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Autore: Ashley Holmes    19/08/2014    4 recensioni
" John ha dei sentimenti, Sherlock ha una lista di cose da fare prima di morire. Non che se la ricordi. Ma quando la trova, e John la legge, le cose al 221B potrebbero iniziare a cambiare. "
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes, Sig.ra Hudson
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Riassunto:  “Essere il grado di controllarla è libertà per me. Lo è sempre stato. La cocaina aiuta.”










5. Riconosci la libertà quando la vedi

&

6. Apri un conto di risparmi
 
 
“Cosa pensi che sia libertà, John?” chiede Sherlock, sbattendo pigramente le palpebre nel sole pomeridiano, dopo non essersi mosso dal divano tutto il giorno. Sta indossando la sua vestaglia, ma non è chiusa, per cui gli ricade aperta sul torace, rivelando una sottile striscia di pelle pallida in mezzo al blu ricco e scuro.

Ѐ la ragione per cui John è seduto da più di un’ora con le gambe accavallate.

E ha davvero bisogno di qualcosa da bere, ma alzarsi non è esattamente un’opzione, ora. O mai, se Sherlock continua a stirarsi come un gatto.

Oh merda. Sherlock gli ha chiesto qualcosa.

Occhi argentati stanno ora fissando John sospettosamente e mentre il loro sguardo attento gli fa venire la pelle d’oca sulla schiena, lui fa del suo meglio per sembrare insospettabile. E non eccitato. Dal suo coinquilino. Che non è interessato alle relazioni.

Sei parte del Lavoro, John.

Sì, grazie cervello. Proprio la cosa che uno deve ricordarsi mentre prova a non illudersi. O a non desiderare di baciare il proprio ignaro coinquilino.

Okay, cos’ha chiesto Sherlock? Qualcosa sulla libertà… - non è un po’… “Ѐ una domanda alquanto filosofica, da parte tua,” afferma John. Ora che si concentra – e ordina a più sangue possibile di tornare al suo cervello – realizza che è proprio vero. Ѐ una domanda strana per Sherlock.

“Non è filosofica come pensi,” lo corregge il detective. “Ѐ una domanda semplice, e mi aspetto una risposta concreta.”

“Cavolo, siamo esigenti oggi, eh?” John solleva la mani come per arrendersi – solamente una, perché l’altra deve tenere un libro convenientemente piazzato al suo posto – e aggiunge: “Okay, dammi un momento per pensarci.”

“Sbrigati,” borbotta Sherlock, e John rotea gli occhi. Lui non vede, ovviamente, visto che sta ancora più o meno prendendo il sole ad occhi chiusi. Non che Sherlock faccia delle cose noiose e banali come prendere il sole. No, a lui capita solamente di andare nel suo palazzo mentale sul divano, ad occhi chiusi, in pieno sole. E certamente non ha ruotato leggermente il divano a sinistra per farlo.

“Okay, allora, uhm… la libertà per me è… poter fare ciò che voglio. Ѐ una cosa comune da dire, lo so,” John aggiunge velocemente quando Sherlock sbuffa, “ma quando ti sparano, quando per poco muori, quando ti viene data una seconda possibilità nella vita, inizi a dargli valore. Sono libero di vivere di nuovo. Suona un po’ sdolcinato, ma è la verità,” conclude.

“E con la tua seconda vita, decidi di seguirmi in un edificio scolastico abbandonato per poi sparare ad un tassista attraverso una finestra.” Sherlock ha ancora gli occhi chiusi, ma John vede il piccolo sorrisetto divertito sul volto dell’amico.

“Sai, proprio questa mattina quando ho trovato la nostra intera scorta di bustine di tè galleggiare nella vasca da bagno, ho seriamente messo in discussione quella parte. Forse avrei semplicemente dovuto lasciarti scegliere una pillola.”

Sono semplici prese in giro tra loro, ed entrambi sanno che John non lascerebbe mai succedere nulla di brutto a Sherlock. Nemmeno tra cento anni. Non quando può prevenirlo.

Sherlock risponde con la stessa facilità. “Avresti comunque trovato le bustine di tè nella vasca da bagno, perché avrei scelto la pillola giusta.”

John sbuffa. “Certo.” Dopo un secondo, aggiunge: “Comunque, cosa ha portato a quella domanda sulla libertà?”

“La lista, ovviamente.”

Ovviamente.

“Oh, giusto. Quindi… cos’è la libertà per te, allora? Ci hai mai pensato?”


X

 
“Per me, la libertà è sempre stata aver controllo sulla mia mente. Ti ho detto come ci si sente ad essere me – ad avere questo razzo dentro la tua testa, intrappolato sulla pista di decollo, che si distrugge. I cervelli delle altre persone non sono infuocati, ma il mio lo è, e da quando ero molto piccolo, ha bruciato come una supernova – non guardarmi così, le so una o due cose sulle stelle e i pianeti. Quindi, essere in grado di controllarla è libertà per me. Lo è sempre stato. La cocaina aiuta.”

John respira profondamente. “Beh, non è insolito che le persone facciano uso di droghe per sentirsi liberi. Sai, in un senso ricreativo – per ottenere sollievo dallo stress, per sentirsi meglio. Per staccare.”

“Io non stacco quando prendo qualcosa. Riesco a mettere le cose in ordine, a vedere tutto chiaramente. Ѐ come se il fango nell’acqua sporca all’improvviso affondasse verso il terreno e la lasciasse cristallina,” spiega Sherlock, e ovviamente si prende il suo tempo, fa del suo meglio per far sì che John capisca. E ovviamente, se si disturba così, John ascolterà molto attentamente. Non che non lo faccia comunque. Ma Sherlock che si apre è raro, ma apprezzato. Fa anche sentire John speciale, essendo l’unico a cui Sherlock dice questo tipo di cose.

“Mmh. Perché hai smesso allora?” chiede John, e aggiunge velocemente: “Ѐ un bene, davvero, perché le droghe fanno male e tutto il resto, ma come sei riuscito a eliminare l’abitudine?”

“Non l’ho fatto.” Sherlock scuote le spalle, come se fosse qualcosa con cui deve convivere. Oh, sì – lo è. Certamente John sa che i dipendenti non smettono mai di sentirsi trascinati verso la droga scelta, ma durante il tempo in cui John ha vissuto con Sherlock ora – più di 4 anni, meno i sei mesi dopo- beh, quasi 4 anni, si è sempre trattenuto dal bucarsi di nuovo. Ci sono state notti pericolose, e giorni, sì, ma alla fine, Sherlock si è sempre fermato.

“Voglio farlo, tutti i giorni. Parte del mio cervello mi ricorda costantemente di come potrei funzionare. Sai quanto può diventare folle dentro la mia testa?!” Sherlock è piuttosto agitato ora, e John combatte il bisogno di respingerlo a sedere quando inizia a camminare per l’appartamento. “C’è rumore, costantemente, e vedo tutto. Non posso non vedere le cose, anche se voglio, e ci sono così tanti input fastidiosi nelle scene del crimine – gli indizi sono nascosti dietro di essi, e io devo solo trovarli. Sarebbe così facile limitarsi a spazzare via il fango a volte…”

E all’improvviso, John capisce che cosa trattiene Sherlock dal farsi continuamente. Non è ciò che Mamma Holmes, o Mycroft o Mrs. Hudson potrebbero pensare di lui. Nemmeno ciò che Lestrade – che non lo lascerebbe più entrare nelle scene del crimine se è drogato – pensa. Diavolo, nemmeno ciò che lui, John, pensa, per quando gli potrebbe piacere. Ѐ lo stesso Sherlock.

Sherlock, che rende la sua dipendenza un mistero. Che alimenta la propria mente rendendo più difficile trovare gli indizi, tracciare connessioni. Invece di barare, farsi e vedere istantaneamente le risposte, sceglie di farsi strada attraverso di esse.

Un’occhiata riconoscente da Sherlock – che vede cosa John ha capito, glielo legge in faccia, nella sua postura – conferma il percorso dei suoi pensieri.

“Giusto per fartelo sapere – penso che sia fantastico che tu riesca a controllarti così. E sei brillante, nel tuo modo di vedere le cose, e dedurre,” gli dice John, sorridendo calorosamente e Sherlock non ricambia il sorriso, ma smette di marciare e si ristende sul divano, la testa di riccioli penzolante sul bordo verso la direzione di John.
 


X
 
 
Improvvisamente, ci sono delle dita sulle sue tempie, un tocco leggero, ma sicuro. Mani che sanno dove applicare pressione, sanno quello che piace e quello che non piace, ed è sorpreso, ma scopre che quel tocco non è sgradito.

John non dice nulla, semplicemente, dopo aver aspettato un momento – che Sherlock gli dicesse di smetterla, di spostarsi, che dicesse qualcosa – inizia a massaggiare. Le tempie, verso il centro della fronte del detective, su verso l’inizio dell’attaccatura dei capelli, e di nuovo indietro verso le tempie.

Sherlock si è mezzo aspettato che John fosse arrabbiato con lui, per essere dipendente dalle droghe, per avergli detto che non si pente di averne fatto uso. Invece, John gli offre conforto attraverso il tocco – non che Sherlock abbia bisogno di essere confortato.

(Però è bello. Molto bello in effetti.)

Si ritrova a rilassarsi al tocco, qualcosa che il toccare di solito non fa a lui.

“Ho aperto un conto di risparmi quando Lestrade mi ha chiesto aiuto la prima volta. Ѐ stato poco dopo esserci incontrati-” tra la spazzatura, in overdose, un aspirante ispettore stanco, esausto, alla sua prima serata libera dal lavoro dopo settimane e un giovane uomo che ha calcolato male la dose, “e  ha messo in chiaro che non potevo dare consulti alla polizia mentre ero fatto. Allora invece, ho aperto un conto di risparmi e ci ho messo i soldi che avrei usato per comprare cocaina, assieme a quelli che guadagnavo lavorando con la polizia. Mycroft, dopo avermi osservato per un po’, si è offerto-“sbuffa a quella parola, “di darmi accesso al mio fondo fiduciario, ma io ho declinato.”

Sherlock si dice spesso che non aveva nulla a che fare con l’orgoglio, niente a che fare con il  fatto che riusciva a prendersi cura di sé stesso, era riuscito a farlo per anni senza un soldo in mano (sì, facendoti Ben quando avevi così tanto bisogno di cocaina che le mani ti tremavano, aggiunge la sua mente) e che non aveva bisogno del fondo fiduciario quando ha iniziato a fare da consulto. Ma in realtà, è solamente l’orgoglio che gli impedisce di accettare ciò che è suo di diritto.

Le dita di John si fermano brevemente nel loro movimento, come se potesse percepire i pensieri arrabbiati che corrono per la mente di Sherlock, ma poi riprende i movimenti e tutto ciò che Sherlock può fare è trattenersi dal sospirare di compiacimento.

“Allora non è vero ciò che dice il Sergente Donovan – ti pagano per il tuo lavoro,” John mezzo chiede e mezzo afferma. Se è ferito dal non sapere da dove esattamente provenga il denaro di Sherlock, non lo mostra.

“Non sa tutto ciò che succede tra me e Lestrade, no.”

“Ma non prendi soldi dalle persone che vengono da noi privatamente.”

“No. Mia madre trasferisce del denaro ogni volta che risolvo un caso – ovviamente glielo dice Mycroft, perché io certamente non lo faccio. Penso che lo consideri ‘interessamento’.” Non gli piace, nemmeno un po’, ma anche lui deve ammettere che è abbastanza comodo. Ed è per il lavoro che fa, quindi è una qualche sorta di pagamento più che… un sussidio. Non che lo voglia – se potesse fare come vuole lui, vivrebbe felicemente solamente risolvendo i misteri, ma sfortunatamente bisogna occuparsi di cose banali come l’affitto e il cibo.

John non dice saggiamente nulla su quello, sapendo che è un argomento sensibile per Sherlock, e il detective si scopre grato per quel silenzio. Ѐ solo dopo un altro po’ di massaggio che John dice: “Puoi toglierlo dalla lista allora!”

Sherlock contempla, e si allunga prima di distendere la mano, gli occhi ancora chiusi. “Penna.”

Il suo coinquilino borbotta qualcosa di incomprensibile, e le labbra si Sherlock si arricciano in un sorriso, e poi qualcosa di allungato gli viene messo in mano e lui cerca dietro la propria testa finché non sente il foglio tra le dita.

Una grossa linea viene rapidamente tracciata sul sesto punto e dopo un momento, John si schiarisce la gola e Sherlock lo sente alzarsi. “Faccio il tè – ne vuoi anche tu?”

Sherlock non risponde, e John dice semplicemente: “Lo prenderò come un sì,” prima di spostarsi verso la cucina. Il detective sente il sorriso nelle sue parole.

E poi capisce.

Con John, può essere chi è davvero, e chi vuole essere. Può dire a John che era un drogato, e può dire a John che desidera ancora quelle sostanze. Può non parlare per giorni e John non si arrabbierà mai con lui o non ne sarà infastidito. Preoccupato, forse, ma mai arrabbiato. Può dire cose non-buone, e John glielo riferirà e basta e sarà solo un po’ arrabbiato. Può essere insensibile e sconsiderato ad una scena del crimine quando vuole, e John si meraviglierà semplicemente delle sue deduzioni. Può tenere delle parti del corpo nel frigorifero (e nel microonde, nel forno, nello scaffale superiore della dispensa, per tutto il salotto e in un sicuro contenitore sottovuoto sotto il letto di John – oh, giusto, dovrebbe dirglielo probabilmente, perché non dire le cose è non-buono) e gli esperimenti sul tavolo della cucina. Può sparare ai muri, comporre alle tre del mattino, e nonostante John si arrabbi per quello, non si arrabbia mai veramente.

E può saltare giù da un edificio per John, e sparire, e tornare, e John è ancora lì con lui.

Con John, Sherlock può essere libero di essere sé stesso.

Tracciare una linea anche sul quinto punto fa sorridere Sherlock, e non lo nasconde. Perché può farlo. Perché è libero di farlo. Con John accanto.

 
  
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