venne confusa con un’altra, e ancora oggi non so bene cosa ci fosse dentro. So solo che non appena iniettata la sostanza sconosciuta un forte bruciore mi percosse tutto il corpo, non riuscii più a reggermi in piedi e svenni. E dopo..."
 
Ale era disteso a terra in silenzio dopo l’ultimo agghiacciante urlo di dolore che gli era uscito dalle labbra senza nemmeno rendersene conto. Un silenzio tombale era caduto tra i ragazzi del gruppetto di Maikol, un silenzio che nessuno osava spezzare.
Fu Kevin a dire la prima frase, che sembrava tanto stupida quanto reale “È morto?”
“Stai zitto Kevin! È impossibile” sentenziò Maikol dopo un breve altro attimo di silenzio.
Nessuno però si azzardava ad avvicinarsi al ragazzino.
“Che cosa facciamo?” chiese infine Gabriel.
“Filiamocela.” disse Maikol iniziando a raccogliere la sua roba.
“Ma non possiamo andarcene! Sta così per colpa nostra!”
“La vedi questa?” iniziò a sbraitare Maikol, “Questa è la nostra roba! Con quella noi non abbiamo niente a che vedere!” esclamò indicando la siringa apparsa dalla siepe che ora giaceva ai piedi di Ale.
“Si ma non possiamo lasciarlo quì! Sta male!” era evidente che Maikol dicesse la verità e che quella siringa non fosse loro, però Gabriel non voleva comunque abbandonare lì Ale.
“Me ne infischio, non ci voglio andare di mezzo io per uno stupido ragazzino. Andiamo via.”  e senza dire un’altra parola si diresse verso la grande strada.
“Io resto.” disse infine il ragazzo, superando la sua timidezza.
“Fai quello che ti pare, ragazzino, ma se ci vado di mezzo io, poi sono cazzi tuoi.”
Gabriel non rispose mentre rimaneva in silenzio a fissare quelli del suo gruppo che se ne andavano uno dopo l’altro seguendo Maikol. Si accorse della presenza di Jacob, che era rimasto lì con lui, solamente quando parlò.
“Avanti, posso chiamare mio fratello che ha la macchina, così può aiutarci a riportarlo a casa.”
“Grande, Jacke! Sei un amico.”
Fortunatamente il fratello di Jacob era disponibile e non chiese spiegazioni. Era un tipo strano, taciturno e se ne stava sulle sue, non interessandosi a ciò che aveva attorno. Di conseguenza li scortò fino a casa di Ale qualche chilometro più a sud.
Una volta a casa nessuno dei due riusciva a trovare il coraggio per suonare il campanello. Ale aveva raccontato loro che al posto dei genitori suo fratello si occupava di lui, quindi non sapevano che genere di reazione aspettarsi da un fratello. Li avrebbe incolpati? Denunciati? O addirittura picchiati? Un fratello grande era forse peggio di due genitori.
“Avanti, siamo arrivati fin qui, ora entriamo.” tentò di fare coraggio Gabriel, che ora reggeva Ale ancora incosciente sulle spalle. Aveva notato che iniziava a scottare, come se avesse la febbre. Dovevano muoversi.
Jacob bussò alla porta, che dopo pochi secondi venne spalancata da un ragazzo biondo con gli occhi di ghiaccio. Il suo volto inespressivo divenne subito preoccupato una volta scorto Ale.
“Cos’è successo?” chiese loro con un tono strano, quasi distaccato, mentre entravano.
Gabriel, spaventato, si vide costretto a raccontare i fatti, cercando di camuffarli quanto più poteva per non far ricadere la colpa su sé stesso e i suoi amici.
 
Dario tentò di mandarli via trattenendo la rabbia dentro di sé. Non era certo colpa di quei due ragazzini che per giunta avevano riportato suo fratello a casa, e non era neanche colpa di Ale che, pur essendo irresponsabile, era pur sempre un ragazzino da tenere sotto controllo, cosa che lui non era riuscito a fare. La colpa era unicamente sua.
Doveva tenere la mente fredda, è questo che gli avevano insegnato durante i suoi corsi di studio per laurearsi in medicina ed ora grazie a quello forse poteva fare qualcosa per suo fratello. Tenere la mente fredda in quel caso non era per niente facile, però ci mise tutto sé stesso e Ale tornò ad una temperatura nella norma nel giro di qualche ora.
 
Ale si era appena risvegliato, sorprendendosi di trovarsi nel suo letto. Ricordava nitidamente il dolore provato nemmeno sei ore prima e ora si domandava cosa fosse successo e come fosse finito lì. Ricordandosi dell’accaduto si guardò il braccio. Un puntino minuscolo ma molto scuro era rimasto lì come un segno, un segno che non gli avrebbe mai fatto dimenticare i fatti di quella giornata.
Drizzò le orecchie quando sentì che fuori dalla porta provenivano due voci. Si alzò e provò ad origliare poggiando l’orecchio sul legno freddo.
“Quel ragazzo mi ha assicurato che Ale ha confuso la siringa con una trovata da quelle parti e...” Dario venne interrotto da una voce stizzita.
“Non vorrai credergli? La colpa è la loro stanno solo cercando di salvarsi il culo.” Questo era suo fratello Marco. Se era tornato dal lavoro evidentemente era già sera.
“Aspetta fammi finire prima. Neanche io ci credevo prima, ma poi, giusto per sicurezza, ho analizzato il sangue di Ale e, Marco... Tu non ci crederai mai. Quella che aveva nel sangue non era eroina, né nessun’altra sostanza esistente su questo mondo.”
“Cosa stai dicendo, fratello? Non può non esistere!”
“E invece è proprio così. Quella sostanza non fa parte di questa Terra. Te lo assicuro.”
Ale trattenne un’esclamazione di stupore per non farsi scoprire. Come era possibile? E quali sarebbero state le conseguenze? Si perse le prossime frasi per farsi domande di questo tipo, e quando tornò ad origliare era ancora Dario che parlava:
“No, non sembra tossica, ma non c’è modo di toglierla. Ormai è nel suo sangue, ma la cosa preoccupante non è questa. La sostanza sembra essere fatta di una sorta di cellule, anche se non sono come quelle umane, ma ne ricordano la struttura. Queste cellule continuano a duplicarsi, come se l’organismo le riconoscesse una parte di sé e io non so proprio cosa questo possa comportare.”
La gravità di quelle parole aleggiava nell’aria mentre Ale pensava alle più varie possibilità.
“Morirò?” fu quello che infine chiese, aprendo la porta della sua camera.
 

 

 

 

Spazio autrice.
Eccomi tornata! Mi scuso per averci messo tanto, ma qesto capitolo era importante, e così mi sono impegnata e mi è uscito fuori parecchio lungo :) meglio così, dato che lo scorso capitolo era stato cortino. Finalmente qualche verità è stata rivelata e non è ancora finita :D
In più sto lavoricchiando anche sull'altra storia, che spero di poter pubblicare presto anche se per ora non ne sono molto convinta.
Per concludere in questo spazio, questa volta, volevo consigliarvi (a tutti quelli che amano il fantasy) questa storia che a me è piaciuta davvero tanto: Sotto la Cenere

Un bacione a tutti, Koaluch!
   
 
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